Capitolo Cinquantadue
La camera da letto di Selvaggia era avvolta nella semioscurità, il sole stava tramontando e la luce stava svanendo oltre le finestre, lasciando dentro la stanza un alone soffuso. Giancarlo si svegliò, confuso, e si guardò attorno riconoscendo a malapena la stanza in cui si trovava. Sbadigliò aprendo la bocca in modo quasi esagerato, poi abbassò lo sguardo su Selvaggia, addormentata tra le sue braccia. Quella scena gli ricordò la loro prima volta, nel suo letto, e un'invitante turgore lo sorprese in zone nascoste alla vista. Fu quasi tentato di svegliarla quando sentì un lieve rumore provenire dalla cucina. Incuriosito, si alzò senza svegliarla e si mise i pantaloni, cercando di fare il meno rumore possibile.
In cucina vide Manuela in piedi al centro della stanza che stava leggendo qualcosa dal cellulare. "Ciao." Bofonchiò, ancora mezzo addormentato.
Manuela alzò la testa di scatto e spalancò la bocca, colta in fragrante. Se non fosse stato per la sua espressione colpevole Giancarlo non si sarebbe nemmeno accorto che il cellulare che aveva in mano era quello della sua ragazza, ma appena lo vide corrugò la fronte, dubbioso. "Che ci fai con il cellulare di Selvaggia?"
"Ahm... no, niente..." Balbettò lei, e subito glielo allungò.
Lui lo prese dalle sue mani e lo esaminò. "Suo padre ha tentato di chiamarla?" Chiese, andando a vedere le ultime chiamate perse.
"Ehm... non lo so."
"Sì, ci sono due chiamate perse da lui. Quel bastardo!"
Manuela ricordò la chiacchierata che avevano avuto appena pochi giorni prima, quando il padre di Selvaggia era venuto a cercarla in quella casa e lei lo aveva mandato via. "Vi sta creando problemi? Non vuole che stiate insieme?"
"No... non vuole." Rispose, mettendosi il cellulare in tasca e sedendosi su una sedia alla tavola da pranzo. "Sembra che non voglia che sua figlia faccia le sue esperienze. Anzi, sembra che non voglia che le faccia con me."
"Beh... dovrà pur avere un motivo per non volerlo."
Giancarlo strinse le labbra in una linea dura, indurendo la mascella. "Credo che sia per il fatto che gli promisi che mi sarei vendicato di lui, quando mio padre venne condannato."
"Ah... Beh, non lo si può biasimare più di tanto..."
"Cosa fai, stai dalla sua parte?"
"Ma no!" Si discolpò lei, mettendosi a sedere a sua volta "È che dal suo punto di vista forse esagera un po' ma un certo dubbio credo sia legittimo. Anche se..." disse, lasciando il discorso in sospeso.
"Anche se?"
Manuela si fece restia a proseguire, ma poi si prese coraggio: "Prima stavo leggendo un messaggio che le ha mandato suo padre, quando sei entrato in cucina."
"Un messaggio? E cosa diceva?"
"Beh... leggilo tu stesso."
Giancarlo prese il cellulare dalla tasca e aprì il messaggio incriminato, dopo averlo letto guardò Manuela. "Ma di chi sta parlando? Chi sarebbero queste persone pericolose?"
"Pensavo lo sapessi tu."
Giancarlo ci pensò su un attimo. "Credo di sapere di chi sta parlando."
"Parla delle persone che sono state arrestate insieme a tuo padre." La voce di Selvaggia piombò di colpo tra di loro ed entrambi si voltarono verso la porta della cucina, dove Selvaggia, con indosso soltanto la sua maglietta, stava appoggiata allo stipite, con le gambe nude e lisce e i capelli ancora sconvolti. "C'è una cosa che non ti ho detto quando sei venuto a prendermi dopo che ti ho chiamato al cellulare." Disse staccandosi dal muro e camminando verso di lui. "Ho rubato a mio padre il fascicolo contenente il rapporto sul processo in cui era il difensore di tuo padre."
Giancarlo la fissò sconvolto. "E lui non ti ha detto niente?!"
"Credo che se ne sia accorto troppo tardi, quando ormai me ne ero già andata."
"Ma perché lo hai rubato? mica vuoi andare a trovare uno ad uno tutte quelle persone?" Chiese Manuela, non capendo dove volesse arrivare l'amica. Selvaggia la osservò senza rispondere, dal suo silenzio Manuela capì lo stesso le sue intenzioni. "Non vorrai..."
"Aspetta! Non avrai mica intenzione di vendicare la morte di mio padre!" Sussultò lui, dopo aver realizzato le intenzioni della sua ragazza. E dato il suo persistente silenzio, ne ebbe la conferma. "No, Selvaggia, non te lo permetto!" Esclamò alzandosi in piedi. "Tuo padre ha ragione, quella è gente pericolosa, e poi cosa vorresti fare, scusa?"
"Non lo so, ma qualcosa voglio fare..."
"Non puoi fare niente!" Decretò, interrompendola, iniziando a temere per la sua incolumità. "Intanto quelle persone dovrebbero essere ancora in carcere, quindi ha poco senso cercarle personalmente."
"No... hai ragione." Ribatté lei. "Direi che prima di conoscere chi sono sarebbe bene fare delle ricerche su di loro."
Ma Giancarlo non poteva permetterle di ficcarsi nei guai in un modo simile. "No, Selvaggia, non posso permettertelo! Rischieresti troppo, e poi per cosa? Qualsiasi cosa tu riesca a fare non potresti far tornare in vita mio padre."
"Oh, andiamo! Non vorresti che almeno il suo nome venisse ripulito dalla macchia di mafioso?"
"No! Non voglio, perché il rischio è troppo alto." Urlò, cercando di persuaderla.
"Non devi preoccuparti, non corro nessun pericolo..."
"Ho detto di no, Selvaggia!" Urlò ancora, preso dalla paura. Era la prima volta che alzava la voce con lei e non avrebbe mai voluto farlo, ma non era riuscito a controllarsi. Lei poteva anche non conoscere le persone di cui stava parlando ma lui sì, e su questo era d'accordo con suo padre: erano persone troppo pericolose. Solo che, quando vide l'espressione impaurita e sconcertata con cui Selvaggia lo stava guardando si accorse di aver avuto una reazione esagerata. Sospirò, innervosito. "Scusami, non volevo alzare la voce." Disse con tono pentito. "Non volevo alzare la voce... ma tu mi devi promettere che non cercherai quelle persone, va bene?"
Selvaggia lo osservò senza capire pienamente il motivo del suo cambiamento di umore. "Beh... ho capito che sono persone pericolose, non sono stupida, ma se..."
"No!" la interruppe di nuovo. "Promettimi che non le cercherai!" Chiese risoluto, fissandola negli occhi.
Selvaggia rimase colpita da questo ennesimo scatto, lo guardò negli occhi per alcuni istanti, leggendovi la paura che lo aveva spinto a farle questa richiesta e non se la sentì di continuare a ribattere. "D'accordo, non li cercherò, se non vuoi."
"No, voglio che tu me lo prometti!" Ribadì con insistenza.
Selvaggia sbatté le palpebre. "Ok, te lo prometto..." Sospirò con più convinzione.
Giancarlo la guardò ancora per un attimo e poi la attirò a sé, abbracciandola e stringendola contro il suo petto. Non sapeva cosa avrebbe fatto se le fosse successo qualcosa a causa di quelle persone, ma il solo pensarci lo riempiva di paura.
***
Selvaggia seguì le indicazioni che Matteo le aveva inviato via sms quando lo aveva chiamato chiedendogli di vedersi. Lui le aveva risposto che non abitava più in quella casa dove era stata la prima volta e le diede l'indirizzo di un posto un po' più in periferia, nella zona conosciuta col nome di Librino.
Scese dall'autobus e aprì nuovamente il messaggio di Matteo, chiedendo un po' in giro dove si trovasse la via che cercava. Una volta raggiunto il numero civico scritto nel messaggio si ritrovò di fronte a un grande cancello grigio, con le punte gialle per impedire che qualcuno lo scavalcasse. Suonò al citofono e la voce di Matteo le rispose subito, gracchiante e metallica.
"Chi è?"
"Sono Selvaggia."
Subito un ronzio metallico e un leggero clank la avvisarono che il cancello si era aperto. Lo spinse ed entrò in un lungo cortile piastrellato, costeggiato da varie piante e da dove si accedeva al portone del palazzo. Entrando avvertì un leggero odore di umidità, ma subito sentì la voce di Matteo rimbombare tra le scale: "Ehi!"
Si sporse al centro dell'androne, guardò in su e lo vide affacciato dal terzo piano. "Ciao!" Sorrise.
Lo raggiunse e si salutarono con un bacio sulla guancia, entrarono in casa. C'era un breve corridoio da dove si attraversava subito la porta della cucina, e da dove Matteo le presentò una donna minuta, di carnagione scura, che la osservò con due occhi neri e sorridenti.
"Ti presento mia madre. Mamma, lei è la mia amica Selvaggia."
La donna era seduta a tavola rilassandosi alla tv, subito si alzò in piedi per andare incontro alla ragazza, salutandola calorosamente. Indossava vesti comode, ma era comunque una donna che si curava molto nell'aspetto.
"Mi fa davvero piacere conoscerti," si alzò in piedi sorridendo, "Matteo ha sempre parlato molto di te." Confessò con uno sguardo divertito.
Matteo arrossì e sembrò visibilmente imbarazzato. "Vabbè, noi dobbiamo fare una cosa al computer... Ciao." Fece segno a Selvaggia di seguirlo e si diresse verso la sua stanza.
"Ma come, non le offri nemmeno un caffè?" Sua madre si affacciò nel corridoio, restando in piedi sulla porta della cucina.
Ma Matteo non si voltò neanche, continuò a camminare verso la sua stanza. "Dopo, dopo..." fece un gesto di risposta alzando un braccio, aprì la porta per far entrare Selvaggia e la richiuse alle sue spalle.
Una volta soli, Selvaggia si guardò un attimo attorno, la stanza sembrava quella di un adolescente. C'erano post alle pareti di locandine di film e di modelle bellissime, oltre che a una confusione non indifferente tra vestiti gettati alla rinfusa e oggetti e libri lasciati senza cura su ogni superficie. Matteo sembrò imbarazzato ulteriormente e afferrò un paio di vestiti per appallottolarli e infilarli nell'armadio. "Scusa il disordine, ero a lavoro e non ho fatto in tempo a mettere in ordine."
"Ah, hai trovato lavoro?" Chiese, cercando di toglierlo dall'imbarazzo.
Matteo si avvicinò alla scrivania, cercando distrattamente di ordinare un po' quello che c'era sopra. "Sì... mi hanno preso al McDonald vicino all'aeroporto. Pagano bene." Rispose, voltandosi finalmente verso di lei.
Selvaggia gli si avvicinò guardandolo fisso negli occhi. "Mi dispiace chiederti un ennesimo favore, ma credo che tu sia il solo che possa aiutarmi."
"Puoi chiedermi qualsiasi favore ti serva, adesso sono ancora più libero di aiutarti."
"Perché sei più libero?"
"Perché... mi sono lasciato."
Selvaggia restò a bocca aperta. "Oddio, mi dispiace. Quindi sei tornato a stare dai tuoi?" Matteo annuì. "E come mai ti sei lasciato?"
"Oh, è una storia lunga." Tagliò corto con un gesto impaziente della mano.
Selvaggia ebbe il sospetto che lei c'entrasse qualcosa, soprattutto ripensando a quello che la sua ragazza le aveva detto l'ultima volta, ma percepì che l'amico non voleva parlarne e decise di non dirglielo. "Mi dispiace."
"Vabbè... cosa volevi chiedermi?"
Selvaggia estrasse dalla sua borsa il documento che aveva sottratto a suo padre e lo aprì alla pagina dove c'erano i nomi degli altri uomini che vennero arrestati assieme al padre di Giancarlo. "Ho bisogno di sapere tutto quello che puoi trovare su queste persone."
Matteo prese il fascicolo è lo esaminò, ignorando di cosa si trattasse. "Cosa sto leggendo?"
"Quello è il resoconto riguardante un processo in cui mio padre lavorò come avvocato difensore per il padre del mio ragazzo."
"Ah..."
"E il resto dei nomi sono uomini appartenenti a un clan mafioso che vennero arrestati in una retata assieme a lui."
A quelle parole, il ragazzo alzò gli occhi dal fascicolo e guardò l'amica, sbiancando. "Cosa?!" Chiese incredulo.
Spazio autrice:
Si deve ammettere che Selvaggia dà molta retta a quello che le dicono di non fare, eh...
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