Capitolo Ventotto

Non passarono molti giorni prima che Selvaggia non trovasse Giancarlo ad attenderla davanti al suo portone. Si bloccò a metà strada per un attimo, con un sospiro si rassegnò a sentire cosa avesse da dirle. Stava cominciando a detestarlo, sapeva che era impegnato con la sua amica eppure continuava a infastidirla. Non vedeva l'ora di sputargli in faccia la verità, almeno così avrebbe finito di girarle intorno.

In quegli ultimi giorni avevano continuato a intravedersi in facoltà, dove si erano scambiati lunghe occhiate particolari, ma nessuno dei due aveva osato accorciare le distanze. Lei entrava ogni volta in confusione e non riusciva a pensare coerentemente. Ritrovarselo sotto casa ad attenderlo era la goccia che fece traboccare il vaso.

Lui si fermò ad attenderla, interrompendo quel suo andirivieni sul marciapiede.

Si avvicinò lentamente, e quando fu a una certa distanza, si fermò per guardarlo negli occhi, cercando di mantenere ferma la voce.

"Si può sapere cosa dovrei fare con te?" Era esausta.

"Smetterla di mentirmi."

Che ipocrita! "Guarda che io non mento!"

Il sorrisetto saccente e sexy di lui si accentuò, mandandola su tutte le furie.

"Questo è tutto da dimostrare, ma direi che se ne può parlare davanti a una bella tazza di caffè. Che ne dici?"

Sospirò di nuovo, stanca di quella situazione e desiderosa di darci un taglio, in un modo o nell'altro.

"Possiamo salire, se vuoi," propose, nonostante il tumulto che le regnava in petto, "così possiamo parlare con più tranquillità."

Giancarlo non credeva che lo avrebbe invitato a entrare in casa, rimase sorpreso dall'invito.

"Certo... se non ti crea disturbo, o non lo crea alla padrona di casa."

"Ah, lei non c'è mai... passa tutto il suo tempo in biblioteca a studiare o a fare chissà che," prese le chiavi dalla grande borsa a tracolla che fungeva da zaino e infilò quella giusta nel portone, meravigliandosi di se stessa di esserci riuscita al primo tentativo.

"...e quando è a casa resta quasi tutto il tempo nella sua stanza. In pratica posso dire di non conoscerla nemmeno."

L'ascensore era ancora rotto e Giancarlo la seguì lungo le scale, senza evitare di abbassare lo sguardo una o due volte su quel fondoschiena sodo che si dimenava davanti ai suoi occhi.

Selvaggia aprì la porta di casa e lo invitò ad accomodarsi in cucina. Entrò dopo di lui e, senza aprire bocca, si precipitò alla macchina del caffè, dandogli le spalle. Iniziò a trafficare tra la polvere e le cialde, non sapendo quale delle due usare. Innervosita da sé stessa, tentò di fare conversazione per cercare di stemperare la tensione.

"Cosa preferisci bere, quello delle cialde o quello fatto con la polvere?" Non gli diede il tempo di rispondere che subito riprese a parlare. "Benedetta, la padrona di casa, sa fare un caffè con la polvere davvero buonissimo, ma io non riesco molto bene, perciò uso sempre le cialde..."

Giancarlo le si avvicinò affiancandola davanti alla macchinetta del caffè.

"Tutto dipende dalla quantità di polvere che ci metti e da quanto la pressi..." Selvaggia si bloccò, del tutto sorpresa di ritrovarlo così vicino. Lui le prese il gruppo di mano con fare gentile. "Lascia fare a me."

Nel farlo le loro mani si sfiorarono, mandando Selvaggia in completa confusione. Ma lui sembrò non badarci e in pochi gesti mise il caffè nel filtro e lo pressò.

Lo lasciò fare, impietrita dalla sua vicinanza. Poteva quasi avvertire il calore della sua pelle e l'odore di sigaretta, del quale si riempì le narici. Lo osservò mettere il gruppo nella macchinetta, afferrare due tazzine appese a due ganci e posizionarle sotto al gruppo, per poi prendere il pulsante di erogazione. Sembrava completamente a suo agio. Spense la macchinetta, afferrò le tazzine fumanti e gliene porse una.

"Grazie..." Balbettò prendendo la sua.

Si osservarono in silenzio, mentre sorseggiavano lentamente il caffè. I loro occhi si valutarono a lungo, soppesandosi e tuffandosi ognuno nel colore dell'altro. Quando anche il caffè terminò dalla tazzina, Selvaggia desiderò ardentemente che si riempisse nuovamente.

Non riuscendo più a sostenere il suo sguardo lo abbassò sulle sue mani. E adesso cosa avrebbe dovuto dirgli?

Lui le le prese la tazzina di mano e la adagiò nel lavandino.

"Bene, il caffè lo abbiamo preso. Adesso posso sapere perché continui a scapparmi?"

Selvaggia riuscì a guardarlo in faccia per un secondo prima di riabbassare lo sguardo e deglutire.

"Ludovica..."

Lui le alzò il mento per fari guardare in faccia.

"E chi è?"

Selvaggia ebbe un singulto, lo stava prendendo in giro?

"La mia amica... quella con cui ero quando ci siamo visti durante il corso di psicologia..." balbettò, ma lo sguardo confuso di lui la confuse ulteriormente.

"La tua ragazza?" Chiese con fare ovvio. "Quella con la quale stai uscendo ormai da due settimane?"

Lui la fissò per alcuni istanti, stupito, poi scoppiò a ridere.

Lo guardò sconvolta, sempre più propensa a credere che la stesse prendendo in giro.

"Guarda che non c'è proprio niente da ridere!"

"Perdonami... ma avrei dovuto saperlo..." tentò di giustificarsi tra le lacrime. "Quella ragazzina alta come un soldo di cacio va in giro a dire che io e lei usciamo insieme? E da quando?"

Selvaggia rimase spiazzata: "Vuoi dirmi che non l'hai incontrata due sabati fa invitandola a bere qualcosa?"

Lui sembrò pensarci un attimo. "Oh, sì, è vero! Ma se ben ricordo le ho chiesto di te."

"Di me...?"

"Eh sì... e sinceramente notai la sua faccia diventare di colpo delusa appena feci il tuo nome, quella sera, ma non pensai che potesse inventarsi una balla simile solo per farti dispetto."

"Vuoi dirmi che non è vero niente? Che non siete mai usciti insieme?"

"Credimi, non sapevo nemmeno come si chiamasse prima di questo pomeriggio."

Adesso sì che era sconvolta. Ludovica le aveva mentito, e per giunta aveva mentito anche a Paola e a Daniela, solo per rendere credibile la sua bugia. Ma non aveva senso! In pratica se non era per Paola lei non lo avrebbe mai saputo... c'era qualcosa che non tornava.

"Non è che mi stai prendendo in giro? Non posso credere che una delle mie migliori amiche mi abbia mentito in questo modo."

"Posso assicurarti che è la verità!" Incrociò l'indice e il medio della mano destra, baciandoli.

Selvaggia sbattè di nuovo le palpebre alla vista di quelle labbra compiere un gesto simile. Questa volta lui se ne accorse, e quel sorrisetto sexy e strafottente affiorò di nuovo, ma per una volta, riuscì a non farsi distrarre.

"Lo giuri?"

"Te lo giuro. Cosa posso fare per convincerti?"

Selvaggia ci pensò un po' su. "Vieni domani in mensa e lo dirai davanti a lei."

Giancarlo si grattò la barba ispida, pensandoci su. "In mensa, eh? Diciamo che si può fare... di solito non amo mangiare là, ma per te farò un'eccezione."

"E dove mangi, se posso chiedere?"

"A casa."

"Ah."

"Abito molto vicino all'università, non ho neanche bisogno di prendere la moto la mattina, vengo a piedi." La guardò negli occhi e le si avvicinò appoggiandole una mano sul fianco. "Ma sono felice di venire domani, dato che me lo hai chiesto tu."

Selvaggia si ritrovò a fissare quegli occhi scuri da una distanza davvero troppo esigua per la sua salute mentale. Deglutì, incapace di pensare e si lasciò avvicinare ulteriormente.

In un tempo che parve interminabile i due rimasero a guardarsi negli occhi senza parlare, ma comunicandosi moltissime cose. Si persero nello sguardo dell'altro, avvolti in un'atmosfera magica, finché Giancarlo non si avvicinò ancora, tentando di baciarla. Istintivamente Selvaggia fece un passo indietro, interrompendo quell'incantesimo che si era creato. Notò l'espressione confusa e sorpresa di lui e si diede della stupida, ma ormai quel momento magico era svanito.

"Scusami, io non..."

Avrebbe voluto dire che per lei sarebbe stato il suo primo bacio, ma se ne vergognò e rimase in silenzio. Fortunatamente lui travisò le sue parole.

"No, ti capisco, prima vuoi esserne sicura. Ti fa onore."

Si infilò le mani in tasca, imbarazzato, facendo un passo indietro. Lei storse le labbra, non del tutto d'accordo con la sua affermazione. Lo sguardo di lui si fece attento. Si avvicinò di nuovo e, senza pensarci, le infilò una mano tra i capelli, incastrandole una ciocca dietro l'orecchio.

"Non so se ci riesco io, però."

Il cuore di Selvaggia sembrava impazzito. "A fare che?"

"A resistere fino a domani..."

Si chinò per baciarla e chiuse gli occhi. Era a pochi centimetri dalle sue labbra quando, con un tempismo perfetto, qualcuno girò la chiave nella serratura e aprì la porta d'ingresso. I due si allontanarono di scatto, come se avessero preso la scossa. Giancarlo maledisse a fior di labbra chiunque fosse quell'intruso.

Manuela fece la sua comparsa in cucina e si accorse delle loro facce stralunate, intuendo subito cosa stesse succedendo.

"Oh... scusate, ho interrotto qualcosa?"

L'unica cosa che poté fare Giancarlo prima di andarsene fu quella di lanciarle uno sguardo incendiario.

Salve bella gente!

Non potete nemmeno immaginare cosa ho passato per poter pubblicare questo capitolo, ho avuto problemi con il pc e rischiavo di pubblicarlo chissà quando, invece l'ho ricopiato tutto, riscrivendolo in un bloc notes, per poterlo pubblicare. E questo perché amo scrivere e voglio che, se pur in ritardo, riceviate i miei capitoli.

Non merito un premio?

Vabbè... piccolo capitolo, ma abbastanza pregno di significato. Per Selvaggia non è una cotta a solaio...

ciao ciao...

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