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Matteo
Rientro a casa, il sole sta calando all'orizzonte e mi guardo intorno. È sempre la stessa città, la stessa di quando sono nato. Mi vedo nella vetrina di un negozio, i capelli marroni sono scompigliati come al solito e gli occhi verdi sono contornati da occhiali con la montatura fine e nera. Quanto li odio! Sono orribili e mi stanno da schifo, l'unico problema è che sono miope, da lontano ci vedo malissimo. Ho provato a convincere mia zia a farmi mettere le lenti a contatto, purtroppo non c'è stato nulla da fare. Rientro a casa, l'aria è familiare, vivo in questa casetta da tantissimo. Mi arriva all'orecchio la voce di mia zia Margherita: -Matteo Filippo Nettuno, stavi per fare tardi per la cena!-. Ha usato il mio nome completo e c'è un motivo: per lei la cena è una specie di rito sacro, è l'unico momento in cui possiamo stare tutti insieme, io lei e mio zio Riccardo.
Mi vado a sedere al tavolo e vedo il volto raggiante di mia zia mentre mi serve un po' di patate con una fettina di carne. Mangio tutte le patate poi la guardo negli occhi: -Che carne è?- chiedo con tono inquisitivo. Lei alza gli occhi al cielo: -Matteo, hai sedici anni, come è possibile che ancora non ti piaccia mangiare il pollo?-. Esulto: -Lo sapevo, è pollo.- mi metto nel piatto altre patate, le mangio e prima di darle il tempo di ribattere corro in cucina. –Non oserai!- mi dice, in tutto questo mio zio ci guarda ridendo. Sbuco dalla porta con in bocca un biscotto al cioccolato, farfuglio: -Ho osato.-. –Almeno vieni a sederti!- mi implora. Mi fa sempre morire dal ridere il modo in cui lei mi tratta come quando ero appena arrivato. Un bambinetto di cinque anni fissato con lo spazio, sono cambiato, o almeno credo. Sono ancora fissato con lo spazio, il cioccolato, però non ho più cinque anni, è un grande cambiamento. Salgo in camera e mi rifugio in quello spazio confortevole. Tutti i muri sono dipinti di blu scuro, con poster dei vari pianeti, sul soffitto sono stati attaccati degli sticker a forma di stelle. Mi ricordo la prima volta che ero entrato in quella stanza: con un braccio rotto, la pelle ricoperta di graffi e cerotti e gli occhi rossi e gonfi. Era stato un periodo duro, dopo l'incidente mi ero chiuso in me stesso. Ero totalmente svuotato. C'è chi pensa che il mio carattere schivo, con un umorismo tagliente e leggermente masochista, sia per fare colpo sulle ragazze, il motivo è ben altro. Non ho mai affrontato il dolore e allontanare tutti è un buon modo per soffrire ancora di più. Il mio unico amico è Pietro e per quanto riguarda Nadia... lei è carina sì, ma non è il mio tipo. È intelligente, carina, determinata, ma non saprei, mi sembra troppo perfetta. Diciamo che siamo amici, mi fido di lei, però sembra che lei non abbia mai conosciuto il dolore, non potrebbe capirmi. Il mondo è talmente ingiusto, con me lo è sempre stato. Almeno mi ha dato una famiglia adottiva fantastica come questa. I miei zii sono tutto quello che ho, mi zia Margherita è la sorella di mio padre, sono sempre stati molto uniti e alla sua morte mi ha preso con sé, lei e suo marito mi avevano cresciuto come il figlio che non avevano mai potuto avere.
Mi tocco le guance, sono bagnate, non posso crederci, ci sono cascato di nuovo. Ogni sera succede sempre così, l'unico modo che ho per addormentarmi è farmi trascinare dalle lacrime. Mi butto sotto la doccia, l'acqua fresca mi scivola sulla pelle, un sussulto mi scoppia nel petto, non ce la posso fare. I singhiozzi mi scuotono da capo a piedi, fa troppo male. Le mie lacrime si confondono con il getto d'acqua. Durante il giorno riesco ad arginare tutto, di notte è come se tutti gli sforzi fossero vani. La notte è come un demone che mi toglie ogni tipo di difesa. Credo che il momento stia finendo, il battito rallenta e torno a respirare normalmente. Mi metto il pigiama e torno in camera mia, controllo l'orologio: sono solo le nove, ho la sensazione che sarà una lunga nottata. Entra dalla porta mia zia: -Ciao tesoro, ho pensato che avessi ancora fame, ti ho portato una fetta di crostata con la Nutella.-. È sempre talmente premurosa, non le direi mai tutto quello che è successo. Se ne va ed io rimango in camera mia a mangiare e a leggere un libro su Nettuno, il mio pianeta preferito.
Nadia
Mi sveglio, stranamente questa notte non ho avuto incubi. Mi alzo dal letto e guardo verso la finestra, c'è un bel panorama, dà sul nostro piccolo giardino pieno di rose rosse. Provo a non guardare il ferro del bancone, tutto inutile. Macchie di sangue compaiono davanti ai miei occhi, sangue che scende in goccioline dal parapetto fino a formare una piccola pozza sul pavimento. "È la mia immaginazione" provo a ripetermi. Vado in bagno, mi cambio, indosso dei jeans e una maglietta lunga fin quasi alle ginocchia. Raccolgo i capelli all'indietro in una mezza coda con un elastico nero e delle mollettine. Corro di sotto e mangio un cornetto, saluto mia madre, mio padre e mio fratello e vado di fretta a prendere l'autobus.
La giornata scolastica passa in fretta grazie al cielo, sono solo le due e potrei andare da qualche parte a fare pranzo. Mi arriva un messaggio: -Ti va di andare a mangiare qualcosa al Mc insieme a Pietro e il suo migliore amico.-. Accetto, chissà chi è il miglior amico di Pietro! Fosse la volta buona che trovo un ragazzo carino! Concordiamo di vederci direttamente lì, non è troppo lontano dalla scuola perciò decido di andare a piedi. Mi siedo sulla panchina, mi metto le cuffiette e inizio ad ascoltare Ed Sheeran, il mio cantante preferito. Vedo Jasmine e Pietro che arrivano, li saluto e chiedo: -Chi è il tuo amico?-. Lui risponde: -Lo scoprirai presto.- indicando una sagoma familiare che viene verso di noi. Capelli scompigliati, occhiali storti sul naso ed espressione contrariata, potrebbe essere un' unica persona. –Matteo!- lo saluto, mi viene incontro e vedo un piccolo sorriso comparire sul suo volto. –Ehi Nad!- mi apostrofa mettendosi di fianco a me. –Voi vi conoscete?- chiede Pietro seriamente sorpreso. –Siamo nella stessa classe.- spiega lui, poi mi porge un quaderno –Ecco i tuoi appunti, grazie ancora di avermeli prestati.- continua.
Entriamo nel locale e ordiniamo dagli schermi. Prendo un cheeseburger con delle patatine e una coca, domando a Matteo: -Cosa prendi? Un chickenburger?-. Fa una faccia schifata: -Pollo? Bleah!-. "Abbiamo capito che non ti piace il pollo, principino" penso. Ha sempre questi modi un po' schivi, come un regale costretto a vivere fra noi comuni mortali. Ci sediamo al tavolo ad aspettare, parliamo un po' di tutto e noto che spesso il principino mi fissa, non uno sguardo normale, uno indagatore, proprio come se mi stesse prendendo le misure. Arriva una signorina all'incirca della nostra età e lascia le confezioni di hamburger e due biglietti con scritto: "ragazzo biondo" e "ragazzo castano". Glieli passo dicendo: -Credo che siano per voi.-. C'è scritto su entrambi la stessa cosa, un numero di telefono e un accenno a chiamarla. Un misero tentativo di trovarsi un ragazzo, non so perché ma il fatto che ne abbia dato uno anche a Matteo mi fa montare dentro qualcosa di simile al ribrezzo e alla rabbia. Lui lo accartoccia e lo butta all'indietro dentro un cestino facendo canestro: -Guarda chi si crede di essere.- borbotta. Invece Pietro bacia Jasmine e le dice: -Tanto sono già impegnato.-. Sono la coppia perfetta, si completano a vicenda, sono stupendi. Matteo invece cambia sempre umore, ieri con me è stato adorabile e oggi invece si comporta freddamente con tutti, mi lascia solo uno spiraglio di calore in più. È un enigma che non ho voglia di provare a comprendere, forse mi potrebbe aiutare il mio articolo, una cosa è certa: nasconde qualcosa, un grande segreto.
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