Capitolo Settantanove

Quella stessa sera, tornando a casa dopo il lavoro, Selvaggia non riusciva a pensare ad altro che al suo incontro con la Madre Superiora. Che altri non era che sua zia materna. Era ancora incredula a questo fatto, per troppi anni l'aveva considerata solo la suora che l'aveva cresciuta, cambiare la sua definizione le sembrava impossibile.

La donna le aveva inoltre dato molte risposte ma anche altrettanti interrogativi nuovi. Adesso sapeva che sua madre l'aveva abbandonata perché aveva paura per la sua incolumità, dandola a chi sapeva si sarebbe presa cura di lei e di cui si fidava. Ma non le aveva rivelato il vero motivo per cui sua madre aveva paura, e nemmeno se avesse cercato un'altra soluzione per non doverlo fare.

Ma, soprattutto, con le sue parole le aveva fatto credere che sua madre potesse essere ancora viva.

Certo, aveva smorzato subito questa aspettativa, asserendo che nessuno avrebbe potuto sopravvivere a quella inondazione. Ma lei non riusciva a credere che sua madre fosse realmente scomparsa, il fatto che il suo corpo non fosse mai stato ritrovato continuava ad alimentare quella flebile speranza. Forse era stupida, o forse aveva solo bisogno di credere che fosse ancora viva per poter andare avanti.

Sentì suonare il campanello e sussultò, presa alla sprovvista. Quando andò ad aprire, Riccardo fece la sua comparsa, questa volta con delle pizze in una mano e una bottiglia di Coca Cola nell'altra.

"Posso invitarti a cena a casa tua?"

La realtà le piombò addosso con tutto il suo peso. Si ricordò che si era ripromessa di cucinare qualcosa per quella sera, ma con tutto quello che era successo le era del tutto passato di mente. Il peso sullo stomaco per il discorso di quel pomeriggio lasciò il posto al sorriso di Riccardo, e al suo sguardo dolce.

"Fa come se fossi a casa mia." Sorrise e si fece da parte per farlo passare.

Riccardo entrò disinvolto, andando a poggiare le pizze direttamente sul tavolo della cucina.

"Sai, stamani al lavoro il mio collega ha giurato di averti visto fuori dal carcere con uno strano cappello, secondo lui te ne stavi in piedi di fronte all'entrata al lato opposto della strada." Ridacchiò divertito, senza accorgersi dell'espressione sconvolta della ragazza. "Per quale motivo avresti dovuto appostati di fronte al carcere?"

Selvaggia non aveva minimamente previsto che nonostante le precauzioni che aveva preso qualcuno avrebbe potuto riconoscerla lo stesso. Rimase alcuni istanti trattenendo il respiro, avrebbe voluto scomparire. Deglutì, cercando di nascondere la propria confusione.

"Chi era, quello della cena al ristorante?" Sorrise per non far notare il suo stato d'animo.

Riccardo si voltò verso di lei con un sorriso, ma cambiò subito espressione. "Selvaggia, ti senti bene? Sei pallida." Le si avvicinò mettendole una mano sulla fronte. "No, non sei calda. C'era molta gente a lavorare? Forse ti sei stancata troppo."

"Come? No... Tranquillo. È solo un po' di stanchezza." Spostò la testa dalla sua mano.

"Quindi ho ragione io. Siediti, ti servo io la pizza."

Selvaggia era troppo scossa alla notizia che il collega di Riccardo l'avesse riconosciuta. Eppure si era coperta bene... Non avrebbe dovuto ingannare solo Riccardo, l'indomani, ma anche il suo collega. Per un attimo si chiese se ne valeva la pena.

Riccardo le tagliò la pizza e apparecchiò con bicchieri e tovaglioli. Ma Selvaggia era ancora presa dai suoi pensieri e le si sedette accanto. Le prese una mano con delicatezza.

"Ehi... Tutto bene?"

Selvaggia posò su di lui uno sguardo perso, sbatté le palpebre e si sforzò di sorridere.

"Sì, scusami... Te l'ho detto, sono solo stanca."

Riccardo si portò la sua mano alla bocca e le diede un bacio tra le nocche.

"Adesso rilassati. Vuoi mangiare o ti vuoi distendere un po', prima?"

Lei si immerse in quegli stupendi occhi azzurri e si sentì estremamente fortunata ad avere trovato un uomo come lui.

"Sai, non ho avuto molte esperienze in campo sentimentale, ma entrambe le volte sono stata fortunata."

Lui rise appena. "Che vuoi dire?"

Un leggero sorriso si disegnò sulle labbra di lei, mentre pensava alle parole da dirgli. Prese un profondo respiro e si diede coraggio.

"Cosa faresti se l'unica persona che potesse darti delle informazioni importanti per te fosse una persona pericolosa?"

Riccardo incrociò le dita con quelle di lei. "Dipende. Pericolosa quanto?"

"Una contro cui tutti ti mettono in guardia."

Lui arricciò le labbra, pensandoci su. "Beh... dipende da quanto tengo alle informazioni che vorrei da quella persona."

"Enormemente! Diciamo che sarebbero come un modo per aiutarti ad andare avanti con più serenità."

"Allora direi che vorrei qualcuno di fidato con me quando deciderò di confrontarmi con questa persona, e cercherei tutto il sostegno emotivo possibile se le informazioni che mi darà potrebbero cambiarmi la vita."

Pensava che le avrebbe raccomandato di valutare la situazione e poi di non andarci, di trovare quelle stesse informazioni in altri modi, invece la sua risposta la stupì. Si sentì ancora più privilegiata ad avere uno come lui al suo fianco.

"Baciami, ti prego!" Sbottò all'improvviso, avvicinandosi a lui. "Baciami, Riccardo..." Lo pregò di nuovo a bassa voce, e appoggiò le sue labbra su quelle di lui.

Riccardo in un primo momento non poté che rispondere al bacio, incantato dalle sue parole, ma riuscì a staccarla da sé per guardarla confuso.

"Ma che succede? Sei strana."

Lei gli sorrise: "Succede che credo di amarti."

Non aveva premeditato di dirglielo, le parole erano sgorgate dal cuore spontanee. Si rese conto subito di quello che aveva detto e si guardò dentro, esaminando il suo cuore, ma non trovò nessun motivo per doversi rimangiare quell'affermazione.

Lui la fissò inebriato, per un fugace momento sembro avere paura, ma un sorriso meraviglioso gli illuminò il viso, ammorbidendo ancor di più la luce dei suoi occhi. La baciò con foga, stringendola contro il suo petto, dove il cuore, simile a un tamburo, non riusciva a darsi pace. Le mani si mossero da sole, indipendenti, iniziarono ad accarezzare il corpo di lei fameliche e bramose, a sbottonarle la camicetta, a saggiare la pienezza del seno.

Nello stesso tempo anche le mani di lei si stavano dando da fare, sganciandogli la cintura dei pantaloni e prendendo a sbottonarglieli con un po' di difficoltà.

Riccardo non capiva più niente e senza accorgersene si ritrovò Selvaggia in grembo, con le gambe attorno alla vita e le mani sul suo fondoschiena. Si alzò e la portò di peso in camera da letto dove la adagiò sul materasso, stendendosi sopra di lei senza smettere un attimo di baciarla. Si spogliarono completamente, sentendo forte il desiderio di unirsi come un unico corpo. Entrò in lei rimase e immobile per alcuni secondi, a gustarsi quell'estasi di godimento.

Consumarono l'amplesso frettolosi, non riuscirono a frenare la propria passione. Gli diedero libero sfogo, celebrando la presa di coscienza dei loro sentimenti.

Una volta sfogata la passione, rimasero abbracciati sotto le coperte, ad accarezzarsi e a cullarsi a vicenda.

"Le pizze saranno totalmente fredde, ormai." Bofonchiò Riccardo ad occhi chiusi.

Selvaggia sgranò gli occhi. "Oddio, hai ragione, mi dispiace tanto!"

Lui si strinse nelle spalle. "Hai un forno, no? Non ci sono problemi."

Selvaggia tornò a rilassarsi sul suo petto. "Sperando che Luke non sia saltato sul tavolo per servirsene."

Gli occhi di Riccardo si spalancarono di colpo, preoccupati. "Oddio, il gatto!"

Si alzò di scatto, scoprendo anche lei e, completamente nudo, si diresse in cucina, da dove Selvaggia lo sentì bestemmiare.

Apparve in camera con le pizze in mano: "Siamo fortunati, era salito sul tavolo ma non le ha mangiate."

Selvaggia rise. "L'ho educato bene!"

"È un gatto perennemente affamato ma educato." Ridacchio divertito. "Vado a scaldarle un po'."

Selvaggia abbracciò il cuscino sentendosi davvero felice e innamorata. Dopo Giancarlo credeva che non sarebbe più riuscita ad amare di nuovo, ma aveva trovato un uomo formidabile e si sentiva privilegiata per questo.

Ragionando sulla sua fortuna le venne in mente che forse avrebbe preferito che il boss Lo Iacovo, che mai e poi mai sarebbe riuscita a considerarlo suo nonno, le dicesse in modo chiaro che sua madre era morta, e che il suo corpo giaceva da qualche parte lungo l'argine di quel fiume che aveva decretato la sua fine. Perché non sapeva come avrebbe reagito se le avesse trasmesso il dubbio che potesse essere ancora viva.

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