29

Yuri

Porto la gamba destra in alto, mentre mi sorreggo sulle punte scalze che poggiano sul pavimento, attaccato al corpo caldo e rigido di Otabek che mi è vicino in maniera spaventosa. Stiamo facendo uno dei nostri ormai abitudinari esercizi fisici che mettono in difficoltà l'elasticità muscolare del povero Beka, che quest'oggi si ritrova succube di una mia incontenibile provocazione ed eccitazione.
È da così tanto che non ci divertiamo in qualsiasi modo, e dall'ultima volta io non mi sento mai sazio: lo voglio ogni istante, in ogni modo. È un istinto che cresce dentro di me ogni giorno che passa, e mi tormenta il fatto di volerlo dentro, fregandomene del dolore o di qualsiasi altra scusa, rimanendo in balìa delle sue viscere per ore e ore.
La mia gamba si alza così, fino all'altezza della sua spala, senza troppi sforzi o problemi, costringendo ad appoggiarmi di più al suo corpo, e di conseguenza, congiungendo i nostri bacini che bruciano di debole desiderio. Lo guardo negli occhi con un sorriso provocatorio, notando il rossore formatosi tra il colore delizioso delle sue guance. Mi sfrego con più insolenza contro la sua erezione che sta per raggiungere il culmine, ignorando Victor che potrebbe venire a disturbarci con quelle stampelle dannatamente fastidiose, oppure il Porcello che rientrerà a casa magari assieme a sua sorella.
A noi basta scaldarci un po', per ritirarci in pace nella mia stanza.
Mi lascio sfuggire un gemito volontario e acuto, sotto un sorriso beffardo, infilando le mani sotto la sua maglietta aderente, per stuzzicare i suoi capezzoli che diventano immediatamente turgidi.

«Mmh, Beka, mi piacerebbe cambiare allentamento oggi.» lo provoco, avvicinandomi alle sue labbra.
«Yuri...» sussurra lui in risposta, assecondando il mio sorriso entusiasta ed eccitato. Il cellulare che ha in tasca, però, inizia a vibrare, distraendo immediatamente Otabek dalle mie attenzioni speciali.
Mi rimetto dritto, deluso e confuso dal suo improvviso allontanamento, dovuto alla fretta intimorita che mette nel visualizzare i messaggi che fanno agitare il suo cellulare.
Chino il capo da un lato, aggrottando la fronte, con la visuale offuscata dai lunghi capelli biondi che mi solleticano la punta del naso.
«Chi è?» domando, avvicinandomi a lui con insolenza.
Otabek strattona velocemente lo smartphone via dalla mia vista, lanciato velocemente sul divano, che attutisce la sua violenta caduta.
«Yuuri, dice di raggiungerlo per aiutarlo con la spesa. Torno presto.» sorride nervosamente, baciandomi la fronte premurosamente. Otabek si affretta a raggiungere il bagno per darsi una ripulita dopo il nostro allenamento, così ne approfitto per soddisfare la mia curiosità. Non credo per niente a ciò che mi ha detto, anche perché so' che Yūri è da Mari, e non a fare compere.
Sblocco senza problemi lo schermo del cellulare, che mi presenta davanti ad una nostra buffa foto impostata come sfondo, che mi strappa un sorriso timido. Noto con stupore che altri due messaggi sono evidenziati dalla segreteria, affrettandomi a visualizzarli prima che Otabek possa ritornare.
Corrugo le sopracciglia quando leggo il nome di Mila tra i contatti di Beka, che ha mandato svariati messaggi al ragazzo, i più recenti dicono;

||Ti aspetto alla pista di pattinaggio, non riesco più a trattenermi!||

Il cuore mi si blocca per un istante, sentendomi sopraffatto dalla gelosia e il timore. Cosa significa? Eppure Otabek mi aveva detto che...mi ha riempito di attenzioni e parole che suonavano come stronzate sdolcinate, perché lui e Mila dovrebbero sentirsi? E soprattutto, cosa stanno nascondendo?

||Sarà una sorpresa indimenticabile, alla fine non farai altro che ringraziarmi!||

Gli occhi mi si riempiono di rabbia, e mi sento così ferito da non poter nemmeno mugugnare un verso timoroso e confuso. Rigetto il cellulare sul divano, in tempismo perfetto dato che Otabek ritorna immediatamente da me, salutandomi con un sorriso, per poi andare via.
Rimango immobile, al centro della stanza, come se fossi incatenato al pavimento. L'espressione attonita e rammaricata mi deforma il viso, che si abbandona al battito veloce del mio cuore che fa tremare ogni mio muscolo. Come avevo previsto, Victor mi assale alle spalle, buttandosi di peso sulla mia schiena, trovando appiglio al mio collo. Yūri ha riferito poco e niente di quello che è successo a Victor la sera in cui è arrivata Mari, ma di certo, ciò che c'è stato tra loro due ha aiutato Victor, che adesso non forza più nessuna emozione cupa, spacciandola per serena e sincera.
Mi irrita la sua presenza provocatoria e infantile sulla pelle, ma non posso fare a meno di assecondarlo, altrimenti finirebbe per cadere in terra per colpa del suo equilibrio più che precario.
«Yurio, adesso che siamo rimasti soltanto io e te possiamo approfittarne per preparare un bel dolce al cioccolato.» mormora sorridendo, con le labbra a cuore e gli occhi semichiusi.
«Non adesso.» rispondo con freddezza, gli occhi bassi e le labbra semichiuse.
Lo aiuto a sedersi sul divano, mentre vengo intrappolato dal suo sguardo curioso e stranito;
«Cos'è successo?» chiede infine.
«Nulla.» rispondo, evitando di guardarlo negli occhi.
«Non crederai davvero di poterti liberare di me così facilmente? Sputa il rospo, coraggio.»
«Non mi va' di parlane, okay?!»
«Problemi di cuore tra te e Otabek?»
«Sta zitto! Ce l'ho ancora con te per la storia della foto!»
«Te l'ho già detto, mi dispiace.»
Non sopporto nessuna delle sue parole, voglio sono rimanere da solo, a rimuginare con calma su quello che Otabek sta facendo in questo momento. Sono inghiottito dalla paura di essere abbandonato, passare in secondo piano, come una qualsiasi altra esperienza piacevole che lo possa aver allietato. Io non voglio essere solamente un passatempo da letto, non dopo tutto quello che ci siamo detti e giurati.
Fatico a credere che Otabek possa ferirmi, soprattutto in una maniera simile.
«Scusami Victor, ma ho bisogno di prendere una boccata d'aria.» dico con il capo basso, muovendomi velocemente verso la porta d'ingresso.
«Cosa? Aspetta, non lasciarmi solo.» sento del terrore agghiacciante nella voce di Victor, che cerca velocemente di mettersi in piedi e raggiungermi.
«Non ci metterò molto, solamente cinque minuti.» chiudo la porta alle mie spalle, consapevole di essere immaturo e meschino nei confronti di Victor, che da solo proprio non dovrebbe stare.
Ma sono stanco di aver sulle spalle tutte queste responsabilità, stanco di essere sempre quello che deve continuare a lottare a testa alta e incassare tutti i colpi senza parlare.
L'aria gelida mi travolge dolorosamente, quando esco fuori, ancora sudato dall'allenamnto, senza nessuna giacca o felpa pronta a riscaldarmi.
Stringo i pugni e mi incammino velocemente con le braccia incorniciate al petto, un po' per il freddo, un po' per la frustrazione. Vorrei piangere ma non mi sembra il caso di sprecare altre gocce dell'oceano che si muove dentro i miei occhi per una faccenda così dannatamente superficiale.
Le mie orecchie non riescono a sentire nulla, ignorando sia i rumori della strada, sia il vibrare continuo del mio cellulare stranamente stretto tra l'elastico nero dei miei leggings.
Vorrei solo essere portato via da tutte le mie paure e le mie tristi storie, appeso su di un filo sottile che funge comunque da cappio; impiccato da un sottilissimo filo di seta, che mi uccide lentamente, tagliandomi la gola con estrema pressione, senza però spezzarsi.
Alcune gocce deboli di pioggia fresca iniziano a bagnarmi gli zigomi, che ben presto inondando in il viso come se fossero le lacrime che non riesco a versare. La pioggia battente mi inzuppa gli abiti, tremo di freddo, fragile e stordito dai miei sentimenti controversi.
Mi guardo intorno, dopo un lasso di tempo per me incalcolabile, rendendomi conto di essere andato troppo lontano da casa, stanco e infreddolito, zuppo dalla testa ai piedi con il battito accelerato e lo shock negli occhi.
Cosa sto facendo?
Afferro il mio cellulare, leggendo velocemente i numerosi messaggi e visualizzando le infinite chiamate da parte di Yūri e Otabek.

||Cosa ti è saltato in mente?! Perché hai lasciato Victor a casa da solo?!||

||Yurio ti prego rispondi alle mie chiamate! Dove ti sei cacciato?!||

||Yurio è quasi un'ora che sei via, chiamami!||

I messaggi di Yuuri fanno crescere il nodo alla gola che mi sta soffocando, che senza pietà quasi mi uccide quando leggo gli SMS di Otabek;

||Yuri ti prego rispondi.||

||Perché sei scappato via?! Dove sei?||

||Dammi un indirizzo, qualsiasi cosa, vengo a prenderti in auto, ma per favore fatti sentire||

||È colpa mia, vero? Amore perdonami, ti giuro che non è come sembra.||

||Yuri, ti sto cercando, dimmi dove sei, se stai bene, per piacere.||

||Ti amo, dannazione, perché non lo capisci?!||

||Ti prego Yuri, ho paura, rispondimi.||

Sento che le lacrime iniziano a fuggire davvero questa volta, colto da un capogiro improvviso che mi indebolisce del tutto. Non so se questo improvviso malessere sia dovuto alla mia corsa smisurata, o al fatto che la pioggia gelida inizi ad asciugarsi sui miei vestiti, dandomi una sensazione di debolezza, quasi stessi per svenire. Con lo sguardo appannato e oscurato, riesco a rispondere ai messaggi di Beka.

||Sta tranquillo, sto tornando a casa.||

Non tarda a rispondermi nemmeno un istante.

||Dove sei adesso?||

||Non molto lontano, non preoccuparti, ci vediamo a casa.||

Sento il bisogno di essere freddo e distaccato, soprattutto perché non mi è ancora del tutto chiaro il ruolo di Mila in tutta questa storia.
Raggiungo casa con estrema fatica, accorgendomi che ormai la sera è calata, abbassando di molto le temperature che mi fanno battere i denti. Ho ancora gli abiti bagnati ed inizio a tossire pesantemente.
Quando rientro trovo immediatamente ad accogliermi il Porcello e Victor, che con estrema preoccupazione si affrettano a coprimi e a farmi sedere.
«Ci hai fatto morire di paura! Si può sapere cosa ti è preso?!» sbraita Victor, colto da un improvviso terrore che traspare nel suo tono.
«Scusami, davvero, perdonatemi, i-io...»
Yūri poggia le labbra sulla mia fronte, ritirandosi con preoccupazione a guardarmi con disappunto;
«Sei fradicio e scotti da morire! Vado a prenderti dei vestiti asciutti, tu mettiti immediatamente a letto!» sbotta, con le sopracciglia corrugate e la voce che vorrebbe sembrare autoritaria.
Tutto intorno a me gira vorticosamente, mentre mi aggrappo allo schienale della sedia accanto a me, colto da una sensazione di completa impotenza. Tutto sta per diventare nero, e trovo solamente le forze per liberare un debole sussurro;
«Non mi sento tanto bene...»
Vedo Victor premurarsi ad afferrami le braccia con estrema preoccupazione e sforzo, barcollando sulle stampelle, fino a quando, velocemente, alzo lo sguardo per guardare la sagoma familiare che è appena entrata dalla porta. Sorrido senza accorgermene, mentre Otabek culla il mio corpo magro e leggero tra le sue braccia, facendomi abbandonare al buio che mi inghiotte senza lasciarmi scelta di oppormi.

Mi sveglio sdraiato sul mio letto, asciutto e accaudalato tra le coperte profumate che Yūri ha lavato apposta per me. Un vocio familiare mi ronza nelle orecchie, finché inquadro con fatica l'immagine di Victor e Yūri che escono dalla mia stanza, lasciandomi solamente in compagnia di Otabek, seduto accanto a me.
«Ti sei svegliato finalmente, ci hai fatto prendere un bello spavento.» dice.
«Sto bene.» rispondo dolorosmante.
Otabek sorride con pacata tenerezza, scrollando debolmente il capo. Mi stringe la mano distesa sul materasso, debole e tremolante, che si lascia cullare dal suo calore. Si china più vicino a me, quasi a sfiorarmi il naso con il suo;
«Hai un febbrone da cavallo.»
«Non hai paura che possa immischiarla anche a te, se mi stai così vicino?» ribatto aggressivamente.
«Che mi importa? Nemmeno la morte potrebbe temermi lontano da te.»
«Sei sempre bravo con le parole, usi questa strategia anche per abbindolare Mila?» domando con rabbia, cercando di allontanarmi da lui.
«Cosa?! Hai letto i nostri messaggi, non è così?»
«Non sono così ficcanaso.» rispondo, incrociando le braccia.
«Sono un idiota, avrei dovuto avvertiti prima, ma a quel punto non sarebbe stata più una sorpresa.»
«Una sorpresa?»
«Proprio così. Mila è una tua grande amica, non è così? Quindi mi sono fatto dare qualche consiglio su come sorprenderti, informandomi meglio su ciò che ti piace di più, anche per piantarla con i miei modi impacciati e insicuri.»
«A me piacciono i tuoi modi...» non so cosa rispondere, o se a credere realmente a ciò che mi sta dicendo. Il fatto che sia davvero andato a chiedere l'aiuto di Mila mi spiazza.
Otabek allunga una mano verso il mio viso, alzandomi il mento con le nocche dell'indice e del medio, riappropriandosi della vicinanza tra le nostre labbra.
«Scusami se ti ho fatto dubitare di me, ma ti giuro che sto dicendo la verità. Ad esempio, ho saputo che il tuo gusto preferito di gelato è l'amarena, e che adori ascoltare musica metal. Ti piace prendere il sole, ma odi mettere la protezione solare. Quando devi provare dei salti ti lasci scappare sempre qualche brutta parola, e alla fine, soddisfatto o meno del tuo lavoro, adori andare a passeggiare al porto per sentire l'odore dell'oceano.»
Rimango in silenzio, ipnotizzato dalle sue parole sincere. Ricorda perfettamente ogni particolare stupido che Mila gli ha elencato, prendendomi senza ombra di dubbio in giro come una sorella maggiore. In questo momento nei suoi occhi posso leggere nitidamente tutto l'amore che prova nei miei confronti. Respiro piano, pallido e debole, intrappolato in ogni sua più piccola essenza.
«E poi, Mila si sta sentendo con Sarah in questo periodo, ma tu non dirlo a nessuno, altrimenti Michele si arrabbierebbe.» ammicca in fine, scostando una ciocca dei mie capelli biondi dietro l'orecchio.
«Mi dispiace di essere stato così stupido, non volevo farti preoccupare.» dico.
«Non sai quanti pensieri mi sono passati per la testa, mi hai spaventato a morte, ma non stiamo qui a piangerci addosso, l'importante è che tu stia bene.» mi lancia una fugace occhiata, evidenziando il mio stato febbrile stanco e intenerito, sorridendo con dolcezza; «O quasi.»
«Ti importano davvero tutte queste cose di me?» gli domando, aggrottando la fronte.
«Certamente, voglio conoscere ogni cosa di te. Ogni volta che imparo qualcosa di nuovo non posso fare a meno di innamorarmi sempre di più.»
«Io invece non so molto su di te, Otabek Atlin, dovremmo essere sulla stessa lunghezza d'onda allora.»
«Cosa vorresti sapere?» mi domanda, con espressione dolce.
«Qualcosa di semplice, ad esempio, il tuo gusto di gelato preferito.»
«Vaniglia.»
«Sul serio?!» sbotto, divertito.
«Davvero! Mi piace anche la musica, spesso mi cimento nei panni di un DJ.»
«DJ Otabek, non l'avrei mai immaginato! Allora dovresti farmi ascoltare qualcosa di tuo.»
«Farò qualcosa solamente per te, ma prima dovrai stare meglio.»
«Beka, ho freddo, verresti sotto le coperte con me?»
Lui sorride, facendosi spazio tra il calore delle lenzuola, avvolgendomi da dietro con le braccia che mi stringono forte. Le sue mani si intrecciano alle mie, e il suo respiro mi solletica la tetsa. Le sue gambe sono aggrovigliate alle mie, mentre i nostri bacini continuano a scontrarsi, come ogni dannata volta che stiamo vicini. In questo momento ho una voglia matta di saltargli addosso e fare l'amore con lui, ma sono indolenzito dalla testa ai piedi, e mi sento uno straccio.
Per questa volta mi basta solo dormire tra le sue braccia, coperto dai suoi dolci segreti, mentre sincronizzo il mio respiro al battito del suo cuore che martella contro la mia schiena.
«Il messaggio che mi hai mandato, quello in cui mi hai detto che mi ami, voglio sentirtelo dire adesso.» mormoro ostinato, con il viso poggiato sul cuscino.
«Ti amo.»
«Come? Mi dispiace non ho sentito.» lo provoco, ridendo. Otabek mi stringe la vita, solleticandomi appena le costole. Scalcio debolmente, colto dalle risate.
«Ti amo.» ripete.
Immerge il viso nel mio collo, ridendo con estrema dolcezza, baciandomi allegramente le spalle.
«Ti amo, ti amo, e ancora, ti amo.» mugugna contro di me, raggiungendo infine il mio orecchio, sussurrandomi: «Ti amo, e se non ti basta, allora te lo scriverò sulla pelle, così potrai ricordalo per sempre.»

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