14.4 Un Veggente
Quando il sacerdote li aveva lasciati da soli, i quattro giovani avevano continuato a guardarsi intorno, cercando di capire se dagli scaffali ordinati provenisse una qualsiasi minaccia. Claudio aveva chiesto a Stella di porgergli il manoscritto di Ennio Estate e lo stava sfogliando seduto a un angolo della sala.
«Non credo che siano pericolosi» disse Arturo dopo un po'.
«Come fai ad esserne sicuro?» sussurrò Stella. «Sono protetti dalla magia, e se aprendone uno si sprigionasse una nuvola di veleno? Dobbiamo essere preparati a qualsiasi cosa!»
«Dovevamo pensarci prima» si rammaricò Flora affiancando il suo amico, ancora intento nella lettura.
Il mercenario sbuffò, ma non disse nulla: non voleva darle un pretesto per una nuova discussione.
"Le visioni si presentavano casuali, erano immagini confuse, e poi c'erano delle parole che avvertivo chiaramente nella mia testa. Non sapevo quanto avessero un significato, né se era l'opera di una divinità. Ero convinto che il Sole mi avrebbe mostrato una via, indicato un sentiero sicuro, eppure mi giunse la voce che anche al tempo della Luna nel Sud dell'Estate c'erano stati episodi di sacerdoti o sacerdotesse svenute e che raccontavano di aver avuto una delle cosiddette visioni. La certezza venne con il mio viaggio verso il Vorrìtrico, antico nome del Continente che noi utilizziamo ancora in ossequio ai costumi degli avi. Lì incontrai..."
«Claudio?» lo richiamò Stella. «Hai scoperto qualcosa di importante?»
Lui trasalì, come se fosse stato svegliato da un sogno.
«Per ora no» rispose lui. «Dovrei continuare a leggere.»
«Se trovi qualsiasi informazione...» iniziò a dire Flora, lasciando la frase in sospeso.
Il giovane defico si voltò per cercare l'amica con lo sguardo. La Primavera sembrava attratta da un volume marroncino che si trovava su uno scaffale all'altezza del suo viso.
«Credi che sia quello?»
«Flora, tutto bene?»
Udì le voci di Claudio e Stella, ma le giungevano distanti: le sembrava che qualcuno avesse coperto le sue orecchie con un lenzuolo. Si sentiva chiamare da quel codice, e non ne comprendeva il motivo. Della polvere era posata sulla copertina, quasi la invitasse a passarci sopra la mano.
Si alzò sulle punte dei piedi e come prima cosa soffiò sul pulviscolo, ma quello non si mosse da dove si era posato chissà quanto tempo prima. Curioso, si disse, l'unico punto con un po' di polvere è proprio questo... e se facessi...
Claudio la vide allungare la mano verso il libro, ma Flora la ritrasse al primissimo contatto, con un grido di dolore.
«Cosa è successo?» chiese subito Arturo, avvicinandosi a grandi passi.
«Ha toccato... » iniziò Claudio, ma la prontezza di Stella lo sovrastò.
«Il libro! Deve essere quello, non può essere toccato!» esclamò l'Estate.
«Cosa ti senti?» domandò il mercenario, indicando alla nobile di sedersi su una sedia.
«Ha... ha bruciato... è stato come se avessi toccato un tizzone ardente...» ansimò lei. Flora sembrava spossata, scombussolata da un dolore che non aveva lasciato alcuna traccia visibile. Si guardò la mano, mostrandola anche agli altri, ma non c'era nulla di insolito. Le lunghe dita affusolate non presentavano alcun segno di ciò che le aveva colpite poco prima.
Claudio sfogliò il manoscritto di Ennio, sperando che l'avo degli Estate possedesse una risposta sul come poter toccare i libri delle profezie.
«Lui non dice niente...» sbuffò, infastidito. Si era illuso che lì potesse davvero esserci qualcosa di utile. E se quel Veggente non avesse trascritto informazioni che li potessero aiutare nell'accedere alle profezie?
«Pensi che ci sia una risposta?» gli chiese Arturo brusco, accennando al libro. Ma il suo tono di voce era giustificato dal turbamento di Flora, che guardava quel codice rilegato come se lo desiderasse e lo temesse al tempo stesso.
«Era quello che speravo» ammise Claudio. «Ma per ora ancora niente. Avremmo dovuto leggerlo prima di venire qui...»
«Non abbiamo tempo» lo interruppe il mercenario. «Se quello è il libro giusto, dobbiamo trovare il modo di prenderlo e leggerlo.»
«Lo è» sussurrò Flora. «Lo sento, è lui.»
Claudio lanciò un'occhiata a Stella, che guardava quel volume pensierosa; non sembrava che anche lei ne fosse attratta, quanto che cercasse di capire da quale magia oscura fosse protetto.
«Siamo in quattro» disse l'Estate. «Un numero abbastanza alto, se consideriamo in quanti sono venuti qui nel corso dei secoli. Non credo che questa stanza abbia mai visto tante persone tutte insieme. Se abbiamo un po' di fortuna, a uno di noi dovrebbe essere concesso di toccarlo.»
«Un po' di fortuna?» esclamò Arturo, allargando le mani, in un gesto infastidito. «Non possiamo affidarci al caso! E se quel sacerdote...»
«Lui non può prenderlo» spiegò lei. «Altrimenti sarebbe rimasto qui e ce lo avrebbe dato. Lo conosco, dà sempre di persona i libri a chi li chiede, mi è già capitato in passato. Se questa volta non l'ha fatto, è solo perché non può.»
«Quindi dobbiamo tutti fare un tentativo» concluse Claudio. «Non c'è bisogno che Flora lo faccia, perché... be', lo vediamo da noi perché.»
Non voleva essere indelicato nei confronti della sua amica, che però sollevò lo sguardo verso di lui, riconoscente.
«Sembrava che mi chiamasse» disse lei. «Non saprei spiegarlo, è come se lì ci fosse qualcosa di mio e io dovessi sapere di cosa si tratta...»
Arturo si grattò la nuca, indeciso per la prima volta su cosa fare. Se Flora, che nonostante tutto aveva mostrato una buona resistenza fisica sia al viaggio sia all'assenza di comodità del castello, era stata tanto turbata da quel libro, non c'era da sottovalutare l'incantesimo che lo proteggeva.
«Volontari?» chiese Claudio scompigliandosi i capelli scuri e troppo cresciuti.
Stella guardò la copertina marroncina del codice con serenità, come riflettendo sul da farsi.
«Allora facciamo così» disse di nuovo il giovane defico. Prendere decisioni per tutto il gruppo era qualcosa di nuovo per lui, e non riusciva a credere, in cuor suo, che a nessuno fosse venuto in mente quanto avrebbe proposto. «Flora e Stella è meglio che non ci rimettano, perché io non vorrei mai avere sulla coscienza se capitasse loro qualcosa di male, senza considerare i genitori... che mi fanno un po' paura.»
La principessa Estate scoppiò a ridere nell'udire quelle parole: la sincerità genuina di quel ragazzo le piaceva, sebbene a volte risultasse ridicolo.
«Il mio dovere è di proteggervi tutti, quindi direi che lo prendo io» disse Arturo, ma Claudio scosse la testa.
«Flora ha sentito la mano che le bruciava. Le tue mani ci servono sulla spada: io non so combattere e anche se Stella ha iniziato a imparare qualcosa da te, ancora non può difenderci. Rimango soltanto io, e io non ho paura di un libro magico.»
Il mercenario annuì: la sicurezza di Claudio nel pronunciare quelle parole lo faceva sentire sicuro. Oltre al buon cuore dimostrava di avere anche coraggio, quel coraggio che non gli avrebbe mai attribuito alla prima occhiata che gli aveva rivolto ormai diversi giorni addietro, quando sembrava che lo volesse minacciare con una tazza di caffellatte.
«D'accordo, allora.»
«Non può farlo!» esclamò Flora. «E se si facesse del male?»
«Dobbiamo correre il rischio» le spiegò Stella. «Ha ragione lui, non ci sono alternative.»
Claudio sorrise. «Sono sopravvissuto alle guardie della regina davanti al castello, cosa può farmi un libro?»
L'Estate trattenne un'altra risata: era davvero un sollievo che ci fosse anche lui in quell'avventura. Forse non sapeva combattere, ma il suo temperamento era proprio quello che occorreva nei momenti di maggiore tensione, come quello.
Il giovane del Defi si accorse di quello sbuffo mal contenuto dalla principessa e le lanciò un'occhiata divertita. Si avvicinò allo scaffale, allungò il braccio e le sue dita sfiorarono la copertina di cuoio del codice antico. Sorrise con un angolo della bocca, soddisfatto: aveva avuto la meglio lui su qualsiasi magia fosse.
Estrasse il manoscritto dallo scaffale, compiaciuto.
«Quindi è questo?» ridacchiò. «Non fa nulla, sembra un libro come tanti!»
«Non diresti così se ti avesse bruciato la mano» commentò Flora con una punta di amarezza.
Claudio si rigirò quel parallelepipedo tra le mani, come cercando di comprendere da dove provenisse l'incantesimo, se ci fosse un modo per interromperlo per permettere che anche gli altri lo potessero toccare.
Arturo lo affiancò, scrutando il manufatto con attenzione. «Non ha niente che lo distingua da qualsiasi altro» ammise.
«Forse proprio per questo è così pericoloso» constatò Stella. «Ma dobbiamo ancora spiegarci perché Flora si sentisse così attratta da prenderlo.»
«Dev'esserci qualcosa che parla di lei» ipotizzò Claudio. «Sono magie... fino a quando non ho scoperto del passaggio segreto tra la camera di Flora e la botola a casa mia, non credevo che esistessero, ma ora... è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti, mi sa.»
La principessa Estate lo scrutò con attenzione. Lui le era sembrato un ragazzo ingenuo, dotato di buon cuore e di spirito di osservazione, questo sì; tuttavia non avrebbe creduto di sentirlo parlare con tanta sicurezza dei misteri di Selenia. Le tornò alla mente che le aveva chiesto il manoscritto di Ennio quasi con avidità, come se il desiderio di saperne di più non fosse legato a una mera curiosità, ma che ci fosse altro dietro, qualcosa che lei si decise a scoprire.
«Quindi dobbiamo aspettarci di tutto» disse Flora, proprio nel momento in cui la porta della sala si spalancò e comparve un giovane sacerdote dal viso imberbe, uno di quelli con cui lei aveva parlato quel mattino. Il ragazzo si appoggiò allo stipite, riprendendo fiato; il volto era accaldato e il viso sembrava coperto di sudore, non a causa dell'umidità in quel piano sotterraneo.
«Perché ci sei tu qui?» chiese Stella, con autorità. «Lo Sposo della Luna ha detto che sarebbe tornato lui.»
«Lui...» ansimò il sacerdote. «Lui ha inviato una lettera a re Vittorio con un messaggero a cavallo. Ha detto a una consorella che vi avrebbe tenuti qui fino al suo arrivo... Non si era accorto che lo stavo spiando... Dovete andare via...»
«Pensavo che fossimo chiusi a chiave» ribatté Arturo. Quel giovane non gli sembrava del tutto sincero. Come poteva essere entrato lì?
«Era chiuso a chiave...» disse lui, agitandone una sottile. «Ho aperto senza far rumore.»
«Lo Sposo non dovrebbe...» iniziò a dire l'erede degli Estate.
«Non c'è tempo per questo» la interruppe il sacerdote, ma a un'occhiataccia del mercenario si vide costretto a spiegare. «Sono in parte Veggente, quando mi sembra di vedere qualcosa, vengo qui e lo scrivo: per questo ho la chiave, se succede in momenti in cui lo Sposo non può...»
«Puoi farci andare via da qui senza che qualcuno ci veda?» domandò Arturo, interrompendolo.
Il ragazzo annuì. «Dobbiamo fare presto, non so quanto ci vorrà.»
«Nel frattempo questo lo tengo io» stabilì Claudio, posando il libro delle profezie sul manoscritto di Ennio. Poi prese entrambi e li ripose nella sua sacca da viaggio.
«Seguitemi, da questa parte.»
Il sacerdote imberbe li fece uscire dalla sala in silenzio. Si voltò alle spalle, controllando che non ci fosse nessuno che si spingesse fino a quei corridoi sotterranei, poi li guidò verso una scalinata che conduceva ancora più in basso.
Claudio scambiò uno sguardo con Arturo, che sembrava aver fiutato un pericolo.
«Non sei convinto?» gli chiese in un bisbiglio.
Il mercenario scosse la testa, indicandogli con il mento Flora e Stella, già di qualche passo davanti a loro. «Non è questo a preoccuparmi... forse c'è un modo per uscire, le costruzioni più antiche hanno dei tunnel sotterranei. Ma non capisco perché lo stia facendo.»
«Forse ha visto qualcosa» ipotizzò Claudio, procedendo a tentoni, senza guardare dove metteva i piedi. Calpestò qualcosa di melmoso, ma non si soffermò a guardare cosa fosse.
«Forse» convenne l'altro. «Questo posto è pieno di fango...»
Il contadino annusò l'aria: in un primo momento non si era accorto dell'odore di terra bagnata, illuminata a malapena dalle torce fioche sistemate a lunghi intervalli regolari sulle pareti. Doveva essere un luogo che gli adepti del culto del Sole erano soliti utilizzare.
Facendo attenzione a non scivolare, raggiunsero a grandi passi le due nobili, che seguivano in religioso silenzio il sacerdote.
«Siamo vicino a un fiume sotterraneo?» domandò il mercenario.
«Sì» bisbigliò il giovane. «Ma non alzate la voce, c'è il rischio che il suono rimbombi.»
«Dove ci stai portando?» insisté Arturo.
Il ragazzo si fermò. Si stropicciò gli occhi e sospirò, prima di parlare.
«In fondo, sulla destra, c'è una porta. Quando la supererete, vi ritroverete in un corridoio diverso da questo: ve ne accorgerete subito. Percorretelo fino alla fine, vi porterà lontano da qui. Ci sarà un'altra porta da cui passare, ricordatevi di chiuderla. Io non posso venire con voi, altrimenti rischierei di non tornare indietro.»
«Non tornare indietro?» ripeté Claudio. «In che senso? Noi torneremo? Che cosa...»
«Non c'è tempo per le spiegazioni, siete costretti a fidarvi di me» disse il sacerdote. Poi si rivolse a Stella: «Altezza, ho visto cose tremende... Se ho interpretato bene le mie visioni, Raissa Autunno è ovunque, e minaccia anche la vostra famiglia. Vi prego, fate attenzione.»
La principessa Estate annuì. «Dove arriveremo, una volta usciti dalla seconda porta?»
«Non saprei dire, è imprevedibile» rispose il ragazzo, prima di scappare a gambe levate dalla direzione da cui provenivano.
«Che giornata» commentò Claudio, attirandosi un'occhiata di rimprovero da Flora.
«Ormai siamo qui, non ci resta che andare avanti» disse lei. «Possiamo fidarci, ne sono certa.»
Arturo si trattenne dal commentare che sarebbe dovuta essere certa anche sul suo conto, mentre invece rimaneva diffidente. Qualcosa non gli tornava, il giovane sacerdote era stato evasivo, e per quale motivo quel nuovo corridoio in cui si sarebbero inoltrati sarebbe stato tanto diverso?
«Ha detto di essere un Veggente...» constatò Claudio. «Se ha visto qualcosa, se ha letto le profezie... e se ne ha scritta qualcuna lui stesso...»
«Forse sa a cosa stiamo andando incontro» mormorò Stella. «Andiamo, non perdiamo altro tempo. Attenti tutti a non cadere, sbrighiamoci.»
Le due principesse avanzano con grandi passi, ponendo con cura i piedi sul terreno ricoperto di fanghiglia, in modo da non scivolare, mentre i popolani rimasero di nuovo qualche passo indietro.
«Non so cosa ti abbiano fatto di male i sacerdoti, ma dovresti fidarti» sussurrò il giovane di Defi. «Loro si sentono sicure... penso che Flora abbia un sesto senso.»
«Allora fa' attenzione che non scopra il tuo segreto, o ti odierà per averlo nascosto» lo ammonì Arturo, seguendo le nobili.
Claudio scrollò le spalle, avanzando lentamente e con ampie falcate, come se fosse un cavallo che cerca di saltare un ostacolo alla volta senza inciampare nei propri piedi. Iniziava a sentire l'umidità entrargli sotto la pelle, come nelle notti invernali cariche di pioggia; quando era a casa amava quella sensazione ma in quel momento sperò solo di non buscarsi un raffreddore che lo avrebbe debilitato per giorni.
Raggiunsero la porta indicata dal giovane Veggente e Stella, dopo aver tirato un profondo sospiro di sollievo, abbassò la maniglia arrugginita, aprendo davanti a loro un altro corridoio, in cui, però, non c'era fanghiglia a ricoprirne la pietra.
Entrarono, ricordandosi di chiudere dopo il loro passaggio. Arturo guardò gli altri tre correre in quel corridoio buio, spinti dal desiderio di allontanarsi in fretta. Forse qualche presentimento della presenza di Vittorio che arrivava al tempio? Non avrebbe saputo dirlo, ma lui si soffermò a guardare la pietra delle pareti lunghe egli parve di scorgere della luce ambrata. Le sue dita scure toccarono il muro e gli parve di avvertire qualcosa di conosciuto, sebbene non avesse idea di cosa fosse. La sua attenzione venne catturata da un altro bagliore che sembrava nascosto dalle pareti, ma di un colore diverso. Viola?
«Cosa fai laggiù? Sbrigati, se Vittorio ci raggiunge ci ammazza!» esclamò Claudio. La voce giungeva come un'eco lontana, il mercenario non riusciva neanche a vederne la figura.
Si vide costretto ad abbandonare la sua curiosità insoddisfatta e a inseguire gli altri. Li raggiunse davanti a un'altra porta chiusa.
«Cosa stavi facendo?» lo rimproverò Flora. «Non possiamo farci trovare!»
Arturo scrollò le spalle: non aveva più voglia di discutere, almeno non per quella giornata. Si fece avanti e spalancò il nuovo ingresso.
«Ma che... »
Claudio non completò la domanda, rapito da un'altra meraviglia. Dopo aver visto come giungere a Castelscoglio non avrebbe più dovuto stupirsi di nulla, ma come spiegarsi il luogo agreste in cui erano finiti?
Una radura, simile a quella intorno al tempio del Sole in cui si trovava Nuvola, era illuminata dai raggi obliqui del tramonto. La luce solare filtrava da chiome di pini marittimi, disposti in circolo, come piantati con attenzione al momento dell'edificazione del tempio, anch'esso di forma circolare.
Il colonnato intorno era ricoperto di edera, che si arrampicava armonica fino a giungere al tetto a cono, ricoprendo il colore marmoreo al di sotto, tuttavia lo faceva in maniera ordinata ed elegante, non come una pianta che aveva l'abitudine di occupare caotica lo spazio. Su uno dei tre gradini che conduceva all'ingresso del tempio, un sacerdote anziano suonava un flauto a più canne.
«Vudeli» mormorò Stella. «I suoi sacerdoti suonano il Flauto di Bronzo.»
Solo in quel momento Claudio si accorse che lo strumento tra le mani dell'uomo era di metallo. Non sapeva chi o cosa fosse "Vudeli", ma non domandò: in quel momento gli bastava sapere che si erano messi alle spalle il pericolo.
Si voltò, per guardare la porta che uno degli altri doveva aver richiuso, ma non vide altro che altri alberi, come se loro fossero sbucati fuori dal nulla.
«Altro che magia, qui c'è proprio qualcosa di assurdo» commentò.
Arturo annuì, facendogli poi cenno di seguire le principesse, che si erano accostate al sacerdote. Quello smise di soffiare nel flauto, e sollevò lo sguardo verso le due ragazze e i due ragazzi. Gli occhi di miele si illuminarono, scorgendo forse qualcosa che si aspettava di vedere.
«Erano mesi che attendevamo il vostro arrivo. Andiamo, è ora che voi mangiate qualcosa, mi sembrate molto stanchi e provati.»
«Non potremmo avere qualche spiegazione?» chiese Flora. «Innanzitutto, dove siamo?»
«Siamo nel sud del Regno del Mare» rispose l'uomo con un sorriso, alzandosi in piedi e riponendo il flauto in una tasca della tunica azzurra, ricamata con dei motivi irregolari, come se chi avesse avuto in mano l'ago e quel filo nero avesse la testa altrove e non si preoccupasse dell'armonia del disegno. «Questo è uno dei templi di Vudeli.»
«Ci aspettavate?» domandò Arturo, diffidente.
«Arcadio, un sacerdote della Luna, mi aveva predetto il vostro arrivo. Lui è nel Regno dell'Estate.»
«Arcadio...» ripeté Stella. «Si tratta di un ragazzo sui quindici anni, biondo e con il viso un po' rotondetto?»
L'uomo annuì. «Immagino che vi abbia aiutato lui a venire qui. E dal vostro stupore immagino che non ci sia stato tempo per le spiegazioni.»
«Decisamente no» sorrise Claudio. «Siamo qui e non sappiamo nemmeno come.»
«Allora è il momento di darvi delle risposte» disse il sacerdote. Puntò i suoi occhi di miele in quelli azzurri di Flora, che comprese. Erano lì guidati dal destino: se le profezie davvero erano state in grado di preannunciare il loro arrivo in quel luogo, li avrebbero guidati per una via più lunga e intricata, non lineare e piena di ostacoli lungo il percorso. Nulla in quel luogo le dava l'impressione che ci potesse essere un inganno, dunque si fidò e seguì il vegliardo all'interno del tempio, imitata dagli altri.
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