Capitolo Ventisei
Selvaggia tornò a Catania la domenica sera, il weekend passato a casa era stata una piccola e spensierata vacanza in cui suo padre l'aveva viziata. Eppure, nonostante lo svago appena trascorso, non riusciva a togliersi dalla testa due occhi scuri e profondi che la fissavano con un certo interesse, in un viso dai lineamenti decisi e due labbra sottili e sorridenti.
Rientrando nella camera che divideva con Manuela ebbe la netta sensazione di aver dimenticato qualcosa, o che non riusciva ad afferrare. Cercò di fare mente locale, era qualcosa che aveva a che fare con suo padre, ma era troppo flebile per metterla a fuoco. Si sedette nella stanza deserta, la compagna non era ancora rientrata dalla sua solita uscita serale, e ne approfittò per rilassarsi sotto la doccia e sotto le coperte con un buon libro. Lentamente l'immagine dell'amico di suo padre, quel tizio con quei baffi curati e la testa calva ma con i modi di fare simili a un lord inglese, le affiorò alla mente. Ecco perché le sembrava di averlo già visto, era quello che aveva testimoniato durante il processo che la vedeva accusata di omicidio... ma più cercava di ricordare cosa avesse detto e più i ricordi le sfuggivano dalla memoria, come granelli di sabbia tra le dita, finché non si addormentò con il libro in mano.
Il mattino seguente non passò dal bar per la colazione, era intenzionata a non permettere a Ludovica di tampinarla sulla sua cotta per Giancarlo e sull'escogitare un modo per avvicinarlo e attaccare bottone con lui. Non ne aveva proprio voglia e si prese del tempo per studiare una scusa da rifilarle che sembrasse credibile senza darle la possibilità di chiedere spiegazioni. A volte la sete di conoscenza di quella ragazza era insaziabile.
Si sedette a uno dei posti centrali dell'aula e mandò un messaggio a Ludovica spiegandole che anche quella mattina non ci sarebbe stata per fare colazione con loro. Dopo di ché attese che l'aula si riempisse e quando entrò anche il professore e chiuse la porta poté finalmente tirare un sospiro di sollievo.
All'ora di pranzo andò in mensa per mangiare e trovò le sue amiche riunite al solito tavolo che la accolsero come sempre. Si sedette vicino a Ludovica sentendosi un po' a disagio, si rendeva conto che la stava deliberatamente evitando solo per non dover più incontrare un ragazzo quando lei non le aveva fatto niente. Quest'ultima le sorrise e tornò a mangiare, come se non fosse successo niente. Si aspettò per tutto il tempo che tentasse di attirarla nella lezione di psicologia, ma non lo fece, e non parlò neanche di Giancarlo. Ne fu meravigliata, ma anche sollevata, per cui non tentò di indagare.
Eppure, nonostante i suoi buoni propositi di evitare Giancarlo e non deludere l'amica, continuava a pensare a lui. Si domandava dove fosse e si immaginava di stare tra le sue braccia, sentendo il cuore aumentare il proprio ritmo per poi accorgersi che era solo una fantasia.
Dopo diversi giorni iniziò a credere che a Ludovica fosse passata la cotta per Giancarlo, perché non ne aveva più parlato. Al tempo stesso nemmeno lei lo aveva più visto e ne sentiva la mancanza.
Dopo una consueta colazione al bar si salutarono come di consueto nel corridoio per dividersi e recarsi ognuna alla propria lezione. Entrò nell'aula di Diritto civile ripensando a quella situazione. Anche se non lo aveva più rivisto si era spesso sorpresa a cercarlo con gli occhi tra la folla, e le sembrava strano che invece a Ludovica fosse passata come una bolla di sapone. O era un tipo frivolo, da cotte passeggere, o era ancora innamorata ma non voleva darlo a vedere. Si sedette in un banco in una fila centrale, aspettando il professore e gli altri compagni di corso, ma quando vide entrare Giancarlo dalla porta in tutto il suo splendore smise di respirare.
Lo osservò senza nemmeno accorgersi di essere rimasta a bocca aperta, fu come se in quell'aula fosse appena entrato il sole.
Giancarlo aveva i capelli legati in un codino disordinato dal quale scappavano diversi ciuffi che gli andavano a carezzare il viso magro. Teneva lo zaino con una sola spallina, come se fosse troppo indaffarato per indossarlo nel modo corretto. Fece alcuni passi nell'aula e si fermò di fronte alla prima fila di banchi, guardandosi attorno finché il suo sguardo non incontrò quello di lei. Un sorriso si distese sulle sue labbra fini e fece affiorare un colorito più acceso sulla pelle candida di Selvaggia. Senza pensarci due volte si incamminò nella sua direzione, non notando nemmeno tutte le occhiate di desiderio che gli lanciavano le altre ragazze presenti e, sempre col solito sorriso in faccia, si sedette vicino a lei.
"Ciao." Si tolse lo zaino, posandolo a terra. "Mi chiedevo che fine avevi fatto, non ti ho più vista al corso di psicologia, così ho deciso di cercarti personalmente. Finalmente ti ho trovata!"
Selvaggia ebbe appena il tempo di chiudere la bocca prima di deglutire a vuoto. "Come... perché cercavi me?"
Proprio in quel momento entrò il professore, zittendo tutti all'istante e dirigendosi alla scrivania, Giancarlo si chinò verso di lei per risponderle all'orecchio.
"Dovevo assolutamente rivederti, abbiamo avuto pochissimo tempo per conoscerci."
Il povero cuore di Selvaggia prese a correre frenetico, fu certa di essere arrossita in modo esagerato.
Si voltò verso il professore cercando di seguire la lezione, ma fu tutto inutile, ormai il suo cervello aveva iniziato a divagare su pensieri incoerenti e il battito del suo cuore era talmente rumoroso che le impediva di sentire qualsiasi altra cosa.
Rimase in una sorta di limbo per tutta la lezione, conscia soltanto della presenza di Giancarlo accanto a sé. Realizzò che la lezione era finita quando vive tutti i suoi compagni di corso alzarsi in piedi e dirigersi verso la porta. Si azzardò a guardare verso il ragazzo alla sua destra, che si era appoggiato allo schienale della sedia col solito sorriso che la faceva sciogliere.
"Che ne dici di uscire di qui e di andare a prenderci un caffè al bar fuori dalla facoltà?"
Ci mise alcuni secondi per realizzare quello che le avevo detto, quando riuscì a elaborare un pensiero coerente l'unica cosa che riuscì a dire fu:
"Grazie, ma non credo sia il caso."
E senza conoscerne la fonte, ebbe l'energia per alzarsi e allontanarsi da lì, sotto gli occhi confusi di lui che la guardava senza capire.
Giancarlo si alzò a sua volta. "Come non credi sia il caso? Cosa vorresti dire?"
Ma lei non si fermò per rispondergli e continuò a camminare per uscire dall'aula.
"Quello che ho detto." Farfugliò.
Lui afferrò velocemente il suo zaino e la seguì nel corridoio, tallonandola come uno stalker.
"Aspettami, per favore, voglio solo parlare..."
Selvaggia non si scompose e continuò a camminare, risoluta.
"Perdonami, ma non ho niente da dirti."
"Voglio solo capire... non sono mica un maniaco!"
Strinse i denti continuando a camminare, non poteva cedere così facilmente, Ludovica non se lo meritava.
"Credimi, non c'è niente da capire..."
"Voglio solo sapere perché scappi da me."
A quelle parole si fermò di colpo, tanto che lui dovette sgommare con le suole da ginnastica contro il pavimento per arrestarsi in tempo. Sospirò e lo guardò negli occhi cercando di non impappinarsi.
"Mi dispiace, ma non sono io quella che dovresti seguire in corridoio. Per favore, lasciami andare via da sola."
L'espressione di Giancarlo divenne dapprima confusa, poi ferita, ma non ebbe il tempo di ribattere perché Selvaggia girò sui tacchi e lo lasciò lì da solo, al centro del corridoio, circondato da una marea di studenti che camminavano in ogni direzione... Da solo in mezzo a tutti.
***
La mattina dopo era sempre più a disagio ad aspettare Ludovica nel solito bar per fare colazione. Doveva dirglielo? Doveva farle sapere che Giancarlo l'aveva cercata seguendola anche in corridoio?
Entrò nel bar guardandosi attorno ma delle sue amiche ancora nessuna traccia. Si sedé a un tavolino e salutò il barista, che aveva già iniziato a prepararle la colazione.
Dopo alcuni istanti entrò Paola in compagnia di Ludovica. Si sedettero al suo tavolino, salutandola calorosamente, e ordinarono la colazione anche per loro. Paola restò in silenzio mentre di solito iniziava subito a parlare della prima cosa che le veniva in mente e questo
fece suonare in Selvaggia un campanello d'allarme.
"Daniela?"
L'altra fece una smorfia. "Stamani non è venuta, verrà direttamente in facoltà."
"E perché?"
Sembrò contrariata a rispondere e Ludovica decise di rispondere al posto suo: "Ha conosciuto uno..."
Paola le lanciò un'occhiataccia e Selvaggia si chiese che problema ci fosse in una cosa del genere, perché Paola sembrava così contrariata?
"Non ti ci mettere anche tu!" La apostrofò. "In pratica ho passato una settimana di schifo per colpa sua! Pare che siate tutte fidanzate mentre io sono l'unica scema che rimarrà zitella a vita!"
"Ma che stai dicendo!" ribatté Ludovica risentita, "come se fosse colpa nostra!"
Si trattenne mentre il barista stava servendo la colazione da un vassoio di ferro.
Selvaggia attese che ebbe finito e che si fosse allontanato per cercare di capire meglio la situazione.
"A parte che credo dovremmo essere felici per lei, ma da quanto ne so per ora è l'unica che ha trovato un ragazzo..."
"Ah, scusa," sbottò Paola ancora piena di rancore, "dimenticavo che anche tu sei come me."
"E lei?" Indicò l'amica mora.
Paola osservò Ludovica che rimase china a mangiare in silenzio, quindi, con fare altezzoso, sembrò sfogarsi con Selvaggia.
"Veramente Ludo è da sabato scorso che sta uscendo con uno."
Ludovica arrossì ma continuò a tenere lo sguardo fisso sulla sua tazza mentre spilluzzicava il cornetto.
"E con chi?"
"Strano che tu non lo sappia, te lo ha anche fatto conoscere al corso di psicologia." Paola non si rese conto di ciò che stava dicendo. "Com'è che si chiama?"
Ludovica continuò a rimanere in silenzio e a Selvaggia parve cadere il mondo addosso. Non riusciva a capire. Non ne aveva più parlato e giusto il giorno prima lui l'aveva cercata fino alla sua facoltà e l'aveva seguita in corridoio cercando di strapparle un appuntamento! E adesso aveva scoperto che usciva con lei. Come si sarebbe dovuta comportare? Avrebbe dovuto dirglielo? Oppure avrebbe dovuto fare finta di niente e aspettare che l'amica si accorgesse da sola di che pasta fosse il ragazzo con cui aveva cominciato a uscire?
Rimase in silenzio sotto gli occhi di Paola che, inconsapevole di aver appena sganciato una bomba, le guardava stranita.
"Tutto a posto, ragazze?"
Di scatto Ludovica si alzò dal tavolo e andò a pagare. Uscì dal bar senza nemmeno salutare. Paola lanciò a Selvaggia uno sguardo interrogativo.
"Ma che le prende?"
Selvaggia non rispose e con un sospiro abbassò lo sguardo sulla propria colazione ancora intonsa. Le era passato del tutto l'appetito.
PICCOLO REGALO CHE FACCIO ALLE MIE LETTRICI: UNA BELLISSIMA CANZONE DI UNA MIA AMICA CANTANTE CHE IO ADORO... E CREDO CHE COME CANZONE SIA ABBASTANZA AZZECCATA PER QUESTO CAPITOLO. BUON ASCOLTO... (SE VI PIACE LA SUA VOCE ANDATE SU YOU TUBE E METTETELE UN BEL LIKE, SE LO MERITA)
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