Capitolo Dodici

Alcuni giorni dopo Selvaggia si ritrovò nuovamente da sola in casa a ciondolare senza sapere cosa fare. Non sapeva dove era andata Margherita e per ammazzare il tempo prese uno dei libri dalla libreria in salone e iniziò a leggerlo, ma si meravigliò quando la vide tornare ad un'ora insolita... di solito prima delle sette non rientrava mai. La donna chiuse la porta d'ingresso con un gran tonfo e corse subito a nascondersi in cucina, con il viso rigato di lacrime. Per un senso del dovere mise via il libro che aveva in mano e decise di seguirla in cucina, dove la trovò a piangere silenziosamente china sul tavolo, coprendosi il viso con le mani. Intimidita, le si avvicinò con l'intento di consolarla in qualche modo. Anche se la signora non le stava particolarmente simpatica non l'aveva mai vista piangere, e le venne voglia di fare qualcosa per aiutarla. Le mise una mano timida sulla spalla e subito la sentì trattenere il respiro, aprire le mani e guardarla con un occhio solo.

"Oh, Selvaggia, non puoi immaginare cosa ho appena saputo."

"Che cosa?"

"Una cosa grave... gravissima..." Margherita riprese a piangere e a coprirsi il viso con le mani.

"Me lo dica," la pregò Selvaggia, preoccupata. "Se posso fare qualcosa per aiutarla vorrei poterlo fare."

La donna smise di colpo di piangere e la guardò con superiorità. "Tu? Cosa potresti mai fare, tu? Cosa può mai fare una bimbetta contro un tumore al cervello?"

A Selvaggia mancò il fiato, Margherita aveva un tumore? "Lei...?"

"Non io, stupida!" La corresse acida la donna. "Non sono io ad avere un tumore... è tuo padre." E tornò a piangere coprendosi il viso.

A Selvaggia mancò il terreno sotto i piedi... come era possibile? Perché proprio l'unica persona al mondo che le aveva manifestato un sincero affetto era malata di una malattia che non lasciava scampo? Perché proprio a lui? Non poteva crederci... non era vero!

"Ma... perché?" sussurrò senza nemmeno rendersene conto.

"Non c'è un motivo per queste cose," l'apostrofò la donna, sempre con tono acido. "Succedono e basta. Ah, lo vedevo che era strano, ultimamente!" Imprecò, più a se stessa che alla ragazzina. "Non avrebbe mai abbandonato la caccia, per niente al mondo. E poi anche con me sta diventando sempre più strano, è il tumore a farlo agire così!"

Selvaggia avvertì alcune lacrime scivolarle giù lungo le gote, rimase immobile come una statua di sale. "Che... che cosa le hanno detto? Come lo sa?"

Margherita smise un'altra di piangere di colpo e la gratificò di uno sguardo gelido. "Il dottore mi ha parlato che la massa maligna si è creata già da tempo, ed è cresciuta indisturbata fino ad ora. Non vuole farlo sapere a nessuno... non vuole che la gente si preoccupi o stia male per lui... quindi, mi raccomando," le si avvicinò afferrandola per un polso, "che non ti scappi una parola con lui. Non deve sapere che lo sai. Io so com'è, e ne starebbe peggio se sapesse che siamo a conoscenza di questa cosa. Hai capito?"

Selvaggia la fissò con gli occhi sgranati e annuì, senza avere la forza di parlare. Non capiva il motivo di una tale richiesta, ma la sua madre adottiva aveva il potere di farla sentire una stupida, quando era con lei sembrava incapace di ragionare, perciò non si sforzò nemmeno di capire; si voltò e corse in camera sua con le lacrime agli occhi. Una volta lì si buttò sul letto e pianse, pianse tutte le sue lacrime. Non voleva credere che presto sarebbe rimasta senza l'unico padre che avesse mai conosciuto. Cosa ne sarebbe stato di lei una volta che lui non ci sarebbe più stato? Come avrebbe vissuto insieme a Margherita se era evidente che non la sopportava minimamente? Si chiese che vita avrebbe condotto e non riuscì a vedere un futuro roseo per sé.

Alcune ore dopo si era calmata e decise di tornare dabbasso, Sebastiano era sicuramente tornato dal lavoro e si sarebbe preoccupato non vedendola. Si sciacquò il viso e tornò in salotto, dove trovò l'uomo in poltrona intento a leggere il suo giornale. Quando sentì la sua presenza nel salone, abbassò il quotidiano e la salutò con un sorriso. "Piccola mia, non sei venuta a salutarmi al mio ritorno, eri stanca?"

Selvaggia rimase immobile sulla soglia, lo guardò ammutolita e le si inumidirono gli occhi, incapace di comportarsi come niente fosse si gettò tra le sue braccia, stringendosi al suo petto ma trattenendo miracolosamente le lacrime.

"Ehi, piccola mia, che ti prende?" Sebastiano era sbalordito, "Sembra che non mi vedi da una vita." Intenerito da questo abbraccio lo contraccambiò. "Ehi, calmati, non me ne vado mica. Puoi stringermi anche meno. Che ti prende?"

Selvaggia non seppe ribattere e rimase in silenzio, ci pensò Margherita a rispondere al suo posto: "Le prende che è una stupida, e dato che oggi ha oziato tutto il giorno non ha voglia di fare niente."

La voce acida di quella madre arcigna fece sbattere i grandi occhioni verdi della ragazza e la fece staccare dall'addome dell'uomo, vergognosa.

"Chissà, magari ha fatto un brutto sogno," tentò di difenderla lui, "anch'io alla sua età confondevo facilmente il sogno con la realtà."

"No, ha solo voglia di essere rimessa in riga." Margherita l'afferrò per un polso e la strattonò per farla rimettere in piedi. "Avanti, muoviti, vai in cucina ad aiutare la cuoca e ad apparecchiare la tavola. E non rompere niente, stavolta, mi raccomando!" Le ordinò spingendola verso la cucina.

Con la coda tra le gambe Selvaggia si allontanò mite, ubbidendo a quella donna severa e irritante. Ma per una volta capì il suo comportamento; stava per tradirsi e rivelare a Sebastiano di conoscere il suo segreto. Per una volta pensò che avesse fatto bene ad allontanarla da lui in quel modo.

Dopo cena, una volta che Selvaggia aveva finito di aiutare la cuoca a pulire la cucina, si ritirò nella sua camera da letto e, con sua grande sorpresa, Margherita bussò alla porta ed entrò nella sua stanza prima di ricevere l'invito a farlo. Ne rimase profondamente colpita, per tutta la serata non le aveva rivolto parola, se non per darle degli ordini, e l'aveva guardata con uno strano cipiglio facendola sentire una stupida. Pensò che volesse rimproverarla nuovamente per il suo comportamento, ma la donna rimase a fissarla per un lungo istante, come se la stesse valutando, senza dir nulla. Più il tempo passava e più Selvaggia si sentiva mortificata da quello sguardo.

"Se sei ancora intenzionata a fare qualsiasi cosa per tuo padre forse ho trovato un modo per accontentarti..."

***

La richiesta di Margherita era per Selvaggia qualcosa di pericoloso, era tremendo! Come avrebbe potuto? Ma lei amava tremendamente quel padre dolce e affettuoso, lo stesso padre che era riuscito a farla sentire amata e protetta, l'aveva fatta sentire a casa... e avere la possibilità di aiutarlo in qualche modo sarebbe stato il massimo; risparmiargli un po' di sofferenza per lei sarebbe stato un po' come restituirgli parte della sua gentilezza.

Dopo quella sera lei stessa iniziò ad accorgersi dei comportamenti anomali da parte di lui. Prima, dopo il lavoro, si riposava spesso in poltrona e non si tirava indietro per parlare con lei e ascoltare quello che aveva da dirgli, ma piano piano sembrava diventare sempre più stanco e apatico. Non rimaneva più in salotto con lei a parlare come avevano fatto spesso, sempre più sovente si dirigeva direttamente a letto e scendeva giusto il tempo per cenare.

Pochi giorni dopo Selvaggia iniziò ad andare a scuola. Sebastiano le aveva promesso che le sarebbe stato accanto per aiutarla ad inserirsi, ma il primo giorno di scuola l'uomo era rimasto a casa dal lavoro per un forte malessere e non poté nemmeno accompagnarla. Fu Margherita a farlo, ma già dal secondo giorno le insegnò quale autobus avrebbe dovuto prendere per andare e tornare in modo autonomo e così l'inizio della scuola non fu emozionante come si era aspettata. Non riuscì a fare amicizia con nessuno, ma se Sebastiano stava troppo male per preoccuparsene, la moglie sembrava decisamente ignorarla.

Giorno dopo giorno l'uomo cominciò a stare sempre più male, andava sempre meno a lavoro e si coricava sempre troppo presto la sera, di conseguenza, passava sempre meno tempo con lei. Era dura guardare senza poter dire niente.

Selvaggia non faceva altro che pensare a quello che Margherita le aveva chiesto di fare, tanto che non riusciva più a concentrarsi su nient'altro. Continuava a osservare lo sguardo di sua madre mentre le raccontava i gesti che avrebbe dovuto compiere quando le avrebbe dato il permesso... quegli occhi pieni di cupidigia, di una luce sinistra che non seppe decifrare. Ma nonostante tutto non volle mai tirarsi indietro, era stata sincera quando le aveva detto che avrebbe fatto di tutto e di tutto avrebbe fatto! Doveva solo aspettare il suo segnale... Segnale che arrivò alcuni giorni dopo.

Margherita non era mai andata a prenderla a scuola, e non si era mai sforzata di andare a prenderla nemmeno alla fermata dell'autobus, ma quel giorno Selvaggia se la vide venire incontro con uno strano sorriso. Le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle, come se fosse un gesto premuroso che faceva ogni giorno. Capì subito che tutto ciò era solo a beneficio dei vicini e di chi avrebbe potuto vederle. Mentre la accompagnava con falsa gentilezza verso casa le si accostò all'orecchio e le diede le istruzioni che aspettava.

Alcuni minuti dopo entrò in casa da sola, senza nemmeno rendersi conto che la donna le si era allontanata. Si avviò nella camera matrimoniale e trovò il padre esattamente come Margherita glielo aveva descritto: disteso nel letto con gli occhi chiusi, con i tappi per le orecchie e molti dépliant della caccia distesi affianco, sul materasso, come se li avesse appena consultati. A terra, vicinissimo al letto, era stato adagiato il fucile dell'uomo. E fu proprio quell'unico oggetto che con mani tremanti Selvaggia raccolse da terra...

***

Dite che Selvaggia sarà riuscita a premere quel grilletto? E se sì, sarà veramente un'assassina?

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