Capitolo Sessantanove
Riccardo rimase come ipnotizzato di fronte a quelle iridi verdi, fu incapace di pensare, di reagire, l'unica cosa che riuscì a fare fu quella di perdercisi dentro. Era sempre più sicuro di conoscere quegli occhi, di averli già visti alcuni anni prima...
Vide quello sguardo abbassarsi sulla sua bocca e sentì il suo cuore fare a pugni con lo stomaco. Di colpo ebbe una voglia irrefrenabile di baciarla, di tastare con le sue la morbidezza di quelle labbra piene e assaporare il suo sapore. Il suo profumo era qualcosa di sconvolgente e tenerla così vicino a sé non aiutava. La sua voce, calma e vellutata, lo riportò alla realtà:
"Grazie..."
Corrugò la fronte. "Per cosa?"
Lei sembrò non comprendere la sua domanda. "Per tutto. Per avermi aiutata, per... esserci."
Si perse nuovamente in quegli occhi dolci e pieni di dolore, qualcosa gli diceva che avrebbe fatto di tutto per lei.
"Non devi ringraziarmi, sono felice di aiutarti."
Quegli occhi verdi lo scrutarono ancora per diversi istanti, prima di vederli chiudersi accompagnati da un sospiro. Sembrò rilassarsi addosso alla sua spalla e restò immobile per paura di disturbarla. Pochi secondi dopo avvertì il suo respiro lento e regolare. La guardò meglio e si accorse che si era addormentata addosso a lui. E adesso?
Si guardò attorno impacciato, chiedendosi cosa fare, poi si alzò prendendola in braccio e trasportandola oltre la cucina. Attraversò un breve corridoio e varcò l'unica porta che trovò aperta, ritrovandosi nella stanza da letto. La adagiò con cura su un letto da una piazza e mezzo, tra quelle piume morbide, le tolse le scarpe e la coprì con una coperta. Rimase a osservarla dormire, sembrava così inerme... E quel letto era così invitante. Di colpo sentì tutta la stanchezza della giornata sulle spalle e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si distese di fianco a lei, per riposarsi cinque minuti. Anche se deturpato dalle ferite, il viso di lei era uno spettacolo, e non si accorse di quanto tempo passò prima di chiudere gli occhi.
Alcune ore più tardi si risvegliò ancora frastornato, la sveglia sul comodino segnava le sette e una tenue luce entrava dalle persiane, ma quando abbassò lo sguardo vide la testa di Selvaggia poggiata sul suo petto, ancora addormentata. Gli teneva un braccio attorno alla vita e lei, girata su un fianco, aveva trovato nel suo petto un cuscino caldo e comodo. Era come se durante il sonno i loro corpi si fossero cercati, attratti l'uno dall'altra come due poli opposti.
Rimase immobile per paura di svegliarla, ascoltando il proprio cuore pompare più sangue del dovuto. All'improvviso un miagolio insistente proveniente da dietro alla porta echeggiò tra le pareti.
Selvaggia strizzò gli occhi, massaggiandoseli con una mano, poi alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta. I loro visi erano estremamente vicini, si fissarono a lungo negli occhi, sentendo un dolce fuoco al centro del petto. Si riscosse e si allontanò un poco, continuando a guardarlo a bocca aperta.
"Cos..."
Riccardo alzò una mano come per scusarsi. "Mi dispiace tanto, non volevo approfittare della situazione. Ero solo esausto e devo essermi addormentato..." sputò tutto d'un fiato.
Ancora confusa dal sonno, lei non comprese subito il suo discorso, corrugò la fronte cercando di dare un senso alle sue parole ma l'insistente miagolio del gatto la distrasse.
Sgranò gli occhi. "Oddio, Luke!"
Balzò in piedi, di colpo sveglissima, e aprì la porta.
"Luke?" Riccardo era altrettanto confuso.
Il miagolio divenne subito molto più forte e Riccardo poté finalmente scorgere una coda rossa e dritta fare capolino oltre il bordo del letto. Si allungò per vedere meglio e notò a malapena un gatto rosso e tigrato arrotolarsi attorno alle caviglie della ragazza e continuare a miagolare disperato, prima di correre verso il salotto.
"Che ha, sta male?"
"No... Ha fame."
Gli rivolse un'espressione buffa e raggiunse il gatto in salotto. Lo lasciò con un'espressione esageratamente sorpresa. Da come miagolava pensava stesse soffrendo!
Si alzò a sua volta e la seguì nel soggiorno, dove la vide china a terra per dare da mangiare al gatto e contemporaneamente scansarlo dalla ciotola, mentre questo continuava a tuffarcisi, affamato.
"Quanti anni sono che non mangia?"
Lei ridacchiò. "Non farci caso, è sempre così." Si alzò per buttare la lattina della pappa. "Gli do da mangiare due volte al giorno, ma sembra sempre affamato."
"E dov'era ieri sera? Quando siamo entrati non l'ho visto."
"Forse si era nascosto. È difficile che entri qualche sconosciuto in questa casa e se ne arriva uno ne ha paura."
"Capisco... Allora stamattina la fame è stata più forte della paura."
"Direi di sì..."
Esaurito l'argomento gatto, i due si guardarono timidamente. L'imbarazzo li colse all'improvviso e nessuno dei due riuscì più a mantenere il contatto visivo.
"Vuoi un caffè?" Selvaggia tentò di rompere il ghiaccio.
"Sì, lo gradirei volentieri." La ringraziò per quel diversivo.
Dopo un attimo di esitazione lei si allontanò per fare il caffè e Riccardo ebbe il tempo di guardarsi attorno. La casa era modesta e un po' scarna, ma pulita. I mobili erano un po' antiquati e privi di ogni tipo di ornamento. Il divano era di quelli antichi, in similpelle marrone, e la televisione era grande ma ancora col tubo catodico. Non avrebbe mai detto che vi abitasse una splendida e giovane ragazza, sembrava più l'appartamento di un uomo anziano.
Fece qualche passo verso di lei. "Da quant'è che vivi qui?"
Selvaggia non si voltò per rispondergli ma dal tono di voce gli sembrò contrariata.
"Un anno. Poco meno."
Si voltò e gli allungò il caffè, mentre con l'altra mano si portò il suo alla bocca.
Glielo prese di mano e ne bevve subito un sorso, pure lo zucchero che ci aveva messo era perfetto.
"E da un anno vivi qui da sola?"
L'espressione di Selvaggia si fece visibilmente irritata. "Guarda che non devi."
Riccardo rimase sbalordito dal suo cambio di umore repentino. "Fare cosa?"
"Interessarti a me."
Era sempre più confuso. "Di cosa stai parlando?"
Lei sospirò, scocciata. "Non hai nessun motivo di fingere interesse per me. Puoi anche andartene senza fare domande, non mi offendo."
La guardò del tutto sconvolto, questo improvviso cambio di registro lo mandò in confusione. "Ma io sono realmente interessato a te."
Selvaggia sbuffò dal naso, deridendolo. "Sì... Come tutti gli altri che hanno iniziato a fare le tue stesse domande, per poi accorgersi che non gli interessavo affatto e andarsene senza neanche un saluto."
"Io... non capisco. Credevo che—"
"Non c'è niente da capire." Lo interruppe lei. "Tanto so già come andrà a finire. Non sono una ragazza simpatica e solare, appena mi avrai conosciuta bene girerai sui tacchi e di colpo non ti vedrò più. Beh, ti risparmio la fatica e ti avverto subito."
Riccardo era sempre più sconcertato. Che cosa l'aveva resa così riottosa con gli altri?
"Cosa ti dice che io me ne andrò come hanno fatto tutti?"
Lei lo guardò in silenzio, cercando le parole giuste da usare, ma poi sembrò assumere un'espressione decisa e lo fissò negli occhi.
"Non c'è niente di particolare in te da distinguerti dagli altri. La risposta è che niente mi dice che rimarrai anche dopo avermi conosciuta bene."
Nella testa di lui si sommò altra confusione ma non aveva fatto tutta quella strada per arrendersi così facilmente. Si avvicinò con lentezza, e quando le fu a pochi centimetri la fissò dritta negli occhi:
"A me sembra che sei tu che non vuoi fare avvicinare nessuno, e non il contrario."
L'espressione sconcertata di Selvaggia gli disse che aveva preso in pieno la situazione.
Lei sbatté le palpebre e si ricompose, distogliendo lo sguardo.
"Ti sbagli." Deglutì e tornò a fissarlo decisa. "È solo che non voglio più che certe situazioni accadano, perciò preferisco evitare sin dall'inizio."
Riccardo non sapeva se ridere o disperarsi.
"Scommettiamo che invece ti faccio cambiare opinione?"
Quel sorrisetto divertito su quelle labbra carnose e contornate da un leggero strato di barba la distolsero per un attimo dai suoi pensieri, ma riuscì a riprendersi in tempo.
Guardò l'orologio con aria scocciata. "Avrei da fare."
Lui tornò a fissarla negli occhi, meravigliosi pure quando erano irritati, senza cambiare espressione, fece un passo indietro portandosi una mano alla fronte nel saluto militare e si voltò, uscendo dal suo appartamento.
Si chiuse la porta alle spalle e si incamminò a prendere la macchina. Era contrariato dal modo in cui si era liberato di lui ma non voleva darlo a vedere, Selvaggia si stava rivelando davvero un osso duro. Ok, lui non la conosceva ma nemmeno lei conosceva lui e non sapeva che quando Riccardo si metteva qualcosa in testa niente e nessuno poteva fargli cambiare idea.
***
Selvaggia lo osservò uscire con passo svelto e appena si fu chiuso la porta alle spalle ebbe un moto di desolazione. Perché lo aveva cacciato in quel modo? Eppure l'aveva aiutata così tanto! Le era rimasto vicino dall'inizio alla fine in quella brutta esperienza, aveva perfino dormito con lei senza approfittarsene! Cosa c'era che non andava in lei?
Si portò una mano alla fronte e sussultò quando la scontrò involontariamente contro il naso dolorante e ancora gonfio. Chiuse gli occhi, rimproverandosi aspramente, era stata scontrosa e insopportabile. Aveva ragione, era lei che non voleva nessuno attorno e non il contrario. Fino a quel momento la presenza di altre persone nella sua vita le era stata stretta, ogni qual volta qualcuno manifestava un certo interesse nei suoi confronti avvertiva uno strano senso di inquietudine, qualcosa di simile alla claustrofobia. Eppure, per alcuni brevi attimi, con Riccardo non era successo. Lui era riuscito a farla sentire bene e in pace con se stessa, accogliendola nel suo mondo. Era solo quando aveva iniziato a fare domande più dirette che il nodo le si era stretto attorno alla gola, impedendole di mandare abbastanza ossigeno al cervello per permetterle di pensare con lucidità, e così lo aveva cacciato. Le parole le erano uscite dalla bocca senza che potesse controllarle e avevano fatto il loro effetto indesiderato.
E adesso lui se n'era andato e sicuramente non lo avrebbe più rivisto. Sorrise istericamente, aveva avuto ragione anche quella volta, appena avrebbe cominciato a conoscerla meglio se ne sarebbe andato anche lui
Brava Selvaggia, hai indovinato!
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