Capitolo 26

« Ribadisco, so come ci si sente. Purtroppo molto tempo fa anche io ho avuto un amore non corrisposto. E venire rifiutati così, nel bel mezzo de cazzo e dopo aver fatto per me più di un semplice sesso, é stata come una pugnalata. Mento se adesso dico di non averci sofferto, ci sono stato male ma a modo mio. E quando dico a modo mio é perché non ho versato una lacrima. Ora non so di preciso quando sia stata l'ultima volta. Forse alla morte di mia madre, può essere?
Ma col tempo ho imparato che piangere non serve niente, insomma versare lacrime sul latte versato non aggiusterà le cose » disse Emil, appoggiandosi con la tempia sulle braccia incrociate sopra le ginocchia rivolte verso su, seduto sul letto e mezzo coperto per metà busto da un lenzuola bianco, vicino a un Jay impassibile.

Emil guardò con serietà quella figura che indecifrabile se ne stava a fumare una sigaretta post-sesso, cercando di non fare trasparire la nota di malinconia che sentiva e un debole, fievole sorriso, fece capolino sulle tenere labbra di un rosa pallido. Continuò a guardarlo e Jay finalmente ricambiò quello sguardo suggestivo, che gli fece capire ciò che l'altro tentava in tutti i modi di non fare notare.

Ma in ciò, scorse solo tutto quel dolore che in lui aveva provato e che mai era passato. Forse quel tentativo di non fare scorgere il vero sé, era più un modo di ripararsi per il non dover soffrire più. Forse tentava di non ricorrere più a camminare su quei sentieri bui che lo riportavano alle vecchie ferite. Tutto era possibile.

Ai suoi occhi questo non sfuggì. Emil era come un dipinto su tela a colori olio. Al di fuori poteva apparire forte e inscalfibile, ma se guardato con buon occhio discreto, ci potevi vedere la tanta solitudine che in lui era, Jay era un buon scrutatore e poteva scorgere ogni cosa che in apparenza ingannava.

« Non farti apparire per ciò che in realtà non sei. Piuttosto fatti mostrare per le tue fragilitá, perché é proprio questo ciò che ci rende più umani » aspirò, con gli occhi ancora ben piantati sulla figura attenta e vigile dell'altro, buttando fuori ciò che in realtà pensava e che credesse che a volte certe dritte andavano prese. Non importava se dette troppo schiettamente, bisognava sempre essere sinceri, anche se a volte le parole potevano trafiggerti da parte a parte.

La sincerità sempre prima di tutto - o almeno - questo secondo Jay.

« Credimi quando te lo dico, perché é così. A volte non é sempre facile, come tu dici. Se non vivi in prima persona certe cose vissute, non potrai mai sapere il tipo di sortilegio che potrà avere effetto su di te ».

Come un fulmine a cielo sereno, queste parole ebbero uno strano impatto sul maggiore. A volte era meglio mentire che nel dire un qualcosa che aveva il potere di distruggerti e in parte questo era una cosa che un po' lo descriveva. Lo aveva descritto per come in tutti quegli anni, nei confronti di Blake, avesse preferito vivere nella menzogna dei sentimenti, anziché di esprimergli, solo per paura di poter rovinare tutto.

« Sará vero. Ma in un modo o nell'altro tutti dovremmo sempre affrontare un qualcosa, magari anche più grosso di noi » spense la sigaretta nel posacenere sul mobiletto accanto al letto dal proprio lato, con un piccolo vapore di fumo che uscí dalla bocca e che si disperse nell'aria.

« Adesso basta pensare a vecchie cose del passato, perché non dedicare questo poco tempo che ci rimane in altro ? » chiese Emil con una nota di voce maliziosa, scoprendosi del tutto, per poi gattonare di qualche centimetro verso la figura possente e del tutto scoperta del più grande e con un movimenti lento si sistemò a cavalconi sul suo bacino già in stato attivo, mettendogli le braccia intorno al collo.

« Tipo, come ? »
Chiese con un mezzo sorriso tirato su per un angolo, portando le mani sul sedere sodo e invitante del più piccolo.

Completamente perso e in estasi, Emil, non riuscí a darsi un contegno nel tuffare le proprie labbra su quelle dischiuse e dal sapore di fumo dell'altro e nel prendere a strusciare il proprio corpo affamato su quello già pronto dell'altro, poggiando una mano fredda nell'incavo del suo collo. Che cosa avrebbe fatto da ora in avanti se non cercare la tanto cura cercata in Jay ? Bastava solo questo ? No, Emil voleva altro, ma la vita non glielo permetteva, aveva imparato bene che ogni cosa aveva un suo caro prezzo. E molto probabilmente Jay, sarebbe stato l'ennesimo che prima o poi glielo avrebbe cercato e che non tutto era rose e fiori, sarebbe stato troppo strano se fosse stato l'incontrario.

« H-Hei. Aspetta. Perché anche se mi baci ti sento assente ? » gli chiese Jay sulle labbra.

« Non parlare. Baciami soltanto ».
Sussurró Emil, alternando gli occhi lucidi per la quasi voglia di impazzire del tutto, da occhi a labbra e così via. Le labbra a solo pochi di centimetri di distanza, sarebbe bastato davvero poco all'avvicinarle nuovamente per ricercare quel contatto terapeutico che al momento gli serviva per non pensare più a niente.

« Come desideri ».
Sghignazzò Jay, permettendo così alle loro labbra di toccarsi nuovamente, in un bacio dal delicato all'irruente. Dal premuroso all'impaziente. Dal bisognoso all'affamato.

Emil si lasciò toccare da quelle bolla intima e baciare, mentre Jay aveva preso a risalire con una mano sulla linea vertebrale della schiena e poi a riscendere.

Emil, anche quella sera, lasciò che l'altro prendesse ancora una volta la sua purezza, ma stavolta conducendo di propria iniziativa le danza a suo piacere. Se quella era la sua terapia, la sua medicina, allora Jay funzionava veramente. Gli effetti che quella pillola aveva su di sé erano devastanti. Ma ora la domanda che sorgeva su ogni suo dubbio era : da adesso sarebbe riuscito a farne più a meno o la sua dipendenza si sarebbe ingrandita più di quanto in realtà non volesse fare credere ? Adesso più che mai, lasciandosi arpionare da quelle forti mani ai fianchi, per aiutarlo di più nei movimenti, capí che forse non sarebbe uscito da lí senza una nuova ferita da leccarsi da solo.

***

Iris, prima di ritornare a casa, fece un ultimo giro in un parco vicino all'ex bar in cui ore prima ci aveva lavorato. Si appoggiò con le braccia alla staccionata della recinzione che divideva il vialetto da un fiume in corrente, sospirando appena.

Perso nei propri pensieri così com'era, non si accorse subito del cellulare che dalla propria tasca del giacchetto aveva preso a suonare ininterrottamente, riportandolo coi piedi per terra. Esattamente dove al momento non voleva essere.

Sapeva a chi molto probabilmente apparteneva a quella chiamata. Jane. Non poteva rifiutare, forse rispondendole sarebbe riuscito a tranquillizzarla, sapeva di quanto in apprensione l'altra poteva trovarsi.

« Jane ».
Rispose, con il cellulare all'orecchio.

Ma quella voce che dall'altra parte gli aveva risposto non era quella della sua Jane e qualche parola detta lo sconvolse del tutto, facendogli cadere il cellulare a terra, che con lo schianto subíto ruppe in più punti lo schermo.

No. Non poteva assolutamente crede a ciò che gli era stato riferito. Non voleva, ma doveva.




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