Nessun Rimpianto, Idiota
Uscimmo dalla cucina e raggiungemmo un tavolo in un angolo della sala, guidati da mia madre. Era un locale ampio e arioso; sobrio ma estremamente pulito. I miei non avevano mai tollerato lo sporco. Tra quelle mura, nonostante ora mi sembrassero così piccole, non avevo mai smesso di sentirmi al sicuro. Il profumo della famosa zuppa di mia madre, del pollo, e delle altre pietanze che preparavano, si mescolava a quello delle numerose candele al gelsomino che costellavano la sala. In tutti quegli anni, non avevano mai cambiato fragranza. La nostalgia di quel luogo lo rendeva quasi sacro, per me; ci ero cresciuta, conoscevo ogni centimetro, ogni piastrella frantumata, ogni nascondiglio in cui ormai non entravo più, ogni avventore abituale... A questo proposito mi nascosi dietro mia madre appena scorsi la signora Del Bosco, che non aveva mai perso l'abitudine di darmi buffetti sulla guancia, nemmeno dopo che i miei bicipiti avevano raggiunto un diamero di 38 centimetri -uhm, non che li avessi mai misurati, sia chiaro-.
Poco lontano c'era anche il signor Brumeni; o avrei dovuto chiamarlo "e il fidanzatino?", visto che non sembrava saper dire altro.
Ma per quanto seccanti o logorroici potessero essere, loro erano parte dei ricordi di questo posto e avevano tutto il diritto di stare qui. Solo la presenza di Teaz e Hugo mi urtava davvero; dissacrante e imperdonabile.
Dopo che ci fummo seduti, la mamma ci consegnò le stoviglie e le posate che si era portata dietro, mi rivolse uno sguardo d'intesa che presi come un «sii delicata», e se andò.
Ora viene il bello, pensai, sarcastica.
Hugo continuava a fissarmi incattivito, dandosi pause solo per ricambiare gli sguardi mielosi di Teaz. Ci fu un imbarazzante momento di silenzio, che divenne ancor più imbarazzante -per me- quando i due cominciarono a pomiciare. O a mangiarsi la faccia a vicenda, a seconda dei punti di vista.
«Runa!» La voce squillante di Sera, la cameriera che lavorava alla locanda, fece sobbalzare la coppietta felice.
«Ciao, Sera. Come stai?» La salutai. Lei appoggiò la zuppiera sul tavolo e mi abbracciò.
«Quanto tempo!» disse.
«Ma se ci siam viste la scorsa settimana!» Ridacchiai e ricambiai l'abbraccio.
«E dici poco?»
Mi stava simpatica, Sera. A dir la verità stava simpatica a tutti, così gentile e solare com'era. Dava sempre l'impressione di un pulcino, con quei capelli castani corti che sparavano in tutte le direzioni, e questo faceva tenerezza.
La allontanai dolcemente e mi sporsi verso Teaz per fare le presentazioni. «Sera, loro sono mia cugina, Teaz, e il suo fidanzato, Hugo. Teaz, lei è...»
«Si si, la cameriera, va bene!» Mi interruppe bruscamente Teaz. «Ora potrebbe servirci la zuppa? Sto morendo di fame.»
La cosa peggiore era che le persone così erano proprio quelle che duravano più a lungo, perché col cavolo che gli déi se le riprendevano.
Sera raccolse svogliatamente la zuppiera dal tavolo. «Benissimo», disse.
Mi servì per prima, con grandi e studiate cucchiaiate che mi riempirono la ciotola di densa zuppa stracolma di pezzi di patate, carote e peperoni. Poi passò a Hugo e mia cugina, che dopo una rapita cucchiaiata si ritrovarono con una scodella mezza piena di zuppa liquida con qualche isolato ortaggio, a testa. Fissai ammirata Sera. Ma è una maga!
«Vado a prendervi una brocca con dell'acqua.» Si defilò.
«Grazie!» Le urlai dietro. Si voltò e mi sorrise.
Teaz guardò schifata nel suo piatto. «Non è giusto», commentò. «A te ne ha data di più! Guarda!»
Io alzai gli occhi dalla zuppa che avevo già iniziato a mangiare e dissi, fingendomi scocciata: «Non essere sciocca, Tessy. Mangia senza fare storie, che ormai sei grande.»
«Hugoo!» Piagnucolò lei.
Sfidai con lo sguardo il ragazzo, che non ebbe il coraggio di dire nulla, se non qualche parola di conforto alla fidanzata. Ah! Uno a zero per me.
Proseguimmo piuttosto tranquillamente. Dopo che Sera ci ebbe portato da bere nessuno aveva più proferito parola e ci eravamo dedicati a consumare la zuppa in silenzio.
Fu proprio quel momento di silenzio che Ko scelse per far trillare la sua voce nella mia testa.
"Heilà, Runa!"
Colta alla sprovvista, sobbalzai, rovesciandomi il cucchiaio di zuppa sulla maglia.
Grazie al legame che ci univa riuscivamo a contattarci telepaticamente e, con un po' di concentrazione, persino a vedere l'uno tramite gli occhi dell'altro, indipendentemente dalla distanza che ci separava.
"Ciao, Ko", risposi, pulendomi con il tovagliolo.
"Sei impegnata?"
"Non particolarmente" risposi. "Sono a tavola. Mangio."
"Ok, perfetto, perché mio fratello è appena rientrato." mi informò. "Adesso volevo cercare di capire cos'ha visto esattamente ieri, e visto che la cosa ti preoccupava ho pensato volessi assistere anche tu."
"Ah" replicai. "In realtà starei..." Guardai i miei commensali, intenti a mandarsi baci da venti cm di distanza.
"Tranquilla, se hai da fare posso raccontarti dop_"
"No!", lo interruppi, "non preoccuparti, ci sono."
Continuando a mangiare come se nulla fosse, schiarii la mente, concentrandomi sul mio amico. Strinsi leggermente i denti in anticipazione quando sentii la mia coscienza ampliarsi. Era una sensazione molto strana, non proprio piacevole: durante il collegamento restavo sempre in me, ma vivendo anche tramite Ko, sperimentando dunque due realtà contemporaneamente. A dispetto di come poteva sembrare era abbastanza semplice stare dietro a tutto. In ogni caso era molto più facile che cercare di seguire i discorsi di due persone allo stesso tempo, per fare un paragone. Credevo che il Legame del Drago che avevamo fatto io e Ko predisponesse anche a questo, nonostante l'emicrania che causava dopo. Ma probabilmente era per mancanza di abitudine.
§§§
||Sentii gli occhi di Ko aprirsi come se fossero i miei. Rimasi subito estasiata dal luogo che mi circondava: un'enorme stanza delimitata da circolari mura irregolari, sormontate da un altissimo soffitto e totalmente rivestite da un mosaico così splendente da sembrare realizzato con pietre preziose. Raffigurava bellissime immagini di draghi, in tutte le tonalità immaginabili del blu e dell'azzurro. Un enorme, piatto, anello viola opaco era incastonato a mezza altezza nella sala, a costituirne il soppalco, dove si affacciavano gli unici due ingressi, perfettamente circolari. Non c'erano scale, ma dubitavo che i draghi ne avessero bisogno.
Mi trovavo, o meglio, Ko si trovava adagiato su di un'enorme tinozza dello stesso materiale del soppalco sovrastante, piena di durissimi cuscini in pelle. Una marea di stupendi vasi e statue colorate lo circondavano, ammucchiati l'uno sull'altro. Sul lato opposto della sala stava una vasca identica, circondata però da un mucchio di cianfrusaglie abbastanza familiari, che sicuramente avranno avuto provenienza umana,e una marea di stoffe di tutte le varietà possibili e immaginabili. Un drago dorato dall'aria vagamente familiare stava frugando tra quella roba, senza prestare particolare attenzione nella nostra direzione. Guardandolo, mi resi veramente conto di quanto fosse grande quel posto, dove lui risultava piccolo come un uomo in un salone.
Dei pesanti tendaggi scendevano dal soppalco perché potessero essere tirati tutt'intorno ai loro bizzarri giacigli.
"Wow..." Mi sfuggì.
"Già." Sentii la testa di Ko annuire leggermente. "È tutto vetro."
"Cosa?" Non capivo. Probabilmente in realtà aveva detto: "è tutto vero", ma non ne afferravo comunque il senso.
"Il mosaico. I vasi. Le statue. Il soppalco. Tutto vetro." Spiegò lui.
Ok, forse non sarò stata una geologa, ma credevo di riuscire a distinguere gemme autentiche da... comune vetro.
"Mi stai prendendo in giro?"
"Neanche per sogno", mi assicurò.
"Mi vuoi far credere che tutto questo sia semplice vetro? Anche il soppalco?"
"Come sarebbe a dire 'semplice'? Questo è il mitico vetro dragonico, nulla a che vedere col vostro umano. Guarda che mi offendo!" Scherzò.
"Oh." Ora che ci pensavo, Ko mi aveva parlato spesso del suo lavoro da Mastro Vetraio, ma non avrei mai immaginato nulla del genere. "È tutto opera tua?" Chiesi.
"No, no, ma va'. Solo i vasi e le statue." Pur non avendo il controllo degli occhi, cercai di osservare le gigantesche cataste di oggetti realizzati dal mio amico.
"Un'inezia, davvero," ironizzai. "Ko, ma è fantastico! Sei un grande! Un artista!"
"Non esagerare, sono solo un artigiano." si schermì lui con poca convinzione. "Certo, è vero che sono il migliore, nonché il più bello, di tutta Sklenenú-horu, ma quelli che vedi qui non sono altro che i miei primi, orribili, tentativi. Nulla di speciale. Il laboratorio e il magazzino sono stracolmi, e dovendo pur metterli da qualche parte..."
"Ma piantala!" Lo presi in giro io. Ko sbuffò dal naso, ridacchiando, e il drago dorato sembrò accorgersi solo allora della sua presenza. Sobbalzò e si girò di scatto come se non si aspettasse di vederlo lì.
"Koywoo, sei sveglio!" Esclamò come meglio poteva un drago. "Hai un secondo? È un po' che non parliamo."
"Mmh, certo." Il mio amico manteneva un tono noncurante. "Cosa succede?"
"Beh..." Il drago sembrava agitato. Balzò in aria e planando si avvicinò, così ebbi l'occasione di osservarlo meglio. Era davvero bello, un fisico asciutto e sinuoso completamente rivestito da minuscole squame che davano l'impressione di essere fatte d'oro. Il muso era lungo e affilato, con zigomi abbastanza pronunciati. Gli occhi, per quanto sgranati, erano fessure sottili che rivelavano un'iride di un piatto, ma incredibilmente intenso, azzurro elettrico, tagliata dalla pupilla lineare e verticale tipica dei felini e, ovviamente, dei draghi.
§§§
||Di punto in bianco lasciai cadere il mio cucchiaio nella ciotola colma di zuppa con un sonoro ss-ciaff. Improvvisamente non avevo più fame. Mi si era attorcigliato lo stomaco, e sapevo che era dovuto alla paura di quello che poteva aver visto il fratello di Ko, ieri. Di quello che avrebbe detto ora. Di quello che sarebbe successo poi. Di quello che... Ok, basta, credo di aver reso l'idea. Mi costrinsi a raccogliere il cucchiaio e ricominciai a mangiare la zuppa come se nulla fosse, incurante della mia crescente nausea. Per un secondo mi sentii davvero tosta, mentre ignoravo la mia sciocca ansia e mangiavo. Poi mi accorsi che Teaz mi fissava allibita, mentre il suo ragazzo ridacchiava tra sé. Non che me ne importasse, però mi sentii un po' stupida.
«Tutto bene?» Chiese mia cugina.
«Mai stata meglio!» Attaccai per l'ennesima volta la zuppa.
§§§
||Intanto, il fratello di Ko aveva iniziato a parlare: "Ieri sera... È successa un cosa." Sembrava imbarazzato, ma non ci feci troppo caso. Ero abbastanza angosciata, ora che lui stesso aveva accennato alla sera precedente. Quindi si trattava davvero di quello, i miei timori erano fondati. Cavolo!
"Cosa?" Anche Ko era nervoso. Era piuttosto bravo a mascherarlo, ma non poteva certo nasconderlo a me.
Il drago dorato distolse lo sguardo. "Ho conosciuto qualcuno," emise una specie di brusio, che in teoria avrebbe dovuto equivalere a un sospiro. "Qualcuno di incredibile."
Ok, forse i miei timori non erano poi così fondati. "Qualcuno? Un drago? Un umano...?" Il nervosismo di Ko, come il mio del resto, era scemato.
"Una dragona." Sembrava stesse parlando di una visione mistica. "Una dragona nera."
Ci fu un attimo di silenzio. Era difficile capire dove finisse la mia perplessità e iniziasse quella di Ko, tanto erano simili. Poi il mio amico disse:
"Ma ci hai parlato?" La voce era solo un pensiero, eppure riusciva comunque ad essere di un'ottava troppo alta.
§§§
||«NO!», urlai, sbattendo così forte il pugno sul tavolo che il bicchiere di Teaz si rovesciò.
«AAAAH!» Allibita, la cugina scattò indietro con la sedia, provocando uno stridio tremendo. Un silenzio glaciale calò su tutta la mensa.
«Sei impazzita!?»
Il ragazzo accorse in suo soccorso. Io avevo iniziato ad arrossire, e mi protesi a raddrizzare il bicchiere della ragazza. Mentre Hugo la aiutava ad asciugare, lo rabboccai.
«Scusatemi, ah», dissi, forzando un sorriso, «mi era, ehm, cascata una ciocca di capelli nella zuppa.»
«Tu sei un pericolo pubblico.»
§§§
"Beh, in effetti no", stava dicendo intanto Howahkan. "Ci ho provato! Ma è fuggita subito."
"Sei sicuro di non aver confuso di nuovo un sogno per la realtà?"
"No, Koi, ti giuro! Non è come l'ultima volta con l'autografo di Kreuslan. Lei è reale! Devi aiutarmi a trovarla."
"Ma sei matto! Perché dovrei fare una cosa el genere?"
"Non l'hai vista, Koi! Era troppo bella." Oh! Non potei fare a meno di arrossire.
§§§
||Un drago aveva detto che ero bella! Tra una cucchiaiata di zuppa e l'altra, non potei fare a meno di sorridere come un'idiota. Tanto mia cugina s'era già convinta che fossi pazza.
§§§
||"Ti prego! Solo tu puoi! Con quelle squame non può essere di Sklenenù-Horu. Dev'essere un drago elementale di qualche paese vicino. Io con il mio lavoro non posso allontanarmi."
"Ehi! Si dà il caso che lavori anch'io!"
"Ma se sei sempre in giro a bighellonare! Il tuo capo si lamenta sempre."
"Beh, se Rowlan si lamenta vuol dire dopotutto il mio daffare ce l'avrei pure, non ti pare?
§§§
||Dal canto mio, mi sentivo un peperone. Mi concentrai sulla zuppa.
§§§
||"Ti prego Koi! Io farei tutto ciò che è in mio potere per aiutarti se fossi tu ad aver avuto un colpo di fulmine!"
"Colpo di fulmine? Non ti pare di esagerare?"
Howahkan alzò lo sguardo, determinato. "No Koi. Quello che sento è reale, tu non puoi capire. Quello di ieri è stato un incontro dettato dal destino."
§§§
||Fu troppo. Il collegamento con Ko saltò, ed io esplosi. Come un geyser che all'improvviso erutta getti di vapore incandescente a una potenza incredibile, così mi ritrovai a sputare zuppa senza alcun preavviso, proprio in faccia a mia cugina Teaz. Inorridita, la ragazza scattò in piedi strillando, facendo così rovesciare indietro la sedia. Hugo la imitò, minaccioso. Quando poi la sua fidanzata iniziò a singhiozzare qualcosa a proposito di quanto fossi pazza e di come il suo vestito fosse irrimediabilmente rovinato, con uno scatto fulmineo mi afferrò il bavero della casacca e biascicò qualcosa che suonò come: «Ti avevo avvertito.»
Sembrava furioso, ma non mi intimoriva. Mi alzai lentamente e lo spinsi via con talmente tanta forza da fargli perdere l'equilibrio. Allora si stabilizzò e mi squadrò, più incattivito di prima. Gli altri avventori avevano iniziato a lanciarci sguardi incuriositi.
Hugo mi si scagliò contro con le mani chiuse a pugno, ma lo scartai senza fatica. Si schiantò sul tavolo, buttando a terra ciò che restava della mia zuppa. Questo non avresti proprio dovuto farlo. Lo tirai su con uno strattone alla camicia, pronta a colpirlo. In un nanosecondo calcolai il punto in cui avrebbe fatto più male, senza causare però troppi danni (Chi la sentiva più Teaz, poi?), quindi gli sferrai un pugno sul naso. Tanto, peggio di così...
Si accasciò piangendo a terra, in posizione fetale, le mani piene di sangue a coprire il volto livido. Quante scene. Al massimo gliel'ho rotto, pensai. Sperai.
I guai arrivarono più tardi, in cucina. Mia madre era china su un sofferente Hugo, intenta a tamponare la ferita con un panno intriso di una sostanza puzzolente. Faceva miracoli, a quanto diceva lei. Mia cugina stava in piedi, a lato, le mani strette al petto mentre osservava in lacrime la scena. Nel complesso, il trio continuava a lanciarmi occhiate furiose, e io cominciavo a chiedermi cosa diamine ci facessi ancora lì. Mi avevano stufato.
«Sei un mostro!» Mi apostrofò con voce rotta Teaz, all'improvviso. «Me l'hai rovinato! Hai rovinato il suo naso!»
«Io!? E madre natura, allora? Certo, chiaro, è nato con un naso orribile, allora va bene, ma se poi glielo rompo io, l'ho rovinato.» Ogni scusa era buona per prendersela con me.
«Come ti permetti, tu...» Sibilò lei. Subito si intromise mia madre: «Adesso piantatela, tutte e due.» Lasciò cadere il panno in faccia al ragazzo, che gemette, e si rivolse a Teaz: «Cara, forse sarebbe meglio se portassi Hugo da qualche altra parte. Dopo quello che è successo, non credo sia il caso che rimaniate ancora, ma sarei felice se tornaste a trovarci un altro giorno. Tanto ora non mi sembrate comunque in vena di chiarire.»
Teaz assunse un'espressione di disappunto e aprì la bocca come per ribattere qualcosa, ma la richiuse in silenzio. «Va bene.» Disse infine. «Ma prima vorrei sistemarmi un po'. Credo di avere ancora qualche pezzo di peperone tra i capelli,» piagnucolò. Mi sforzai di non ridere.
Quando i rompiscatole si furono finalmente levati di torno, mi ritrovai sola con mia madre che mi fissava con aria di estrema disapprovazione. «Si può sapere cosa ti è preso? Che bisogno c'era di comportarsi così?» Esordì.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. «Te l'ho già detto. Non l'ho fatto apposta. Mi era andata una patata di traverso e per non strozzarmi...»
«Non mi riferivo a quello.» Mi interruppe lei. «Che bisogno avevi di essere così... Aggressiva, con Hugo?»
Alzai un sopracciglio. «Io? Aggressiva? Guarda che è stato lui a cominciare, mamma. È pazzo...»
Mia madre sospirò. «Cercava solo di difendere la sua ragazza, Runa...»
«Da cosa? Da della zuppa?»
Lei scosse la testa, delusa. «Devi cercare di controllarti di più, tesoro. Non puoi fare a pugni ogni qual volta che qualcuno ti infastidisce.»
Sospirai. «Mamma, io so controllarmi benissimo, davvero, ma se qualcuno attacca briga con me, è ovvio che io reagisca. Ferma a subire non sto di certo, non dopo dieci estenuanti anni di accademia. Pensi davvero che Teaz sarebbe tuttora viv_illesa, se fossi una testa calda? »
Mi madre sbatté più volte le palpebre, incredula -o, quantomeno, fingendosi tale-, e balbettò:«Ma...Vuoi dire che... Tu... Runa, tu non sopporti tua cugina?» Non me l'aspettavo.
«Uhm?» Inspirai a fondo. «Sì, trovo che sia insopportabile. La odio.» Pensavo fosse ovvio.
«Oh, Runa,» la mia affermazione sembrava averla sconvolta. «Come puoi dire una cosa del genere?»
Sbuffai, ma lei continuò:« 'Odio' è una parola grossa! Non puoi pronunciarla con tanta leggerezza. Significa che t...»
«Cavoli, ma è tardissimo!» La interruppi fingendo di guardare il mio segnatempo. Ah, non lo avevo nemmeno con me, ma non importava. «Scusa, mamma, ma devo proprio andare. Ci vediamo un'altra volta, va bene?» Fuggii senza lasciarle il tempo di replicare. Quando partiva con una predica, quella donna aveva il brutto vizio di trattarmi come se avessi ancora cinque anni. Non lo sopportavo.
E poi, avevo un certo bisogno di parlare con Ko in tutta tranquillità.
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«Insomma, adesso lui sarebbe convinto che tu mi stia cercando?», chiesi, rivolta al mio amico.
Si stava facendo sera, e io e Ko eravamo seduti attorno a un tavolo in una taverna.
Quel pomeriggio, Ko non aveva potuto venirmi a trovare per del lavoro che aveva avuto da sbrigare; non lo aveva detto esplicitamente, ma avrei messo la mano sul fuoco che l'avesse fatto solo per dimostrare al fratello quanto fosse impegnato.
«Sì,» rispose lui prendendo un sorso dal boccale. Non vedevo la sua bocca, ma gli occhi tradivano un sorriso divertito. Era da quando si era fatto vivo che ghignava. «Il che va decisamente a nostro vantaggio. Non ti troverà mai; a meno che...» Lasciò la frase in sospeso per continuare a bere.
«"A meno che", cosa?»
Lo sguardo di Ko scintillò, perfido. «Sicura di non voler conoscere Howahkan? Sareste una bella coppia. E noi diventeremmo cognati.»
«KO.»
«Ahaha,» rise lui, poi mi fece la linguaccia. «Scusami, da come continui a parlarne, ho pensato fossi interessata.»
«Pff, scemo!» Per poco non mi ero strozzata col sidro. «Non c'è in gioco solo la mia testa, sai? O hai dimenticato che rischi l'esilio?»
Lui continuò a guardarmi ghignante. «Howahkan e Runa, zampa nella mano», iniziò a cantilenare, «camminano lontano, nasino contro nasino, si danno un bel bacino!»
«Ahaha! Me lo rinfaccerai per tutta la vita, vero?», chiesi.
«Probabile», ghignò. «Però c'è un'altra cosa di cui vorrei parlarti.»
Ko appoggiò il boccale sul tavolo e si spostò con la sedia accanto a me. Poi si guardò attorno per essere sicuro che nessuno stesse guardando.
«Credo di aver imparato come controllare la mutazione parziale,» bisbigliò, abbassando brevemente la testa per indicarmi di guardare giù. Nascosta dal tavolo, la sua mano non era più umana. Non era nemmeno mutata in una zampa di drago, di per sé, semplicemente era divenata rossa e squamata, affilata di artigli appuntiti.
«Ma è una cosa normale?», chiesi, stupita.
Il ragazzo tornò al posto di prima, ritrasformando la sua mano con un rapido gesto. Alzò le spalle. «Non saprei, non è facile ottenere informazioni al riguardo. Tutti i testi che parlano del Legame del Drago sono conservati nella biblioteca dell'Ordine ormai da secoli.»
«Cosa?» Posai con forza il mio boccale. «Ma non è giusto! Appartengono a voi.»
Ko sorseggiò la sua bevanda, mesto. «Non c'è niente da fare. è parte del contratto.»
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Nel prossimo capitolo:
Runa farà un incontro molto più interessante di un drago dell'Ordine, e molto meno pericoloso, per una fuorilegge come lei.
Forse...
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