Il primo caso

La sede di quell'agenzia è enorme. Un palazzo gigantesco coperto da vetri scuri a specchio, incastrato tra altri grattacieli e ornato da piccole fontanelle all'ingresso. Limpide e cristalline. Un vero spreco di acqua, commento tra me e me.

Dovevo farmi ben due ore di treno per arrivarci, ma in fin dei conti per un lavoro non era un grande sacrificio. Sopratutto se sei rimasta ferma per tre duri e lunghi mesi.

Quando entro, passando per delle porte telecomandate, come quelle dei supermercati, l'aria condizionata troppo forte mi investe, facendomi gelare nella mia camicetta a maniche corte.

Già mi pregustavo i viaggi, le esplorazioni, le ricerche, gli animali che avrei dovuto accudire con pazienza e amore e mi crogiolavo nel fatto che ben presto sarei tornata a una vita più movimentata.

Una piccola donna con i capelli neri legati in una crocchia elegante mi accompagna verso gli ascensori, fino all'ultimo piano. Sulla punta della lingua ho così tante domande, ma credo sarebbe meglio aspettare di porle quando sarò davanti al manager.

Quando l'ascensore si apre con un sonoro din, segnalandoci che siamo arrivate, per poco non inciampo nei tacchi che mi sono costretta a mettere per fare bella figura. Calma, calma, calmati!

La segretaria mi chiede di aspettare e io annuisco accondiscendete, frugando con gli occhi le piante decorative che ornano il corridoio illuminato da luci a neon. Riconoscendole come delle bizzarre felci finte fatte di un materiale simile al velluto. La donna sparisce lasciandomi sola con il ronzio dei condizionatori in sottofondo.

Poco dopo quella che mi è sembrata un'eternità però riappare e mi dice che il manager mi aspetta all'ufficio numero 56.

Le porte che costellano le pareti del corridoio sono bianche come il muro, ma numerate. Guardo il mio orologio da polso prima di ringraziarla e incamminarmi verso la direzione che mi ha indicato. Sono in perfetto orario.

Controllo i numeri sulle porte e appena scorgo quello che cerco mi fermo. Prendo un bel respiro ed entro. La sala è piuttosto piccola e presenta solo una libreria che copre tutta la parete destra. Una finestra da cui intravedo le punte dei grattacieli e una scrivania in mogano con due poltroncine. Seduto davanti a un computer c'è un uomo completamente pelato e abbronzato. Vestito in giacca e cravatta grigi e anonimi.

«Buongiorno signorina Porter» mi saluta.

«Buongiorno».

«Prego si sieda pure» mi invita indicandomi la poltroncina rossa. Lo ascolto, cercando di dissimulare l'improvviso nervosismo che mi attanaglia lo stomaco.

«Questo è il suo contratto» continua, porgendomi dei fogli e una penna. Con mani tremanti lo prendo e comincio a leggerlo. Il nome della società è diverso. Cominciamo bene.

«Non si chiamava Floralis?» domando confusa.

«Oh, quella è solo una copertura» mi risponde, toccandosi il mento «In realtà siamo un'agenzia di investigatori privati».

«Come, prego?». Non era per nulla il lavoro che volevo fare. Poso la penna e i fogli.

«Si tratta di sicurezza. Vede lei è un'ottima persona. Ha un curriculum che non abbiamo potuto ignorare e così abbiamo dirottato il suo colloquio per la Floralis».

«Cosa avete fatto?» chiedo mentre il nervosismo lascia spazio alla rabbia.

«Jane» quell'uomo mi chiama per nome. «Dobbiamo lavorare a un caso importante, e  le tue conoscenze sulle piante e sugli animali sono fondamentali. Anche tuo padre ha lavorato per noi in passato. Per questo abbiamo pensato a te. Tu potrai aiutarci a mantenere la nostra segretezza, sfruttando le tue accurate capacità sul campo».

«Non me ne ha mai parlato» mi irrigidisco sullo schienale.

«Perché appunto siamo un'associazione segreta, nemmeno lo stato sa chi siamo».

«E che cosa sarebbe questo "caso"?» domando sempre più confusa.

«Qualcuno sta uccidendo delle persone, si muove in fretta. Le persone muoiono, Jane, e sospettiamo sia un'avvelenamento, ma non riusciamo a capirne la causa, né chi c'è dietro». Mi indica i fogli. «Verrai ricompensata profumatamente se ci aiuti, a te la scelta».

«I telegiornali non parlano di scomparsi o eventi simili...» replico.

«Non ne parlano perché altrimenti la popolazione andrebbe nel panico» mi interrompe. «Se firmerai ti verrà spiegato tutto».

«Posso valutare questa cosa?».

Ma l'uomo scuote la testa. «No, non abbiamo più molto tempo». 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top