Capitolo Nove
La donna che era nell'ufficio di Suor Maria guardava Selvaggia con un misto di arroganza e supponenza. Stava dritta come un fuso di fronte alla suora che parlava come se avesse avuto paura di rompersi. Dietro quegli enormi occhiali da vista non c'era un briciolo di benevolenza e Selvaggia si chiese che vita sarebbe stata insieme a lei. Perfino l'aspetto incuteva timore, con quei capelli neri raccolti severamente in una crocchia alta e precisa... faceva paura.
Per contro, l'uomo che era con lei aveva uno sguardo dolce e sorridente. Annuiva in direzione di suor Maria con un sorrisetto affabile, e ogni tanto spostava lo sguardo su di lei e accentuava il sorriso. L'intero aspetto dell'uomo, in realtà, le trasmise sicurezza e dolcezza. Al contrario della moglie, che era estremamente magra, l'uomo era piuttosto robusto, la camicia si tirava un po' sulla pancia e aveva un viso tondo con una barba incolta di un paio di giorni che gli davano un aspetto poco curato ma alla mano. Mentre suor Maria parlava loro dei suoi successi scolastici e di come fosse una brava cristiana, la donna continuava a guardarla fissamente, come a voler sapere quello che stava pensando. Selvaggia si sentì sempre più in soggezione.
Finalmente suor Maria si rivolse a lei: "Allora, Selvaggia... saluta i tuoi nuovi genitori. Questi sono Margherita e Sebastiano Caruso."
La ragazzina sobbalzò e sorrise timidamente. "Sono felice di conoscervi." Borbottò.
"Anche noi, tesoro, sei proprio una bella ragazzina," l'uomo prese subito la palla al balzo per essere gentile. "Chiamami pure Sebastiano, o Sebi, se ti va."
"Quei capelli corti ti fanno sembrare un maschio," gracchiò invece la donna. "Te li farò crescere, così non mi piaci."
Credeva che essersi fatta aiutare da Cristina a sistemarli un po' l'avrebbe aiutata ad avere un aspetto più presentabile, ma non aveva pensato che così sarebbero risultati ancora più corti. Imbarazzata, si portò una mano alla testa, come a volersi coprire, non sapendo come ribattere.
"Beh, sicuramente coi capelli corti farà prima a lavarli, con quei bellissimi ricci che si ritrova ci impiegherebbe una vita se fossero lunghi." Sebastiano le strizzò l'occhio.
Selvaggia sorrise, per quanto Margherita sembrasse antipatica, Sebastiano era l'esatto opposto. Forse non sarebbe stato così male vivere con loro.
Uscì in giardino e diede un rapido sguardo tutto attorno a sé; solo una persona doveva salutare prima di andarsene. Quando vide Matteo ciondolare pigramente sull'altalena le si riempì il cuore di tristezza. Avrebbe voluto portarlo via con sé, non le andava di lasciarlo da solo in quel posto... ma non poteva.
Si avvicinò silenziosamente, e quando Matteo alzò lo sguardo su di lei si accorse che aveva gli occhi lucidi.
"Ehi!"
"Ehi..." Mugugnò lui.
Si sedette sull'altalena accanto, iniziando a dondolarsi lentamente come lui. Rimasero in silenzio per un po', non sapeva assolutamente come salutare il suo amico per l'ultima volta. Forse non lo avrebbe più rivisto.
"Allora... sono simpatici i tuoi genitori?" Matteo finalmente smise di dondolarsi e restò a fissare il terreno, in attesa, senza il coraggio di guardarla.
Selvaggia non rispose. Come poteva farle una domanda simile? Era tutto quello che gli veniva in mente?
Quando Matteo alzò finalmente lo sguardo su di lei, gli occhi di Selvaggia gli risposero prima delle parole.
"Ci credi se ti dico che vorrei portati via con me?"
Il ricciolino non seppe più distogliere gli occhi dai suoi. "E tu ci credi se ti dico che vorrei trattenerti qui con me?"
Gli occhi le si inumidirono, tanto che iniziò a vedere sfuocato. "Mi lamentavo tanto che nessuno mi volesse, e invece poi..."
"Ti meriti una famiglia, ti meriti di essere felice."
"E te, allora?"
Matteo si strinse nelle spalle. "Sono fiducioso, te l'ho detto, la ruota gira."
Selvaggia lo osservò in silenzio, si sentiva fortunata ad aver avuto un amico come lui... anche se credeva sul serio che non lo avrebbe più rivisto.
"Ti scriverò, tutti i giorni, e se me lo permetteranno verrò a trovarti."
Lui sorrise ma non le rispose, in cambio si avvicinò e, dolcemente, le lasciò un bacio sulla guancia.
Fu un gesto apparentemente innocuo, ma per Selvaggia significò molto più di quello che poteva sembrare. Commossa si lanciò su di lui, abbracciandolo stretto.
Preso alla sprovvista Matteo si irrigidì un istante, ma contraccambiò l'abbraccio, lasciando che i capelli corti di lei gli solleticassero il naso. Era davvero un peccato che Ilaria gliele avesse tagliati, erano così belli e folti. Le incorniciavano il viso fino a farla sembrare un angelo, ma dovette ammettere che anche coi capelli corti era bellissima. Si sarebbe portato nel cuore la sua immagine per tutta la vita.
***
Seduta nel sedile posteriore della loro auto lussuosa, Selvaggia sprofondò tra i cuscini, guardando fuori dal finestrino il paese che l'aveva ospitata scorrere davanti ai suoi occhi. Non lo riconosceva. La sua familiarità con quel posto si estendeva non oltre la via che ospitava l'orfanotrofio e la chiesa di San Sebastiano, fino al limite della piazza di fronte.
Le ultime case si allontanavano mentre la macchina si immetteva una strada molto più larga, dove altre macchine camminavano di fianco alla loro, senza scontrarsi. Ognuna delle altre auto manteneva la propria rotta senza venire loro addosso o tagliare loro la strada, ma rimase seduta al centro dell'enorme sedile, non voleva avvicinarsi a quelle macchine che sfrecciavano così vicine.
Non seppe quantificare il tempo, ma non credeva che Sebastiano e la moglie abitassero così lontani; si sentiva le gambe indolenzite per la forzata immobilità. Sperò di arrivare il più presto possibile.
Stava iniziando a pensare che non sarebbero mai arrivati quando la voce di Sebastiano riuscì a riscuoterla da quello strano torpore:
"Eccoci arrivati, Selvaggia, la nostra casa è proprio qui."
Emozionata, si affacciò al finestrino e si accorse che stavano camminando in una zona tranquilla ricca di splendide villette, ognuna delle quali con un giardino ben curato, circondato da una staccionata diversa per ogni casa. Alcune erano dipinte di bianco, una la colpì per il colore rosa pastello in tinta con quello delle mura della casa e, quando ne vide una che sembrava fatta di tanti rami intersecati tra loro, si meravigliò nel constatare che Sebastiano si fermò esattamente lì davanti. Un cancello enorme nello stesso stile della staccionata si aprì lentamente, facendo passare l'auto che, sotto la guida dell'uomo, si parcheggiò all'interno di un vasto garage pieno di cianfrusaglie, mobili dismessi e altre scatoloni colmi di chissà quali altri oggetti.
Vedendoli scendere dall'auto si affrettò nell'imitarli e li seguì di nuovo fuori dal garage. Sebastiano si premurò di prendere la misera valigia di Selvaggia e Margherita gratificò il bagaglio della nuova arrivata con uno sguardo schifato, e si avviò verso la porta d'ingresso senza attenderli. Chiuso il garage seguirono la donna sopra un piccolo portico con delle bellissime piante ornamentali e un'enorme porta in legno, che si aprì sotto le mani di lui, introducendoli in un ingresso piccolo e pittoresco.
Un fresco profumo di pulito la accolse mentre entrava in quell'ingresso, dove un'altra pianta alta era posta proprio di fronte alla porta, donando un tocco di vita in più a quel disimpegno pieno di quadri, di fiori e soprammobili in legno dall'aria antica. Tra i quali riconobbe subito il classico carretto siciliano, scolpito nel legno con il cavallo e il cocchiere e dipinto con colori vivaci, uguale a quello che suor Maria aveva nel suo ufficio. Uno strano ticchettio attirò la sua attenzione verso una delle tante porte presenti e un piccolo cagnolino dall'aria strana venne loro incontro. Aveva il pelo corto lungo tutto il corpo, tranne che sulla testa, al punto che Selvaggia si chiese come faceva a vedere con quel pelo che gli copriva gli occhi. Ma il cane la vide, eccome se la vide, perché iniziò ad abbaiare nervosamente nella sua direzione, con talmente tanta foga da sobbalzare un pochino all'indietro ogni volta.
Selvaggia rimase impietrita di fronte a quell'animale, perché le stava abbaiando in quel modo?
Sebastiano sbuffò e passò davanti al cane, spostandolo delicatamente con il piede.
"Margherita, richiama la tua belva. Dovrà abituarsi anche lui alla presenza della ragazza." Bofonchiò.
La donna lo prese in braccio e, senza degnare Selvaggia di un minimo sguardo, seguì il marito in salotto. La ragazzina rimase nell'ingresso, circondata da tutti quegli oggetti che in un secondo momento le sembrarono spaventosamente cupi. Non sapeva se seguire quei nuovi genitori o restare lì, e nell'indecisione rimase dov'era. Ma la voce dell'uomo la fece rinsavire:
"Ma dov'è quella ragazza? Selvaggia, che fine hai fatto?"
Al quel richiamo si azzardò a entrare cautamente nel salone. Sebastiano era seduto, o meglio, stravaccato sul divano al centro della stanza, rivolto verso un mega televisore alla parete. Ogni mobile e ogni suppellettile trasudava una certa ricchezza. Non era appariscente, ma ricercata. Il televisore immenso, i mobili pregiati, il pavimento in cotto... tutta la stanza aveva uno stile sobrio ed elegante ma con stile. Non gridava ad ogni sguardo che vi si posava sopra l'opulenza dei suoi proprietari, ma indicava la cura e l'accortezza che avevano usato nell'arredarla. Era evidente che i soldi non mancavano.
Margherita era invece seduta compostamente su una poltrona, intenta ad accarezzare quel cane strano, mentre questo la fissava con attenzione, ringhiando lievemente. Già lo detestava.
"Vieni tesoro, accomodati." Sebastiano picchiettò sul cuscino vicino a sé. "Questa d'ora in avanti è casa tua. Siediti vicino a me e raccontami qualcosa."
La ragazza si sedé con cautela sul divano, continuando a sentire in sottofondo il ringhio sommesso di quella sottospecie di cane, finché la voce del padrone non lo chetò.
"Basta, Lucky! Margherita, fallo stare buono."
La donna si alzò con fare scocciato e portò il cane in giardino, passando da una porta sul retro, mentre Sebastiano riportò la sua attenzione sulla fanciulla: "Allora, dimmi qualcosa di te. Da quanto tempo eri in quell'istituto?"
"Suor Maria mi ha accolto nel suo orfanotrofio quando avevo cinque anni." Sussurrò timidamente.
"Ah, sì... quella suora ci ha parlato della tua storia, ma parlava in tono talmente tronfio che mi sono stancato di ascoltarla dopo i primi cinque minuti." Le rivolse uno sguardo complice e le fece l'occhiolino.
Selvaggia sorrise, quell'uomo le piaceva. Sperò di riuscire a instaurare un bellissimo rapporto con lui, e ne era fiduciosa.
"E avevi degli amici lì dentro? Qualcuno che hai voluto salutare quando ce ne siamo andati?"
Si sentì a suo agio con lui e si confidò volentieri, finché Margherita non tornò in salotto.
"Perché non prendi la tua valigia e riponi le tue cose nella tua stanza, tanto per cominciare?" Sbottò arrogante. "Già stai dimostrando di essere alquanto svogliata..."
"In realtà sono stato io a trattenerla qui, non la rimproverare subito il primo giorno!" La rimproverò Sebastiano bonariamente. "Ma, anzi, perché non prendi la palla al balzo per mostrarle il resto della casa?"
A Margherita sembrò di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Si voltò indispettita e senza attenderla si avviò fuori dal salotto. Spaesata, Selvaggia rimase seduta, non sapendo che fare, ma Sebastiano le fece cenno di seguire la donna e quindi si alzò velocemente e le trotterellò dietro.
La seguì per due rampe di scale, fino a un corridoio con tre stanze. Si fermarono di fronte a quella più vicina e, senza tante cerimonie, la donna la aprì mostrandole brevemente una stanza matrimoniale.
"Questa è la nostra stanza."
Subito passò alla porta successiva, senza darle il tempo di ambientarsi o vederla bene.
Le mostrò il bagno padronale allo stesso modo, del quale riuscì ad afferrare la grandezza e l'opulenza solo per un attimo prima che la portasse di fronte all'ultima porta.
"Questa sarà la tua stanza", dichiarò, e le aprì la porta.
Selvaggia entrò di qualche passo guardandosi estasiata attorno. C'era un letto meraviglioso e dalla finestra entrava una gran quantità di luce.
Si voltò verso quella donna con un sorriso di ringraziamento sulle labbra, che svanì alla vista del cipiglio di lei.
"Lì hai anche un piccolo bagno tutto per te," le spiegò senza entusiasmo. "E perfino un piccolo balconcino. Credo che tu non abbia niente di cui lamentarti. Vedi di essere ubbidiente e andremo d'accordo." Fece per andarsene, ma prima che potesse chiudere la porta, Selvaggia la richiamò:
"Ehm... Margherita?" La donna la fissò confusa. Selvaggia deglutì prima di continuare. "Perché mi avete adottata se non mi volevate?"
"Imparerai presto che la vita è fatta di compromessi." Rispose senza esitazione, e subito si chiuse la porta alle spalle.
La ragazzina restò a fissare la porta chiusa senza vederla, continuando a chiedersi cosa intendesse con quella frase.
*
Ecco che inizia una nuova vita per Selvaggia... ma non sembra proprio tutto rose e fiori...
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