Capitolo Sei
Buonsalve lettrici e lettori morbidosi...
Sì, perdonatemi, mi sono lasciata contagiare. Oggi ho deciso di lasciarvi due capitoli perché, se Dio vuole, l'infanzia di Selvaggia sta finendo e entreremo in una parte della sua vita molto più ricca e complicata. Non voglio svelarvi altro dico solo che la vostra pazienza per questi lunghi capitoli di introduzione verrà premiata molto presto.
Buona lettura...
La vita di Selvaggia all'interno del Monastero della Vergine Immacolata era stata tutto sommato dolce e serena, le sue suore l'avevano viziata quasi al limite, coccolandola e vezzeggiandola continuamente. Dopo sette anni all'interno dell'orfanotrofio di suor Maria la vita aveva preso una piega decisamente diversa. Al compimento dei suoi dodici anni era diventata molto più autonoma e responsabile. Le regole ferree a cui era stata indottrinata erano diventate parte integrante della sua vita, così come il culto in chiesa la domenica mattina e lo studio della Bibbia prima delle lezioni mattutine. Ma non aveva dimenticato il dolore provato quando era stata scaricata in quel posto da quelle suore che amava e che dicevano di amarla. Non aveva intravisto in quel comportamento l'amore di Dio che tanto professavano. Per lei la religione era solo una farsa.
L'amicizia e la complicità che aveva consolidato con Elena e Aurora l'avevano aiutata ad alleggerire la sua vita in quell'orfanotrofio. Avevano imparato a condividere le incombenze che suor Maria affidava a ognuna di loro, alleggerendosi così il carico di lavoro e aiutandosi anche con i compiti scolastici. In questo modo avevano più tempo a disposizione per giocare e divertirsi insieme, soprattutto quando avevano la libertà di uscire in giardino.
Fu in uno di questi pomeriggi che, giocando a un gioco dove le vedeva intente a cercare uno o più oggetti di un determinato colore dettato di volta in volta dalla loro fantasia, Selvaggia si imbatté in un piccolo gruppo di ragazzine che ridacchiavano e confabulavano fra loro in modo sospetto. Si avvicinò incuriosita e si accorse che tra loro c'era anche Ilaria, la sua compagna di stanza con la quale aveva stretto un tacito patto di non belligeranza; almeno finché una delle due non si fosse intromessa negli affari dell'altra.
Ma la frase che le sentì pronunciare era troppo odiosa per rimanere in disparte e fare finta di niente.
"Ma cos'è quella cosa che ha in testa? Un nido di uccelli o sono capelli?"
Per capire di chi stessero parlando le aggirò per poter vedere l'oggetto del loro scherno. Un ragazzino di circa tredici anni se ne stava seduto sul limitare di un'aiuola. Si teneva le gambe strette e al petto e manteneva lo sguardo fisso al suolo, come scudo protettivo verso quelle lingue taglienti. Aveva un cesto di fitti riccioli in testa, che gli donavano un'aria curiosa, ma di certo non antipatica.
"Sono sicura che sua madre lo ha abbandonato perché si vergognava di avere un figlio con quei capelli." Ilenia, l'amica del cuore di Ilaria, si sentì forte nel bullizzare qualcuno assieme alla sua migliore amica, come se ciò le rendesse ancora più unite.
"Io sicuramente mi vergognerei," le diede man forte Ilaria. "E poi è anche sporco, chissà da quant'è che porta quei vestiti."
"Voi non sentite una certa puzza?"
Tutte quante iniziarono ad annusare l'aria attorno a lui, che se ne stava immobile a subire. Selvaggia decise di intervenire per difenderlo in qualche modo. Corse a piazzarsi proprio al centro, come a fare scudo tra loro e il ricciolino.
"Ma non vi rendete conto di quanto sembrate stupide a fare questi discorsi?" Sbottò presa dall'ira. "Voi e lui siete sulla stessa barca, cosa ci trovate ad inventarvi storie per prenderlo in giro?"
Le ragazze la guardarono sbigottite.
"È arrivata la paladina delle cause perse." Ilaria ebbe finalmente l'occasione per sfogare la sua invidia. "Non eravamo d'accordo che non ti devi intromettere nei miei affari, nanerottola?"
"Non mi importa. Sono stufa di vederti trattare gli altri da prepotente. Non sei più importante tu!"
Gli occhi di Ilaria fiammeggiarono di stizza. "Adesso basta, si può sapere perché non mi lasci in pace? Da quando sei arrivata in questo posto non ho più avuto tranquillità. Sei solo un'impicciona che non sa cosa fare della sua vita e deve venire a rompere le scatole a me."
"Veramente a me di quello che fai non me ne frega niente, ma non sopporto più di vederti trattare gli altri come pezze da piedi."
"E se no, cosa farai, la spia con Suor Maria o con Cristina?"
Selvaggia era davvero stanca del suo sentirsi superiore. "Vorrei solo sapere cosa ci provi ad essere così antipatica."
Per Ilaria questo fu davvero troppo! Si avvicinò a Selvaggia con fare arrogante e le diede una spinta, facendole perdere l'equilibrio e mandandola per terra a gambe all'aria. Non contenta, si avventò su di lei per fargliela pagare una buona volta. Le montò a cavalcioni e come sempre se la prese con i suoi capelli, tirandoglieli e strappandogliene alcune ciocche.
Selvaggia non era pronta a quell'attacco e subì quella violenza inaspettata senza potersi difendere. La furia di Ilaria quella volta era troppo irruenta e non riuscì a restituirle il trattamento. Rimase sdraiata a terra tentando di difendersi da quegli attacchi insensati coprendosi il volto con le braccia, mentre tutte le altre ragazze rimasero a guardarle senza fare niente per dividerle. Anzi, Selvaggia giurò di aver sentito una o due di loro fare il tifo mentre Ilaria le strappava un ciuffo di capelli.
"Cosa sta succedendo qui?!" All'improvviso la voce di suor Maria tuonò sopra le loro teste, riuscendo finalmente a bloccare Ilaria nel tentativo di graffiare con le unghie una guancia dell'altra. Entrambe si voltarono verso di lei, la suora le stava osservando con un cipiglio severo, subito dietro di lei c'era il nuovo arrivato, che le fissava preoccupato. Era stato lui ad avvertirla.
"Non è colpa mia questa volta," tentò subito di difendersi Ilaria. "Lei è arrivata e..."
"Smetti immediatamente di parlare!" La intimò la donna. "Alzatevi e venite nel mio ufficio. Subito!" Ordinò prima di voltarsi e camminare verso il suo ufficio.
Impolverate, le due ragazzine si alzarono scuotendosi la terra dai vestiti.
"Ci risiamo, adesso per colpa tua suor Maria mi darà un'altra punizione!" La voce di Ilaria era colma di stizza.
Selvaggia la guardò esterrefatta, mentre questa iniziò a camminare in direzione dell'entrata dell'orfanotrofio. Passando davanti al nuovo arrivato, lo gratificò con una lunga occhiata astiosa e diede una spinta anche a lui:
"Questa è la prima e l'ultima volta che fai la spia," ringhiò e lo oltrepassò con passo indignato.
Selvaggia la seguì passando a sua volta davanti al ricciolino, che aveva nuovamente abbassato gli occhi imbarazzato. Se non avesse dovuto sbrigarsi ad andare nell'ufficio di suor Maria, le sarebbe piaciuto fare amicizia con lui.
Una volta al cospetto della suora, le due bambine restarono ammutolite e immobili mentre suor Maria le osservava con un cipiglio severo. Le due non sapevano cosa dire, erano pietrificate da quegli occhi neri.
"Voi due siete due teste calde, dovrò capire come fare per farvi comprendere come ci si comporta qui."
Entrambe restarono in silenzio, immobili e con la testa china, quando venivano rimproverate sapevano che non dovevano permettersi di alzare lo sguardo su di lei... anche se gli occhi di suor Maria erano come macigni sulle loro teste.
"D'ora in avanti, fino a nuovo ordine, a voi due verrà interdetto il giardino per il pomeriggio di gioco."
Ilaria, sconvolta, tentò di alzare lo sguardo per cercare di addolcirla con gli occhi dispiaciuti, ma la suora non glielo permise.
"Non ho intenzione di cambiare idea, è inutile che ci provi!" sbraitò. "Starete tutti i pomeriggi rinchiuse nella vostra stanza, vi sarà permesso uscire solo per recarvi nella mensa agli orari dei pasti o nell'aula di studio... oltre che in Chiesa, ovviamente; e dato che, purtroppo per voi, dividete la stessa camera, mi aspetto che iniziate a comportarvi in modo più civile. Ve ne starete insieme ogni santo pomeriggio fino a che non constaterò che avrete finito di bisticciare ingenuamente. Sono stata chiara?"
"Sì, suor Maria." Borbottarono in coro le due ragazzine.
"Non ho capito, cosa avete detto?" Ripeté alzando la voce.
"Sì, suor Maria!" Finalmente la risposta soddisfece l'umore della donna.
"Bene." Annuì compiaciuta. "Adesso potete andare. E mi raccomando, non voglio più sentirvi litigare minimamente, sono stufa di voi due!"
Le due bambine, in silenzio, si rifugiarono nella loro stanza, chiudendosi la porta alle spalle senza nemmeno guardarsi in faccia. Entrambe sentivano di dover subire una punizione ingiusta, entrambe davano la colpa all'altra per il loro bisticcio, ma nessuna delle due aveva intenzione di aumentare l'ira di suor Maria su di loro, quindi si limitarono a covare in silenzio certe recriminazioni.
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