Capitolo Sessantadue

La ragazza era visibilmente irritata dalle continue avances. Non gli sorrideva, non gli rispondeva se non in modo pungente, ma lui sembrava non capire, ed essendo sul suo luogo di lavoro, lei sopportava tutto quel chiacchiericcio inutile con una faccia scocciata. Roberto continuava a lodare la sua bellezza facendo il finto tonto.

Riccardo si avvicinò in silenzio, cercando di trovare il momento migliore in cui inserirsi nella discussione. Arrivò alle spalle dell'amico e ascoltò per un attimo la conversazione senza intervenire.

"Fammi capire," Roberto si appoggiò al bancone con le braccia, guardandola con occhi languidi. "Con quegli occhi verdi hai sicuramente i genitori stranieri, del nord. Sono inglesi?"

"Non vedo cosa possa interessarti." La faccia di lei era impassibile.

"Oh, andiamo! Sei tanto bella quanto pungente!" Ridacchiò, cercando di dare alla voce un'intonazione sensuale. "Io saprei come addolcire quel carattere forte che hai. A che ore stacchi da questo posto?" Allungò un braccio mettendo in mostra il muscolo teso.

La ragazza roteò gli occhi. "Senti, mi dispiace, ma non ho bisogno dell'accompagnatore per tornare a casa."

"Oh, wow, che caratterino!" Si staccò di scatto dal bancone. "Ma se non sai dove ti porterò è più emozionante venirci con me. Non credi?"

Lei sbuffò, esasperata, Riccardo dovette ammettere che l'insistenza dell'amico era davvero irritante. Non ne poteva più di sentirlo aggrapparsi sugli specchi pur di convincerla a uscire con lui.

"Cosa deve fare questa povera ragazza per farti capire che non vuole uscire con te?" Intervenne, sedendosi allo sgabello accanto.

Roberto trasalì e lo guardò meravigliato. Riccardo gli restituì un sorriso sfacciato, nello stesso momento in cui l'altra cameriera gli metteva davanti lo Spritz che aveva ordinato. La mora continuava a servire gli altri clienti e con un occhio li controllava, un po' preoccupata.

"Questo dovrebbe essere lei a dirlo." Roberto la indicò, non intenzionato a gettare la spugna.

"Ma infatti te lo sta dicendo già da un po'. Sei tu che non ascolti."

L'altro strinse le labbra e si voltò verso di lei con tutto il corpo. "Allora, che ne dici, bambola? Sono un buon partito, sai."

La mora assunse un'espressione esasperata, mentre Riccardo scoppiò a ridere. "Ma perché non vai a farti un giro e non trovi un'altra ragazza a cui dedicare tutti questi versi poetici?"

Roberto assunse un'espressione offesa, era la prima volta che Riccardo si intrometteva in una delle sue probabili conquiste e che lo denigrava così apertamente. Tornò per un attimo sulla ragazza, l'occhiata che gli lanciò in risposta fu molto più loquace di qualsiasi parola. Afferrò la sua birra e si alzò dallo sgabello, avvicinandosi all'orecchio dell'amico:

"Tanto, se non ci sono riuscito io, figurati se ci riesci tu con questa."

Si allontanò, incollandosi al collo della bottiglia e avvicinandosi con nonchalance a un tavolo con due ragazze.

Riccardo lo osservò per un attimo, scosse la testa e tornò a guardare la mora dietro il bancone. "Spero che non ti abbia dato troppo fastidio."

"Grazie, ma ci sarei riuscita anche da sola a levarmelo di dosso."

Afferrò un boccale di birra per riempirlo dalla spina senza nemmeno rendersi conto della faccia scioccata di Riccardo che non si aspettava assolutamente questa reazione.

"Sì, non lo metto in dubbio. Cercavo solo di esserti di aiuto."

"Ti ringrazio, ma non ne ho bisogno." Ripeté senza nemmeno guardarlo.

Si allontanò da lui per servire altri clienti e Riccardo rimase a fissarla sbalordito. La sera prima non gli era sembrata così acida. Ma non voleva certo lasciar perdere così, al primo ostacolo.

"Posso sapere come ti chiami?"

Lei gli lanciò uno sguardo d'acciaio. "Perché?"

"Voglio sapere il tuo nome."

Lei sembrò ammorbidirsi un pochino e si avvicinò. "Selvaggia. Scusa, ma non ho intenzione di fare amicizia adesso."

Quegli occhi verdi catturarono la sua attenzione, e inconsapevolmente distese le labbra in un sorriso, unì le mani sul ripiano del bancone e vi poggiò sopra il mento.

"Adesso, perché sei a lavoro, o adesso, perché sei già impegnata?"

Selvaggia strinse le labbra, spazientita. "La prima di sicuro, la seconda non sono affari tuoi."

Il sorriso di Riccardo si allargò ulteriormente. "Hai davvero un bel caratterino, sai?"

"Non è affar tuo nemmeno questo."

"Scusami," rispose lui col solito sorriso. "Ieri sera, però mi sembravi più gentile."

Selvaggia alzò un sopracciglio. "Cos'è, solo perché mi hai aiutato una volta ora devo esserti riconoscente a vita?"

"Due volte." Ribatté lui, facendo vedere due dita.

"Se proprio dobbiamo essere sinceri, non mi hai aiutata neanche una volta, perché avrei saputo cavarmela da sola in entrambi i casi."

"Con il mio amico qui di sicuro, abbaia tanto ma non morde, con quello di ieri non so... è un drogato che di solito spaccia vicino alla stazione. È strano che ieri sera bazzicasse da queste parti."

Selvaggia si allontanò per servire un altro ragazzo dall'altra parte del bancone e Riccardo rimase a guardarla, sognante. A parte gli occhi, che avevano una tonalità di verde incredibilmente luminosa e chiara, anche il fisico non era male. Era magra, con un vitino da vespa e un fondoschiena da urlo, alto e tondo, evidentemente sodo, che riusciva a catturare l'attenzione di ogni ragazzo seduto al bancone. Il seno non era troppo prosperoso ma per la sua fisicità sembrava andare più che bene, nonostante lo vedesse dietro il grembiule che usava per lavorare. Tornò verso di lui, ancora impassibile.

"Sono abituata a tenere a bada i clienti un po' più vivaci." Si chinò sul bancone per arrivare alla sua stessa altezza: "E tu non sei certo il primo e nemmeno l'ultimo."

Riccardo la fissò sconcertato, mentre lei si rialzava e continuava a lavorare. Afferrò il suo Spritz e si alzò dallo sgabello, allontanandosi dal bancone. La sua risposta lo aveva spiazzato, forse non era stata una buona idea cercare di allacciare bottone mentre stava lavorando, forse sarebbe stato meglio aspettare che smettesse di lavorare.

Si sedette a un tavolo solitario, con il suo Spritz, continuando a osservarla lavorare ma intenzionato ad aspettare che staccasse. Doveva almeno sapere se aveva un fidanzato o qualcosa di simile. Non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare facilmente.

***

Selvaggia appoggiò l'ultima birra che aveva preparato sul bancone davanti ad una coppia che non riuscivano a staccarsi gli occhi di dosso, e guardò il suo orologio al polso: finalmente il suo turno era finito, poteva andare a casa. Dal giorno dopo avrebbe cambiato turno, invece che andarsene via alle dieci e mezza avrebbe fatto chiusura e sarebbe tornata a casa la mattina prestissimo. Ma non voleva pensarci, non vedeva l'ora di tornarsene a casa e riposare. Fortuna che non erano più in alta stagione, anche se nei fine settimana il pub era lo stesso molto frequentato.

Spostò per l'ennesima volta lo sguardo su quel ragazzo seduto solitario a un tavolo poco distante, che continuava a fissarla concentrato. Non aveva fatto altro da quando si era seduto lì e la cosa le aveva dato parecchio fastidio, anche se aveva cercato di non darlo a vedere.

"Ciao, Cri, ci vediamo domani."

Salutò la sua collega, che ricambiò indaffarata e si diresse verso le cucine e verso gli armadietti nella stanzina adiacente, iniziando a togliersi il grembiule. Non volle nemmeno assicurarsi che quel tipo si fosse accorto che se n'era andata. Era stanca, voleva solo fare una doccia rinfrescante e andarsene a letto.

Le giornate si stavano facendo sempre più corte e più fresche, anche se il caldo dell'estate persisteva nella città e il sudore le aveva inzuppato la maglietta che portava sotto la camicetta. Si spogliò e si diede una rinfrescata al lavandino del bagno.

Salutò per ultimo i ragazzi in cucina e finalmente uscì all'aria aperta. La frescura della sera la rinfrescò per un attimo, nonostante fosse sudata e le temperature fossero più alte della media stagionale. Iniziò a camminare lungo il vialetto deserto, ma alla fine dello stesso vide quel ragazzo che l'aveva fissata per tutto il tempo in piedi ad attenderla. La osservava con un sorrisetto gentile... Sì, gentile, ma se la stava aspettando come sembrava non era un comportamento che lei apprezzava.

Si avvicinò con fare scocciato, e quando fu a pochi passi da lui lo guardò interrogativa. Ma lui non le permise di parlare.

"Sono contento di vedere che questa sera non hai nessuno che ti sta importunando."

"Sei sicuro?"

Riccardo smise di sorridere. "Credimi, la mia intenzione era solo quella di saperti al sicuro."

"Certo..." lo canzonò.

Lui storse la bocca, sembrava mortificato. "Non sono certo come il mio amico o come quello dell'altra sera."

"Ah no? Per quel che mi riguarda non vedo molte differenze."

Riccardo deglutì e fece un passo indietro. "Hai ragione. Tolgo subito il disturbo, allora."

Selvaggia lo osservò allontanarsi. In quegli ultimi mesi c'erano stati molti ragazzi che avevano espresso interesse per lei, ma nessuno si era fatto indietro in quel modo, manifestando rispetto per le sue decisioni.

"Come hai detto che ti chiami?"

Riccardo si fermò a poca distanza. "Riccardo."

Selvaggia lo guardò un attimo in silenzio, doveva ammettere che non era affatto male, dopotutto. Gli sorrise.

"Buona notte, Riccardo."

Non aspettò che ricambiasse il saluto, si allontanò lungo il marciapiede, sentendo i suoi occhi su di sé.

"Buona notte." Rispose lui.

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