28

Yūri

Victor è stato particolarmente silenzioso nei giorni a seguire dopo la nostra gita alla pista di pattinaggio. Sono stato un completo idiota, non avrei dovuto portarlo al palazzetto; magari si sarebbe arrabbiato con me, avrebbe cercato di persuadermi in tutti i modi possibili per essere accontentato, ma di certo non avrebbe mai vissuto un'esperienza così straziante. Per Victor non poter più pattinare è come rimanere in catene in una prigione senza pareti, che però detiene in una condanna a vita.
Inutili sono stati i mie tentativi di farlo sfogare, o quantomeno farmi accennare la cosa che più lo turbava, Victor è rimasto in silenzio per giorni, seduto sul divano a mangiare distrattamente i pasti che gli preparavo con premura e preoccupazione.
Per fortuna in casa non si riesce a rimanere tristi; Makkachin è sempre pronto a cercare le attenzioni di Victor con saltelli teneri e allegri, mentre il gatto persiano di Yurio predilige l'esclusiva disponibilità. Yurio è riuscito a convincere Otabek a fare esercizio con lui, pertanto io e Victor spiamo con divertimento i movimenti sciolti e complicati che il più piccolo mette in atto difronte allo sguardo attonito del povero Otabek, che si contorce -o almeno ci prova- in piegamenti e stiramenti di gambe che rendono Yurio una sagoma aggraziata e bellissima, mentre Otabek finisce sempre a ricoprire il ruolo del povero ragazzo impacciato, rosso in viso per lo sforzo.
È soprattutto grazie a Yurio, se Victor in questi giorni sembra star meglio; io continuo a stargli accanto, tra il calore delle coperte, regalandogli milioni di baci e piatti sfiziosi, mentre Yurio lo sprona con battutine aggressive e incoraggianti, stracolme di affetto nei suoi confronti. Anche Otabek contribuisce alla nostra missione per tirare su di morale Victor, anche per sdebitarsi della nostra ospitalità.
Come se nulla fosse, mentre guardavamo un film, Otabek si è rivolto a Yurio, chiamandolo effettivamente «Yurio.»
Tanto che il biondo è sbiancato di colpo per lo sconcerto, e ha minacciato il povero Otabek di sfrattarlo nuovamente e rimandarlo immediatamente da dove è venuto.
E Victor li ha guardati discutere amorevolmente, accennando un debole sorriso stanco, che mi ha dato sollievo, come se stessi precipitando nel vuoto, ma una mano è riuscita a salvarmi. Lui, tinto di felicità e colore, per quanto possa essere debole e ferito, continua a farmi battere il cuore.

Apro la porta d'ingresso con impazienza, gettandomi a capofitto tra le braccia di mio sorella, che con un sospiro stanco si trova a sostenere anche me, assieme alle sue valige pesanti.
Mari ha il suo solito carattere freddo e silenzioso, ma non riesce proprio a sorridere timidamente quando mi rivede gioire come un bambino, dopo tutto questo tempo.
Non ci perdiamo in formalità e chiacchiere monotone su quanto successo, o sui contrattempi che hanno impedito Mari di venire prima ad aiutarmi, semplicemente perché non ci importa. Il nostro rapporto è sempre stato di enorme complicità e naturalezza; da quando ero piccolo Mari si occupava dei miei capricci timidi, e sopportava le mie opprimenti coccole che per lei erano davvero una seccatura. È stata una figura fondamentale durante la mia adolescenza, perché è soprattutto grazie a lei se oggi sono me stesso. Mi ha sempre accettato e consolato, anche quando la sera scoppiavo in lacrime, vuoi per la mia difficoltà nei salti del pattinaggio, vuoi anche per la mia difficoltà ad accettare la mia omosessualità, Mari c'è sempre stata.

Dopo una cena piacevole, ricca di sfoghi e confronti delicati da parte nostra nei confronti della povera Mari, che sembra quasi una psicologa, ci troviamo a fine serata stravolti come al solito.
Yurio e Otabek stanno già dormendo da un quarto d'ora abbondante, mentre Victor mi ha chiesto di accompagnarlo a letto un po' prima del solito.
Siamo rimasti in salotto, solamente io e Mari. Lei passerà la notte in hotel, dove alloggerà per il resto della settimana che trascorrerà con noi. Non invaderà casa, che è già abbastanza affollata e caotica, semplicemente mi aiuterà nelle faccende giornaliere.

Mari sorride seriamente, spingendomi il capo sulla sua spalla, dove chiudo gli occhi con sollievo, sentendo il suo profumo familiare e rassicurante.
«Non hai niente da confessarmi?» mi domanda, facendomi aggrottare la fronte.
«Cosa intendi?» le chiedo.
«Non fare il finto tonto con me, so benissimo come ti senti, e quanto questa situazione ti stia pensando. Adesso sono qui Yuuri, coraggio, non tenerti tutto dentro.» Mari si volta verso di me, guardandomi con sguardo severo, mentre mi ricurvo dolcemente in avanti, fissandola con stanchezza.
«Hai ragione, è dura, ma sto andando avanti, non devi preoccuparti per me.» le dico, sorridendo forzatamente.
«Il fatto è che in fondo sei rimasto sempre quel piccolo ragazzino terrorizzato dalla vita, che per non apparire debole preferisce tenersi tutto per se'. Ricordi quel brutto periodo, giusto? Ho il terrore che tu ritorni a stare in quel modo.»
Un enorme nodo alla gola mi soffoca, facendomi inumidire gli occhi stanchi che continuano a guardarla.
Avevo quindici anni quando iniziai a chiudermi in me stesso, peggiorando gradualmente la mia timidezza che inizialmente era soltanto un lato dolce del mio carattere. Non mi sentivo a mio agio con gli altri e con me stesso, mi sentivo sbagliato, con il terrore di poter deludere le poche persone che mi stavano accanto.
Smisi presto di pattinare per un lungo periodo, iniziai a stare in solitudine, chiuso tutto il giorno nella mia camera, a guardare i poster di Victor, che in quei momenti di oppressione e disagio mi aiutavano e distruggevano allo stesso tempo. Perché guardalo in quelle immagini attaccate alla parete, sorridere magnificamete sui pattini in movenze aggraziate, con i lunghi capelli d'argento che lo delineavano mi facevano esplodere il cuore, ma allo stesso tempo aumentavano quel disprezzo che provavo verso me stesso, e verso ciò che mi piaceva e mi rendeva diverso.
Sembrerà strano e anche buffo, ma invece di abbuffarmi, come amo tutt'ora fare, inizia a mangiare sempre meno, riducendomi ad un gracile adolescente sottopeso e non di certo in salute. La mia famiglia faceva di tutto per aiutarmi, ma in quel brutto periodo soltanto la presenza di Mari riuscì a farmi guarire da me stesso.

«No, non accadrà ancora, te lo prometto.» le rispondo con sicurezza, a voce bassa.
«Mi fido di te, ma nei tuoi occhi c'è ancora qualcosa che non mi convince.»
«Sono solo stanco.» mi giustifico, con un mugugno coatto.
Mari si tira in avanti e mi abbraccia con dolcezza, con una protezione quasi materna, mentre trovo appiglio sulla sua schiena e trattengo le lacrime, che improvvisamente mi assalgono. È un momento di debolezza davanti a lei, come se tutto il dolore accumulato fino ad ora abbia trovato una piccola fessura da cui scappare via.
«Voglio che tutto questo finisca.» mormoro, con il viso sul suo collo.
«Devi tenere duro ancora un po', ma non lasciarti abbattere, io sono qui per te, Victor è rimasto qui per te.» dice, prendendomi per le spalle e scrollandomi con espressione comprensiva e severa, che mi fa sorridere.
Mari va via, stanca per il viaggio e ancora non del tutto tranquilla nei miei confronti. Sospiro, esausto, camminando scalzo per il corridoio dirigendomi verso la camera da letto.
Richiudo la porta alle mie spalle con estrema calma, senza farla cigolare, per non svegliare Victor, immerso nel buio della stanza. Cerco il letto tastando con le mani lo spazio intorno a me, quando la mi attenzione viene attirata da un lamento flebile che squarcia il silenzio.
Preoccupato domando nel buio, con voce bassa: «Victor?»
Lo sento tirare su di naso, mentre un mugugno stridulo mi arriva in riposta. Accendo velocemente l'abat jour sul comodino, con il cuore stretto dalla tristezza alla vista di Victor.
È seduto per terra, con le spalle poggiate contro il lato del letto; il viso nascosto tra le mani, storpiato da una marea di singhiozzi irrefrenabili. Mi chino velocemente verso di lui, prendendogli il viso, squadrando ogni suo lineamento sofferente e disperato.
«Cos'è successo? Perché non mi hai chiamato?» gli domando preoccupato, tirando indietro il suo ciuffo chiaro attaccato alla fronte dal sudore.
«D-dovevo andare in bagno ma le stampelle erano lontane, allora h-ho cercato di alzarmi, ma sono caduto, e non volevo disturbarti, perché so quanto tenevi a stare con tua sorella. Y-Yurio sta dormendo, e io non voglio farlo preoccupare.» tra violenti singhiozzi e respiri pesanti, Victor riesce a rispondermi. Lo guardo meglio, accorgendomi che i suoi pantaloni sono bagnati. Lui se ne vergogna tremendamente, nascondendo il bacino con le braccia giunte come se stesse pregando.
Mi mordo il labbro, assalito dallo sconforto e dalla pena.
«Non preoccuparti, non è successo nulla, adesso puliamo tutto.» gli dico, prendendolo con difficoltà per la schiena. Lo trascino con enorme sforzo verso il bagno della camera padronale, non riuscendo a consolare in alcun modo i suoi singhiozzi.

«Sono stanco di tutto questo! Stanco!» Victor si lamenta ad alta voce difronte a me, immerso nell'acqua calda della vasca da bagno in cui sono riuscito a infilarlo. Le sue mani bagnate goccialo sul mio viso, accarezzato dal suo calore;
«Dimmi perché non vuoi più pattinare Yuuri, dimmelo, ti prego.»
La sua frase mi spiazza, distogliendo la mia attenzione dal suo corpo nudo cullato dal calore dell'acqua. Lo guardo con disappunto, sentendomi immediatamente colpevole;
«Cosa c'entra adesso? Non è vero che non voglio più pattinare...»
«Si invece, fai di tutto per evitare gli allenamenti, e persino i miei discorsi sulla coreografia e tutto il resto. Perché non vuoi portare avanti il nostro sogno? Sii sincero con me, e dimmelo se non vuoi partecipare al concorso al posto mio.»
Mi sento avvampare di collera e frustrazione, fissandolo aggressivamente negli occhi; «Non voglio abbandonare il pattinaggio, è solo che non mi sembra il momento adatto per dedicarsi all'allenamento, ci sono cose più importanti a cui pensare!»
«Tipo me?! Dannazione, capisci quanto io ti stia tenendo lontano dalla tua vita?!»
«Razza di idiota, cosa vai dicendo?! Come puoi tenermi lontano dalla mia vita quando la mia vita sei tu!»
Victor si zittisce, guardandomi con stupore e sorpresa, il viso rosso di lacrime e il petto nudo che si muove velocemente.
«Perché non vuoi pattinare, Yuuri? Perché?»
«Perché senza di te non avrebbe senso. Sei tu la cosa che mi ha sempre spinto a pattinare, adesso che non ci sei più, farlo per me non ha nessun valore.»
«Yuuri...» Victor mormora il mio nome con la solita melodia che assume quando è perso nella mia immagine. Mi prende il viso come le mani e mi spinge contro il suo viso, tirandosi leggermente in avanti. Mi bacia tra il sale delle sue lacrime, che brucia come se avessi migliaia di ferite aperte nell'anima.
«Da quanto tempo non facciamo l'amore, Yuuri? Da quanto tempo ormai?» mi domanda, ancora vicino al mio respiro.
«Non importa Victor...» sussurro, anche se le sue parole hanno toccato un tasto dolente. Mi manca il suo corpo, non riesco più a stare senza di lui.
«Si che importa Yuuri. Guardaci, non possiamo nemmeno toccarci, perché del mio corpo non è ormai rimasta che polvere di ossa e dolore.»
«No Victor, questa volta sarà diverso, non mi interessa il sesso, io voglio fare l'amore con la mente, anche se è più difficile. Voglio semplicemente provare quella sensazione mozzafiato di quando mi dipingi l'anima d'amore.»
Victor lascia altri deboli baci sulle mie labbra, cullandosi sul mio fiato pesante. Sono inginocchiato ai bordi della vasca da bagno, con una mano stringo il bianco lucido della ceramica, mentre con l'altra sostengo la schiena chiara di Victor.
«Come puoi continuare ad amare il mio corpo, che ha tutte queste imperfezioni?»
Sorrido, allontanandomi dal suo viso quanto basta per poterlo guardare con maggiore attenzione negli occhi.
«Dentro ogni pietra preziosa ci sono una, o addirittura migliaia di squarci. Queste cicatrici microscopiche non riescono mai a rimarginarsi del tutto, ma sono proprio queste ferite eternamente aperte a rendere ogni gemma unica ed inestimabile. Mi sembra da stupidi gettare via un gioiello meraviglioso come te solamente per qualche piccolo taglietto.» gli dico, chinando il capo.
Victor ride con dolcezza, mordendosi il labbro, che ben presto ritorna ad accarezzare la mia bocca.
Ormai nulla può fermarci, dopo troppo tempo, sentiamo il bisogno fisico di fare l'amore, in ogni modo, a costo di morire.
Le mani umide di Victor mi aiutano a sfilare via la maglietta, frettolosamente. Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo completamente nudo, entrando con attenzione nella vaca calda in cui Victor mi accoglie impazientemente. L'acqua arriva al petto di Victor, poggiato con le spalle sulla superficie liscia del servizio, mentre io mi sorreggo sulle ginocchia, che cingono i suoi fianchi rigidi e tremolanti. Nel tempore dell'acqua mi lascio spingere verso il basso, così che le nostre erezioni possano toccarsi, facendo scattare dei gemiti acuti che si scontrano tra i nostri baci. Victor mi accarezza la schiena, scendendo velocemente verso la mia apertura; inarco la schiena e gemo violentemente, posseduto da un piacere ormai stanco di aspettare ancora.
Le mie mani si immergono nell'acqua, iniziando un gioco di carezze provocatorie con la lunghezza di Victor, schiavo del mio corpo che brucia di piacere.
«Lasciati guidare da me Victor...» sussurro, baciandolo rumorosamente e ondeggiando su di lui. Affetto con le mani il suo membro eretto, così duro e grande, posizionandomi sopra il suo bacino, per lasciarmi penetrare lentamente, allietato dall'acqua limpida che ci abbraccia.
Mi lascio sfuggire un urlo incontrollato che solamente le mani di Victor riescono a calmare; piccoli strascichi di pelle che mi accarezzano i fianchi, il petto, il collo, fino ad arrivare al viso, abbandonato sullo spazio delle sue clavicole.
«Y-Yuuri...» geme, stringendomi forte la mano, immersa nell'acqua.
Non dureremo ancora per molto, me lo conferma la stretta spaventata delle nostre mani, timorose di tutto questo piacere quasi come se fosse la prima volta. Muovo il bacino più velocemente, tranciandomi il respiro, che si libera nell'orgasmo, precedendo quello di Victor.
Resto ancora su di lui, ed è bello sentirlo dentro dopo così tanto tempo, che non riesco a farne a meno. Lo bacio ancora, mi perdo tra le sue mani, mi salvo nella sua pelle, chiara e brillante.
«Pattinerò per te Victor, lo prometto.»

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