Capitolo Diciannove
Il primo giorno come figlia di Michele Giordano Selvaggia si svegliò molto presto, sorprendendosi della comodità di quel letto enorme e della calma e della tranquillità che regnava in quella casa. Si alzò titubante e, senza pensarci, uscì dalla propria stanza, scendendo le scale senza alcun rumore, con i piedi avvolti in comode pantofole calde.
La cucina di villa Giordano era meravigliosa. Come la maggior parte del mobilio della casa, anch'essa era in legno, scuro e di stile antico, ma assolutamente accessoriata con tutto ciò di cui Carmen potesse aver bisogno per cucinare.
Quella mattina Selvaggia vi entrò timidamente, attraversando con cautela quel grande arco che ne delineava l'entrata, e rimase in silenzio a osservare le spalle della donna muoversi velocemente mentre preparava qualcosa ai fornelli. Restò in piedi appena dopo quell'arco, ascoltando la voce della governante canticchiare un motivetto sconosciuto mentre infornava alcuni croissant su di un vassoio. Appena si volse verso di lei sussultò spaventata e si portò una mano al petto.
"Oddio! Che paura..."
Restò immobile, a guardarsi attorno completamente spaesata, mentre la donna tornò a sorriderle.
"Tesoro, buongiorno!" Le scostò una sedia e le fece cenno di sedersi. "Vuoi fare colazione?"
La ragazzina, come un cucciolo spaesato che non sapeva fidarsi, avanzò lentamente e si sedette su quella sedia.
"Cosa vuoi mangiare? Posso farti un cappuccino, o del semplice latte con un po' di cacao... Sì, forse per te è meglio..." Commentò fra sé e sé. Le apparecchiò il tavolo con una tovaglietta colorata e una grande tazza ed estrasse i croissant dal forno che servì su di un vassoio, posandolo al centro della tavola.
Il loro aroma pervase il naso della ragazzina, che sentì lo stomaco protestare per la fame, ma non osò allungare una mano per prenderne uno.
Carmen si voltò per preparare un caffè e si accorse che Selvaggia stava osservando il vassoio di croissant con occhi bramosi, ma che non si muoveva di un millimetro. Con un sorriso, afferrò un tovagliolo e gliene mise uno su di un piattino, versandole nella tazza il latte e cacao.
"Se hai fame prendi quello che vuoi, tesoro, adesso questa è casa tua."
Vergognosa, posò i suoi enormi occhi sulla donna, ancora sorridente, e allungò un braccio per prendere un altro croissant dal vassoio e iniziare finalmente a mangiare.
Il sorriso della donna si accentuò e proprio in quel momento il padrone di casa entrò nella cucina.
"Buongiorno..."
Selvaggia si bloccò con il boccone in bocca e lo osservò avvicinarsi con disinvoltura e sedersi sulla sedia accanto.
Michele afferrò il giornale dal tavolo e, sorseggiando il caffè, prese a leggerlo, ignorando la ragazzina che lo stava osservando in soggezione. Un colpo di tosse della donna lo costrinse ad alzare gli occhi dal giornale. Guardò la donna fargli un gesto con la testa in direzione della ragazzina, che era rimasta immobile con la bocca piena, senza sapere se continuare a mangiare o no.
"Oh, scusami tanto..." Si ricompose, sbalordito, appoggiò di nuovo il giornale sul tavolo e si sistemò la cravatta. "Continua pure a mangiare, cara, io non faccio mai colazione."
Selvaggia abbassò lo sguardo sulla sua tazza e riprese lentamente a masticare, inzuppando il croissant che aveva in mano.
Michele tornò a guardare la donna che cercò di convincerlo con gli occhi a rompere il ghiaccio.
Con due colpi di tosse, tentò di seguire il suo consiglio: "Hai... dormito bene?"
Selvaggia sbatté le palpebre e lo guardò, confusa.
"Sì..."
Non sapendo come altro continuare quella conversazione, l'uomo finì il suo caffè e si alzò. "Purtroppo devo andare a lavoro. Mi dispiace lasciarti sola."
Con quegli enormi occhi verdi, lei lo guardò, spaesata. In realtà avrebbe voluto trovare il coraggio di fargli qualche domanda, perché di domande ne aveva tante da fargli, erano tutte nel suo cervello, accatastate esattamente come i libri di quell'immensa libreria, in attesa di venire espresse. Voleva domandargli perché aveva deciso di adottare proprio lei, perché vivesse da solo in quell'enorme casa... o perché non fosse sposato, ma non ne ebbe il coraggio. Si limitò a guardarlo mentre si allontanava. Ma forse non osò domandare niente perché in cuor suo sentiva che prima o poi quelle domande avrebbero ottenuto risposta ugualmente.
***
Carmen entrò in casa carica di pacchi e buste, le abbandonò sulla tavola in cucina e corse entusiasta su per le scale alla ricerca di Selvaggia, stringendo al seno un pacchettino morbido.
"Selvaggia! Selvaggia, ci sei?"
Aprì la porta della sua stanza senza bussare e si fiondò al suo interno senza chiedere il permesso. Per Selvaggia non c'era alcun problema per quella irruenza. Dopo pochi mesi Carmen era diventata come la sorella maggiore che non aveva mai avuto, anzi, una presenza femminile come lei le ricordava in parte la sua infanzia vissuta tra le suore del convento; ma quella volta, invece che andarle incontro con il suo solito entusiasmo, rimase seduta davanti alla specchiera, intenta a pettinarsi pigramente i ricci capelli rossi.
Carmen si fermò di colpo a osservarla nel riflesso dello specchio. "Tesoro, ti senti bene?"
Selvaggia restituì il suo sguardo attraverso il riflesso e annuì con poca convinzione.
A quel punto Carmen fece scivolare il pacchetto che aveva in mano sul letto e le si avvicinò alle spalle. "Che hai... che ti succede?" Le strappò gentilmente di mano la spazzola e iniziò a pettinarla con lenti movimenti.
I riccioli erano difficile da domare, pettinarli così li rendeva crespi e incredibilmente scompigliati anziché ordinati come succedeva con i suoi, lisci. Da quando Selvaggia si trovava lì le erano cresciuti, adesso le toccavano le spalle e, data la loro natura, voleva dire che erano almeno un terzo più lunghi. La donna stette in attesa di una risposta alla sua domanda, ma non ricevendone la ripeté:
"Allora, cos'è successo da farti avere quel muso lungo?"
Selvaggia sospirò e finalmente Carmen depose la spazzola sul ripiano di fronte alla ragazza. "A volte mi chiedo che fine abbiano fatto i miei genitori... e perché non mi hanno voluta." Borbottò.
Carmen restò in silenzio per un attimo, le parole della ragazzina la rattristirono e dimenticò il pacco che prima stringeva al petto. Prese allora ad accarezzarle i capelli, acconciandoli con le mani per gioco.
"Io non posso saperlo, tesoro, ma sono sicura che se avessero potuto tenerti con loro lo avrebbero fatto. È impossibile non amarti."
"Ma ero in fasce quando mi hanno abbandonata, come potevano amarmi già?"
La donna deglutì senza farsi vedere, alla ricerca di qualcosa da dirle. "Perché se non ti avessero amata non ti avrebbero lasciata in un luogo dove sapevano che avresti ricevuto tutto quello di cui avresti avuto bisogno."
Selvaggia ci pensò un po' su e poi si voltò a guardarla. "Dici sul serio?"
"Ne sono convintissima!"
Carmen sapeva perché aveva iniziato a farsi quelle domande sui suoi genitori: dopo pochi giorni avrebbe iniziato la scuola media e, per la prima volta da quando era arrivata, avrebbe dovuto confrontarsi con altri ragazzi della sua età senza la protezione della casa del suo papà adottivo.
Selvaggia sospirò e tornò a guardare il suo riflesso allo specchio. "Credi che nella mia nuova scuola i miei compagni mi accetteranno? O il mio passato influirà su quello che penseranno di me?"
"Sono tutti di buone famiglie, sarà una scuola privata, lo sai," voleva rassicurarla ma non voleva mentirle. "Sicuramente ci saranno ragazzi che ti guarderanno male, purtroppo il tuo passato è noto a tutti, ma è anche vero che la gente fa presto a dimenticare e sono sicura che ci saranno anche persone che ti vorranno conoscere meglio, fosse solo per curiosità. E quelle che ti conosceranno meglio non rimpiangeranno affatto il momento in cui si sono avvicinate a te. Te lo prometto."
Selvaggia si voltò per guardarla negli occhi e le sorrise. "Grazie..." Si allungò per abbracciarla. "Ultimamente sono malinconica."
"Figurati, tesoro. Chiunque lo sarebbe al posto tuo."
Quando si staccò tornò un attimo seria. "Ma perché il signor Giordano vive da solo in questa enorme casa?" Aveva perso il conto delle volte che lo aveva chiesto, forse credendo che prima o poi la donna le avrebbe risposto, convinta che sapesse la verità.
Ma Carmen non si lasciò distrarre da quegli occhioni verdi e le rispose come faceva sempre. "Lo sai che io sono solo un'umile cameriera..."
La ragazzina distolse lo sguardo, scocciata. "Sì, ma con il signor Giordano hai un ottimo rapporto, esattamente come lo ha tuo padre."
"Solo perché è moltissimo tempo che sono qui... Ma comunque una cosa la so, se proprio vuoi saperla."
A Selvaggia si illuminarono gli occhi. "Cosa?"
"Che il signor Giordano amerebbe tanto se tu riuscissi a chiamarlo papà, prima o poi."
La luce in quegli occhi si affievolì subito. "Te l'ha detto lui?"
"No, lo so e basta, proprio perché lo conosco da tanto tempo."
"Forse... un giorno." Borbottò, imbronciata.
"Vabbè, dai. Sono sicura che quando ti verrà dal cuore lo farai senza che nessuno te lo faccia notare."
Ogni volta che Carmen le faceva notare questo dettaglio a Selvaggia tornava in mente il signor Caruso. Sebastiano sarebbe rimasto l'unico padre che avesse mai conosciuto, nel suo cuore, e la sostanziale differenza caratteriale dei due era un ulteriore ostacolo affinché riuscisse a chiamare allo stesso modo anche il secondo.
"È anche vero che in pratica io e lui non abbiamo un ottimo rapporto. Si può dire che non lo conosco affatto."
"Non posso darti torto, il signor Giordano lavora molto, ma credimi quando ti dico che ti ama come se fossi davvero sua figlia."
Selvaggia non riusciva a comprendere come potesse amarla come se fosse sua figlia quando in pratica non la conosceva minimamente. Ma Carmen glielo ripeteva ogni qualvolta le si presentava l'occasione e non poteva contraddirla. Come ogni volta, sorrise e accettò il sorriso della donna.
"Ma perché sei arrivata chiamando il mio nome a gran voce, prima, cosa volevi dirmi?"
Ricordandosi di colpo del pacchetto abbandonato sul letto, Carmen lo recuperò e glielo porse. "Per questo. Sapendo che fra poco inizierai la scuola media ti ho comprato un regalo per il primo giorno."
Selvaggia rimase a bocca aperta e prese il pacco che le tendeva. Era morbido, avvolto in una stoffa gialla. Lo aprì con un sorriso di aspettativa e si ritrovò tra le mani un fantastico completo comodo ed elegante; fuseaux e maglia nera con una stampa rock colorata e divertente. Era proprio quello che voleva! Si alzò di scatto e abbracciò la donna con trasporto.
"Grazie!"
***
Quella sera, dopo cena, Selvaggia si ritirò nella sua stanza per guardare un film in solitudine, come tutte le sere, ma a un certo punto, qualcuno bussò alla sua porta. Quando invitò a entrare restò sorpresa nel trovare il suo padre adottivo sulla porta della sua stanza. Lei era stesa sul letto, intenta a guardare un film dal computer sul comodino accanto a sé, al buio, e quando lo vide avanzare silenziosamente si tirò a sedere di colpo.
"Michele... come mai è venuto a farmi visita?"
L'uomo la osservò per un attimo in silenzio, poi finalmente aprì bocca. "Mi piacerebbe che tu mi dessi del tu, Selvaggia, almeno potresti iniziare a sentirti più a tuo agio in mia presenza."
Selvaggia arrossì a questa richiesta. "Va bene... ci proverò."
"Bene..." Michele si avvicinò al letto e lo indicò con una mano. "Posso sedermi?"
Selvaggia annuì e si mise a sedere più compostamente, accendendo l'abat-jour. "C'è qualcosa di cui mi volevi parlare?"
Michele osservò quegli occhi incredibilmente verdi e splendenti, meravigliandosene per l'ennesima volta, e si rese conto che gli si era finalmente rivolta dandogli del tu. Era un bel passo avanti dopo quei primi mesi di distacco.
"Volevo farti i miei auguri per l'inizio della scuola media. Hai già tutto quello che ti serve?" la ragazzina annuì. "Bene. Volevo assicurarmi che tu fossi sicura e, se proprio non te la senti di andare a scuola, potrei sempre farti seguire da un professore personale qui, direttamente a casa."
A Selvaggia parve subito una proposta esagerata, ma in fondo era normale per lei essere in apprensione per l'inizio della scuola e non voleva trattamenti di favore. E poi non vedeva l'ora di fare nuove conoscenze e avere delle nuove amiche; pur con la paura che non la accogliessero da subito nel migliore dei modi. Ma dopo le parole di Carmen era sempre più emozionata all'idea e non voleva più rinunciarci.
"Oh... no, assolutamente!" Scosse il capo. "Devo pur sempre farmi anche delle amicizie, e poi non sarebbe lo stesso imparare qui, mi perderei moltissime cose."
Michele sorrise. "Hai ragione... ti ho vista così nervosa che pensavo di farti un favore. Ma ovviamente è meglio per te recarti a scuola invece che imparare da qui, per molti motivi."
Detto questo le diede la buonanotte e si congedò da lei con un dolce sorriso e un bacio sulla fronte.
Selvaggia rimase a pensare a lungo a quella richiesta prima di addormentarsi, era davvero inconsueto da parte di Michele andare nella sua stanza a quell'ora tarda, non aveva mai voluto disturbarla dopo cena, soprattutto per una richiesta così particolare!
***
Ed eccoci qui, sembrerebbe proprio che Selvaggia abbia finalmente trovato il padre ideale, quello che dimostra di amarla incondizionatamente, che vuole solo il suo bene e non ha seconde mire su di lei o vuole servirsene per i suoi scopi personali. Forse Selvaggia ha raggiunto la felicità, voi che dite? Se la meriterebbe!
Con questo capitolo siamo entrati in un nuovo capitolo della storia di Selvaggia, da qui è tutto in discesa... forse. Da qui conosceremo la vera Selvaggia, verrà fuori il suo carattere e la storia prenderà una piega molto più marcata e inaspettata, o almeno lo spero.
Ricordo comunque di lasciare una stellina se la storia vi sta piacendo, e non esitate a scrivere un qualsiasi commento che la lettura vi ha suggerito, di qualunque natura sia.
Un saluto e al prossimo lunedì! 💋
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