Capitolo Settantatré
Quando suonò al citofono di Selvaggia, Riccardo non si aspettava che ad aprirgli fosse una donna sui cinquanta anni con i capelli corti e un girovita voluminoso. Lo fissò come se per lei trovarsi lì fosse la cosa più normale del mondo. La piccola rosa che aveva in mano gli stette per cadere.
"Mi scusi, forse ho sbagliato porta..."
"No no, non hai sbagliato proprio niente!" La donna si fece da parte per farlo passare. "Sei Riccardo, vero? Vieni che Selvaggia sarà pronta tra pochi minuti."
Entrò in casa un po' titubante, ma dopo qualche passo si voltò verso di lei. "Mi scusi, ma credo di non conoscerla."
"Oh, hai ragione!" Sorrise con fare civettuolo. "Sono Caterina, la vicina."
"Ah, piacere..."
Le porse la mano e la donna gliela strinse, energica, e lo invitò come se fosse a casa propria.
"Prego, accomodati. Selvaggia non dovrebbe metterci molto, così intanto possiamo chiacchierare un po'."
Con un sorriso di circostanza, Riccardo si sedette sul divano.
"Volentieri..."
La donna sembrò rianimarsi. "Quindi tu sei un carabiniere, giusto?"
"Sì, signora."
"Ed è tanto che conosci Selvaggia?"
"Circa un mese, non molto."
"E sei un bravo ragazzo?" A questa domanda Riccardo non seppe rispondere e la guardò ammutolito. "Sai, Selvaggia per me è come una figlia, è una così cara ragazza che ora che finalmente sta uscendo con un ragazzo dopo un anno che abita qui sarei davvero dispiaciuta se questa prima esperienza si rivelasse negativa per lei."
"Ma io non ho nessuna intenzione di farla soffrire!"
Cercò di essere gentile, nonostante l'insinuazione. Ma le parole di quella donna attrassero la sua attenzione. Credeva impossibile che per un intero anno Selvaggia non avesse mai avuto nessuno, era una bellezza più unica che rara e lavorava costantemente in contatto con dei ragazzi. Sicuramente c'era stato qualcuno che le aveva fatto qualche avances, non poteva credere che prima di allora nessuno l'avesse notata. Ma ripensando al comportamento schivo che aveva all'inizio con lui forse poteva credere che non avesse avuto nessuno. Ma era comunque strano.
"Oh, dicono tutti così!" Riprese la donna. "E poi succedono i femminicidi."
Riccardo stette per risponderle a tono, non lo conosceva minimamente, come poteva insinuare una cosa del genere? Fortunatamente Selvaggia comparve dalla porta che dava nella cucina, impedendogli di farlo.
"Eccomi, sono pronta!"
Indossava un delizioso top nero con scollo a V che mostrava appena appena il solco tra i suoi seni e un nastro dello stesso colore le circondava il collo, catturando per un istante tutta la sua attenzione. Dei pantaloni a palazzo slanciavano e ingentilivano la sua figura, valorizzata in vita da una cintura di corda con un ciondolo che accarezzava il suo fianco in modo malizioso. I capelli erano sciolti e vaporosi sulle spalle. Nessun bracciale e nessuna collana a distogliere l'attenzione dalla sua bellezza, soltanto un paio di orecchini di perla, che aggiungevano una luce morbida a quegli occhi verdi tremendamente vivaci. Era senza fiato.
"Ciao..." Sospirò.
"Oh, eccola," si intromise Caterina, "noi due stavamo facendo un po' di chiacchere, tanto per ammazzare il tempo." Aveva un modo di fare da matriarca che cominciava a dare sui nervi al povero Riccardo.
"Ti ringrazio, Caterina," le sorrise lei, sbrigativa, "anche per avermi dato una mano. Ma adesso sono pronta e credo che tuo marito ti stia aspettando per cenare. No?"
Le appoggiò una mano sulla spalla per trascinarla con gentilezza verso la porta. La donna la lasciò fare, ma prima di arrivare ad aprirla si bloccò.
"Sì, ma Walter mi aspetta senza problemi, lo sai..."
"Ma sono certa che starà morendo di fame, e devi ancora cucinare."
"No, in realtà ho già tutto pronto."
Selvaggia aprì la porta. "Credimi, mi piacerebbe che tu restassi, ma non vorrei che litigassi con tuo marito a causa mia."
"Ma non ti devi preoccupare, il mio Walter è tranquillo—"
"Comunque ti ringrazio davvero tanto, ci si vede domani, va bene?"
Riuscì a trascinarla fuori e finalmente Caterina si arrese.
"Va bene, ma non dimenticarti di non lavare quei pantaloni in lava—"
Le chiuse la porta in faccia, interrompendo il suo ultimo appello. Le dispiacque, ma sembrava intenzionata a non mollare più la presa! Tirò un sospiro di sollievo e si voltò verso Riccardo.
"Scusala! È una cara donna, ma alquanto impicciona."
Riccardo sorrise divertito. "Sì, me ne sono accorto."
"Stavo sentendo il suo ciarlare dalla mia stanza e conoscendola ho cercato di affrettarmi il più possibile, a volte diventa davvero invadente senza accorgersene."
"Allora ricordale di ringraziarti." Si alzò dal divano e le si avvicinò lentamente. "Se non fossi arrivata in tempo ci mancava poco che le avrei risposto male, stava iniziando a infastidirmi."
Le porse la rosa che lei accettò, anche se quelle parole la lasciarono interdetta. Selvaggia lo guardò a bocca aperta.
"Dici sul serio?"
Le ridacchiò in faccia. "Purtroppo no, mia madre mi ha insegnato le buone maniere troppo bene, ma mi sarebbe piaciuto."
Selvaggia tuffò il naso in quei petali profumati e si diresse in cucina, dove prese un bicchiere, lo riempì per metà d'acqua, e ci mise dentro il gambo.
"Ti ha detto qualcosa di sconveniente?"
"Solo che si preoccupa per te."
Gli occhi di lei saettarono su di lui, ipnotizzati. Sembrò riprendersi e si guardò attorno, spaesata.
"Ahm... Prendo la borsa."
Si allontanò verso la sua stanza e Riccardo si accorse del gatto accoccolato in un angolo del divano.
"Ehi, bello!"
Si avvicinò e si fece annusare la mano. Stranamente Luke non scappò e si lasciò accarezzare, stranamente tranquillo.
Selvaggia tornò in salotto e rimase sinceramente colpita. "Strano che si faccia accarezzare da te, è difficile che faccia amicizia."
"Si vede che sente che sono suo amico."
La guardò continuando ad accarezzare il gatto e si imbambolò sulla sua espressione. Il sorriso di Selvaggia si fossilizzò nella sua mente come il negativo di una polaroid, indelebile al tempo e a qualsiasi intemperie.
Imbarazzata, Selvaggia si leccò le labbra e distolse lo sguardo.
"Andiamo?"
***
La serata si preannunciava serena e piacevolmente tiepida, almeno per quello che riguardava il meteo. Dentro la macchina, invece, la tensione era palpabile.
Selvaggia osservava fuori dal finestrino, apparentemente tranquilla, ma in realtà si sentiva profondamente agitata. Non sapeva dove l'avrebbe portata, se il modo in cui si era vestita sarebbe stato adatto o se invece doveva mettersi un paio di pantaloni più casual e una maglietta meno appariscente... E se la stava portando in pizzeria?
Si azzardò a osservarlo nuovamente, non per ricordarsi come fosse vestito, ma per ammirare quanto stava bene con quella giacca scura e i jeans. Le gambe magre e scattanti schiacciavano i pedali dell'auto con disinvoltura, così come le mani si posavano sul cambio e sul volante, grandi e mascoline. Le piacevano quelle mani, aveva le unghie curate ma emanavano comunque virilità con la loro grandezza. Per un attimo ebbe davanti agli occhi l'immagine di quelle mani posate su di lei, sulla sua pelle, che la accarezzavano lente, lascive... Subito cercò di distrarre la mente da quell'immagine, le sembrava che le guance le prendessero fuoco.
Cercò i suoi occhi e, sentendosi osservato, Riccardo le restituì uno sguardo intenso. Selvaggia gli sorrise imbarazzata e tornò a guardare fuori dal finestrino. Si chiede di cosa avrebbero parlato mentre mangiavano e al pensiero di quello che avrebbe dovuto dire le si chiuse lo stomaco.
*
Per Riccardo la situazione non era molto diversa. Anche lui apparentemente era tranquillo, ma dentro di sé si sentiva agitato, come se dovesse affrontare un esame di lavoro e non si sentiva pronto. Eppure Selvaggia non era certo la prima ragazza con cui usciva, e non era passato così tanto tempo da quando era andato a mangiare fuori con la sua ex. Ma quando lo guardava con quegli occhi verdi e brillanti si sentiva strano, non riusciva più a ragionare lucidamente, e aveva paura di deluderla in qualche modo. Si sentì osservato e spostò per un attimo lo sguardo su di lei, incontrando quel delizioso sorriso imbarazzato che le coloriva le guance, dovette fare uno sforzo per riportare l'attenzione sulla strada.
Trovò il parcheggio del ristorante troppo affollato e dovette parcheggiare lungo la strada. Non si preoccupò che potesse esserci troppa gente, tanto aveva prenotato e sapeva esserci un tavolo che stava aspettando solo loro due. In quel ristorante si mangiava bene, anche se forse era un po' caro, ma per delle pietanze a base di pesce non voleva rinunciare alla qualità. La sua prima uscita con Selvaggia meritava un ristorante costoso!
Una volta scesi fece il giro della macchina e le porse il braccio. Lei non si aspettava un gesto di tale galanteria ma la mise a suo agio, ormai era di prassi. Sorrise e infilò la mano nell'incavo che le porgeva, facendosi scortare da lui all'interno del ristorante.
L'aria calda e i vari aromi di cibo li avvolsero morbidamente mentre affondavano i tacchi nella moquette dell'ingresso. Si avvicinarono a un piccolo bancone all'entrata della sala e subito un cameriere con un papillon e un gilet nero li accolse con solerzia.
"Buonasera, signori, avete prenotato?"
"Sì, un tavolo per due a nome Felici." Rispose Riccardo.
Il cameriere consultò la grande agenda posta sul bancone e alzò lo sguardo dentro la sala. Osservò i tavoli con aria preoccupata. Tornò a guardare l'agenda, come a volersi sincerare che non ci fossero errori e infine guardò Riccardo con aria colpevole:
"Mi dispiace, signore, ci dev'essere un errore."
"Che errore? Ho prenotato stamattina."
"Sì, la prenotazione c'è stata, ma il suo tavolo è già stato assegnato."
Riccardo corrugò la fronte. "In che senso è già stato assegnato?"
"Beh, vede..." Gli indicò un tavolo in fondo alla sala. "Un altro signore è arrivato poco prima di lei, ha detto di chiamarsi Felici e di aver prenotato."
Riccardo notò la sala gremita di gente finché non si accorse del tavolo all'angolo che il cameriere stava indicando, dove il suo collega Roberto stava mangiando in compagnia di una ragazza. Proprio in quel momento la ragazza si alzò, allontanandosi verso i bagni. Seguendola con lo sguardo Roberto posò gli occhi su di lui, che lo stava fissando sbalordito. Alzò un braccio per salutarlo e invitarlo ad avvicinarsi.
Sentì montargli dentro una rabbia sorda; ecco perché gli aveva fatto tutte quelle domande quella mattina dopo che aveva prenotato il tavolo per telefono!
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