Capitolo Ventidue

Selvaggia ed Eleonora non avevano compreso in pieno le parole di Manuela, nessuna delle due riuscì a capire a cosa si riferisse con quel Ci sarà da divertirsi, ma nessuna delle due ebbe il tempo di chiederle spiegazioni perché subito avvisò di essere in ritardo. Dopo aver abbandonato il borsone che aveva a tracolla sul suo letto si affrettò per uscire nuovamente borbottando che doveva recarsi nella birreria lì vicino per il suo primo giorno di lavoro.

Rimaste sole si guardarono in viso, sbigottite, era scappata velocemente senza nemmeno salutare.

Eleonora si strinse nelle spalle. "È così, va presa per come viene. Ma non è cattiva, tutt'altro. La conoscerai."

"La conosci da tanto?"

"Sono già due anni che paga l'affitto della sua stanza. È un tipo volubile, questo sì, ma quando la conoscerai meglio ci farai l'abitudine."

Selvaggia sorrise, ma l'espressione con la quale la biondina l'aveva squadrata le aveva regalato una brutta sensazione. Le era sembrata la stessa espressione di chi si prendeva gioco di lei quando conosceva la sua storia di figlia adottiva. Cercò di non pensarci e si lasciò guidare per la seconda volta in un tour dell'appartamento.

Una grande televisione nel salone, compresa di Playstation 3 e connessione a internet, attirava l'attenzione di chiunque entrava nel salone, compreso di un bel divano a tre posti, morbido e pieno di cuscini colorati. In confronto a quello di suo padre nel grande salone della villa, prometteva di essere caldo e confortevole d'inverno ma anche fresco e comodo d'estate.

La camera da letto che avrebbe diviso con Manuela non era molto grande ma era ugualmente comoda e funzionale. Si ricordava che suo padre aveva fatto una faccia poco convinta la prima volta che l'aveva vista, pensando che fosse troppo piccola per sua figlia, ma Selvaggia ne era rimasta entusiasta sin dal primo istante, costringendolo ad accettare quella situazione per amor suo.

La cucina non aveva nulla di speciale, era una classica cucina all'americana, con la lavastoviglie e il frigorifero nascoste dietro due sportelli dello stesso stile degli altri. Per Selvaggia era alla stregua di un sogno. La cucina del Monastero della Vergine Immacolata era spartano e antico, se lo ricordava a fatica; quello dell'orfanotrofio non lo aveva nemmeno mai visto; quello di casa Caruso era bellissimo, tutto in muratura e particolarmente lussuoso, cosa che infatti la faceva sentire costantemente in tensione per paura di rompere qualcosa; mentre quello della casa di Michele era enorme e in legno massello, come il resto della mobilia in quella casa, mentre questo era semplice e alla mano, dandole la speranza che finalmente avrebbe avuto la possibilità di imparare a cucinare.

"Tu sai cucinare?" Tastò il terreno. "Perché a me piacerebbe tantissimo imparare, ma non ho mai avuto occasione, e—"

Eleonora alzò le mani in segno di resa. "Io e la cucina non andiamo affatto d'accordo! Ma se vuoi cimentarti puoi usufruire di tutto quello che vedi qua dentro, senza farti problemi."

Selvaggia ci rimase male. "Oh, speravo che potevi insegnarmi qualcosa..."

"Mi dispiace. Io sono più portata per la scienza." Nascose uno sbadiglio dietro a una mano. "Sono due anni che sto studiando per diventare farmacista. Andrò a lavorare nella farmacia di famiglia."

"Complimenti, sei fortunata." Si rallegrò Selvaggia. "E Manuela, invece?"

"L'anno scorso studiava come assistente sociale, ma credo che abbia cambiato indirizzo."

"E perché?"

Eleonora si strinse nelle spalle. "Boh!" Guardò il suo orologio. "Oddio, è tardissimo!"

Corse nella sua stanza, lasciando Selvaggia da sola in cucina, poco dopo apparve vestita in maniera provocante, con un top attillato e dei jeans con gli strass attorno alle cuciture.

"Ciao, Selvaggia." Le sorrise, aprì la porta e scomparve.

***

Dopo aver passato un pomeriggio intero da sola in casa a sistemare le valigie nell'armadio e aver mangiato una pizza che si era fatta portare si infilò il pigiama, e con un buon libro da leggere, si infilò nel suo letto. La sua coinquilina non era ancora tornata ma il suo borsone era ancora sopra il letto, intonso così come lo aveva lasciato. Iniziò a leggere per aiutarsi a prendere sonno e sentì un rumore provenire dalla porta d'ingresso. Manuela apparve subito dopo con il viso arrossato e l'aria di chi aveva bisogno di una doccia.

"Sei già a letto? Vai a letto con le galline?"

Il sorrisetto un po' derisorio punse l'orgoglio di Selvaggia, ma tentò di non badarci.

"Hai lavorato fino a quest'ora?"

"Non che siano affari tuoi ma dopo il lavoro mi sono vista con degli amici."

Si spogliò di fronte a lei senza troppe cerimonie. Si tolse i pantaloni colorati in stile anni sessanta che Selvaggia non aveva mai visto nemmeno nei giornali di moda. Chissà dove li aveva presi. Un tatuaggio di un tribale senza senso le copriva la coscia destra, come un marchio di una qualche setta sconosciuta. La maglietta bianca e semplice finì a terra, dove una scritta in inglese in stile gotico la faceva sembrare un inno a qualche gruppo heavy metal chiassoso. Aveva un fisico minuto e proporzionato. Era molto carina, se non fosse stato per la strafottenza dello sguardo e il modo di fare antipatico.

Afferrò i pantaloni del pigiama dalla borsa nera e si sedette sul letto per indossarli. Lì si bloccò e lo sguardo interrogativo che le rivolse all'improvviso colorì le guance di Selvaggia, che si affrettò a distogliere l'attenzione da lei. Manuela si alzò con i pantaloni in mano e si diresse in bagno, lasciandola con il dubbio che se ne fosse andata a causa sua.

Quando tornò, Selvaggia era ancora intenta a leggere il libro, ma non si azzardò a guardarla nuovamente. Il fruscio delle coperte che si spostavano le fece intendere che si fosse messa a letto e il silenzio calò nella stanza per alcuni minuti.

"Scusa eh, ma io vorrei dormire."

Il tono pungente la costrinse ad alzare gli occhi su di lei, strappandoli alla lettura. La bionda la fissava irritata e si sentì di colpo imbarazzata.

"Oh... scusami. Spengo subito!"

Si accomodò meglio sotto le coperte, appoggiò il libro sul suo comodino e spense l'abat-jour.

Manuela si sistemò meglio nel letto e Selvaggia si azzardò a dare la buona notte, ma senza ricevere risposta.

***

La mattina dopo il cellulare la svegliò di buon'ora. Lo spense con gli occhi chiusi e si alzò stiracchiandosi. Manuela, innervosita dal rumore della sveglia, si era coperta la testa col cuscino e cercava di continuare a dormire lamentandosi in modo incomprensibile. Durante la notte si era scoperta e aveva assunto una posizione che Selvaggia giudicò scomoda, con le spalle appoggiate al materasso e il bacino poggiato su un fianco mentre le lenzuola le si erano attorcigliate tra le gambe. Come riusciva dormire così? Si lamentò ancora, borbottando sotto al cuscino. Per non farsi scoprire di nuovo a spiarla si rifugiò in bagno.

Seduta in cucina con una tazza di latte e cereali in mano, faceva colazione mentre cercava di leggere un altro capitolo del suo libro tenendolo con l'altra mano. Le gambe accavallate era pronta per uscire, già perfetta coi capelli acconciati e una camicetta elegante e femminile.  Eleonora, ancora in veste da camera e con i capelli tirati in una crocchia disordinata, era in piedi appoggiata al lavandino, intenta a bere un caffè mentre leggeva il giornale del giorno prima.

Erano entrambe talmente assorte nelle rispettive attività che non si accorsero di Manuela; appoggiata allo stipite della porta le fissava con un sorrisetto divertito.

"Sembrate due lesbiche sposate da trent'anni."

Entrambe alzarono lo sguardo. La biondina indossava gli stessi identici vestiti del giorno prima e lo stesso sorrisetto derisorio.

"Buongiorno. Vuoi il caffè?" Chiese Eleonora con gentilezza.

Manuela annuì e senza aggiungere altro si diresse verso la caffettiera ancora posata sopra il fornello e se ne versò una tazza.

"Non fai prima con le cialde?" Domandò alla padrona di casa.

"Lo sai che la mattina il caffè dalla caffettiera è il migliore per svegliarmi."

Selvaggia si era dimenticata della vergogna della sera prima mentre la fissava, e non si rese conto  delle sue parole.

"Nemmeno tu fai colazione?"

Manuela si appoggiò contro i mobili della cucina sorseggiando il suo caffè. Scosse la testa come risposta. Lo sguardo che le rivolse, stavolta arrogante, la fece pentire della domanda.

Riportò lo sguardo sul suo libro e un veloce ciao proveniente dalla porta di ingresso glielo fece alzare di nuovo, appena in tempo per scorgere la biondina uscire in fretta e furia chiudendosi la porta alle spalle. Selvaggia ed Eleonora si guardarono un attimo negli occhi e scoppiarono a ridere. Avevano avuto lo stesso pensiero: Manuela era davvero strana.

"Ma anche l'anno scorso si comportava così?" Selvaggia era stranamente curiosa.

"Oh no," ridacchiò l'altra, "in realtà all'inizio dell'anno scorso, quando è arrivata qui per la prima volta, era molto più dolce e gentile. Aveva la fissa per le fotografie artistiche e si faceva in quattro per lavorare e assistere alle lezioni. Faceva la tirocinante in un giornale locale e anche la barista, credo nella solita birreria dove lavora anche adesso. Poi ha conosciuto uno e ha iniziato a cambiare. Non mi ha mai raccontato niente di particolare, si è sempre tenuta tutto per sé, ma quando poi si sono lasciati era cambiata. Non è cattiva, te l'ho detto, ma si è come chiusa ancor di più. È strana."

Per Selvaggia, Manuela rappresentava quel tipo di persona che non riusciva a comprendere. Era profondamente diversa da lei e dal tipo di ragazze che aveva conosciuto durante la sua vita. Nella sua scuola superiore non aveva mai visto una ragazza che si atteggiasse e si vestisse come lei. Si rendeva conto che era esattamente il suo esatto contrario, ma in un certo modo la incuriosiva. Le ispirava libertà e apertura mentale.

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