Escursione Notturna






Colpi secchi sulla finestra chiusa interruppero bruscamente il mio sonno. Era ancora notte fonda.

    Una volta superato lo spavento iniziale, mi irritai per essere stata svegliata a quell'ora, e decisi che qualsiasi mostro/spettro/fantasma/ladro che fosse l'avrebbe pagata cara. Spalancai rudemente le imposte, movimento che fece volare il mio "mostro/spettro/fantasma/ladro che fosse" con un urlo giù dalla palazzina, dritto sul tendone che sporgeva dalla finestra del signorotto del primo piano. Aveva una voce familiare... improvvisamente ricordai che gli spettri, i mostri e i fantasmi non esistevano... e i ladri non cercavano certo di svegliarti.

    «KO!?» Gridai.

    «Sghfnnnh!»

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    «Sei matto, cosa ci fai in città nel bel mezzo della notte?» Chiesi dopo che si fu accomodato sull'unica poltrona di casa mia. Era un pezzo di antiquariato, per usare un eufemismo, e, come ogni altro singolo mobile che avevo, cadeva a pezzi.

    «Sto morendo di sonno... Sai, oggi ho trascinato tutto il giorno un sacco di patate per la foresta.» Avevo imparato a mie spese che lui tendeva a scordare che io, in quanto umana, avevo bisogno di dormire più di tre ore a notte per riprendermi dalla stanchezza.

    «Ah, già. Grazie per prima. Devo essere... com'era la parola? Svenoto?

    Ridacchiai. «Svenuto. Sì. Sei il sacco di patate più pesante che abbia mai avuto la sfortuna di trascinare», scherzai. Ce l'avevo su con 'sto sacco di patate.
    «Comunque!», trillò lui, facendomi sobbalzare, «ho fatto una scoperta sensazionale!»
    «Cosa??» Mi sporsi, rapita, la curiosità che aveva sostituito il sonno.
    «Non so come spiegarlo... Devi vederlo. Ma non qui. Andiamo!»
    «Ko!» Lo chiamai, ma lui era già sparito fuori dalla finestra. Quant'è teatrale!

    Fortunatamente il trambusto non aveva svegliato nessuno dei miei vicini -o per lo meno, nessuno si era affacciato per lamentarsi-, e io e Ko, agili come gatti, ci mettemmo a correre sui tetti. In breve giungemmo alle mura della città, e poi, oltre. Conoscevo a memoria i turni delle Guardie, in quanto tale ero io stessa, per cui riuscimmo a evitarle facilmente. La mia città, come ho già accennato, era circondata da alte mura, e totalmente sommersa dalla foresta; ma esse erano inespugnabili solo all'apparenza, se sapevi come muoverti. E diamine, dopo quasi due decenni passati a sgattaiolare dentro e fuori ero sicura non ci fosse nessuno in tutto il regno che avrebbe potuto tenermi testa.

    Nessun'altra città avrebbe potuto prosperare e ampliarsi a perdita d'occhio nel cuore della foresta fino a diventare capitale di un vasto regno, e questo era stato possibile solo grazie ai draghi.

    La leggenda narra che in antichità su questa terra sorgesse un piccolo villaggio. Per secoli la sua gente aveva vissuto in constante conflitto coi draghi; conflitto che era costato migliaia di vite da entrambe le parti.    Un giorno, però, dal nord era giunto un popolo di guerrieri. Qualunque altra popolazione, alla vista di quelle spaventose creature, avrebbe girato i tacchi e sarebbe scappata; ma questi nordici avevano affrontato un viaggio lungo e durissimo che si era preso molti dei loro compagni, e non avrebbero desistito facilmente.

    Combattendo come dei demoni, gli stranieri sconfissero i draghi, ma, restii a versare altro sangue, proposero un'alleanza. Fu così che l'Ordine dei Signori dei Draghi venne costituito, e la pace stabilita. Grazie all'Ordine, col tempo Madracorn acquistò il prestigio e il potere di cui fa vanto oggi.

    Atterrai in piedi fuori dalle mura e, persa nei miei pensieri, volsi lo sguardo al vasto castello che dalla nostra città si protendeva verso Sklenenú-horu; un insieme di edifici in pietra bianca che costituivano una seconda, piccola, città, avvolta nel mistero. Il suo accesso, infatti, era categoricamente vietato alla comune plebe, di cui io ero considerata parte. Certo il mio ego era abbastanza grande da non essere d'accordo con l'opinione che la società aveva di me, ma ciò non mi permetteva di entrare alla cittadella nobiliare. Tutto ciò che sapevo di quel posto, e che mi interessava, era che ospitava la sede dell'Ordine dei Signori dei Draghi. Il resto era un'incognita.

    Seguii Ko attraverso la foresta, diretti a quella che avevamo stabilito fosse la nostra radura, per questo mese. Era un posto perfetto, difficile da raggiungere, e da scorgere dall'alto grazie agli alti alberi che la circondavano, lasciando però abbastanza spazio per trasformarsi e spiccare il volo coomodamente; spazio di cui io, nella mia impacciataggine, avevo bisogno.

    Era una notte buia, senza luna. Durante il tragitto mi tenni il più vicino possibile a Ko; lui era un drago e anche nell'oscurità più profonda della foresta notturna ci vedeva senza problemi. Questa, per lui, non era cha una banale scampagnata nella natura e chiacchierava allegro del più e del meno. Sbucammo dagli alberi che lui era ancora preso dalla descrizione dei suoi ultimi lavori in vetro.

    «Non so, sono ancora indeciso sul colore delle decorazioni», stava dicendo, «vorrei cambiare un po' dal solito verde acqua ma non voglio nemmeno esagerare. Secondo te, rosso e sarebbe troppo azzardato?»

    «Assolutamente no. E poi secondo me ci sta anche osare, ogni tanto», risposi. «Comunque, eccoci qua. Cosa mi volevi far vedere?»

    «Giusto. Sta' a vedere.»

    Mi guardò con un'espressione concentrata e incominciò a ingobbirsi. La gobba, sempre che di questo si trattasse, continuò a crescere sempre più, fino a lacerare la maglietta e rivelare due gigantesche ali da drago. Sgranai gli occhi, sorpresa. Tutto ciò che riuscii a dire fu: «wow».

    «Già...» annuì Ko, gongolante. «Incredibile vero? Non penso nemmeno mia fratello sia in grado di farlo.»

    «Te l'avevo regalata io quella maglia.»

    Ko ammutolì per qualche secondo, la bocca contorta in un'espressioni di apparente imbarazzo. Non durò molto. Incrociò il mio sguardo, ed entrambi scoppiammo a ridere.

    «Avanti, ora fallo tu», disse poi.

    «Io?!» Non che non mi sarebbe piaciuto, anzi, sarebbe stato fantastico. Ma da dove si partiva per farsi spuntare delle ali? Non è una cosa che viene naturale, come la trasformazione completa; se lo fosse stato probabilmente lo avrei saputo. Istintivamente. E se fosse stata una una di quelle cose che solo i draghi sono in grado di fare?

    «Si, certo! Non dovresti avere problemi.» Mi assicurò lui, deciso.
    «Ma, Ko_»

    Va bene! Lo ammetto, avevo di nuovo sonno.

    «Dai, almeno prova! cos'hai da perdere?» Mi guardò con occhi supplicanti. Probabilmente aveva già in mente una qualche pazzia per cui poteva tornare utile avere le ali in forma umana. E, in tutta onestà, anche a me erano già balenate in mente un paio di idee...

    «Ehhh. E va bene.»

    Provai e riprovai a farmi crescere delle ali di drago seguendo le bizzare e stranamente specifiche istruzioni del mio migliore amico («pensa al tortino di non mele, hai presente? Quella volta, quello che hai fatto con le radici di Drujy perché non trovavi le mele, e al senso di vuoto quando poi abbiamo vomitato tutto quello che abbiamo mangiato nella vita...», «Giuro che se è solo una scusa per rinfacciarmelo un'altra volta...», «Concentrati, Runa!») ma alla fine riuscii a farmi spuntare solo una squama al centro della schiena. Non era un risultato particolarmente eclatante, anzi era qualcosa di abbastanza fastidioso sulla pelle, ma almeno lasciava qualche speranza. Inoltre, potevo incolpare la stanchezza di quel mezzo fallimento.

Rinunciammo definitivamente dopo un quarto d'ora buono di tentativi, quindi decidemmo di farci un rapido volo notturno; era una cosa a cui non si poteva proprio rinunciare prima di tornare a nanna.

Ko, che come nella sua versione umana aveva i capelli rossi, allo stesso modo erano rosse le squame che lo rivestivano nella versione drago, si sentiva troppo visibile, mentre io, dai capelli corvini da umana e le squame nere in versione drago, ero difficile da scorgere; e come al solito avrei volato portandomelo in spalla.

    Non era raro vedere draghi in cielo a tutte e ore del giorno e della notte - avendo bisogno di meno ore di sonno di un essere umano- e Ko temeva che se qualche suo conoscente lo avesse scorso avrebbe potuto raggiungerlo per un chiacchierata, e allora sarebbe stato impossibile nascondermi.

    Come ulteriore misura preventiva, volai verso le montagne a nord, una zona al di là della foresta costellata di alti ammassi di roccia nera che l'estate aveva parzialmente liberato dalla neve. Era un insieme di catene montuose che estendeva per centinaia di chilometri, e i picchi più alti scomparivano tra le nuvole. Non c'era vita, e il mare del nord nel quale si gettavano dall'altra parte senza preavviso rendeva quel confine inattaccabile.

    Non ero mai riuscita nemmeno a vederlo, il mare, ma quello restava il mio panorama preferito. Rocce nere nella nebbia bianca, neve, qualche raro arbusto temerario. Questo era l'unico posto in cui riuscivo a sentirmi drago. Qua ero la regina del mondo.

    «Riusciamo ad accelerare un po', Regina del Mondo?» Ogni tanto qualche mio pensiero arrivava fino a Ko e non era bello.

    "Se vuoi morire spiaccicato contro una roccia se liberissimo di trasformarti e farlo da solo." Il mio amico non se lo fece ripetere due volte e si gettò nel vuoto.

    «Yu-uhhh!», gridò, sparendo tra la nebbia sottostante. Poco dopo due potenti ali rosse la spazzarono via, rivelando il suo corpo drago.

    Volteggiammo spensierati in quel posto magnifico, inseguendoci a vicenda in un gioco di nascondino tra le montagne. Avevo quasi raggiunto il mio squamato amico quando un banco di nebbia lo avvolse, nascondendolo completamente. Mi tuffai subito all'inseguimento, ma non c'era verso, la coltre era fitta e nonostante la vista da drago, vedevo solo bianco.

    Rallentai; volevo proprio evitare di schiantarmi contro la roccia nascosta. Cavoli, pensai, forse questo nostro passatempo è un po' troppo pericoloso.

    Ovviamente centrai in pieno ogni singolo monte in prossimità, ma andavo abbastanza piano da non farmi troppo male. Seccata, sbattei forte le ali per prendere quota; salendo, sentii la figura di Ko che frecciava sopra di me. Eccolo! Lo avevo in pugno.

    Ancora una volta mi lanciai nella caccia, cercando di seguire il mio istinto per irrompere dalla nebbia nel punto giusto per tagliargli la stra_

    ...

    Non era Ko.

    Per un istante che parve infinito, guardai sbigottita il drago dorato in aria di fronte a me, il quale a sua volta mi guardava. Poi la nebbia ebbe pietà di me e mi avvolse.




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    Ko si trasformò ancora a mezz'aria, facendo una piroetta prima di atterrare con grazia sullo spiazzo roccioso di fronte a me.    «Esbizionista.» Lo apostrofai.

    Lui mi fece la linguaccia, poi rabbrividì; era ancora a petto nudo.

    «Ko, non siamo soli.»

    «Intendi, nell'universo o... ?»

      «No, e non intendo nemmeno a questo mondo, intendo proprio qui, ora, tra le montagne. Ho visto un drago. Dorato. E lui ha visto me.»

    «Sei sicura?»

    «Al cento per cento. E c'è di più: ti somigliava. Penso fosse_»

      «Mio fratello? Oh, andiamo, Runa, tutti i draghi si somigliano, non sign_ No, aspetta questa è una cosa piuttosto specista da dire, come puoi pensar-» Sospirando, gli passai l'immagine mentale del ricordo di quell'incontro, zittendolo per qualche istante.

    «...Va bene, è vero. È proprio Howahkan», ammise infine.

    Ko mi parlava spesso di suo fratello. O meglio, si lamentava di lui, per lo più. Specialmente appena lo avevo conosciuto, quando ancora si sentiva frustrato e umiliato per essere stato scartato dall'Ordine. Allora me lo aveva descritto come un «vanitoso idiota con Signore», ma io avevo capito che si trattava solo di gelosia. Era chiaro che in realtà gli volesse molto bene, anche se non lo avrebbe ammesso mai. Sapevo che in fondo non ce l'aveva né con il fratello e nemmeno per l'essere stato scartato in sé, ma che a farlo imbestialire erano le motivazioni dietro a tutto questo. Ko sosteneva che i Signori dei Draghi scegliessero i draghi in base all'estetica, al colore, come fossero borsette. Io concordavo. Tutti sapevano che i nobili erano solo palloni gonfiati e superficiali; e io stessa non avevo mai visto Signori dei Draghi volare su draghi rossi, verdi o bruni, ovvero i più comuni. A Ko questo non era mai andato giù, e io lo capivo. Del resto avevo passato la vita, prima di conoscere lui, a sognare di essere una nobile al castello; non perché desiderassi ricchezza o potere, ma solo perché mi fosse concesso diventare Signora dei Draghi.

    Mi riscossi dai miei ricordi e mi rivolsi a Ko: «Ma cosa ci faceva in giro da queste parti a quest'ora? Cosa pensi avrà pensato?» Chiesi, consapevole di essere l'unico drago neroblu a Madracorn, e di conseguenza di non passare certo inosservata.

    «È quello che vorrei sapere anche io.» Rispose. «Ma non ti preoccupare, mio fratello è un idiota, non si fa troppe domande... Comunque vedrò di indagare, domani.» Mi fece l'occhiolino.
    Accennai un sorriso. «Mmm». Non ero convinta, ma mi fidavo di lui.

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