25
Yuri
Apro la porta con silenzio di tormento ed enorme disagio. Per tutta la notte ho faticato a chiudere occhio dopo la telefonata con Otabek.
Me ne sono pentito e vergognato, ho provato estremo imbarazzo nella mia ridicola dichiarazione sdolcinata, ma alla fine, quando ho ripensato velocemente al tutto, con la sua voce come colonna sonora del mio timore, ho sorriso. Non potrei mai pentirmi di lui.
Mi mordo il labbro con il viso paonazzo, mentre accolgo Otabek, senza ancora proferire una parola; poggia ordinatamente le sue borse in terra, restando poi immobile, difronte a me.
Siamo l'uno intrappolato nelle iridi dell'altro; scorgo nel suo viso serio nuovi particolari che la mia mente difficilmente riuscirà a dimenticare. Le sopracciglia fine e scure, gli occhi sottili, le labbra morbide e semichiuse che delineano la sua espressione sicura. Il viso è squadrato in quel colorito leggermente abbronzato che sotto il mio sguardo candido pare assumente nuove sfumature, come se si fosse esposto alla luce chiara del mattino.
I capelli neri sono arruffati ordinatamente, ricadendo con dolce scompiglio ai lati rasati del suo capo. Ha l'aspetto di chi ha corso frettolosamente per tutto il tempo, ma che comunque ha cercato di mantenersi discreto. Potrei sdraiarmi su quello sguardo. Vacillano deboli luci scure nelle sue iridi, fisse su di me come fossero ghiaccio. È calore e gelo, qualcosa di opposto a ciò che immaginano i miei pensieri, ma perfettamente armonioso. Non riesco più a farneticare, non riesco più a pensare a qualcosa, qualsiasi cosa che possa distrarmi.
Siamo nel ronzio del silenzio, immersi nel colore delle nostre anime che danzano senza far rumore intorno a noi, come fantasmi tormentati dai loro sentimenti troppo forti. Ci siamo sempre tenuti stretti, dal primo momento in ci siamo incontrati per caso, cinque anni prima, al campo estivo di Yakov.
Io non l'avevo nemmeno notato, troppo concentrato su me stesso, mentre lui, impacciato e abbastanza insicuro, non aveva allontanato la sua attenzione dalla mia immagine.
E mentre si avvicina a me, con imbarazzo e debole silenzio, mi pare di riuscire a sentire il rumore del suo cuore che batte, e le sue mani percorrono il mio collo con un'impercettibile carezza che arriva fino al mio viso candido. Socchiudo le labbra e sospiro con sollievo, alzandomi d'istinto verso la sua altezza, più vicino al suo volto.
Lo sto aspettando, quel regalo prezioso che ho stupidamente rifiutato. Voglio il suo sapore nella mia anima, e il suo profumo sotto la mia pelle, mentre nelle vene mi scorre la sua essenza.
È fermo davvero a pochissimi millimetri da me, con le labbra leggermente aperte, che mi toccano con il suo respiro caldo. Aspetto con impazienza, ma Otabek resta immobile, suscitando la mia impazienza.
«Posso baciarti?» domanda, con un sussurro che si poggia pesantemente su di me.
Sorrido, gli occhi strabuzzati dalla tenerezza e dalla natura dolce della frase di Otabek mi strappano una risata radiosa che si trasforma in una melodia.
Tiro il suo petto a me, aggrappandomi con le mani alla sua giacca di pelle, che mi aiuta a stare sulle punte per raggiungerlo meglio. Mormoro con un cenno impercettibile d'apporvazione, rispondendogli con lo stesso tono;
«Idiota, non c'è bisogno che chiedi il permesso.»
Stavolta è diverso, la consapevolezza di entrambi non mi spaventa più, le sue labbra si ammorbidiscono grazie al mio bacio stolto e abbastanza impacciato, che si permette di accarezzare il suo palato con la punta della mia lingua.
Sto tremando, potrei aggredire con dolce passione quelle soffici labbra d'ambra, che mi assecondano con vistosa sorpresa. Mi aggrappo al suo collo, ad occhi chiusi e con il respiro irregolare che cerca di farsi spazio tra il suo viso caldo e bello, fuso con il mio.
Le sue mani mi avvolgono la vita senza malizia, innescando nel mio corpo un brivido gelido di piacere ed estrema felicità. Non credevo che potesse essere possibile, che anch'io un giorno sarei caduto in questa trappola sdolcinata e irritante, ma sono perdutamente innamorato di Otabek.
Il nostro bacio potrebbe durare eternamente, con il suo sapore sarei capace di saziarmi per sempre e non morire né di fame né di sete. Tutto di lui mi parla di bello e gentile, ogni sfaccettatura della sua presenza mi rende felice.
Mi allontano da lui quando non riesco più a controllare l'affanno nella sua bocca, respirando pesantemente con la sua saliva sulle labbra e i capelli biondi sul viso. Rimango aggrappato al suo collo, mentre lui continua a cingermi la vita con le braccia. Lo guardo, nulla al mondo potrebbe farmi paura, nessuno sarebbe in grado di strapparmelo via, e ogni volta che lui guarda me io nasco nei suoi occhi.
Otabek è il mio arcobaleno e io la sua tempesta; lui appare, meraviglioso e raro, solamente quando io termino il mio pianto.
«La telefonata di ieri sera, ecco...» cerco di dire qualcosa ancora abbandonato al suo corpo, quando la sua voce profonda e seria cerca ancora delle scuse;
«Sono stato ancora una volta troppo affrettato, è che quando ho sentito il tuo respiro pesante e la tua voce, non sono riuscito a controllarmi. Scusami ancora, sbaglio ogni volta.»
Rido, perché le sue parole mortificate mi riempiono di tenerezza.
«Beka, sta tranquillo. Non c'è bisogno che ti scusi per ogni cosa, tu non hai mai sbagliato con me, e mai lo farai.» gli dico con tono sereno.
Mi divincolo da lui con dolci movenze, afferrandogli il polso, perché stringergli la mano mi imbarazza stupidamente. Lo porto nella mia camera, senza dire una parola, mentre il mio coraggio inizia a vacillare gradualmente nel momento in cui ci ritroviamo chiusi tra quattro mura con la mia iniziativa ben palese tra noi due. Mi mordo l'interno del labbro, soffocato dal timore che mi arrossa il viso.
«Voglio rifarlo, diversamente, ma con te.» dico con gli occhi bassi, mentre Otabek mi lancia un'occhiata stranita.
«Yuri non sei costretto a farlo, non correre come ho fatto io.»
«N-no, io voglio farlo, da troppo tempo, e ieri sera ne ho avuto la conferma.» gli rispondo, sedendomi ai piedi del letto, mentre con lentezza imbarazzata mi sfilo la maglietta che finisce con gesti goffi per terra. Sto tremando da capo a piedi ma non riesco a fermarmi.
Otabek trattiene il fiato, vacillando anche lui alla vista del mio petto snello, mostratogli di mia coraggiosa iniziativa.
«Yuri...»
«Otabek ascoltami, è tutto okay.» con un sorriso leggero cerco di metterlo a suo agio, ricevendo da lui la reazione che speravo.
Anche la giacca e la maglietta di Otabek finiscono sul pavimento. Si avvicina a me con passo felino e sicuro, carico di una seduzione nuova sotto i mie occhi. Mi tiro indietro, lungo il materasso, sorreggendomi con i gomiti, mentre respiro pesantemente sotto il corpo mezzo nudo di Beka.
È come se mi trovassi in una dimensione lontana e magica, dove siamo solamente io e lui.
Mi bacia ancora, stavolta senza chiedere, mentre mi sorreggo di nuovo alla sua nuca per evitare di lasciarmi andare con le spalle sulle coperte.
Con una mano mi percorre la schiena, che inarco di scatto, intanto che l'alta si insinua nello spazio tra i nostri bacini, nel disperato tentativo di abbassare la cerniera dei suoi jeans.
Io inizio a gemere, nel momento in cui il suo tocco preme sulla mia erezione, ormai sofferente tra i due strati di tessuto che mi avvolgono. Tutta questa situazione, tutto questo intreccio di respiri e carne suscita dentro di me nuovi istinti e sensazioni. Soffro di un piacere inebriante che ha preso il pieno controllo della mia mente e del mio corpo.
Otabek sposta velocemente la mano, intenta a sorreggermi la schiena lungo i miei fianchi snelli, che vibrano quando riesce ad abbassare anche i miei di pantaloni, stuzzicando con foga il gonfiore bollente che sporge dal mio intimo.
Strozzo in gola dei gemiti acuti, che ben preso si fondono a quelli di Otabek, bocca contro bocca, ora, che ci ritroviamo abbastanza nudi da poter sospirare di sollievo e mormorare di impazienza.
«Y-Yuri, non voglio farti male, non sono molto esperto...» dice lui, fermandosi improvvisamente con il viso arrossato, guardandomi negli occhi.
Improvvisante il piacere passa in secondo piano, mentre il mio cuore inizia a battere ancora più forte dal timore. A pensarci bene non è molto piacevole all'inizio, ed il ricordo di Yūri che non riesce a star seduto dopo una notte movimentata con Victor mi spaventa terribilmente. Forse Otabek ha ragione, non sono ancora pronto, ma ormai non posso più tornare indietro, ho bisogno di fare l'amore con lui, ad ogni costo.
«Non m'importa, mi fido di te. Se mi farà troppo male ti prenderò a morsi.» deglutisco, rispondendogli con la voce tremante e la fronte corrugata. Allargo di più le gambe ancora ostacolate dai pantaloni non del tutto sfilati, alzando il bacino che senza volerlo fa sfiorare le nostre erezioni, strappandoci un gemito incontrollato.
«No, non voglio, non adesso...» risponde, iniziando a farmi arrabbiare con impazienza; distoglie lo sguardo dal mio volto, abbassandolo giù, in direzione delle nostre lunghezze pulsanti. Arrossisco di più quando mi accorgo dove i suoi occhi si sono posati, tremando di paura al pensiero che Otabek abbia deciso di ascoltarmi, pronto a penetrarmi con difficoltà.
La sua mano, però, preme i nostri membri uno contro l'altro, avvolgendoli insieme con il calore del su palmo. Un debole urlo mi squarcia i polmoni, mentre con le mani mi aggrappo disperatamente alle coperte, inarcandomi rigidamente tra i gemiti sofferenti di Otabek, che inizia a masturbarci insieme, con difficoltà ma costanza.
«Voglio che tu provi piacere e non dolore, l'ultima cosa che voglio è farti male, ancora.» mormora, avvicinando il viso al mio orecchio, baciandomi con dolcezza il collo e gli zigomi del viso. Chiudo gli occhi e mi lascio guidare da lui, che mi tiene vivo con il suo profumo, creato appositamente per me, una droga di cui ho il disperato bisogno.
È tutto surreale, erotico e pieno di passione; stiamo facendo l'amore a modo nostro, uniti dai nostri sessi stretti da Otabek, feriti dai baci e bollenti di respiri, ci stringiamo forte la mano quando l'orgasmo ci assale simultaneamente, bagnando i nostri corpi sudati e stanchi.
Otabek si sdraia accanto a me, tirando sul mio corpo il lenzuolo chiaro ormai disfatto, come se non volesse farmi cogliere dall'imbarazzo della nudità, e proteggermi dal freddo che adesso proprio non mi tocca.
Affondo nel suo petto sicuro e morbido, con in capelli color oro che gli solleticano il mento, sorridendo persuaso dalla felicità. Otabek allunga le braccia, che mi riscaldano il viso colorito e sereno, iniziando a pettinare minuziosamente le mie ciocche di capelli con le dita.
Sta cercando di creare una treccia dal lato della mia testa non poggiato sul suo braccio, terminando il lavoro con impazienza e goffaggine. Mi tiro su con le braccia, esponendo la mia pelle nuda libera dalle lenzuola, e poi mi guardo allo specchio, lo stesso in cui l'ultima volta mi sono lasciato abbattere da me stesso.
Scoppio a ridere di gusto, quando visualizzo l'ammasso di capelli biondi arruffati in una treccia approssimativa, in cui Otabek ci ha messo tutto il suo dolce impegno.
Mi abbandono ancora una volta a lui, che mi stringe tra le sue braccia, così che io possa percepire sul mio corpo ogni millimetro della sua pelle nuda. Mi sorreggo con le braccia su di lui, con il viso che sfiora il suo profilo sicuro, segnato da un nuovo tipo di sorriso che si manifesta in lui.
«Quindi, adesso cosa siamo? Non voglio diventare con Yūri e Victor, mi disgustano orribilmente...»
Otabek ride, rispondendomi con una carezza in viso; «Sei davvero terrorizzato da quei due! Tra di noi sarà diverso, non ti preoccupare. Saprò prendermi cura di te in qualunque modo.»
«Quindi...ci amiamo?» gli domando, imbarazzato e timoroso.
«Non so te, ma io ti amo davvero, davvero tanto.»
«Davvero?» gli domando bisognoso.
«Davvero.»
«Anche io ti amo...però non me lo sentirai dire spesso, tutto questo romanticismo mi da la nausea.»
Otabek ride, accarezzandomi le costole per spingermi più vicino al suo viso, annuendo; «Hai ragione, nemmeno io sono abituato a tutte queste smancerie.»
La porta della mia stanza si spalanca improvvisamente, paralizzandomi su di Otabek quando il maiale giapponese e il russo paraplegico in carrozzella urlando all'unisono un qualcosa come «YURIO SIAMO A CASA!» senza preavviso.
Un susseguirsi di urli è l'unica cosa che si distingue tra la mia ira, lo sconcerto attonito di Yūri, il silenzio imbarazzato di Otabek e la lunga serie di fotografie di Victor che pubblica in rete lo scatto che rappresenta me e Beka a letto, mentre cerco di rendere più storpio lo sfortunato malato.
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