Capitolo Settantaquattro

Innervosito dalla situazione, Riccardo si scusò con Selvaggia, invitandola ad attenderlo nell'ingresso, e si avvicinò con passo pesante verso il tavolo in cui era seduto il suo collega.

"E tu cosa ci fai, qui?"

Roberto gli sorrise sornione. "Anche a me fa piacere vederti in questo posto." Indicò una sedia vuota. "Perché non ti siedi con noi e ci fai compagnia?"

La faccia tosta di Roberto non aveva limiti, la stizza di Riccardo invece sì, e stava arrivando a toccarla. Si guardò attorno per vedere se nessuno lo stesse osservando e si chinò per parlare all'orecchio dell'amico.

"Sai benissimo che non sono da solo, con che faccia tosta ti sei presentato qui a nome mio?"

Roberto sembrò di colpo dispiaciuto e si pulì la bocca col tovagliolo.

"Hai ragione, me ne sono approfittato, ma stasera anche io avevo un appuntamento galante e non sapevo assolutamente dove portarla, ogni altro luogo era pieno e ho pensato che non ti sarebbe dispiaciuto se fossi venuto qui al posto tuo."

Che razza di approfittatore, gli usciva il fumo dalle orecchie tanta la rabbia che gli stava montando dentro.

"Sei uno scroccone, ecco cosa sei, e solo perché non voglio essere volgare, altrimenti te ne direi quattro!" Sputò, cercando di non dare spettacolo.

Il sorriso dell'altro si accentuò. "Andiamo, non è mica morto nessuno! Perché non vi accomodate insieme a noi?" Propose, come se fosse la cosa più naturale del mondo. "Se ci stringiamo un po' entriamo anche in quattro in questo tavolo."

"Vuoi prendermi in giro?"

Era davvero fuori di sé dalla rabbia, e il sorrisetto dell'amico lo mandava ancora di più su tutte le furie.

"Come vuoi. Puoi sempre aspettare che si liberi un altro tavolo, ma non credo che succederà tanto presto." Indicò con gli occhi la sala colma di persone. "E poi ho paura che la tua ragazza abbia aspettato già un po' troppo, non credi?"

Selvaggia si era alzata e stava sulla soglia della sala, alquanto spaesata, guardandosi attorno senza sapere che fare.

***

Stavano ancora consultando il menù quando la prima portata venne servita a Roberto e alla sua ragazza, che nel frattempo era tornata dal bagno. Era rimasta un po' spaesata dalla novità, ma aveva accettato la situazione senza controbattere minimamente.

Alla fine Riccardo aveva accettato di sedersi con loro allo stesso tavolo. Milano era continuamente colma di vita, non avrebbe trovato un altro ristorante con un posto libero nemmeno se avesse girato per tutta la sera.

Il menù prevedeva dei piatti di pesce davvero squisiti, specialità marittime da fare venire l'acquolina in bocca solo a leggerli sul menù, ma dopo aver osservato il modo di mangiare dei due al tavolo con loro, l'appetito cominciò a scemare.

Sia Roberto che la sua ragazza, infatti, avevano ordinato un primo ai frutti di mare, ed entrambi si erano tuffati nel proprio piatto come se non mangiassero da una settimana. La ragazza, che dall'aspetto sembrava molto fine e delicata, mentre mangiava sembrava trasformarsi in un scaricatore di porto. Prendeva con le dita laccate di rosso i frutti di mare dal suo piatto per gustarle rumorosamente tra le labbra, abbandonare con un piccolo lancio il guscio vuoto nel piatto che serviva a raccoglierli e pulirsi le mani sporche contro la tovaglia, ignorando il tovagliolo posato sulle sue gambe.

Roberto non era da meno. Pretendeva di fare il sofisticato cercando di togliere il mollusco dal guscio con le sole posate, ma questo gli sgusciava sistematicamente fuori dal piatto, sporcando a sua volta la tovaglia immacolata. Nel cercare di raccogliere il guscio, si impiatricciava le dita, sporcando ancor di più la tovaglia, e una volta gettato il guscio nel piatto apposito, ricominciava dall'inizio. Quando ci riusciva si gratificava con una bella forchettata di spaghetti, che si ficcava tutta in bocca senza complimenti, sporcandosi di sugo fino al mento.

Non era affatto un bello spettacolo per gli altri due, che si scambiarono uno sguardo preoccupato e alquanto schifato. Quando il cameriere venne a prendere la loro ordinazione, chiesero un'insalata di polpo e un cocktail di gamberi, ma quando fu loro portato non riuscirono a mangiarne molto. Avevano perso l'appetito, la serata era l'esatto opposto di come entrambi avevano sperato.

Continuarono a osservare orripilati i due che si rimpilzavano di cibo fino a scoppiare. Ordinavano portate come se non fossero mai sazi.

Riccardo e Selvaggia sbocconcellavano qualcosa dai loro piatti ma mangiare con quella compagnia non era assolutamente fattibile. Ogni tanto Roberto cercava di fare conversazione, anche con Selvaggia, ma il più delle volte si dimenticava di ingoiare prima di parlare, e finiva per sputacchiare tutto quello che aveva in bocca, disgustandola ancora di più.

Ad un certo punto Riccardo si scusò e si alzò dal tavolo, allontanandosi verso i bagni maschili. Selvaggia lo guardò preoccupata, la stava davvero lasciando da sola con quei due? Ma quando gli vide fare un gesto con la testa, invitandola silenziosamente a seguirlo, attese che sparisse dalla sala per poi rivolgersi ai due che continuavano a mangiare come maiali in un porcile.

"Temo che debba andare a mia volta al bagno... Ho bisogno di controllare... Tu mi capirai."

Si rivolse alla ragazza con un sorriso, che questa restituì. Sì pulì la bocca, prese la sua borsa e si alzò, dirigendosi nei bagni.

Prima di entrare nel bagno delle donne c'era un antibagno in comune, ed era lì che Riccardo la stava aspettando.

"Brava, sei venuta subito." La prese per mano. "Andiamocene!"

Selvaggia annuì, ben contenta di questa novità, e lui la trascinò di nuovo fuori dai bagni, controllando che i due ancora al tavolo non si accorgessero di loro. Erano talmente intenti a riempirsi di cibo che a malapena scambiavano qualche parola. Si diressero fiduciosi verso l'uscita e passarono di fronte al cameriere al bancone, che vedendoli andarsene si affrettò a fare le rimostranze del caso.

"I signori vanno via?"

Riccardo si bloccò, continuando a tenere Selvaggia per mano.

"Sì... Il mio collega, là, ha insistito tanto per offrirci la cena, ma adesso per noi si è fatto tardi. Comunque era tutto molto buono."

Gli fece un gesto di congedo e si affrettò a lasciare il ristorante. Il cameriere li salutò con compostezza, ma prima che uscissero, Selvaggia si fermò e tornò da lui.

"Ah, mi scusi, mi stavo dimenticando che i nostri amici ci hanno pregato di dirle che al loro tavolo volevano anche un'aragosta. Sa, è il loro anniversario e volevano strafare. E anche una bottiglia di Champagne, di quello più costoso che avete. Ve ne saranno grati."

Riccardo osservò la scena trattenendosi dal ridere. Il cameriere prese nota e la assicurò che avrebbe fatto in modo che tutto venisse servito quanto prima. Selvaggia lo ringraziò e uscì dal ristorante, quasi mettendosi a correre mentre Riccardo la seguiva continuando a tenerla per mano. Si lasciarono solo per montare in macchina e, una volta lì, scoppiarono a ridere, sfogando l'ilarità.

"Sei stata meravigliosa!" Sbottò lui tra le risate. "Quando arriverà a pagare il conto a Roberto verrà un colpo!"

"Se lo merita, ti ha rubato il tavolo senza dirti niente!"

"Se lo merita eccome! Ha solo voluto mettermi i bastoni tra le ruote, vive d'invidia!"

"Ma poi hai visto come si rimpilzavano di cibo? Sembrava non mangiassero da una vita!"

"Erano disgustosi!"

"E quando lei si è succhiata le dita sporche di sugo spargendosi il rossetto sulla guancia, te ne sei accorto?"

Aveva le lacrime raccontando quell'aneddoto, mentre Riccardo aveva messo in moto e si stava allontanando lungo la strada.

"In quel momento avrei voluto vomitarle addosso. Il suo mestiere la aiuta ad essere provocante ma non a comportarsi come si deve in luoghi come quelli."

Selvaggia tornò seria. "Perché, la conosci?"

Riccardo si rese conto di quello che aveva detto e non rispose, ma lei lo guardò corrugando la fronte e non poté tacere ancora.

"Sì... Fa la prostituta vicino alla stazione."

Dopo questa rivelazione tornò a sedersi composta, l'ilarità era sparita. Come faceva a conoscere una prostituta? Non aveva nemmeno detto qual era il suo nome per tutta la serata.

"È per il mio lavoro." Vedendola ammutolirsi lui tentò di rassicurarla. "Conosciamo le ragazze che si prostituiscono in questa città, perché... Beh, credo che tu sappia il perché. Ma non so come si chiama."

Selvaggia si sentì una stupida. "Certo... Lo so."

Lui continuò a guidare senza meta, sentì l'atmosfera raffreddarsi troppo e si accostò a un lato della strada.

"Io non sono un tipo che va a puttane, Selvaggia." Si giustificò con enfasi. "Non mi piace e... Non voglio che tu lo pensi."

Lei sbatté le palpebre, interdetta. "Lo so... Non lo pensavo."

"E allora perché ti sei ammutolita?"

Sembrò pensarci un po' su. "Perché... Avrei dovuto saperlo che il tuo lavoro ti porta a conoscere certe cose..."

Tutto d'un tratto la situazione precipitò e nessuno dei due seppe spiegarsi perché. Selvaggia si vergognava di aver pensato una cosa simile quando avrebbe dovuto saperlo dato il lavoro di lui, e non riusciva più a guardarlo in faccia.

"Ehi!" Riccardo la richiamò per farle alzare lo sguardo.

Non lo avesse mai fatto! Quegli occhi incredibilmente verdi lo incatenarono all'istante, e non riuscì più a connettere. Senza rendersene conto si avvicinò per baciarla, dolcemente.

Le labbra piene di lei lo accolsero, dissentandolo come se fosse stato un assetato nel deserto. Le appoggiò una mano tra i capelli, soffici e vellutati, infilando le dita tra quei fili neri, mentre le mani di lei si posarono ai lati del suo collo, calde e seducenti. L'atmosfera all'interno della macchina cambiò nuovamente, diventò rovente, passionale. Le loro lingue si unirono in una danza erotica che spinse i loro corpi ad avvicinarsi ancora di più. I vetri dell'abitacolo si appannarono, mentre Riccardo si spostò del tutto sul sedile di lei, stringendo le mani contro quella pelle calda e vellutata. Non si era nemmeno accorto di averle alzato il top.

Selvaggia sentì il calore di quelle mani virili sulla pelle, era esattamente come il sogno ad occhi aperti che aveva fatto appena salita su quella macchina, e sentì il cuore scoppiarle nel petto dall'emozione. Una smania incontenibile si impadronì di lei, accostandosi a lui a sua volta infilò una mano tra i suoi capelli, lisci e folti, cercando di assecondare il suo istinto. Con l'altra mano cercò di accarezzargli una coscia, ma il movimento che fece fu troppo ampio e urtò contro lo sterzo, azionando i tergicristalli che cominciarono a muoversi rumorosamente contro il parabrezza.

Il rumore interruppe l'atmosfera e si staccarono di colpo, spaventati, guardandosi negli occhi e sentendosi come se fossero appena atterrati sulla terra dopo un viaggio incredibile nello spazio. Il tergicristalli continuava a compiere il suo lavoro inutilmente e Riccardo non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli di lei. Poggiò una mano sulla sua guancia, accarezzandole le labbra col pollice.

"Cosa mi stai facendo?"

Tra un respiro affannato e l'altro Selvaggia gli restituì la carezza.

"Potrei chiederti la stessa cosa."

Si guardarono senza dire niente, cercando entrambi di memorizzare il viso dell'altro e non dimenticarsi mai più di quel momento magico. Le loro mani continuavano ad accarezzarsi, a toccarsi con emozione. Ma anche questa volta fu Riccardo a rompere l'incantesimo:

"Alla fine non abbiamo mangiato molto stasera, eh?"

Selvaggia ridacchiò, senza interrompere il contatto visivo. "Direi di no..."

"Hai fame?"

"Direi di sì." Ridacchiò ancora.

"Già..."

Rivolse nuovamente l'attenzione alla strada e spense il tergicristalli, che aveva cominciato a fare un rumore secco contro il vetro.

"Direi che è troppo tardi per un ristorante, ormai..."

"Che ne dici se faccio qualcosa di sbrigativo io?" Propose lei, senza neanche pensarci.

"A casa tua?" Riccardo era a bocca aperta.

Lei si strinse nelle spalle. "Almeno ti ripago per quando mi hai ospitato a casa tua."

La osservò imbambolato, chiedendosi se fosse vera o frutto della sua immaginazione. Davvero si era proposta per cucinare al loro primo appuntamento? Era un gesto dolcissimo da parte sua ma ripensandoci non gli sarebbe piaciuto che la serata finisse così.

"Ho un'idea migliore!" Mise in moto e guidò in direzione di casa di lei. "Per andare in un ristorante è tardi, ma per farci portare a casa qualcosa d'asporto magari no."

A Selvaggia si illuminarono gli occhi. "Vuoi ordinare due pizze?"

"Beh... Avevo in mente qualcos'altro ma... Va bene!"

Selvaggia esultò con un movimento veloce di spalle e braccia e lui sorrise. In fondo era una ragazza molto giovane, una pizza sarebbe andata più che bene per farla contenta.

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