INCONTRI
Circa un metro di neve in due giorni.
Certo, c'è di meglio che sprofondare fino alla pancia, con le scarpe da città, perché nessuno ha tolto la neve.
Pazienza! Raggiungo la pala e mi do da fare. La schiena dopo un'ora mi dice che non è contentissima anzi, me lo urla.
Scende la sera, continua a nevicare, e la luce gialla dei lampioni in strada esalta cose ed emozioni.
La mattina guardo il meteo, dà un rischio valanghe alto.
- Ciao Renato.
- No, sono Luca, ciao Chiara.
- Com'è il percorso? Avete battuto la pista col gatto? Cosa dici del rischio valanghe?
- Si abbiamo battuto, c'è tanta neve, un po' si sprofonda. Portati le ciaspole. Di slavine sulla strada, in Valle Stretta, ne sono cadute due in vent'anni, non ti assicuro nulla.
- Ma tu cosa consigli?
- Nulla, non mi sento di consigliarti nulla, vedete voi.
- Okay, tienimi un tavolo per due in veranda vicino alla stufa per l'una.
Non dico nulla ad Antonella prima di partire altrimenti comincia a dire che sottovaluto il rischio.
Quanta neve!
Mettiamo le ciaspole e partiamo.
Incontriamo un gruppo fermo di sei persone.
- Voi andate su? Perché noi pensavamo di tornare indietro, dato l'alto rischio valanghe, - mi dice una di loro.
- Conosco la zona, il rischio è in tre punti del percorso, quello grosso soltanto in uno. Sì, noi andiamo su lo stesso. - dico io.
Si consultano e decidono di proseguire. Intanto un'altra di loro comincia a scherzare con me. Ci presentiamo, e in un attimo ci racconta la sua vita.
Ho la stessa sensazione di quando ero sul Cammino di Santiago.
Laura racconta, con un'apertura e una serenità che impressionano, la sua malattia. Tumore mammario con recidiva e metastasi ossee.
- Devo fare molto movimento per contrastare gli effetti di un farmaco.
Cammina con un passo veloce, ride e fa battute divertenti continuamente.
Possibile? penso. L'ammirazione nei suoi confronti aumenta a ogni passo.
Ci racconta del figlio e della sua passione per la montagna. Anche lui ha avuto un tumore all'occhio dal quale ha perso completamente la vista.
Laura sprizza fame e gusto per la vita. È difficile non esserne contagiati.
Sento un rumore dietro di noi, mi giro e vedo un uomo avanti negli anni che sta salendo con gli sci da fondo.
Ci raggiunge, lo saluto e gli sorrido, ricambia e ci supera.
Il mio sguardo è su di lui. Laura e Antonella continuano a parlare, io non ascolto più. Osservo quel montanaro d'altri tempi. Non ha né berretto né guanti. Una camicia scozzese, un maglioncino blu, e una maglia di lana fatta a mano legata in vita. Sci, scarpe e bastoni datati.
Mi stupisce il suo ritmo, e la sua figura, vista da dietro, in mezzo ai pini vestiti di bianco, mi offre un'immagine d'un tempo passato.
- Ragazzi, ora acceleriamo e lo raggiungiamo perché voglio conoscerlo. Voglio anche una foto con lui, preparatevi. - dico io.
Io e Marco, il marito di Laura, ci mettiamo a correre con le ciaspole e improvvisiamo una specie di sfida, è divertente.
Lo raggiungiamo.
- Siamo sbalorditi dalla la sua velocità. Posso chiederle quanti anni ha? - dico io.
- Ottantasei - risponde sorridendo.
- Complimenti, ha tutta la mia ammirazione, - dico io.
- E la mia invidia, - aggiunge Marco.
Ecco un montanaro che piacerebbe a Cognetti, penso, e glielo dico.
- Perché dovrei piacergli, solo perché non indosso indumenti firmati?
- Anche, forse, ma non solo. Gli piacerebbe perché lei è una figura che ricorda una montagna che non esiste più, alla quale lui pensa con malinconia.
Proseguiamo.
Io mi stacco dal gruppo e continuo a parlare con quest'uomo che m'incuriosisce tantissimo.
Condividiamo la passione per la montagna.
Continuo con le domande.
- Sono originario di Bardonecchia, ma ho vissuto a Torino.
- Di che cosa si occupava?
- Ero un impiegato.
Parliamo di libri e di reportage di viaggi. Mi dice che l'ultimo di Cognetti, che sto leggendo ora, non gli è piaciuto. L'ha trovato inconsistente e scontato.
- Vorrei andare in Nepal, - dico io.
- Ci sono stato 32 volte.
- 32 volte, ho capito bene?
- Sì, - mi risponde con naturalezza, - l'ho visto cambiare nel tempo, così come ho visto cambiare i viaggiatori.
Mi dà dei consigli. Mi parla dei campi base e dei portatori.
- Le escursioni più frequentate ormai sono ben attrezzate. Non serve neanche più la tenda è sufficiente un sacco a pelo.
Ha una voce gentile, anche i suoi movimenti sono gentili, come il suo modo di comunicare. Sorride spesso e chiacchiera volentieri, ma senza ostentare la ricchezza d'esperienza accumulata in tantissimi viaggi.
Gli altri rimangono indietro e lui avverte il mio disagio.
- Li aspettiamo! - mi dice.
Capisco da questo che la nostra conversazione nutre anche lui e mi fa piacere. Non vuole salutarmi, ancora.
- Mi attrae anche il Giappone, - gli dico.
- Sono stato a ottobre. Terra e popolo interessanti.
Quando arriviamo al rifugio Laura si avvicina.
- Posso darle un bacio? - dice al montanaro.
- Sì, dammi pure del tu.
Gli dà più di un bacio.
- Posso anche abbracciarti? - aggiunge.
- Certo, - risponde sorridendo.
- Qual è il tuo nome?- gli chiede Laura.
- Marziano.
Di nome, d'aspetto, e nel suo rapportarsi al mondo - ma questo lo scoprirò soltanto dopo. -
- Nooo... - dico forte io.
E tutti si voltano verso di me.
- Ma io la conosco da anni, indirettamente. La mia amica Silvana da tempo mi parla di lei quando camminiamo insieme. Mi ha parlato dei suoi viaggi, della sua conoscenza profonda della montagna - flora e fauna - e dei toponimi della zona, di cui ha scritto in un libro.
Sorride e basta.
- L'abbraccio anch'io, - gli dico, - posso?
Lui non solo si lascia abbracciare, ma ricambia l'abbraccio.
Lo invitiamo al rifugio. Non accetta.
- Devo tornare presto. Un'altra volta.
Gratitudine e gioia di tutti si fondono, sono quasi materiche.
- Incontrarne persone come voi...- ci dice.
Riparte.
Mi volto staccandomi dal gruppo e faccio qualche passo nella sua direzione. Il mio sguardo lo segue finché non scompare dietro la curva.
- Bene, cosa direste se ci autoinvitassimo al vostro tavolo? - dico al piccolo gruppo.
- Che andrebbe benissimo! - risponde Laura.
La sensazione continua a essere quella del Cammino.
Rimaniamo a tavola fino alle quattro, ridendo e argomentando con toni alti. Le persone, agli altri tavoli, di tanto in tanto si girano. Le noto, a un certo punto.
- Stiamo dando fastidio? Scusateci! - dico a una signora dall'espressione severa in fondo alla sala.
- No, non date fastidio. - il paraverbale però dice altro.
Scopro che Marco e Donatella lavorano in carcere. Marco si occupa di accoglienza e organizza corsi e l'incarico di Donatella consiste nel trovare un lavoro ai detenuti quando escono e agli immigrati.
A tavola mi faccio raccontare da Donatella una storia di un ragazzo senegalese. Ne voglio scrivere.
Al ritorno cammino accanto a Marco. È alto, ha un fisico atletico, giacca e cappello turchesi dello stesso colore dei suoi occhi. Mi ricordano il mare greco in una giornata assolata. Sono occhi profondi e puri, infondono quiete.
- Raccontami, il tuo è uno spaccato di mondo che mi piacerebbe conoscere per poterne scrivere.
- Ti organizzo una visita se vuoi.
Intanto racconta.
- Sì, è un mondo parallelo. C'è di tutto, reati di omicidio, furto, spaccio e altro ancora. La maggior parte di loro non ha mai fatto nulla nella vita se non vivere di espedienti. All'interno organizziamo vari corsi per operatori edili, pasticceri, panettieri, cuochi e altro.
Alcuni, quando realizzano qualcosa di tangibile, mostrano incredulitá e gioia. Non posso dimenticare uno di loro, che dopo aver costruito un muro, continuava a guardarlo ad ammirare la perfezione e ripetere che era contento ed era stato bellissimo realizzarlo, non riusciva a credere fosse frutto della sua opera. Accade anche nei corsi di cucina. Escono dalle loro mani piatti sorprendenti con loro grande stupore. Sono contenti di lavorate in gruppo.
- Parlami delle donne.
- Non le seguo direttamente. L'universo femminile è più triste. Le donne con figli che non vengono più a trovarle sprofondano nella depressione e si isolano. Muoiono di dolore.
- C'è una gerarchia nell'area maschile?
- Sì, di razza.
- Di etnia intendi?
- Ho usato razza non in accezione dispregiativa, credimi. Sì, il popolo più numeroso comanda. Se c'è una maggioranza di nigeriani comandano loro così se c'è una maggioranza di senegalesi. Se vuoi che ti organizzi una visita all'interno del carcere dimmelo, ti accompagno io.
- Mi piacerebbe. M'interessano le storie di uomini con vite spezzate dalle loro azioni.
- Per alcuni quella condizione è migliorativa, anziché sotto un ponte vivono tra quattro mura con i pasti assicurati.
È tutto relativo.
- Vero.
- E le guardie?
- Si trova di tutto come in ogni ambiente. Certo, non è un mestiere facile. Lavorare per anni in quel contesto immagino sia logorante.
Il carcere in Italia non riabilita, abbruttisce e semmai accentua l'attitudine a commettere reati. In carcere s'impara a delinquere ancora e meglio, non a smettere. I detenuti mettono a fattor comune le loro abilità e spesso escono peggiori di quando sono entrati.
I figli sono una grande motivazione alla riabilitazione, hanno un grande potere in molti casi.
Continuo a fargli domande. Poveretto non ne potrà più.
Arriviamo all'auto quando il cielo sta cominciando a cambiar colore. È tardi.
Giornata intensa. Incontri inaspettati.
Ci salutiamo grati per la compagnia.
E stasera? Cinema.
"Green Book"
Film americano tratto da una storia vera, ambientato negli anni sessanta. Una bella storia d'amicizia tra un pianista afroamericano - epoca in cui la pelle nera non era tollerata soprattutto nel Sud degli Stati Uniti - e un buttafuori al Copacabana, Tony Vallelonga, detto Tony Lip.
C'è una scena del film con inquadrature di una bellezza sconvolgente. Cerco nella borsa, ho i fazzoletti di carta, bene.
Stanno viaggiando, attraversano vari Stati per una serie di concerti. L'auto si ferma in panne in mezzo alla campagna.
Scende Tony e alza il cofano per risolvere il problema. In un secondo tempo scende il pianista e si guarda intorno. C'è una campagna meravigliosa dove stanno lavorando uomini e donne anch'essi afroamericani. Hanno corpi, costumi e sguardi che ti entrano dentro e affondano nelle emozioni dello spettatore.
Tutti neri: pianista e contadini. Netto è il contrasto tra loro. Tutto ciò che c'è da capire passa dagli sguardi, dai costumi e dalle inquadrature.
Film toccante, girato molto bene, che di emozioni ne accende parecchie.
Ricca questa giornata.
Chiara, 2 febbraio 2019
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