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Jasmine
Gli ho scritto trecento messaggi e non ne ha letto nemmeno uno, inizia a spaventarmi. Mi chiedo quanto effettivamente lo conosco, non parliamo di altro che non sia la scuola. Sono distesa a pancia in su in camera mia mentre rileggo i nostri messaggi, il sole sta tramontando e con i suoi raggi immerge la stanza in una atmosfera fiabesca. Oggi alla partita era tutto un' altra persona, non era Pietro, ma un atleta disposto a tutto pur di vincere.
Nonostante tutto non sono riuscita a non fargli il tifo, ho paura si sia sentito in tutto il palazzetto. Forse ho esagerato, però sono sicura che ne aveva bisogno. Chissà cosa gli passa per la mente, mi vuole allontanare perché ha capito chi sono davvero?
Sento una voce dalla cucina: è mio padre che mi chiama per la cena. Vado di là e noto che due posti sono vuoti, uno è di mia madre che tornerà domani e l'altro è di Adil, strano che non sia a tavola. Chiedo: -Baba, vado a chiamare Adil?-. Lui mi scruta per un momento poi mi dice: -No, è fuori con i suoi amici, mi ha già avvisato che farà tardi.-. Certo, lui ha solo dodici anni e può stare fuori anche la sera, mentre io non posso nemmeno uscire per cena con le mie amiche per andare a mangiare un gelato.
Aggiunge: -Ah, Jasmine mi sembra di averti già detto che se proprio non vuoi portare il velo a scuola devi indossare delle felpe larghe, come quelle che ti ha comprato la mamma.- ecco che ricomincia. Sta parlando di quei camicioni di tre taglie più grandi che lei non mi voleva nemmeno prendere. Tento di spiegargli che fa troppo caldo ma non mi dà ascolto, finisce il bicchiere d'acqua e lascia la stanza.
Lascio che i miei fratelli finiscano tranquillamente di mangiare il couscous e poi li faccio mettere davanti alla televisione. Io sparecchio e lavo i piatti, mio padre pensa che dato che sono la femmina più grande in casa spettino a me questi lavori. Sono le dieci e i bambini sono a dormire, prendo il telefono e trovo un messaggio di Pietro: -Scusa per tutto, domani chiariamo davanti a un gelato?-. È dolcissimo, gli dico di sì e mi metto sotto le coperte. Non mi resta che inventarmi una scusa da dire a mio padre perché mi lasci uscire.
È mattina, mi alzo al suono della sveglia. Mi lavo e mi vesto in fretta, scelgo di indossare una maglietta oversize e dei jeans larghi per evitare un'altra ramanzina sul mio abbigliamento. Quando gli passo davanti Baba storce il naso, so che non sopporta che io tenga le braccia scoperte e che abbia i capelli lunghi sciolti. Mi dà solo un colpo sul braccio e dice qualcosa in arabo, quindi penso che vada meglio degli altri giorni.
Esco di fretta e arrivo in pasticceria, prendo un cornetto e scappo di nuovo. Davanti alla scuola c'è Pietro ad aspettarmi con un gran sorriso. Il buongiorno migliore che potessi avere.
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