Capitolo 30 / Inizio seconda parte
« CAZZO HAI FATTO SEAN ? PERCHÉ ? »
Chiese isterico un Neil appena entrato in casa, lasciando il cofanetto e le chiavi sul mobiletto della sala da pranzo, avvicinandosi poi a un Sean disteso sul divano con un braccio davanti agli occhi e nell'altra mano un bottiglia di vino in mano. A terra altre bottiglie di vetro tutte vuote.
Neil si avvicinò del tutto sino a prendergli la bottiglia tra le mani e per poi poggiarla a terra senza alcun riguardo, cercando di non uscire completamente e ancora di più fuori di testa. A quel punto Sean ricambiò lo sguardo, ma con fare vago. Del tutto perso chissà dove.
Un pugno allo stomaco con cosí tanta violenza nel solo vederlo ridotto in quello stato, gli fece venire voglia di piegarsi su se stesso e solo per poi rigettare tutto il cibo che nella pancia aveva. Cosa cazzo gli era successo ? Cos'è che l'aveva spinto a tanto ? E perché lo aveva lasciato solo ? Sensi di colpa all'improvviso lo avevano colpito come grandine.
« Cosa ti é successo amore ? »
chiese ombreggiandolo con il suo viso, per metà curvo sulla figura dell'altro, con quanto più amore avesse potuto.
Perché mi stai guardando così ? Perché non mi parli ? Parlami Sean. Parlami dannazione. Ritorna in te, ti prego.
« DOVE SEI STATO EH ? PERCHÉ NON C'ERI ? PERCHÉ NON ERI QUI CON ME ? »
Preso totalmente di sprovvista e gelido per quelle parole che pesavano più di mille sassi raggruppati tutti insieme, Neil si ritrovò afferrato strettamente per un polso e spinto sotto la figura del più grande, che adesso a gattoni aveva preso a stare sopra di lui. Era successo tutto sin troppo in fretta che non ebbe il modo di rielaborare né il perché e né il come. Ma era appena successo.
« Sono qui amore. Guardami. Adesso sono di nuovo qui » rispose, prendendogli il viso con i freddi palmi e gli occhi ludici dalla disperazione.
Sean scosse la testa. E lacrime iniziarono a scendere dal suo viso sino a bagnare quello del più piccolo.
« DOV'ERI ? »
Urlò di nuovo, per poi baciarlo con foga.
La mano si strinse ancora di più forte a torno a quel polso che si stava arrossando. Lo baciava con estremo bisogno, di conforto e tra calde salate lacrime Sean. Neil lo assecondò soltanto, chiedendo tacitamente perdono per l'errore commesso, mescolando le proprie lacrime con quelle del suo amore.
Tra morsi e lotte di lingue, Sean ebbe la meglio e con forza gli entrò in bocca leccando e assaporando ogni centimetro di carne.
Neil gemette e schiocchi sonori di saliva lo portarono ad accaldarsi e quel sapore di vino che dalla bocca del più grande esplodeva nella sua di menta, arrivò come una freschezza nuova. Mai sentita.
I due presto si separano e con un sottile filo di saliva che li univa ancora. Neil lo guardò ancora negli occhi e un altro bacio a stampo gli regalò, mentre con le braccia ora allacciate intorno al collo del più grande, lo attirava al suo petto e mise una mano sulla sua nuca, appoggiando il naso fra i capelli.
« É ... M-morta N-Neil. Lei é morta ».
Pianse rauco stringendosi più forte al più piccolo.
Non c'era il bisogno che si spiegasse, perché Neil aveva perfettamente capito a chi stesse riferendo. Lo aveva sempre saputo che prima o poi quella donna non c'è l'avrebbe più fatta. E non potevano fargliene una colpa. Si stava parlando di tanti anni tra abusi e violenze ed era stata già abbastanza forte per non farsi indebolire ulteriormente. Aveva conosciuto quella donna che era stata buona come un pezzo di pane. E mai avrebbe dimenticato i suoi gesti.
Poteva capire anche come al momento il più grande si potesse sentire. Quei sensi di colpa di non averla perdonata molto prima, erano ben evidenti e come la forza dell'uragano arrivava dritto anche a lui. Era come se in faccia avesse appena ricevuto uno schiaffo che lo aveva fatto voltare dall'altra parte, per quanto forte poteva essere stato.
Neil lasciò semplicemente che il più grande gli piangesse addosso. Addosso a quel scudo che egli era diventato, pur di proteggerlo e tenerlo al sicuro.
Faceva male sentirlo darsi la colpa. Ma Neil non aveva alcun diritto per dirgli di no. Non lo avrebbe aiutato per niente. Era giusto che dicesse tutto quello che per la testa gli passava, se questo sarebbe significato liberarlo da quelle catene.
Tempo al tempo continuava a dirsi in mente, mentre con un braccio gli cingeva la schiena, l'altra mano invece era ferma sulla sua nuca.
***
« Bé amore Mio. Loro te l'hanno chiesto ma ora tocca a te decidere se accettare o meno » disse Jane, guardandolo con le le braccia incrociate, seduta sulle ginocchia di Maddie, mentre quest'ultimo la cingeva dalla vita e gli regalava qualche bacietto sul collo.
« Hai ragione. Ma se duro solo qualche secondo. E se poi ne combino una delle mie ? Che faccio » mormorò Iris, prendendosi il volto tra le mani, a solo immaginarsi a fare qualcosa che non andava.
« Iris tesoro. Calmati per un momento mh ? Non essere così pessimista. Magari...andrà bene. Credi di più in te stesso e adesso chiama, e vedi se é ancora valida quella buona offerta » lo ammonì dolcemente la più grande porgendogli il proprio cellulare.
Iris tentenò insicuro per qualche secondo alternando lo sguardo dal cellulare alla sua amica. Jane gli sorrise e gli fece cenno con la testa, come per incentivarlo.
E Iris finalmente accettò. Prese - per qualche strano motivo - con mani tremanti il foglietto che aveva nella tasca dei jeans e afferrando il cellulare compose il numero. Il cuore palpitante in attesa di ascoltare una delle due voci.
Ma quei bip non furono mai interrotti, cosa che gettò nello sconforto il più piccolo che decise di staccare.
« Non rispondono ».
« Magari staranno facendo qualcosa ».
Lo confortò l'amica.
Ma a quelle parole immagini di quei due insieme e che magari si stavano ricoprendo d'affetto passarono dalla testa del più piccolo, che al solo un pensiero del genere lo fece arrossire come uno scolaretto alle riprese della sua prima cotta.
« Hai la febbre ? »
Chiese allarmata la ragazza prendendogli direttamente il volto tra le mani e per appoggiare la sua fronte contro quella dell'altro.
« No, Jane. Sto bene ».
La rassicurò con un sorriso.
***
Era tutto pronto. Quell'atteso giorno era arrivato. L'ora di raggiungere il suo Blake e farne chiarezza.
« Allora fai buon viaggio Jay ».
Salutò Emil, nel freddo di quella giornata e con le mani nelle tasche anteriori dei jeans. Un finto sorriso di chi ormai si era del tutto arreso all'evidenza.
« Grazie per avermi compagnato Emil e sta attento al ritorno » gli disse il più grande voltandosi di viso verso il più piccolo, il manico della valigia nera in pelle tenuta stretta in una mano.
Si guardarono giusto un paio secondi negli occhi, che invece parvero ore, finché quella maledetta voce annunciava che l'aereo che avrebbe dovuto prendere Jay fra non molto sarebbe partito.
Ed Emil, semplicemente lasciò che i fatti andassero per le proprie strade. Differenti che fossero, era tutto stato destinato così e niente avrebbe potuto fare cambiare le cose.
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