Capitolo Undici
Dopo quella piccola parentesi della caccia, la vita con i coniugi Caruso rientro nella normalità, almeno per quello che riguardava il rapporto tra padre e figlia.
Sebastiano era appena tornato da lavoro quando si avvicinò alla figlia, compostamente seduta sul divano a leggere un libro, e le mise davanti al viso un bellissimo carillon intarsiato in legno.
Gli occhi di Selvaggia si allargarono, meravigliati alla vista di quello splendido oggetto. Era di legno scuro, con i bordi arrotondati per donarle una forma morbida. Sul coperchio aveva intarsiato alcune rose intrecciate tra loro, e sotto, quattro piedini in stile chippendale lo alzavano di un paio di centimetri. Il sorriso dell'uomo era immenso di fronte alla sua reazione.
"Ti piace? L'ho visto in una vetrina e ho voluto comprartelo."
La mandibola di Selvaggia si rovesciò dallo stupore. "Per me?"
"Certo!"
Emozionata glielo prese dalle mani, saggiandone la robustezza e la pesantezza.
"Perché non lo apri?" Le suggerì.
Non riusciva a contenere la gioia mentre alzava il coperchio. Una piccola ballerina balzò in piedi, cominciando a danzare su sé stessa in un movimento ripetitivo, e una musica soave e metallica si irradiò nell'aria. Nello scompartimento sulla destra due piccoli orecchini, due brillantini bianchi e luccicanti, attendevano di essere indossati.
Con mani emozionate li afferrò, valutandoli sul palmo della mano. "Anche questi sono per me?"
Sebastiano ridacchiò. "Certo!"
Selvaggia si alzò in piedi di scatto con il suo bottino in mano, e corse in camera per posizionarlo sulla sua scrivania, in bella mostra. Si provò subito gli orecchini, che le valorizzarono i lobi delle orecchie in modo delicato. Lo specchio le rimandava la sua immagine che le risultava ancora più bella, più luminosa con quegli orecchini addosso.
Lasciò gli oggetti sulla scrivania, riponendo i con delicatezza anche i due orecchini. Se li avesse perso non avrebbe potuto perdonarsi. Tornò dabbasso, con l'intento di stringere tra le braccia quel petto robusto e forte. Arrivata alla porta del salone, la voce acida della madre la bloccò.
"La stai viziando troppo! Continua così e inizierà a scalciare, pretendendo tutto quello che vuole!"
L'uomo sospirò, amareggiato. "Perché non le dai un po' di respiro? Ha avuto un'infanzia terribile, dovresti volerle bene..."
La donna non rispose, ma la tensione nella stanza poteva essere tagliata col coltello. Si allontanò in direzione del giardino e l'uomo sospirò una seconda volta.
Selvaggia tornò nella sua stanza cercando di non farsi sentire.
*
"Voglio vedere questo pavimento brillare, hai capito?" Margherita le diede le ultime indicazioni su come dovesse pulire il salone. "E cerca di fare in fretta che poi voglio che tu pulisca pure il bagno."
Selvaggia, china sul pavimento con uno scopettone in mano, cercava di lustrare le mattonelle del salone, volenterosa di compiacere quella donna.
La donna delle pulizie le si affiancò adirata: "Non è che adesso verrò licenziata a causa tua?"
La ragazzina si sentì ancora più mortificata da quella domanda, ma non seppe cosa rispondere, inzuppò lo scopettone nell'acqua saponata e tornò a soffregare le mattonelle. L'altra si alzò in piedi e si allontanò, indispettita.
Stava pulendo il water del bagno padronale, sciacquando gli ultimi residui di sapone dalla tazza con una spugna. Margherita si affacciò all'improvviso da quella porta:
"Ma non hai ancora finito? Mio marito tornerà a casa tra poco, voglio che per il suo ritorno sia tutto pulito. Muoviti!"
Si affrettò a pulire anche la ciambella e finalmente si tolse i guanti.
Tornò nel salone e vi trovò Sebastiano comodamente seduto sul divano a leggere il giornale. Appena si accorse di lei, abbassò il quotidiano e le sorrise.
"Piccola mia, vieni ad abbracciarmi!"
Si tuffò alla sua destra, avvolgendo le sue corte braccia attorno al petto voluminoso dell'uomo.
"Che cosa hai fatto oggi, di bello?"
Lei alzò lo sguardo, Margherita passò dietro al marito fulminandola con gli occhi.
"Niente... Ho letto un po'..."
Sebastiano ridacchiò: "Quando inizierai la scuola sarai la più brava della classe!"
"La scuola?" Si staccò dal suo petto, confusa.
"Fra poco finirà l'estate, signorina. Non vuoi andare a scuola come tutti gli altri ragazzi?"
Non seppe cosa pensare, in un primo momento si sentì invadere dalla fobia di conoscere ragazzi della sua età, di frequentare una scuola come tutti gli altri ragazzi normali, ma si disse che ormai la sua vita era normale, come quella degli altri ragazzi. Annuì, stampandosi in faccia un sorriso radioso.
Mancava ancora un bel po' alla fine dell'estate, ma già pregustava questa nuova esperienza.
Alcuni giorni dopo, gironzolando nel giardino senza meta, Margherita la chiamò a gran voce attraverso il salone. Accorse da lei, convinta che l'avrebbe messa a pulire il pavimento della cucina o il marmo delle scale, invece la trovò truccata e vestita di tutto punto, intenta a mettersi un orecchino.
"Anche per oggi starai sola a casa." Borbottò, indaffarata. "Non dare fastidio a Ines e non creare danni, d'accordo?"
Si infilò le scarpe che aveva lasciate sulla porta, abbandonando le pantofole che vennero subito raccolte da Ines, e uscì dalla porta senza salutare.
Rimasta sola, Selvaggia scambiò un'occhiata fredda con la donna delle pulizie, che si ritirò nella sua stanza, e cominciò a gironzolare per il salotto senza sapere cosa fare. Vagò in preda alla noia per tutta la casa, anche se ormai c'era abituata. Non era la prima volta che Margherita usciva di casa dopo pranzo senza coinvolgerla nelle sue uscite, senza dirle cosa faceva o con chi usciva. E nemmeno gliene importava. Tornava sempre poco prima del marito, e con uno sguardo rapace le impediva di aprire bocca su ciò che faceva. E lei, intimorita, taceva.
Si ritrovò a girovagare nel garage della villetta, dove Sebastiano teneva tutte le cose che Margherita gli aveva espressamente proibito di tenere in casa. Tra tutte quelle cose c'erano anche i fucili e le pistole che l'uomo usava per andare a caccia. Aprendo alcuni cassetti, spinta dalla curiosità, Selvaggia incappò proprio in quello dove l'uomo teneva il suo fucile. In un primo momento rimase pietrificata fissandolo con un sentimento di paura, finché non iniziò ad osservarlo con un misto di curiosità e di fascino. In fin dei conti era solo un oggetto inanimato, se nessuno tirava il grilletto non poteva sparare da solo. Dovette ammettere che era molto bello. La lunga canna di ferro era lucida, ci si specchiava da quanto era pulita, e l'impugnatura che aveva visto Sebastiano premersi contro la spalla era di un caldo color mogano, con delle piccole lavorazioni lungo la base. Allungò una mano titubante per toccarlo, ma una porta che veniva sbattuta in lontananza la costrinse a voltarsi velocemente e a chiudere di scatto il cassetto, proprio nel momento in cui Margherita piombò nel garage.
"Che stai combinando qua sotto?"
"Nie... niente!" Selvaggia aveva il cuore in gola. "Sono solo curiosa..."
Margherita le si avvicinò col suo solito cipiglio. "Qui non c'è niente che possa interessarti. Tornatene in camera tua, hai ancora da pulire il bagno e passare l'aspirapolvere nella stanza matrimoniale!"
La spinse verso la porta da cui era entrata e la osservò scappare più veloce della luce senza aggiungere altro.
Ascoltò i suoi passi salire velocemente le scale e si chiese cosa mai avesse visto quella ragazzetta da incuriosirla tanto. Aprì il cassetto per scoprire il fucile di suo marito. Un lampo di cattiveria attraversò i suoi occhi mentre lo mirava, ma richiuse il cassetto senza fare niente e seguì Selvaggia in casa, spegnendo la luce del garage dietro di sé.
***
La domanda che Margherita le rivolse appena pochi giorni dopo suonò davvero strana alle orecchie di Selvaggia:
"Non ti sembra strano tuo padre, ultimamente?"
Ne rimase sbalordita, finora non si era mai rivolta a lei in quel modo. Fino a quel momento le aveva parlato solo per darle degli ordini, o comunque in modo dispregiativo, ma mai per chiederle un'opinione.
"Io... non saprei. Credo di no."
La donna assunse di nuovo il suo solito sguardo severo e prese in braccio il cane per accarezzarlo, mentre Selvaggia tornò a leggere il libro sul divano. Tra un mese avrebbe cominciato la scuola, per la prima volta avrebbe conosciuto ragazzi come lei e avrebbe frequentato una scuola pubblica. Era emozionata al massimo. Sebastiano l'aveva preparata a questa nuova avventura acquistandole già tutto l'occorrente secondo i suoi gusti, dicendole che avrebbe dovuto studiare ma che avrebbe anche dovuto divertirsi con i nuovi amici che si sarebbe fatta.
"Certo, cosa vuoi saperne, tu?" Sputò la donna. "Lo conosci da quanto, tre mesi? Quest'anno il periodo della caccia lo ha saltato tutto, grazie a te."
Quelle parole furono pungenti come spilli. Non immaginava che a Sebastiano potesse mancare la caccia tanto da farlo sembrare diverso agli occhi della moglie. Lei non aveva visto nessun cambiamento degno di nota nel suo comportamento, ma alla fine Margherita aveva ragione, cosa ne poteva sapere, lei? In fondo lo conosceva da pochissimo. Ma questo non le impediva di dispiacersi se avesse dovuto fare delle rinunce a causa sua. Se era abituato ad andare a caccia per un certo periodo non voleva che vi rinunciasse.
"Io... mi piacerebbe fare qualcosa... c'è qualcosa che posso fare?" Era paurosa mentre domandava.
La donna la guardò torva: "E cosa vorresti fare? Si è autoimposto di non usare più nessuna arma da fuoco a causa tua. Da quella volta in cui ti sei messa a piangere lo hai fatto sentire come un assassino."
La ragazzina era sempre più mortificata. Era disposta a fare qualunque cosa per restituire al suo adorato padre adottivo quello svago a cui aveva rinunciato per la sua insensata paura. Non le importava cosa avrebbe dovuto fare, se ciò avrebbe significato restituirgli il sorriso che aveva perso, lo avrebbe fatto. A questo punto si alzò timidamente in piedi senza riuscire a guardare la donna in faccia:
"Mi dica lei se c'è qualcosa che posso fare."
Margherita la guardò in silenzio per alcuni istanti e storse le labbra. "Forse qualcosa che potresti fare ci sarebbe."
Selvaggia si illuminò di speranza ma il sorriso che quella madre adottiva le rivolse non le piacque per niente.
La convinse a seguirla e, dopo averla fatta scendere in garage insieme a lei, con sua grande sorpresa le mise in mano il fucile del marito. La ragazza la guardò sbalordita e impaurita, non aveva mai tenuto in mano un'arma da fuoco e le sembrò pesante e scomoda, non sapeva nemmeno qual era il giusto modo di afferrarla.
Spazientita per la sua evidente imbranataggine, la donna le tolse il fucile di mano e lo impugno nel modo corretto, mostrandole, con una strana pazienza, la giusta posizione da mantenere e il corretto funzionamento.
"La mano destra deve stare qui, così riesci bene a schiacciare il grilletto quando sarai riuscita a prendere la mira. Questo è il calcio e va messo contro la spalla, in questo modo..."
Iniziò una lunga lezione pratica su come si maneggia un fucile e Selvaggia rimase a fissarla sbalordita e incredula. Non l'aveva mai vista così appassionata a qualcosa, sembrava come se per la donna fosse una questione di vita o di morte. Glielo restituì per farla esercitare contro una sagoma addossata al muro e Selvaggia ricevette una scossa appena lo toccò.
"No... io non posso, io..."
"Oh, andiamo!" Sbottò la donna. "Non hai detto che saresti stata disposta a fare qualunque cosa per mio marito? Bene, sappi che ormai lui non andrà più a caccia perché sa che tu ne hai paura, ma se vede che hai imparato a usare il fucile e che sei desiderosa di accompagnarlo, tornerà sicuramente a cacciare."
Selvaggia ingoiò un boccone amaro, stava andando contro un valore che le era stato impartito sin da piccola... uccidere era male, e saper usare un'arma da fuoco era sicuramente un passo contro ciò in cui credeva. Ma era anche vero che Sebastiano era la prima persona adulta che le aveva manifestato un vero e sincero affetto, era il primo che si era prodigato per lei affinché non le mancasse niente e si sentisse subito a suo agio nella sua nuova casa, procurandole tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno per sentirsi a casa. Sapere che a causa sua aveva rinunciato ad uno dei suoi svaghi preferiti la spinse a prendere una decisione. Afferrò il fucile, imitando la presa che Margherita le aveva mostrato e, seguendo le sue istruzioni, prese la mira e sparò contro la sagoma addossata al muro. Il rinculo la fece sbalzare all'indietro prepotentemente, facendole perdere l'equilibrio, e il rumore dello sparo contribuì a frastornarla. Precipitò a terra con il sedere, ma cercò di rialzarsi subito, barcollando. Anche quando ormai aveva riacquistato la giusta posizione continuavano a fischiarle le orecchie per via del rumore a cui le aveva sottoposte. Guardò la donna a fianco a lei che osservava il muro di fronte, delusa.
"Hai preso il soffitto. Ma avrei dovuto aspettarmelo, il rinculo è molto forte, se non ci sei abituata ti fa sbalzare all'indietro. Riprova, devi imparare bene."
Ancora profondamente confusa, Selvaggia sbatté le palpebre e acconsentì a riprovare, contenta che finalmente ci fosse qualcosa che la unisse a quella strana madre adottiva; voleva compiacerla. La storia si ripeté, ma questa volta le orecchie ripresero sensibilità con meno fatica, e l'equilibrio tornò più velocemente. Continuò a provare per il resto del pomeriggio, fino a che non arrivò l'ora in cui Sebastiano era solito tornare a casa da lavoro. Prima che potesse abbandonare il garage, Margherita l'afferrò per un polso:
"Che non ti scappi detto a nessuno quello che stai facendo qui." La squadrò con cattiveria. "Se anche solo mezza voce arriva alle orecchie di mio marito tutti i nostri sforzi saranno vani. Sappi che se ti scapperà anche solo una parola di questa storia potrei decidere di aumentare il carico di cose da farti fare, te ne pentiresti amaramente. Capito?"
La ragazza annuì spaventata e solo allora la donna le lasciò il polso.
Il giorno dopo l'allenamento riprese, occupando tutti i loro pomeriggi fino all'ora in cui Sebastiano doveva tornare a casa, o fino a che i risultati di Selvaggia non furono soddisfacenti per la stessa Margherita. La donna si era premunita facendo in modo che in casa non ci fosse nessun altro che potesse sentire gli spari e sapeva che il garage era insonorizzato, così che neanche i vicini avrebbero potuto avvertire alcun rumore. L'aveva studiate tutte.
***
Questa "mamma adottiva" non è molto rassicurante, vero?
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