Capitolo 28 Accuse
«Ciao Cristal» sussurro e faccio per andarmene quando lei mi richiama «fammi compagnia non ci metto molto» dice per poi entrare in un bagno « è da un po' che non ti vedo, come stai?» chiede con voce alta «bene e tu?» mormoro alzando gli occhi al cielo, mentre cerco di contenere il nervosismo «bene anche se non ho dormito molto stanotte...non so se capisci cosa intendo» dice con una risata, per poi uscire dal bagno con un sorriso lascivo, mentre faccio un respiro profondo...Sta mentendo...Ian non è andato con lei...o forse è lui che mi mente? L'idea che sia andato a letto con lei per continuare la recita, mi provoca un dolore al petto talmente forte che ci poso una mano sopra «certo capisco» faccio per girarmi verso la porta quando la sua voce mi blocca ancora «sai ho notato una cosa molto strana, e ne vorrei parlare con te Megs» sussurra e il suo sguardo agghiacciante si posa su di me «nelle ultime settimane ho notato che Ian torna molto tardi a casa, ti dirai cosa centra questo con te?» chiede e passa la lingua sulle labbra come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa, mentre io sostengo il suo sguardo, cercando di non far trasparire nulla dal mio viso «già» commento irritata «guarda caso quando lui non c'era non c'eri nemmeno tu, entrambi irreperibili...non ti sembra strano?» in risposta una risata amara mi esce dalla bocca «Cristal cosa stai insinuando esattamente?» chiedo mentre una parte dentro di me vorrebbe solo scappare, lei alza le mani cercando di mascherare il suo nervosismo dietro un sorriso finto e indietreggia di un passo «io non sto insinuando nulla, sto solo dicendo che è strano tutto qui...» la fulmino con gli occhi e alzo le mani al cielo «non pensavo che la mia vita privata fosse osservata, cose avete tu e mia madre che volete controllarmi, sì faccio del sesso, con un uomo...ma da qui ad insinuare che lo faccia con Ian...ti rendi conto di quello di cui mi stai incolpando?» sussurro cercando di fare una smorfia di disgusto «questo è troppo persino per te Cristal» dichiaro indignata, lei mi guarda attentamente e poi si riavvicina puntandomi un dito contro al petto «presto avremo un figlio, tu devi stargli lontano Meghan» scuoto la testa e sospiro profondamente «sei proprio fuori di testa come dicono» sussurro per poi uscire dal bagno sbattendola, ritorno al tavolo e mi riaccomodo di fianco a Caleb senza alzare lo sguardo su Ian «quindi hai pensato a New York? Oppure ora con l'arrivo del bambino vuoi ripensarci?» chiede mio padre, mentre io afferro un grissino mangiandolo con tale nervosismo che Caleb si gira verso di me «ci sto pensando...» risponde Ian «Ian ma certo che ci andiamo infondo è un anno, ne vale la pena non credi?» risponde Cristal tornando al tavolo, e a quelle parole sobbalzo...un anno a New York? Mi faccio coraggio e sollevo lo sguardo su di lui solo per un secondo per notare che mi sta guardando "scusa" sembrano sussurra i suoi occhi ed è la goccia che fa traboccare il vaso «siete sicuri di trasferirvi per almeno un anno anche in queste condizioni?» chiede mio padre «devo pensarci ancora bene» sussurra lui, ma Cristal gli posa la mano sul petto «lo convinco io Josh stai tranquillo, andremo a New York».
Con mani tremanti afferro il telefono dalla borsa e scrivo a Caleb:
Portami via di qui per favore
I suoi occhi mi osservano tristi mentre legge la mia richiesta e si alza «Meggy, sei proprio una smemorata, oggi è il compleanno di Alice, ci sta aspettando ricordi?» sorrido, trova sempre una scusa «oddio come farei senza la mia agenda personale» mi alzo in piedi e senza guardare nessuno in faccia sussurro «mi dispiace, dobbiamo andarcene» sussurro per poi abbracciare Caleb che mi porta fuori dal ristorante, e mentre aspettiamo l'ascensore lui mi bacia la testa osservando il mio viso «aspetta ancora qualche secondo, ci stanno osservando» e mi trattengo con tutte le mie forze, ma appena le porte dell'ascensore si chiudono mi abbandono alle sue braccia e inizio a piangere.
Appena saliamo sul taxi mi permetto di scrivere solo un messaggio, solo uno a Ian:
Cristal sospetta di noi, me lo ha detto in faccia, stai attento e buona vita a New York.
Non aspetto nemmeno la risposta e spengo il telefono, per poi appoggiarmi contro al petto di Caleb «avevi ragione...so che aspettavi che te lo dicessi» lui mi stringe ancora di più a sé e mi solleva il mento in modo da guardarlo negli occhi «non mi serve avere ragione e non m'importa, l'unica cosa che voglio e non vederti stare male, piangere...non lo sopporto» mi asciuga le lacrime «dove mi porti ora? Voglio dimenticarmi tutto quanto» sorride e mi passa una mano fra i capelli «da un mio amico, ha un locale e non chiede i documenti» susurra ricordandomi i miei diciannove anni.
Tutto da lì fu confuso e annebbiato, avevamo iniziato a bere, uno shot dietro l'altro, mentre gli raccontavo ogni cosa della mia storia con Ian, mentre piangevo e poi ridevo per colpa dell'alcool, poi avevamo ballato, finché le gambe non ci fecero male per poi tornare a casa in taxi, mi ricordo che ci avevo messo un tempo infinito a cercare le chiavi di scorta, per poi trovarle sotto ad uno sei grossi vasi, mi ricordo che Caleb mi teneva la mano sulla bocca mentre ridevo come una stupida, per non svegliare i miei e poi un vuoto di memoria.
Il sole che entra dalle finestre si riversa sul mio viso svegliandomi da uno strano torpore, sto per stiracchiarmi, quando mi rendo conto delle braccia che mi circondano la vita, subito mi libero della presa e osservo Caleb ancora addormentato sul mio cuscino, metto una mano sulla bocca soffocando un urlo mentre osservo anche me stessa in intimo e lui in boxer. Che cazzo ho fatto?
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