Capitolo Quaranta
Il viaggio verso Palermo non fu mai così veloce come quella volta. Di solito Selvaggia passava il tempo leggendo un libro o si assopiva con la testa contro il finestrino, ma con la compagnia di Giancarlo non voleva perdere un solo minuto con lui.
Si sedettero nel vagone tenendosi per mano, si raccontarono di quegli ultimi giorni trascorsi senza frequentarsi e, guardandosi negli occhi, ritrovarono quella complicità che pensavano di aver perso.
"Lo so che ho questo brutto carattere," Giancarlo si giustificò per l'ennesima volta, "di non voler sentire ragioni se mi sento preso in giro, è più forte di me. Quando ho visto quelle foto, io..."
"Credevo che ormai tu mi conoscessi abbastanza da capire che non farei mai una cosa simile."
"Sì, certo... so che non lo faresti mai," le scostò un ricciolo rosso dal viso. "Solo che, per quanto tu possa conoscere una persona, spesso sono proprio quelle che più credi di conoscere a sorprenderti."
"Cosa vorresti dire?"
"Che non si finisce mai di conoscere una persona."
Strinse le labbra, studiando la sua reazione. Sperò che non fraintendesse il senso della sua affermazione.
Selvaggia non rispose, contemplando il suo viso con la stessa espressione di chi vuole imprimersi nella memoria ogni minimo particolare di ciò che vede.
"Ero gelosa, sai?" Riprese, mordendosi il labbro.
"Gelosa?"
"Di Romina."
Giancarlo scoppio a ridere divertito. "No, guarda, tra me e Romina non c'è mai stato niente, non è il tipo che fa per me."
A queste parole lei si sentì rinvigorita e gli rivolse uno sguardo ammiccante. "E che tipo fa per te?"
Giancarlo alzò un sopracciglio, stando al gioco. "Quelle che amano la verità e cercano in tutti i modi di ottenerla, ma che sanno aspettare il momento giusto per le cose importanti... e che hanno degli occhi verdi così intensi da potermici specchiare e in cui nascondono un fuoco meraviglioso che non aspetta altro che essere liberato."
Selvaggia si sentì sciogliere da quelle parole. Che fossero una sorta di dichiarazione d'amore? Sfortunatamente non erano soli nel vagone, altrimenti si sarebbe gettata su di lui per assaporare la sua bocca e avvertire nuovamente quella sensazione di felicità ogni volta che lo baciava. Appoggiò la testa sulla sua spalla e lasciò che la mano di lui le accarezzasse il fianco, facendole correre un brivido lungo la schiena. Il cuore le stava letteralmente scoppiando di gioia e quel contatto, se pur innocente, la fece fremere di un desiderio nascosto.
Lo sentì inspirare rumorosamente, di colpo le afferrò il viso con una mano e la baciò in modo completo e appassionato. Selvaggia si sentì prendere fuoco, aveva bramato quelle labbra da tantissimo tempo e poterne sentire di nuovo il sapore sulle sue era una sensazione indescrivibile.
***
Per Giancarlo era la stessa identica cosa; la morbidezza di quelle labbra e il suo profumo lo inebriavano ogni volta, non avrebbe più voluto staccarsi da lei per nessuna ragione al mondo, ma la consapevolezza di non essere soli frenò quel primordiale istinto. Quei giorni senza di lei gli avevano fatto capire quanto profondo fosse già il suo sentimento, quanto le mancasse quel turbine di emozioni che provava quando la stringeva contro di sé. Era stato uno sciocco ad allontanarla in quel modo.
Dopo un tempo che sembrò lungo tanto quanto un battito di ciglia arrivarono alla stazione di Palermo. Selvaggia fu tentata di rimanere seduta e non scendere dal treno, per non interrompere quell'idillio che si era creato tra loro, ma purtroppo la realtà delle cose non le avrebbe permesso di comportarsi in quel modo.
"Di solito mi avvio verso la biglietteria, è lì che incontro Vincenzo quando arrivo." Mise un piede sul marciapiede e si voltò per aiutare Giancarlo a scendere dal treno.
"Chiami tuo padre per nome?"
Selvaggia scoppiò a ridere. "No! Vincenzo è il nome del suo maggiordomo, è lui che mi viene a prendere. Mio padre si chiama Michele."
Giancarlo alzò le sopracciglia in segno di stupore... Avevano un maggiordomo?
La seguì nell'enorme atrio della stazione, zigzagarono tra le persone finché non la vide sbracciarsi per farsi notare da qualcuno in mezzo alla folla. Guardò nella stessa direzione e vide un signore di mezza età con i capelli completamente bianchi fare un gesto verso di lei a mo' di saluto e avvicinarsi con un sorriso di circostanza.
"Signorina Selvaggia, ben tornata. Ha fatto buon viaggio?" Esordì questi, con una luce di sincero interesse nello sguardo.
Selvaggia si voltò verso Giancarlo per un attimo e sorrise. "Bellissimo!"
Vincenzo notò solo allora anche Giancarlo. "Oh, mi scusi, non l'avevo notata. Buonasera, sono Vincenzo. Non sapevo che Selvaggia avesse un ospite."
Gli allungò una mano, cordiale, che Giancarlo strinse ancora scioccato; non si aspettava che il padre di Selvaggia avesse una sorta di maggiordomo e autista.
"Sì, spero che papà non se la prenda se non l'ho avvisato, ma vorrei farglielo conoscere." Era elettrizzata e strinse ancora di più il braccio di Giancarlo.
"Molto bene," Vincenzo chinò il capo. "Se vuole darmi la valigia, faccio strada verso la macchina." Prese la valigia dalle mani di lei e si incamminò fuori dalla stazione.
Selvaggia si aggrappò al braccio di Giancarlo, trascinandolo, con lo stesso sorriso estasiato che sembrava non volerla abbandonare, mentre a Giancarlo sembrava di vivere in un'altra dimensione.
Vincenzo li scortò fino ad un grosso Porsche Cayenne nero, facendo loro segno di accomodarsi al suo interno mentre metteva il bagaglio di Selvaggia nell'enorme bagagliaio, chiese se dovesse metterci anche quello di Giancarlo ma, frastornato, egli rispose che preferiva portarlo con sé. Vincenzo non si scompose e montò al posto di guida.
Ci mise un po' di tempo per uscire dalla città e Selvaggia tentò di fare conversazione, come faceva sempre per capire di che umore fosse suo padre prima di arrivare a casa.
"Come sta, papà?"
"Suo padre sta benissimo, Selvaggia. Ha lavorato molto questa ultima settimana, ma soprattutto nell'ufficio di casa. Non vede l'ora di abbracciarla come sempre."
Ogni volta che Vincenzo rispondeva a una domanda di Selvaggia a Giancarlo veniva in mente il maggiordomo della pubblicità dei Ferrero Rocher di quando era piccolo; si aspettava che da un momento all'altro premesse un pulsante sul cruscotto e apparisse dal nulla una montagna di cioccolatini dorati.
L'enorme Porche varcò il cancello della villa e Giancarlo rimase a bocca aperta di fronte a ciò che si trovò davanti. Oltre a un gigantesco cancello in ferro battuto, un vialetto sassoso portava ad un immenso giardino, dove un pergolato permetteva di parcheggiare le auto e di scendere al riparo dalla pioggia e dal sole. I vasi di pietra lo fecero sentire Alice nel paese delle meraviglie, tanto erano grandi, e la facciata sembrava guardarlo dall'alto in modo altezzoso.
Dalla porta di entrata, uscì una donna sui quarant'anni, bionda e molto alta che venne loro incontro. Notò subito una vaga somiglianza con Vincenzo ma rimase in silenzio per paura di sbagliarsi. Quest'ultima corse subito ad abbracciare Selvaggia e a darle il bentornato a casa. Sorrise dentro di sé per questa manifestazione di affetto. Sapeva che Selvaggia non aveva una madre, ma a quanto pareva non le era mancata una figura femminile accanto.
La donna si staccò da Selvaggia e posò i suoi occhi allegri su di lui.
"Signorina, non mi avevi detto che avresti portato un amico."
Il suo modo di parlare diretto e amichevole lo rallegrò, era contento che non si rivolgesse a lei allo stesso modo del padre.
Selvaggia non perse tempo. "Carmen, volevo presentarti Giancarlo."
Carmen lo guardò senza smettere un attimo di sorridere. "Sono molto felice di fare la tua conoscenza, Giancarlo." Gli allungò una mano.
"Anche per me è la stessa cosa, signora."
"Oh, no no. O mi chiami per nome e mi dai del tu o non chiamarmi affatto!" Squittì, mettendo subito le cose in chiaro.
"D'accordo, con piacere!"
Selvaggia lo prese per mano e lo tirò verso il portone, facendo intendere la sua fretta. "Dov'è papà?"
"È dentro, tesoro. All'ultimo minuto ha ricevuto una chiamata di lavoro che non poteva rifiutare."
"Allora andiamo!"
Lo accompagnò dentro, attraverso un ingresso maestoso che lo stupì per lo splendore del pavimento e per le luci emanate dal lampadario, anche se ormai aveva capito che quella casa non era affatto come si era aspettato all'inizio. Erano appena entrati in quell'ingresso che Selvaggia iniziò a chiamare suo padre a gran voce.
"Papà, dove sei?"
Una voce maschile arrivò a loro attraverso l'unica porta presente. "Sono qui, tesoro mio!"
Selvaggia lasciò la mano di Giancarlo e lo precedette. Suo padre era in piedi in attesa davanti a una poltrona. Aveva il cellulare in mano, che si affrettò a nascondere nella giacca. Era evidente che aveva appena concluso una discussione animata con qualcuno, aveva la faccia tesa, ma appena vide la figlia i suoi lineamenti si rilassarono e la accolse tra le braccia.
"Ogni volta mi sembra un'eternità che resti via."
C'era qualcosa che non andava in quell'uomo.
Selvaggia lo abbracciò stretto per un attimo. "Papà, volevo presentarti una persona."
Si voltò verso verso di lui, rimasto fermo sulla porta completamente spaesato.
"Volevo presentarti Giancarlo."
Michele non si aspettava assolutamente che sua figlia gli avrebbe fatto conoscere il suo ragazzo, la sorpresa era dipinta sul suo viso a caratteri cubitali. Sul momento non seppe come comportarsi e per un secondo restò a bocca aperta senza nemmeno sbattere le palpebre. L'espressione felice e speranzosa della figlia lo aiutò a riprendersi e a darsi un contegno. Gli si avvicinò allungandogli una mano, stampandosi un sorriso in faccia...
"Sono felice di fare la tua conoscenza, ragazzo. Selvaggia mi ha parlato molto di te."
Purtroppo per lui, però, la sua mano rimase sospesa senza ricevere alcuna stretta di risposta.
Giancarlo osservò la mano che gli veniva tesa con un misto di sorpresa e ripugnanza. Appena aveva varcato la porta del salotto e aveva visto il padre di Selvaggia era rimasto completamente di sasso. Quanti anni era che non lo vedeva? Cinque? Sei? Non se lo ricordava ma non avrebbe mai potuto dimenticare quella faccia. Era rimasto immobile su quella soglia incapace di muoversi, i suoi muscoli sembravano incapaci di reagire. Se ritrovarsi in quella villa enorme era stato una sorpresa, rivedere quell'uomo dopo tutto quel tempo era paragonabile a una scossa di terremoto improvvisa.
Alzò lo sguardo sul suo viso, che attendeva ancora la sua stretta di mano, e sulla punta della lingua gli si fermarono una marea di insulti ignobili e scurrili. Lo sguardo Selvaggia lì accanto, ancora con quella splendida luce negli occhi, lo calmarono, e quelle parole gli morirono in bocca. Tornò a guardare l'uomo che aveva ormai abbassato la mano, di nuovo lei e vide la sua espressione farsi confusa. Non poteva stare lì.
Senza aggiungere niente si voltò e uscì da dove era entrato.
Sembrava proprio che la vita avesse deciso di burlarsi di lui! Come era possibile che il padre della ragazza della quale si era perdutamente innamorato fosse proprio l'uomo che gli aveva rovinato la vita? Fosse colui che aveva decretato la fine della sua innocenza e della sua felicità? E perché lei non glielo aveva detto? Possibile che non sapesse?
Si accorse di essere fuori dal rumore dei sassi sotto le scarpe. Selvaggia lo chiamò alle sue spalle. Si fermò per attenderla, incapace perfino di voltarsi verso di lei.
Gli occhi di Selvaggia lo scrutarono, preoccupati. "Cos'è successo, perché sei scappato?"
Giancarlo era sconvolto, si sentiva tremendamente arrabbiato col mondo. "Perché non mi hai detto chi era tuo padre?"
Lei sbatté le palpebre, incapace di comprendere. "Ma... perché, non capisco..."
"Perché non mi hai detto che tuo padre era quel Michele Giordano?!" Urlò allora, senza sapersi contenere.
Confusa e spaventata da quella reazione Selvaggia lo fissò senza rispondere, ma Giancarlo non riuscì a restare lì ancora un minuto di più. Senza darle altre spiegazioni riprese la sua marcia e uscì dal cancello, lasciandola da sola al centro di quel giardino immenso a domandarsi perché si fosse comportato così.
Spazio autrice:
Ahi ahi ahi, la situazione sembra precipitare di colpo. Chi è il padre di Selvaggia per Giancarlo? Perché è scappato in questo modo da lui? Come è possibile che lo conoscesse già?
Tutte domande a cui riceverete risposta lunedì prossimo non il capitolo quarantuno. Bye bye!
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