Capitolo 31

Ascoltò il suono regolare di quel respiro, abbracciandolo in quella notte di pioggia ancora più strettamente a sé. In quella serata dove in un colpo solo tutte le fragilità di Sean erano venute fuori. In quel mondo fatto solo di torti, sbagli e cattiverie.

Dove anche se cercarvi di destreggiarti dietro a maschere di durezze e di protezione, dentro restava comunque quella tua parte piena di difetti che per paura non vuoi mostrare, contandoli solo per te. Ma una volta disintegrata quella maschera, ecco che quella debolezza sgusciava nella via di tutto. Nel tuo più vulnerabile io. Troppo creta per subire ulteriori nuove crepe più profonde.

《 Mi dispiace di essere stato così tanto egoista amore mio 》irruppe nel suono di quel tuono che aveva fatto vibrare le finestre. Proprio come aveva fatto con il suo cuore.

Quel fatto accaduto. Tutti quelli avvenimenti che in così poco tempo erano scorsi come un veloce nastro di un vecchio videoregistratore, avevano fatto sì che che toccassero quelle corde fragili come quelli di un violino che tra le mani di chi sapeva smanettarlo con l'archetto toccava ogni punto, ma pur stando sempre attento a non far saltare via qualche corda. Ma poi, ecco che l'errore fatale venne commesso. Quella quinta cordoncina - una tra le mille e tante - era stata rotta da quelle lacrime che con la loro pesantezza vi si erano appoggiate sopra senza alcun riguardo.

Questo è tutto ciò che riuscì a esprimere Neil, proprio quando con una delicatezza, regalò un bacio fra i fili biondi del fidanzato addormentato tra i sogni agitati con la testa sul suo petto. Il petto da cuscino gli faceva in quella via sconosciuta e tormentata.

《NO ! 》
Gridò in un risveglio turbolento il più grande.

Un pesantore dalle viscere più inoltrate salì sin sopra alla gola come bile incastrate, nel vederlo conciato in quello stato dannato in cui il più grande vi era. Difficile solo da fare spettatore, ma più difficile era il fatto che non poteva curarlo in alcun modo. Doveva solo lasciare che il sole dopo quella cupa tempesta tornasse a splendere da sé. Forse ci sarebbe voluto più tempo, ma ne sarebbe almeno un poco valso. Pochi istanti dopo gli alzò il mento con l'indice e pollice per guardare quegli occhi infossati da profonde occhiaie e gonfi, rossi per via del pianto. Lo baciò teneramente sulla fronte sudata e scese con le labbra sulla punta del naso.
《 Ei Sean. Sei qui. Sei qui con me adesso e io qui con te 》parole dolci che sussurrate così, sembravano potesse riscaldare l'animo tormentato dai brutti incubi a chi ascoltasse.

《 Il telefono...poco fa... ha squillato 》disse con voce infranta di chi credeva ancora in una piccola speranza che potesse essere miracolosamente accesa nuovamente.

《 Hm. Sì amore. Ma era Iris. Adesso non ci pensare, domani ci penseremo 》e nel dirlo gli fece nuovamente appoggiare la fronte sul petto.

Il solo sentire il suo Sean spaesato e così, riuscì in qualche modo a fargli capire che non sarebbe stato facile. Per niente. E che per fare riprendere l'amore suo ci sarebbe voluto qualcosa di più grande e che gli potesse ridare quella ricarica perduta. Che potesse fargli ritrovare quel io sperduto in una strada serrata da staccionata incavalcabili.

***

《 Emil 》
Mormorò lascivo e viscido l' uomo.

Il solo pensare di avere quelle mani lì sulle cosce e che avevano preso a vagare vicino all'inguine, gli fece salire un sentore di nausea, ben consapevole di dover fare molto attenzione ad ogni azione che avrebbe compiuto.

Quella stessa persona che gli era seduta affianco come poteva adesso apparire tranquilla, in un nanosecondo da così, sarebbe potuto esplodere con niente. Come un vulcano pronto per la sua attesa eruzione. Lo conosceva bene da poter sapere com'era fatto quel verme schifoso e cosa potesse piacergli. Cosa lo facesse impazzire e su che cosa avesse potuto perfettamente attirare la sua attenzione. A questo uomo, nonché suo zio, anche se non propriamente di sangue, amava incontrare il piacere dai corpi giovanili, che fosse maschio o femmina non gli dava assolutamente importanza. Lui gli usava solo per dare luce a quel perverso piacere e peccato di cui si macchiava. Ed Emil sapeva, ne era a conoscenza di questo segreto orribile. Ma per questioni doveva tenere segreto o anche egli sarebbe divenuto uno dei tanti peccati imperdonabili. Lui sapeva cosa significava venire macchiato da mani altrui e che non voleva. Non riconosceva affatto. Emil era uno dei tanto, che ogni sera era costretto da atti ireprorevobili e indegni e a tacere nonostante tutto. Nonostante ogni lacrima che in ogni atto consumato e sporco versava in silenzio nella stanza dei giochi disumani dove il tutto si svolgeva. E come spesso accadeva, quando il giovane si rifiutava di donargli il corpo o il gioco, ecco che poi quel demone disonesto e codardo- che uomo non si poteva chiamare - andava a caccia di vittime. Carnefici di benefici, così quell' essere aveva più volte ribattezzato. Emil era stanco, non voleva più essere un giocattolo, un anima che alla ricerca di attenzione e di pena potesse farsi cadere nella trappola di quel maniaco senza alcuno scrupolo. I segni che sul suo corpo macchiato di perversità non voluta e che l'uomo si era divertito a infliggergli ne erano la prova schiacciante.

Voleva lottare. Voleva farlo. Ma non poteva sottrarsi in alcun modo. Ma se c'era davvero un modo. Una via di salvezza, esisteva davvero?

《 Tesoro mio, perché non mi rendi orgoglioso. Dì che cosa fai nella vita. Racconta un po'. Stanno aspettando non vedi 》disse il viscido in un ghigno divertito.

《 Di che cosa ne è della mia vita, questi sono affari soltanto fatti miei. Non devo darne conto a nessuno. Vuoi che ti renda fiero? Bene. Come voi vi aspettereste, io, invece non vi dirò altro che la verità. Non faccio scuola e se volete sapere di più è perché ho deciso di abbandonarla di mia iniziativa. Nel corso degli eventi ho capito che non faceva per me e che... non faceva a caso mio ecco tutto 》disse un soddisfatto Emil, poggiando il calice di vino ancora pieno sul tavolo circondato da ospiti .

Il verme strinse a più non posso il calice quasi finito nella mano e poi strinse con maggior forza con l'altra mano la coscia del giovane, sicuro di volergli lasciare dei nuovi segni, guardandolo minaccioso con la coda dell'occhio per la pessima figura che gli aveva appena fatto fare. Ma presto il giovane gli si rivoltò incontro. Da sotto il tavolo gli allontanò quella mano schifosa e guardò gli invitati che per non pensare troppo a ciò che gli era stato riferito, avevano preso a parlare di altre questioni ben più importanti.

《 Dobbiamo fare ritorno a casa. Ti aspetto in macchina 》.

《 Arrivederci miei signori e mi scuso sin da subito per la impertinenza del mio amato nipote. E con ciò non posso che augurarvi un buon proseguimento della serata 》 aggiunse con finta cordialità e con un saluto del capello che dalla testa si era tolto.

Una volta rimasto solo con quei che per lui erano nient'altro che sconosciuti, si lasciò andare dallo sconforto e dalla pessima condotta. La razionalità aveva preso con la forza il suo dovuto posto e con ciò, dopo aver saluto, Emil si alzò dal tavolo per poi raggiungere l'uscita del ristorante con passo lento e nervoso sicuro di che cosa da lì a poco gli sarebbe certamente successo.

***

Due occhi da bambino e preoccupati quella notte vagavano senza meta nella stanza rimbombata dalla pioggia che sbatteva sulla finestra e nella sua mente una scia di pensieri avevano preso a girare ininterrottamente.

Non solo non sapeva più che pesci prendere. Come pagare l'aiuto dei suoi amici. Come poter andare avanti e se l'offerta dei due ragazzi fosse ancora valida. Ma non riusciva a smettere di pensare a che cosa quella notte quei due avrebbero potuto cambiare. Pensieri un po' spinti che non solo lo spinsero un po' ad una possibile scintilla di eccitazione, ma lo spinse anche ad arrossire ed a vergognarsi di sé. Un pensiero un po' troppo svergognato secondo i suoi gusti.

Ma a che cosa stava pensando? Cosa stava facendo e che gli stava accadendo? Iris strinse gli occhi per via dell'imbarazzo e si girò su un fianco, nascondendo il viso accaldato e arrossato sin sopra le orecchie sotto al suo amato piumoncino azzurro e cercò di chiudere alla testa ogni possibile via di pensieri, in attesa di un sonno tanto voluto e desiderato come non mai.
















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