15.2 Esegesi


Fiamme si solleveranno al cielo
dal cuore della città,
la corona sarà sciolta
e abbandonata:
verrà il caos.

L'azzurro squarciato e annegato
rilascerà decisione di fanciulla:

vendetta promessa.

Cuore nobile e spadaccino,
difesa da cercare

per una regina non tua,
e l'amata tremerà dalla rabbia
di una confidenza assente.

Soffio di vento fra le querce:
si mescolano i destini.

Stella sospirò non appena lui ebbe finito di leggere, con gli occhi fissi su un punto imprecisato del pavimento chiaro, illuminato dalle luci del tramonto. Dalla finestra aperta spirò un soffio di vento che la fece rabbrividire.

«Hai freddo?» chiese Claudio, premuroso. «Posso chiuderla, se vuoi.»

Lei scosse la testa. «Non serve... ma grazie. Piuttosto, tu cosa hai capito da questa profezia?»

«Che non parla di questo posto» rispose lui, genuino. Si portò una mano al mento, su cui aveva iniziato a crescere un sottile filo di barba scura che non gli donava affatto. «Gli alberi qui fuori non erano querce.»

«E la corona sciolta... potrebbe significare che lo Cmune è rimasto senza sovrani. Senza corona, non c'è nessuno che può indossarla e quindi essere re» aggiunse Stella. «Ma non mi spiego queste fiamme di cui parla...»

«Forse un incendio?» ipotizzò Claudio. «Dal cuore della città... al centro di una città importante. Se parla davvero dello Cmune, dobbiamo pensare che prenderà fuoco dal centro della capitale. Non ci sono mai stato, ma non so quanto siano grandi gli altri posti nello Cmune... non so se sono città vere e proprie. Mi sa che Franco mi ha detto qualcosa, ma non lo ascoltavo.»

Lei sorrise per quella candida ammissione. Giocherellò con la ciocca di capelli che era sfuggita dall'acconciatura, riflettendo. «Potresti avere ragione. Mitreluvui è il centro più grande dello Cmune e al centro... c'è il palazzo reale.»

«Quindi qualcuno farà scoppiare un incendio lì?» esclamò lui, incredulo. Aveva davvero detto qualcosa di sensato? Voleva essere orgoglioso di sé, felice per aver aiutato Stella a venire a capo del primo gruppo di righe ma qualcosa nel volto corrucciato di lei gli spense l'entusiasmo. «Ho detto qualcosa che non va?»

«Se ci sarà un incendio, il rischio che Nicola non sopravviva è molto alto» sussurrò la principessa. «Le prigioni sono nei sotterranei, se lo appiccano proprio sopra di lui...»

Claudio le passò una mano intorno alle spalle, nel vederla così preoccupata. «Potrebbe anche essere un diversivo per farlo scappare. Così la corona è sciolta, ma non per un significato nascosto... proprio per il fuoco.»

Stella si abbandonò a un altro profondo sospiro. «Vorrei che fosse così, ma le nostre... sono soltanto ipotesi. Perché questo azzurro subito dopo potrebbe indicare il colore blu dei tulipani dei Lotnevi... è il simbolo della loro famiglia. E se fosse vero che Nicola venga giustiziato dai Lupfo-Evoco?»

«Lo hanno già condannato» disse lui. «Il sacerdote ha...»

«Lo so, Claudio lo so.»

Gli occhi azzurri di lei si posarono in quelli grigi di lui, cielo limpido riversato in uno nuvoloso. Stella fece per parlare, aprì la bocca per richiuderla subito dopo.

«Cosa c'è che non va?»

«E se noi interpretassimo bene la profezia? E se scoprissimo che sono predetti eventi che non possiamo impedire? E se ci provassimo e il solo provarci li rendesse reali?»

Lui fu spiazzato da quella possibilità. Si morse il labbro interno e poi parlò. «Non possiamo farci niente. Noi non dobbiamo impedire che si realizzino, anche se fossero cose orribili... Noi siamo qui per capire cosa Raissa è convinta che accadrà nel suo futuro.»

«Ma così possiamo scoprire altre cose...» mormorò lei. «Tu come faresti a conviverci?»

«Io ci convivo già» rispose Claudio, senza pensare.

L'occhiata che lei gli rivolse non era di sorpresa, ma di viva curiosità mista alla mestizia di poco prima. «Immaginavo bene, sei un Veggente anche tu.»

«Io...» esitò Claudio. In cuor suo sapeva che quella era la verità, ma non voleva ammetterla ad alta voce. «Credo di sì. Ogni tanto ho qualche visione... e svengo. L'ultima volta per fortuna non è successo, ma potrebbe accadere mentre sono qui.»

«Flora lo sa?» gli domandò allora Stella. Dubitava che l'amica le avesse tenuta segreta una confidenza del genere: forse le lettere che si scambiavano erano controllate, ma il linguaggio in codice che avevano sviluppato da bambine per comunicare aveva sempre superato quell'ostacolo. Il dubbio che lei non avesse ancora trovato un modo per spiegarglielo la spinse a chiedere.

«No, lo sa soltanto Arturo, perché quando mi è successo la volta scorsa ero insieme a lui. Per fortuna lei non c'era. Si sarebbe arrabbiata terribilmente... Mi stai ascoltando?»

La principessa Estate aveva gli occhi puntati sul libro, assorta nella rilettura.

«L'amata tremerà dalla rabbia di una confidenza assente...» mormorò. «Flora lo scoprirà. Lo scoprirà e si infurierà... questo potrebbe parlare di noi. Ma il cuore nobile e spadaccino potrebbe essere Arturo, e allora non avrebbe senso.»

Claudio sospirò, rileggendo. «Secondo me è Franco. Lui ora... no, non posso dirlo. Beh, penso che possa trattarsi di lui. Devi fidarti di me.»

«Mi fido di te» disse lei, sovrappensiero. «Può darsi che sia lui. Non so perché mi sia venuto in mente Arturo, forse perché è un mercenario... ma non mi sembra proprio il tipo che abbia un'amata da qualche parte.»

Lui scosse appena la testa. «Invece sì, sai? Non parla mai dei suoi trascorsi con gli Autunno... dice solo che non ha mai lavorato per Raissa e basta. Forse a qualche segreto laggiù, ma sinceramente non glielo chiederei mai.»

«Neanche io» rise Stella. «Potrebbe ucciderci, se lo facessimo!»

Anche Claudio scoppiò a ridere, scostando i capelli scuri che gli ricadevano scomposti sulla fronte. Così li trovarono due sacerdotesse che avevano portato le lenzuola per i loro letti. Le ringraziarono, dicendo che se ne sarebbero occupati loro.

«Non ho idea di come si faccia» sussurrò l'Estate non appena le donne furono uscite dalla stanza.

«Ti insegno» le sorrise Claudio. Prese il primo lenzuolo di lino e lo dispiegò davanti agli occhi attenti della nobile, posando gli altri sul pavimento. Le indicò di mettersi al lato opposto del letto e di imitare i suoi movimenti.

«Mi rimane un dubbio sulla profezia» disse lei, infilando un angolo di stoffa sotto al materasso. «Parla di un azzurro squarciato e annegato... le condanne dei Lupfo-Evoco non prevedono l'annegamento: è una morte lunga e troppo crudele, persino per un regicida.»

«Forse lo uccidono e lo buttano in acqua?» ipotizzò il popolano, sistemando le pieghe che si erano formate nella stesura del lenzuolo. Si piegò a terra per raccogliere quello da sistemare sopra, e quando si rialzò incontrò l'espressione confusa di Stella. «Non ti sembra possibile?»

«Nicola Lotnevi è un principe. L'unico erede di due casate, perché la famiglia di Felicita si è estinta con una pestilenza nel Crisera... Nonostante tutto, voglio sperare che la corte di Cmune o altri nobili abbiano la decenza di pretendere per lui una sepoltura nel cimitero di famiglia.»

«Non credo che lo faranno» commentò Claudio, dispiegando il lenzuolo e facendo segno all'Estate di afferrare i lembi davanti a lei. «Flora mi ha spiegato come funzionano i Lupfo-Evoco, e visto che a chiedere di convocarli devono essere stati proprio i nobili di Cmune, io non credo che si daranno da fare per dargli una sepoltura degna di un principe. Scusami se sono un po' diretto...»

Lei scosse la testa con un cenno lieve. «Non ti preoccupare. In realt...»

Stella si interruppe, e osservò lui ripiegare l'estremità superiore del tessuto, chino sul letto e concentrato su ogni minimo movimento: sembrava che Claudio non si fosse accorto della sua esitazione, né del tremolio delle sue ultime parole.

Lui sollevò il capo, rivolgendole un sorriso spensierato. «Guarda che ti stavo ascoltando!»

L'Estate si portò le mani al volto, chiudendo gli occhi. Si sedette sul lato del letto che lei non aveva terminato di sistemare, una gamba lasciata a penzoloni, l'altra sulla stoffa leggera e in disordine con il ginocchio piegato.

«L'azzurro... Claudio, temo di aver capito. Non parlava dei Lotnevi, almeno non quella strofa.»

Il giovane si sistemò di fronte a lei, temendo che fosse indelicato mettersi al suo fianco. Non voleva che Stella pensasse che lui avesse cattive intenzioni: cercava di essere il più cavalleresco possibile, nonostante non la ritenesse una sua qualità. E provava una simpatia istintiva per lei, quindi cercava di non creare situazioni spiacevoli per entrambi. Tuttavia si vide costretto ad allontanare quelle dita affusolate dal suo volto, che si accorse solo in quel momento di apprezzare in ogni lineamento. Rimase imbambolato al vedere un sentimento simile alla paura impresso sulle labbra sottili, su quegli occhi semichiusi, le sopracciglia abbassate, come se non riuscisse a dire quello che aveva compreso.

«Stella, io non so di cosa stai parlando» ammise. Si rese conto con qualche secondo di troppo di avere ancora le mani di lei tra le sue, ma la fanciulla non lasciava la presa. «Tu conosci molte più cose di me, non riesco a seguire tutti i tuoi ragionamenti...»

Lei sospirò. «L'azzurro è il simbolo della famiglia De Ghiacci... come ho fatto a non pensarci prima?» Solo il quel momento sollevò lo sguardo, incontrando quegli occhi di cenere che la scrutavano con attenzione. «Adesso sono Roberto e Bianca a occuparsi degli accordi con gli altri regni... e visto che parla di una vendetta... loro potrebbero essere ai Lupfo-Evoco e per tornare qui dovrebbero attraversare il Litil. Se una nave di...» tentennò, e strinse con calore le dita rudi di lui, trovandovi il coraggio per proseguire e dare completezza alla sua interpretazione. «... Degli Autunno li intercettasse e li catturasse? Temo per Roberto... Perché se la vendetta promessa è di Bianca, significa che a lui accadrà qualcosa...»

«Ha senso» sussurrò Claudio. «Però... Arturo ha detto che capire cosa intendono dire di preciso è molto difficile. Potrebbe esserci qualcosa che non conosciamo e a cui si riferisce, potrebbe parlare di qualcosa già successa...»

«Lo so, ma qui combaciano troppe cose. D'accordo, non so capire che cosa significhino qui le querce, ma vedo troppe cose familiari. Cla...»

Lasciò il nome di lui sospeso e allontanò le mani dalle sue.

Claudio sospirò, triste. Voleva rassicurarla, calmarla, ma comprendeva il turbamento di lei e non si sentiva in grado di poterlo annullare.

«Quando ho avuto l'ultima visione... non ho visto niente» disse, senza sapere dove il discorso lo avrebbe condotto. Aveva bisogno di rompere il silenzio che era calato e gli sembrò che quello fosse il modo migliore per farlo; o forse fu solo l'unico che gli venne in mente. «In genere mi appare qualche immagine sconnessa, che poi si tramuta in parole che mi rimangono in testa. Ma quella volta no: ho solo perso la vista per qualche secondo e... qualcosa mi ha fatto capire che non sarei dovuto partire per il Pecama. Eppure da quando siamo qui nessuno ci ha trovati, nessuno ha scoperto dov'è Flora... Non capisco se era un avvertimento per me, o anche per lei.»

«Ti preoccupi molto per lei» sospirò Stella, lanciando un'occhiata pensierosa alla finestra, quasi una feritoia incastonata nel marmo che permetteva alle ultime luci di filtrare. Il giorno si avviava alla fine ma, nonostante la gran quantità di eventi e rivelazioni di quelle ore, l'Estate non si sentiva affatto spossata.

«Certo che mi preoccupo, anche se non mi strappo i capelli per tutto» disse lui, con un sorriso. «Ma ora abbiamo qualche profezia da poter leggere. Forse siamo stanchi, e siamo così presi dall'idea di poterci capire qualcosa che riguardi proprio noi che potremmo esserci sbagliati... »

Lei annuì senza convinzione. «Sì, potremmo.»

«Stella?»

Claudio si era accorto che qualcosa non andava: di punto in bianco lei sembrava assente, come atterrita dalla prospettiva che quanto avevano compreso fosse già realtà o che potesse diventare tale da un momento all'altro. Quando lei si voltò e lo guardò con quegli occhi chiari, cercò di trasmetterle il suo spaesamento, ma temette di non esserci riuscito perché lei gli augurò la buonanotte e uscì dalla camera.

«Ma dove vai?» la richiamò lui ridendo.

Lei rientrò, confusa. «Non penserai che dorma qui con te?»

«Nell'altra stanza le lenzuola vanno ancora messe» le spiegò Claudio, con quel suo tono gentile.

«Resta qui, io so cavarmela benissimo con quelle.»

«Me ne ero completamente dimenticata» sorrise Stella. Tornò a sedersi sul letto, mentre lui afferrava il manoscritto con le profezie. Si tolse i sandali e vide che lui era rimasto sulla soglia e la salutava agitando la mano.

Scoppiò a ridere, ma gli chiese di chiudere la porta, come lui fece continuando ad avere negli occhi grigi quella scintilla da giullare.

Sì, si disse, è davvero un bene che ci sia anche lui... nonostante quella visione.

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