Capitolo Ottantaquattro
L'uomo parlava piano, con l'affanno, la mascherina lo impediva nei movimenti, così anche le poche parole che uscivano dalla sua bocca erano ulteriormente ostacolate; Selvaggia dovette chinarsi e avvicinarsi a lui per poterlo sentire bene. Odorava di sudore e di medicinale, ma sentiva che finalmente stava per dirle quello che voleva sapere e cercò di sopportare il fastidio.
"Il medaglione che hai... ti permette di essere considerata... il mio successore."
Il suono del suo respiro e l'affanno delle sue parole le fecero temere di aver capito male. "Come?"
Il vecchio prese un altro grosso respiro e continuò: "Tua madre è troppo scaltra... per farsi acciuffare. Lui ha fatto in modo che io venissi arrestato... per potersi mettere a capo..."
"Lui chi?" Chiese confusa, ma un accesso di tosse convulsa fece sobbalzare il petto dell'uomo, spaventandola. Si allontanò di un passo da lui e, preoccupata, la Madre Superiora premette il pulsante per chiamare un infermiera. Questa volta sembrava che la tosse non volesse dargli tregua.
Pochi secondi dopo entrarono due infermiere che si prodigarono per aiutare il malato. Mentre la prima trafficava con la cannula e cercava di alleviargli il disagio, l'altra si voltò verso le due donne.
"Dovete uscire di qui, mi dispiace."
"Non posso, mi stava dicendo..." Selvaggia tentò di protestare, ma questa la interruppe sospingendola verso la porta.
"Non potete più stare qui, dovete uscire."
"Si riprenderà?" La Madre Superiora guardò l'infermiera con gli occhi lucidi.
"Le faremo sapere, sorella, adesso esca, per cortesia."
Le due donne si ritrovarono nel corridoio senza sapere come ci fossero finite, videro il dottore entrare nella stanza del malato e chiudersi la porta alle spalle. La Madre Superiora aveva una ruga verticale tra le sopracciglia che le divideva la fronte in due, sembrava non riuscire a staccare gli occhi da quella porta. Selvaggia si rese conto che doveva essere davvero preoccupata e posò le mani sulle sue per darle conforto.
Le sorrise, ma la Madre Superiora non si lasciò consolare. Deglutì un fiotto di saliva e si voltò, allontanandosi.
"C'è una cappella al piano di sotto, mi troverai lì." Bofonchiò.
Selvaggia la osservò allontanarsi in silenzio. Sentiva il medico e le due infermiere darsi da fare per aiutare quell'uomo oltre la porta di fronte a sé. Finalmente si era deciso a parlarle e proprio in quel momento aveva avuto una crisi, sembrava che il fato avesse deciso di prendersi gioco di lei. Guardò la donna carabiniere in piedi vicino alla porta, le restituì uno sguardo impassibile, dopo di che si allontanò. Non aveva più senso stare lì.
Oltrepassò la porta della cappella, la Madre Superiora era inginocchiata nella seconda fila di sedie, con la testa china e le mani giunte, assorta nella sua preghiera con il suo Dio. Nonostante fosse stata cresciuta come cattolica, Selvaggia non era mai diventata una fervente credente. Si autodefiniva una cattolica agnostica, credeva in Dio e in Gesù quale suo signore, festeggiava il Natale e tutte le altre feste comandate come una qualsiasi brava cattolica, ma c'erano troppe cose che non le tornavano di Dio. Una tra queste era che non riusciva a comprendere come facesse un Dio, che tutti descrivevano come amorevole, punire per sempre uno dei suoi figli facendolo bruciare all'inferno, solo perché aveva sbagliato. Quale errore da parte di un uomo potrebbe mai meritare una fine simile da un Dio amorevole?
Si avvicinò alla donna e si sedette vicino a lei, rimanendo in silenzio a guardarsi attorno. La suora terminò la sua preghiera e si fece il segno della croce. Si rimise a sedere sulla panca, guardando il crocifisso davanti a sé come se non si fosse accorta di lei.
"Hai ottenuto quello che volevi?"
Selvaggia seguì il suo sguardo ma non rispose. "Crede che morirà?"
La Madre Superiora non riusciva a guardarla. Nonostante il padre fosse un criminale era in pena per lui. Sospirò rassegnata.
"Nemmeno Giuseppe è venuto a trovarlo." Mormorò.
Selvaggia avrebbe voluto trovare parole di conforto per la donna, ma non ce n'erano. Suo padre era un mafioso, solo Dio sapeva di quali crimini si era macchiato, e anche se comprendeva la pena della donna non riusciva a capire come questo si conciliasse con la sua fede. Dio non ammetteva i criminali. Forse solo persone come lui sarebbero andate all'inferno?
"Forse non è potuto salire per via del lavoro."
La suora sbuffò di finto divertimento. "È solo un codardo. Mio padre non ci ha mai fatto mancare niente, ma Giuseppe non lo ha mai perdonato di averlo messo da parte."
"Messo da parte?" Non era sicura di aver capito.
La donna sembrò restia a proseguire, ma dopo un profondo respiro decise finalmente di guardarla negli occhi.
"Giuseppe non ha mai digerito di essere stato messo da parte in favore di tua madre."
Quindi Giuseppe avrebbe voluto prendere il posto del padre a capo del clan! Questo poteva voler dire molte cose, forse era stata anche causa di quest'ultimo se lei era stata accolta nell'orfanotrofio di Suor Maria per poi essere adottata dai Caruso. Ma no... Cosa le passava in mente? Come avrebbe potuto condizionare in questo modo la sua vita? E se fosse stata colpa di Giuseppe la sparizione di sua madre? Ecco, forse questo scenario avrebbe avuto più senso.
Di colpo una presenza in piedi vicino a loro attirò la loro attenzione. Entrambe guardarono il medico, in piedi accanto a loro con sguardo serio, mal celando la pietà dietro ai suoi occhiali da vista.
"Sapevo che vi avrei trovate qui..."
***
"Tua madre è troppo scaltra per farsi acciuffare"
Da quando era tornata a casa non faceva che pensare alle parole di quell'uomo. Cosa voleva dire con sua madre era troppo scaltra per farsi acciuffare? Farsi acciuffare da chi? Dalla polizia? Quell'uomo le stava dicendo che sua madre era stata arrestata? Ma allora perché la sua macchina era stata ritrovata trasportata dalla corrente e non era stata messa sotto sequestro? No, non aveva senso che l'avessero arrestata. Ricordando ciò che le disse la Madre Superiora circa il fratello che era stato messo da parte in favore di sua madre si chiese se non fosse lui quello dal quale sua madre stava scappando. Questo aveva già più senso, se non fosse che, per quel che ne sapeva lei, faceva una vita del tutto anonima, non godeva di nessun privilegio come figlio di un boss... Tzè, sogghignò tra sé e sé, come se fosse un privilegio fare parte di un clan mafioso ed essere addirittura il figlio del boss!
Un flash di consapevolezza le illuminò il pensiero: quel vecchio aveva detto che sua madre è troppo scaltra, non era.
Lui sapeva che era ancora viva? O lo stava ipotizzando solo perché non la credeva tipo da farsi acciuffare? Ma poi, acciuffare da chi? Cos'altro aveva detto il vecchio?
Continuava a collegare quelle parole con il ritrovamento della sua macchina ma non il suo corpo e l'idea che sua madre fosse sempre viva, magari nascosta da qualche parte, prese sempre più piede dentro di sé.
Quando il dottore era venuto a cercarle, nella cappella dell'ospedale, aveva avvisato la Madre Superiora che il padre era peggiorato ulteriormente e che aveva chiesto di lei e di un prete per farsi confessare. Alla Madre Superiora questa richiesta non parve assolutamente inconsueta, si era alzata dalla panca e aveva seguito il dottore con la solita compostezza, lasciandola lì, da sola, a rimuginare sull'accaduto. Quell'uomo era credente? Non lo avrebbe mai detto!
Appena era tornata a casa si era gettata sotto la doccia e si era messa la prima cosa comoda che aveva trovato, buttando il vestito da suora in un angolo del bagno. Lo avrebbe lavato e lo avrebbe restituito alla Madre Superiora. Forse. Si era tuffata sul letto per pensare e cercare di trovare un senso alle parole del vecchio e subito Luke la raggiunse, saltando sul materasso e accucciandosi accanto a lei. Aveva appena deciso di mettere qualcosa sotto i denti quando qualcuno suonò alla porta. Chiuse gli occhi, lamentandosi in silenzio, ma subito fu raggiunta dal pensiero che potesse trattarsi di Riccardo. Guardò l'ora e in effetti era proprio il momento in cui di solito si faceva vedere con qualcosa da mangiare in una busta e un sorriso smagliante addosso.
Si alzò con le spalle basse e strusciò i piedi fino all'ingresso, priva di entusiasmo. Aprì la porta ed era proprio lui, ma c'era qualcosa di strano. Il sorriso c'era, ma non coinvolgeva gli occhi, e in mano non aveva nessuna busta. Nonostante questo, la sua vista la rincuorò e quegli occhi chiari le scaldarono il cuore appena si posarono su di lei.
"Oggi non sei andata al lavoro? Potevi avvisarmi che stavi male!" Esordì entrando in casa.
"Scusami, io... Non è stata una bella giornata."
Lui la osservò dettagliatamente, guardando i capelli spettinati e la tuta sgualcita. "Non ti preoccupare. Ma mi dispiace di non aver fatto in tempo a passare a comprare qualcosa per cena. Al lavoro abbiamo avuto parecchio da fare, stasera."
Selvaggia registrò questa informazione come nuova, la sua voce aveva un che di strano. Ma non volle indagare, per qualche motivo aveva paura che il suo interesse verso il lavoro di Riccardo avrebbe potuto farlo insospettire. Oggi, nei panni di Lenita, le era sembrato che l'avesse riconosciuta e non poteva permetterselo.
"Stavo giusto per mettermi ai fornelli... Anche se non so cosa potrei fare. Tu intanto accomodati."
Si diresse in cucina e spalancò il frigorifero, Riccardo si sedette sul divano e accolse l'arrivo del gatto con un sorriso, iniziando ad accarezzarlo mentre questo si accoccolava sulle sue gambe. Selvaggia osservò la scena, imbambolata, chiedendosi se la sua situazione non avrebbe messo nei guai quel carabiniere dolce e bello. Per un istante le tornò in mente la fine che fece Giancarlo, del quale si era sempre data una parte di colpa, e non volle che una cosa simile potesse ripetersi con Riccardo, soprattutto visto il suo lavoro. Afferrò distrattamente dei pomodori e iniziò a prepararli in una pentola con un po' d'aglio.
"Come è andata al lavoro?"
Riccardo continuò ad accarezzare il gatto, come se non l'avesse sentita, lo sguardo sbrigativo di lei lo risvegliò.
"Il boss al quale facevamo la guardia è morto."
Il coltello le scivolò di mano, cadendo rumorosamente a terra, Riccardo alzò uno sguardo neutro su di lei e lesse l'incredulità nei suoi occhi.
Raccattò il coltello da terra e lo sciacquò sotto l'acqua corrente. Si sentiva sotto shock, ma non riusciva a dare una motivazione sensata a quella sensazione.
Quell'uomo era morto... ma lei lo conosceva appena, perché avrebbe dovuto preoccuparsene?
Continuò a cucinare cercando di non pensarci, le sembrò di colpo inutile continuare a restare in quella città. Fino a quel momento non si era resa conto che voler trovare sua madre era la cosa che più le premeva al mondo, non finché quel vecchio non le aveva dato una minima speranza che fosse ancora viva. Tornò a guardare Riccardo e il cuore le si spaccò nettamente al centro.
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