Capitolo Settantasette
Una briciola di pane cadde sulle lenzuola e Selvaggia si affrettò a raccoglierla. Prese la mira e la tirò a Riccardo che se ne stava a bocca aperta poco lontano da lei, in attesa che facesse canestro. Si erano rimessi gli indumenti intimi ed erano rimasti sul letto a mangiare, per finire a giocare col cibo. La briciola lo colpì sul mento e cadde di nuovo sul letto.
"Oh, uff!" Protestò lei. Si portò un altro pezzo di pollo fritto alla bocca e masticò sonoramente.
"Hai una mira da fare schifo." La canzonò lui.
Si allungò per afferrare una delle due lattine che aveva portato, ne bevve un sorso e la ripose sul comodino.
Selvaggia si finse scandalizzata. "Senti chi parla! Quello che prima mi ha tirato una patatina in un occhio..."
Riccardo scoppiò a ridere. "Perché tu ti sei mossa!"
Questa volta Selvaggia spalancò la bocca, genuinamente scandalizzata. "È la tua mira che fa schifo!"
Non intenzionato a dargliela vinta, Riccardo scostò le varie buste e i cestini di cibo che li dividevano e in un balzo fu su di lei, che scoppiò a ridere, con la bocca piena. L'afferrò per i fianchi e la tenne sotto di sé, impedendole di muoversi.
"Sei mia!" Le prese entrambe i polsi e glieli portò sulla testa, trattenendoli con una mano. "Ritira quello che hai detto!"
"Altrimenti cosa mi fai?"
"Cosa ti faccio?"
Fece finta di pensarci su e tuffò la bocca sul suo collo, iniziando a leccarla e a succhiarle la pelle. Brividi di freddo e di caldo la avvolsero.
"Oddio, no!" Ridacchiò.
Non poteva muoversi e Riccardo continuò a torturarla, anche se sembrava più un gioco erotico che una tortura. Le lasciò le mani e smise di torturarla per iniziare a baciarle la pelle.
"Non riesco a resisterti." Ruggì.
Si bloccò a guardarla negli occhi, con occhi sognanti. Il sorriso che aveva sulle labbra svanì, lasciando il posto a un'espressione assorta, innamorata.
Notando il suo cambiamento Selvaggia si incuriosì. "Che succede?"
"Sei talmente bella quando ridi." Confessò, emozionato. "Perché non ridevi mai quando ti ho conosciuta?"
L'espressione di Selvaggia si raggelò. "Non... Non avevo niente per cui ridere."
Lui si sollevò sulle braccia e rimase sospeso sopra di lei. "Sei così giovane, bella e intelligente, ma vivi da sola in una città che non è la tua, non hai parenti o amici, a parte forse la tua vicina impicciona, e sembri restia ad aprirti con gli altri. Ti prego, apriti con me."
Selvaggia rimase in silenzio, tuffandosi in quell'azzurro dei suoi occhi che le avevano sempre trasmesso sicurezza. In quel momento, come quando era una bambina spezzata dagli avvenimenti, avvertì di potersi fidare di quegli occhi. Istintivamente sapeva che non l'avrebbero tradita. Ma parlare del suo passato restava sempre difficile e doloroso...
"Ho avuto un passato molto movimentato." Deglutì. "Quando mi sono trasferita qui ero... In lutto. Sì, ero in lutto, e non sono riuscita a rifarmi una vita come avrei voluto."
Riccardo si distese su un lato vicino a lei, reggendosi la testa con un gomito per vederla bene.
"E come l'avresti voluta?"
Lei fece altrettanto, girandosi su un fianco e reggendosi la testa con un gomito. Si era lanciata in questa sorta di confessione, anche se sentiva essere ancora troppo presto per confidarsi del tutto, ma non voleva tirarsi indietro.
"Normale. Pensavo che avrei trovato un lavoro ottimo e remunerativo e che sarei riuscita a farmi degli amici." Abbassò lo sguardo, oscurandosi. "Ma sembra che tutte le persone che ho conosciuto in questa grande città siano troppo prese da sé stesse per fare caso a me. Ogni volta che conoscevo qualcuno, anche una delle mie colleghe, ho sempre avvertito un po' di discriminazione da parte loro. Forse perché sono del sud, o forse perché sentivano che sono diversa da loro—"
"Questo è poco ma sicuro." La interruppe.
Lo guardò incuriosita. "Che cosa intendi?"
"Non ho mai conosciuto una ragazza come te." Le passò un dito sulla guancia. "Quelle della tua età di solito sono tutte prese da sé stesse, dalla moda o dai ragazzi, mentre tu sei diversa. Te ne freghi di quello che la gente pensa di te, non ti fai problemi a uscire di casa senza trucco, anche perché sei talmente bella che non ne hai bisogno, e si vede da come parli e da come ti comporti che sei molto più matura."
"Ho dovuto crescere in fretta."
"Vorrei tanto sapere perché." Sussurrò.
Selvaggia si avvicinò nuovamente, tanto da sfiorare il suo corpo col proprio, e con una mano gli accarezzò il viso.
"Ti basti sapere che grazie a te ho ritrovato il sorriso."
Riccardo rimase a senza fiato. Quelle semplici parole per lui volevano dire più di quanto potesse sembrare. L'afferrò per un fianco e si avvicinò ancora di più, si tuffò sulle sue labbra, trovandole incredibilmente morbide e già pronte ad accoglierlo.
L'atmosfera all'interno della stanza si riscaldò nuovamente. Condivisero quel momento con sempre più fervore. Si abbandonarono di nuovo alla passione, ma con la consapevolezza in più di conoscersi meglio.
***
Le unghie del gatto contro la porta della camera da letto li svegliarono lentamente, insieme all'insistente miagolio che sembrava un pianto disperato. Non ricordavano di averlo chiuso fuori dalla stanza e Luke aveva iniziato a pretendere la sua razione di cibo mattutina nel l'unico modo che conosceva: facendo rumore.
Si stiracchiarono nel letto, prendendo coscienza lentamente di ciò che li aveva svegliati.
"Oddio, che cos'è questo rumore?" Si lamentò Riccardo ad occhi chiusi.
"È il gatto..." Borbottò lei. Si scoprì dalle coperte. "Vado a dargli la pappa."
Si allungò per salutarlo con un bacio sulle labbra e Riccardo rispose istintivamente al bacio. Restò a osservarla rimettersi gli slip e una maglietta e aprire la porta, facendo entrare il gatto. Luke salì velocemente sul letto con un balzo, continuò a miagolare come un ossesso, girò su sé stesso, impaziente, saltò di nuovo a terra e corse in salotto.
"Gli do la pappa e faccio una doccia."
Riccardo rimase a poltrire ancora un po' tra le lenzuola. Sorrise come uno stupido al ricordo dei momenti appena trascorsi con lei. Finalmente gli aveva rivelato qualcosa del suo passato e non poteva essere più speranzoso per questo. Certo, era solo un pizzico, ma era fiducioso che si sarebbe aperta ancor di più andando avanti.
All'improvviso sentì lo scroscio della doccia e decise di alzarsi dal letto, e magari infilarsi sotto la doccia con lei e vedere se si sarebbe aperta un altro po'. Al solo pensiero un fremito lo colse dalla testa ai piedi e, senza mettersi nient'altro che i boxer, si diresse alla porta. Passò di fronte ad un settimino dove era poggiato solo un piccolo carillon di legno e ne rimase attratto. Nessun altro ornamento valorizzava quel mobile. Incuriosito, si fermò a osservarlo, forse al suo interno avrebbe potuto scoprire qualcosa di più su quella splendida ragazza che gli aveva appena rubato il cuore. Lo osservò da vicino, ammirandone la lavorazione fatta a mano e le decorazioni agli angoli. Sembrava antico, ma tenuto bene. Alzò il coperchio e la musica de La danza dei Cigni si propagò nella stanza, con il classico suono metallico dei carillon di una volta. Lo ascoltò per un po' e seguì il movimento ripetitivo della piccola ballerina di plastica. Aprì il cassettino in basso, spinto da una strana curiosità, e vi trovò un paio di orecchini di brillanti, piccoli e deliziosi. Sembravano nuovi. Accanto agli orecchini trovò un medaglione delle dimensioni di una moneta da due euro, raffigurante la classica trinacria siciliana. Sorrise nel riconoscerla, gli ricordava quei tre anni in cui prestò servizio in quell'isola affascinante. La prese in mano e notò che al centro mancava la classica testa femminile che aveva sempre visto. Chissà, forse era così per un motivo che lui non poteva sapere.
Rimise la trinacria al suo posto, richiuse il cassettino e anche il coperchio del carillon, la musica si spense attorno a lui e decise di raggiungere Selvaggia ancora sotto la doccia.
***
Era un'esperienza nuova lavarsi assieme a qualcun altro sotto il getto d'acqua. Spalmarsi reciprocamente il sapone sulla pelle aveva qualcosa di affascinante, tanto che non vedeva l'ora di ripetere l'esperienza con lui.
Riccardo era appena uscito da casa sua, decise di vestirsi e sistemare il casino che avevano lasciato in camera. Voleva uscire e fare un po' di spesa; quella sera aveva intenzione di cucinare qualcosa per lui quando sarebbe tornato a trovarla. L'aspettativa nel vederlo gustare i suoi manicaretti la rendeva incapace di attendere fino ad allora.
Tolse le lenzuola dal letto e spazzò in tutta la stanza, spazzò tutte le briciole e le patatine fritte che erano finite sotto il materasso. Pulì i comodini, li spolverò da tutti i residui di cibo e dei contenitori vuoti, portò tutto in cucina per buttare quella roba nella spazzatura. Finito di pulire la camera da letto afferrò il telecomando della televisione e lo accese, curiosa di vedere se questa volta avesse visto Riccardo al telegiornale mentre svolgeva il suo lavoro.
Non voleva più pensare a quel boss al quale lui stava facendo da balia. Se si trovava lì voleva dire che stava pagando per ciò che aveva fatto, e anche se tra lei e quell'individuo c'era qualche legame di parentela, non voleva che ciò congestionasse la sua vita. Rimaneva il fatto che non aveva mai avuto niente a che fare né con lui né con questi figli che molto probabilmente sarebbero venuti per dargli l'ultimo saluto. Ma soprattutto non voleva averci niente a che fare in futuro.
Aspettò l'inizio del telegiornale sul primo canale e, durante la rassegna delle notizie, comunicarono l'arrivo di una delle figlie delle suddetto boss. Di colpo emozionata da questa notizia, rimase in attesa del servizio che avrebbero mandato in onda da lì a pochi minuti.
Dopo le consuete notizie sulla politica, arrivarono quelle di cronaca e, finalmente, quella da lei attesa.
Il servizio esordì con delle immagini simili a quelle del giorno precedente, salvo il fatto che gli uomini in divisa erano fermi nelle loro postazioni a piantonare l'intero edificio. Non riconobbe Riccardo tra loro ma quando la giornalista del servizio indicò la prima visita del boss, la figlia che era diventata suora, il cuore di Selvaggia prese inspiegabilmente a correre frenetico. Non sapeva perché, ma la notizia fece suonare un campanello d'allarme nella sua mente.
Le immagini successive mostrarono la suddetta suora di spalle, mentre si lasciava perquisire da una poliziotta. Ancora prima che si voltasse verso la telecamera o che la cronista facesse il suo nome, Selvaggia sapeva già di chi si trattava. La suora si voltò e la telecamera riprese il viso della Madre Superiora del Monastero della Vergine Immacolata. Selvaggia ebbe un singulto. Il suo sesto senso aveva avuto ragione! La osservò ricevere le istruzioni per proseguire nella sua visita al boss... Ovvero a quello che per la suora non era nient'altro che un padre ormai vecchio e malato...
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