Capitolo Ottanta

La gonna lunga era terribilmente fastidiosa, a ogni passo le sembrava che le impedisse di muoversi, ma era il velo che le dava veramente fastidio; quella cosa attorno alla testa le portava un prurito terribile, era difficile nasconderci sotto quella enorme massa di capelli che aveva. Anche se adesso li portava lisci erano sempre molti.

La Madre Superiora glielo stava giusto finendo di sistemare sul capo quando prese a grattarsi una tempia con nervosismo.

"Fermati! La stai stropicciando tutta!" Le diede una leggera pacca sulla mano.

"Ma pizzica! E poi la gonna è fastidiosa! Come fate a stare tutto il giorno conciate così?"

"Sei la prima che sento lamentarsi in questo modo, e poi è stata tua l'idea di indossare la nostra veste. O sbaglio?"

Selvaggia strinse le labbra e abbassò lo sguardo. Aveva ragione. Non che adesso se ne pentisse, ormai la decisione l'aveva presa, ma non credeva che le avrebbe dato tanto fastidio.

La Madre Superiora finì di sistemarle il velo, fece un passo indietro e la guardò in viso, congiungendo le mani in grembo. "Bene, e come facciamo per nascondere il viso al tuo fidanzato?"

Solo pensare al fatto che stava per mentire a Riccardo le sembrò di avere una a spina trafiggerle il cuore. "Avevo pensato ai miei occhiali da sole..." mugugnò.

La donna li osservò, lasciati incustoditi sul letto. "Sì... Sono molto grandi, ma non so se basteranno... E poi sarà difficile spiegare perché li stai portando nonostante la giornata nuvolosa."

Selvaggia piombò in un silenzio pesante, credeva di aver pensato a tutto...

La Madre Superiora si guardò attorno, pensierosa, alzò un attimo l'indice per indicarle di aspettarla dov'era e sparì per un secondo dietro la porta del piccolo bagno. Tornò con una boccetta rotonda in mano. Selvaggia la osservò corrugando la fronte.

"Che cos'è?"

La donna gliela porse. "Fondotinta per pelli particolarmente scure!"

***

"Adesso sì che sono irriconoscibile!" Selvaggia si guardò allo specchio, incredula.

La Madre Superiora aveva fatto un lavoro eccellente nel dipingerle la faccia di fondotinta, mentre lo faceva borbottava tra sé che sperava non fosse troppo difficile convincere suo padre che fosse figlia di sua sorella... Data anche la sua età sarebbe stato comprensibile se avesse trovato difficile crederlo.

"Stai attenta a non toccarti, è ancora fresco."

La ragazza annuì e tornò a rimirarsi allo specchio. "Credo che però gli occhiali serviranno lo stesso. Non si è mai visto una ragazza di colore con gli occhi verdi."

"Sì, ma non userai i tuoi." Chiuse la boccetta di fondotinta. "Sono troppo alla moda e troppo appariscenti per una suora. Userai i miei." Le porse un paio di occhiali da sole con la montatura in metallo e le lenti piccole e tonde.

Selvaggia le osservò un po' scettica. "È sicura?"

"Darai meno nell'occhio con questi. E poi starai dietro a me e non dirai una parola. Non sarà difficile far loro credere che non parli la nostra lingua."

"E che lingua dovrei parlare?"

La donna ci pensò su. "Direi il francese. Lo conosci?"

"Ehm... Oui..." Balbettò, confusa. "Ma poche parole..."

"Basteranno!" Le sorrise.

Selvaggia indossò gli occhiali e tornò a guardarsi allo specchio. Con quella tunica addosso, gli occhiali e la carnagione scura, sembrava proprio una ragazza africana. Però doveva ammettere che le piaceva vedere la sua pelle più scura, le donava. Certo, non così scura, ma non le sarebbe dispiaciuto abbronzarsi un po' durante la stagione estiva.

Non aveva mai passato ore ad abbrustolirsi sotto il sole in estate, la sua carnagione chiara e sensibile non glielo permetteva e aveva sempre un po' invidiato le sue compagne di scuola che tornavano dalle vacanze belle abbronzate. Solo una volta ci provò, quando aveva sedici anni e, nonostante avesse messo la protezione cinquanta, dopo un paio d'ore era talmente rossa da surclassare un'aragosta, non poteva neanche stendersi sul letto dal dolore. Carmen passava tutte sere a stenderle la crema sulla pelle ustionata, causandole altro dolore. Da quella volta aveva deciso che il sole era un grosso nemico della sua pelle.

Stavano per arrivare alla famigerata entrata del carcere e Selvaggia si lasciò prendere dal nervoso. Senza accorgersene rallentò il passo. La Madre Superiora la guardò preoccupata.

"Ti senti bene? Ci hai ripensato?"

Selvaggia continuò a guardare di fronte a sé, osservando quel portone ancora diversi metri lontano da loro, temendo che quell'incontro potesse rovinare la figura che si era fatta di sua madre. Da come le era stata descritta, doveva essere stata una donna molto coraggiosa e sincera, che purtroppo era nata in una famiglia particolare che non le aveva permesso di vivere una vita normale.

E se quell'uomo le avesse detto che in realtà lei non l'aveva mai voluta? Che l'aveva abbandonata perché non aveva nessuna intenzione di prendersi cura di lei? Che non aveva detto nemmeno a Michele di essere incinta... Già, Michele! Chissà cosa stava facendo in quel momento, suo padre.

La voce della Madre Superiora la risvegliò dalle sue riflessioni confuse. "Se vuoi tornare indietro ti comprendo, non ti giudicherò."

"No... Ero solo..." Scosse la testa e le sorrise forzatamente. "Niente, andiamo avanti."

La donna ricambiò il sorriso e riprese a camminare, con Selvaggia che camminava accanto a lei con passo nervoso.

La ragazza sentiva il cuore sempre più veloce a ogni passo che faceva. Vide i Carabinieri fuori di guardia che le fissavano e stette per fermarsi un'altra volta. Ma la madre Superiora l'afferrò per un braccio, in modo discreto ma fermo.

"Se ti fermi ora potrebbe diventare un guaio..." Le bisbigliò vicino a un orecchio. "Se diremo che sei una mia novizia che deve aiutarmi ti faranno entrare, ma se ti vedessero troppo nervosa potresti attirare troppo l'attenzione."

Selvaggia deglutì la paura, relegandola in un punto profondo del suo stomaco, e continuò ad avanzare, cercando di non manifestare il proprio nervosismo.

Camminarono a braccetto fino al cospetto dei due Carabinieri di guardia che, come di prassi, le fermarono.

Selvaggia riconobbe subito il collega di Riccardo, Roberto. Fu lui a fermarle e a chiedere loro i documenti per il riconoscimento.

Selvaggia entrò nel panico. Documenti? E adesso come faceva? Lei non possedeva documenti che attestassero di essere una suora di colore in terra italiana! Si sentiva tremare, iniziò a sudare e a iperventilare, ma con sua enorme sorpresa, la Madre Superiora estrasse due carte d'identità da una tasca interna della sua tunica e le porse a Roberto che subito le esaminò. Selvaggia le osservò sgranando gli occhi, incredula a quello che la donna aveva appena fatto... Di chi era quella carta d'identità che aveva dato al Carabiniere?

Trattenne il respiro, finché non vide Roberto restituirgliele. "Come mai oggi non è da sola, Madre?"

La Madre Superiora fece sparire i due documenti con un'agilità sorprendente. "Mio padre ha espresso il desiderio di chiedere a una delle mie sorelle di parlargli di me... Non si fida delle mie parole, quindi ho invitato suor Lenita."

Roberto osservò Selvaggia con uno sguardo serio e sospettoso, facendole credere di averla riconosciuta. Lei se ne stette immobile sotto quell'esame, cercando di controllare il respiro affannoso e il fremito, senza mai sollevare lo sguardo su di lui. Iniziò ad avere davvero paura, quell'esame stava diventando troppo lungo per i suoi gusti.

Ad un tratto Roberto si fece di lato. "Ok, tutto a posto, passate pure."

Selvaggia lasciò andare lentamente un grosso sospirò di sollievo mentre muoveva un passo tremante oltre quella soglia. La varcarono insieme e subito vide Riccardo venirle incontro con un'espressione imperturbabile.

"Madre, oggi avete portato un'ospite?"

Si era rivolto alla Madre Superiora con una certa confidenza, e questo la lasciò sorpresa, non se lo sarebbe mai aspettato! Sentì il cuore fermarsi per un secondo e riprendere a battere come un forsennato. Riccardo la stava guardando con una strana scintilla di curiosità, ed era così bello nella sua divisa che si dimenticò di essere lì nei panni di una suora di colore.

"Come mai non mi ha avvisato, ieri?"

La Madre Superiora gli sorrise, gentile e disponibile. "Mi dispiace, sottotenente Felici, la novizia qui con me è riuscita a raggiungermi solo questa mattina, altrimenti l'avrei certamente avvisata prima!"

Però, si disse Selvaggia, la Madre Superiora sapeva mentire bene!

"Beh, immagino che se il mio collega alla porta vi ha fatto entrare vuol dire che non ci sono problemi. Però sa che in ogni caso devo perquisirvi entrambe."

Perquisirle? Selvaggia iniziò a farsi prendere dal panico, non poteva lasciare che Riccardo la perquisisse, si sarebbe sicuramente tradita in qualche modo! Attraverso le lenti di quegli occhiali scuri guardò la Madre Superiora con occhi sgranati, impaurita, ma la donna le sembrò stranamente serena.

Le restituì uno sguardo sereno e tornò a guardare Riccardo. "Ma non vedo la sua collega da nessuna parte, non vorrà perquisirci lei!"

Riccardo fece udire una breve risatina. "Si è solo assentata un istante. Sa che non posso perquisirla io, non potrei mai mancarle di rispetto."

Selvaggia abbassò lo sguardo, tornando a respirare ad un ritmo più calmo. Sentiva lo sguardo di Riccardo su di sé e non osava alzare la testa per accertarsene. Rimasero in attesa di questa collega e nessuno sembrava avere l'intenzione di proferire parola. Ma conosceva Riccardo, non sapeva stare zitto a lungo:

"La vostra novizia non parla?"

Il cuore di Selvaggia tornò a correre forsennato. L'aveva riconosciuta?

"Come potete vedere non è di nazionalità italiana e non conosce molto bene la nostra lingua."

"E che lingua parla?"

"Francese, sottotenente Felici."

Riccardo si avvicinò ulteriormente a Selvaggia e tentò di attirare la sua attenzione. "Comment vous appelez-vous, ma sœur?" (Come vi chiamate, sorella?)

Presa in contropiede, Selvaggia boccheggiò a quella domanda, se avesse risposto l'avrebbe sicuramente riconosciuta. Restò in silenzio, col cuore a mille e la paura a fischiarle nelle orecchie.

"La perdoni, sottotenente," intervenì la Madre Superiora sovrapponendosi tra i due. "È un tipo molto timido, non è avvezza a parlare con gli estranei."

Riccardo le fece un cenno con la testa in segno di assenso e si allontanò da lei. Finalmente tornò la collega che si apprestò subito a perquisirle e Selvaggia tornò finalmente a respirare ad un ritmo normale. Anche se per poco...

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