Capitolo Otto

Rimasti in due all'interno dell'orfanotrofio, Matteo andò alla ricerca della sua amica nel posto in cui era più sicuro di poterla trovare. Uscì nel giardino dove i bambini più piccoli stavano giocando tutti insieme a nascondino con la signorina Cristina, anche se ormai non era più signorina ma signora, dato che si era sposata. Posò lo sguardo su due ragazzine di circa dieci anni sedute a terra a confabulare tra loro come due comari che si scambiano segreti, finché non arrivò all'altalena.

Lei era lì, a dondolarsi pigramente con lo sguardo assente. I capelli le si muovevano lievemente attorno al viso, carezzandole le guance in modo lieve, facendogli desiderare di poter avere lui stesso la possibilità di accarezzargliele in un modo altrettanto dolce. Ricordando la vivacità che di solito la contraddistingueva, vederla così triste e non saper cosa fare per tirarla su era dura da digerire.

"Capiterà anche a te... la ruota gira." Cercò di consolarla sedendosi sull'altalena accanto a lei.

Selvaggia alzò uno sguardo spento su di lui, era strano che si rivolgesse a lei con un tono così serio. Di solito ogni occasione era buona per fare battute stupide, per lui.

Gli dedicò un sorriso triste. "Non vedo perché qualcuno dovrebbe volere uno scarto come me. Tutti mi hanno abbandonata, prima i miei genitori, poi le suore dove sono cresciuta, e nemmeno suor Maria sembra volermi tenere con sé."

Aveva indovinato, era triste per via della propria adozione.

"Quella non vuole nessuno... credo che odii i bambini."

"I bambini?" Lo guardò perplessa.

"I bambini, gli adulti... basta che gli rubino un po' del suo prezioso ossigeno che li mette in punizione."

Questa volta riuscì a farla ridere. "Ma come fai a trovare qualcosa di divertente in ogni occasione?"

Matteo sospirò con fare da uomo di mondo. "Che vuoi che ti dica! Il mio dovere è quello di tirare su le persone..."

"Oggi ti sei alzando credendo di avere quarant'anni, secondo me."

In quel momento Ilaria passò proprio di fronte a loro. Sembrava avere un diavolo per capello e camminava velocemente, guardando diritta davanti a sé senza badare a dove metteva i piedi. Quando fu a pochi metri dai due li gratificò con un'occhiataccia e si fermò proprio davanti.

"Ma non vi siete ancora stancati di vivere in questa topaia? Ma proprio voi due dovevate rimanere all'ultimo?"

Selvaggia e Matteo la osservarono sbalorditi. Era da quando erano state messe in punizione che Ilaria non le rivolgeva la parola, e ora sembrava cercare un pretesto per litigare.

"Che cosa ti è successo?" Le chiese lei. In fondo non aveva mai nutrito vero risentimento verso la compagna di stanza. Se presa con le giuste maniere sapeva anche rendersi sopportabile... almeno da quello che le avevano confessato le altre ragazze.

"Che cosa te ne frega? Lo sanno tutti che mi odii, perché dovrebbe interessarti il motivo per cui sono arrabbiata?"

"Ti sbagli, io non ti odio affatto. È solo che è la prima volta che ti vedo così stizzita e volevo sapere se fosse successo qualcosa—"

"È successo che sono stufa di stare qui!" Esplose interrompendola. "E poi non voglio credere che le uniche persone della mia età che sono rimaste siate voi due. Due sfigati!"

Assomigliando sempre più a un toro incollerito li gratificò di un'ultima occhiataccia velenosa e si allontanò, sparendo oltre la porta del giardino.

"A quanto pare non sono l'unica a dispiacersi di non essere stata ancora adottata." Selvaggia era divertita dalla sfuriata della compagna di stanza.

"Secondo me è lei che ha rifiutato i genitori adottivi." Matteo ne approfittò per continuare coi suoi scherzi. "Scommetto che li ha guardati da lontano e col naso per aria si è allontanata dicendo 'sono due poveracci'." La scimmiottò.

Selvaggia scoppiò a ridere di gusto. "Mi sa che hai ragione!"

"Oppure sono loro ad averla vista e hanno deciso di no..."

Selvaggia non riusciva a smettere di ridere. "Bisognerà conoscere il perché."

"Perché? presto detto. Il perché è un avverbio che si usa nelle preposizioni interrogative e che necessita di una risposta—"

"Piantala!" Ridacchiò lei con le lacrime dandogli una spinta. Matteo scoppiò a ridere a sua volta.

Una settimana dopo Cristina bussò con dolcezza alla porta della stanza delle due ragazze.

"Posta!"

Selvaggia si piombò ad aprirle, di nuovo con la sua ritrovata vivacità, e Cristina le allungò due lettere.

"Sono di Aurora ed Elena!" Esultò, correndo a sedersi sul letto e ad aprirle febbrilmente, strappandone i lembi senza alcuna cura.

Cristina spostò lo sguardo su Ilaria, che stava studiando compostamente seduta alla scrivania e che contraccambiò uno sguardo altero, ma senza chiederle niente. Scosse il capo, dispiaciuta, e si allontanò chiudendo la porta.

La bionda spostò lo sguardo sulla compagna di stanza, che continuava ignara a leggere le lettere con le gambe incrociate e un sorriso radioso sulle labbra. L'osservò per un bel pezzo, senza accorgersi di spingere talmente tanto la penna che aveva in mano contro il libro da romperne la punta.

Alcuni giorni dopo fu Matteo a bussare a quella porta, come ormai faceva tutti i giorni dopo le lezioni scolastiche pomeridiane. Ma questa volta, invece della voce dell'amica che lo invitava a entrare, vide Ilaria aprirgli la porta con il suo classico cipiglio arrogante.

"La tua amica non c'è... è stata chiamata da Suor Maria nel suo ufficio."

Era un fatto alquanto strano e se ne preoccupò. "Ha fatto qualcosa per essere messa in punizione?"

"Non credo, ma qualunque sia il motivo spero che se ne vada da qui."

Stette per chiudergli la porta in faccia quando Selvaggia apparve alle spalle del ragazzo.

"Toh, eccola, la tua fidanzatina è arrivata." Lo punzecchiò lasciando la porta aperta e tornando a studiare alla scrivania.

Matteo la ignorò e si volse per guardare Selvaggia con un sorriso pronto sulle labbra, ma appena vide l'espressione tesa dell'amica il sorriso si congelò.

"Cosa è successo?"

"Sono stata adottata."

La notizia, piombata su di lui come un fulmine, lo colpì in testa e lo pietrificò in una statua di sale.

"Cosa?"

Lo sguardo assente con cui glielo aveva detto mostrava quanto essa stessa era restia a crederci.

"Sono stata adottata."

Matteo sbatté le palpebre, cercando di riprendersi. "Ho capito, ma... Come? Quando è successo?"

"Mi ha chiamato suor Maria per avvisarmi che domani ci sarà una coppia di coniugi che sta cercando una ragazzina... dice che non vogliono una bambina troppo piccola, a loro andrebbe più a genio una ragazzina della nostra età... e lei ha proposto me..." Balbettò, nemmeno lei voleva crederci.

"Un momento... un momento, vuoi dirmi che ti hanno già adottato o ancora ti devono conoscere?" A Matteo sembrava crollare il mondo addosso.

"Hai ragione... in realtà non mi hanno ancora adottata, mi ha detto che le hanno chiesto una ragazzina con certe caratteristiche e che soprattutto fosse della nostra età. Suor Maria ha fatto il mio nome. Ha detto che domani verranno per conoscermi e che se andrò loro bene mi adotteranno." Dalla sua espressione sembrava preoccupata.

Facendo fede alla promessa che si era fatto di consolarla per poterla vedere sempre sorridere, ingoiò il boccone amaro e le sorrise:

"Beh... è una bella notizia, dillo anche alla tua faccia."

Selvaggia annuì. "C'è qualcuno che mi vuole..."

"Fermi tutti, non correte troppo, voi due." Ilaria si sporse dalla sedia, allungandosi per guardare i due appena fuori dalla porta. "Hai detto che suor Maria ha fatto il tuo nome, ma la coppia deve ancora vederti. Non è detto che alla fine tu gli vada bene. È probabile che decidano di non adottarti affatto."

Aveva ragione, quei due avrebbero anche potuto decidere che non andava bene e rifiutarsi di adottarla. Il fatto che suor Maria avesse proposto lei non significava niente.

"Non darle retta," si affrettò a tranquillizzarla Matteo. "Si sa che l'invidia la fa straparlare."

Ilaria fece una smorfia disgustata e riportò l'attenzione ai suoi libri. Matteo tornò a guardare l'amica negli occhi e lei gli sorrise, riconoscente. Si rese conto che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di continuare a vedere quel sorriso. Cosa avrebbe fatto una volta che lei sarebbe andata via?

***

La mattina seguente Selvaggia si svegliò alla stessa ora ma più assonnata e confusa del solito, dopo che la sveglia aveva suonato più volte senza riuscire a strapparla dal sonno. Elettrizzata all'idea di incontrare i suoi genitori, la sera precedente era andata a dormire prima del normale, con l'idea di svegliarsi più fresca e riposata e avere tutto il tempo per prepararsi al meglio. Ma aveva finito per rigirarsi nel letto senza sosta e senza riuscire ad addormentarsi se non molto più tardi.

Si portò faticosamente a sedere e si guardò intorno nella stanza. Ilaria stava ancora dormendo della grossa nel suo letto, e la luce che filtrava dalle persiane sembrava avere qualcosa di diverso dal solito. Con un pugno chiuso si massaggiò un occhio per aiutarsi ad aprirlo e si alzò per andare in bagno, ma quando si guardò allo specchio un urlo spaventato e terrificante le salì dalla gola, svegliando di soprassalto ogni altro ospite dell'orfanotrofio.

I suoi meravigliosi capelli rossi, una volta lunghi fino a metà schiena e voluminosi come una criniera, erano stati tagliati malamente, lasciandole sulla testa una sorta di chioma ribelle ed elettrizzata. Si portò una mano tremante a toccare quella chioma riccioluta e devastata, mentre sentiva le lacrime affacciarlesi agli occhi.

Di colpo la figura di Ilaria sulla porta del bagno attirò la sua attenzione. La bionda la guardava con un sorriso arrogante sul viso pallido. Aveva trovato il modo di manifestare il suo odio per la rivale. Proprio quel giorno che doveva conoscere i suoi probabili genitori.

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