24

Yuri

Victor si è rimesso finalmente in piedi; non bastava la mia confessione ai due pattinatori riguardante la freddezza tra me e Otabek, anche la sorpresa del russo ha contribuito a mettermi in subbuglio lo stomaco.
Il mio cuore si è quasi fermato quando ho visto Victor camminare nella mia direzione, anche se alla fine è crollato tra le braccia di Yūri accanto a me.
Solitamente sarei stato geloso, e avrei sollevato un polverone, ma quando ho inquadrato il volto di Victor tinto di lacrime di gioia ho trattenuto con tutto me stesso l'emozione.
È stato un bene che non mi abbiano notato, avrei fatto davvero una figuraccia a piangere pateticamente come loro due. Non mi sarei mai aspettato che da un episodio simile sarei riuscito a trovare qualcosa di bello. Victor mi ha visto crescere e muovere i miei primi successi sul ghiaccio, ed io adesso ho il privilegio di stargli accanto mentre ritorna a vivere.
Sono tornato a casa da poco più di venti minuti, dopo aver messo tra i denti una poltiglia in scatola ed essermi lavato, mi sono letteralmente lanciato sul letto, sfinito come ogni estenuante sera delle mie giornate non proprio piacevoli.
Con i capelli arruffati sul viso e indosso una t-shirt larga che profuma di vaniglia, sento che ogni muscolo del mio corpo snello ed esausto si rilassa. Sospiro con tranquillità, ad occhi chiusi, godendo ogni nota di silenzio e bordo di penombra che mi cullano con quiete.
Allungo il braccio tra le lenzuola morbide, prendendo fra le mani il mio cellulare poco distante dal mio viso. Fisso il display che si illumina fastidiosamente, guardando distrattamente l'orario, fermandomi a riflettere allo stesso tempo sul consiglio di Victor e Yūri.
Dopotutto dovrei chiamare Otabek, dovrei chiarirmi con lui al più presto, e comportarmi da persona matura. La rosa bianca che mi ha regalato è quasi completamente appassita, ed inutili sono stati i miei tentativi di tenerla in vita più al lungo possibile, purtroppo anche i fiori più belli sfioriscono. E credo che anch'io, come questa rosa dalle spine tagliate, sto perdendo la mia bellezza senza nessuno che si sappia prendere abbastanza cura di me.
Appuntato con una graffetta c'è anche quel biglietto bianco che traspare dietro la luce della mia abat-jour. Le parole di Otabek le ho stampate sull'anima. Io sono il suo libro, la sua storia ancora tutta da scrivere, che però è andata in fiamme tra le sue labbra.
Corrugo la fronte e lascio che il mio braccio ricada lungo il materasso con un tonfo morbido. Sono stanco, pensieroso e di chiamarlo proprio non ne ho voglia. Non adesso.
Non è poi così tardi, ma ho tanto sonno, e se dovessi perdere tempo in piedi ancora per un po' domani non riuscire ad affrontare la giornata senza sembrare un morto che cammina.
Ma mi scorre lungo il corpo quella sensazione di eccitazione che da tanto non mi faceva trasalire. Lascio che la mia mano massaggi il cavallo dei mie boxer, che inizia presto a farsi gonfio, mentre mugugno ad occhi chiusi persuaso dal piacere leggero che tentenna e brucia nel mio intimo.
Allargo di più le gambe nude che si lasciano accarezzare dalle lenzuola disfatte su cui mi cullo con scarso controllo, continuando ad aumentare il movimento più violento e veloce che mi lascia sfuggire gemiti bassi.
Dopo pochi secondi passati a stuzzicare me stesso con carezze pesanti, libero la mia lunghezza dal tessuto umido dei boxer, avvolgendomi con una mano che subito asseconda il mio istinto.
Penso a Otabek -e non è la prima volta in un contesto del genere-
Non sono mai stato un tipo erotico o abbastanza esperto in fatto di sesso, come la maggior parte dei miei coetanei che prediligono le ragazze, ma ogni volta che mi lasciavo sopraffare dall'istino del mio corpo non riuscivo a togliermi dalla mente il viso di Otabek, immaginando il suo corpo caldo e muscolo spogliarsi dagli abiti sotto il mio sguardo brillante e impaziente.
Adesso è tornato a perseguitarmi, mentre mi stingo con più forza e tremo, quando trattengo l'orgasmo con un gemito stridulo.
Il rumore del mio cellulare mi distrae: continuo il mio lavoro più lentamente, scorgendo infastidito la chiamata che continua a squillare, imprecando. Mi fermo di colpo e afferro lo smartphone, leggendo solo dopo il nome che appare davanti i miei occhi.
Respiro a fatica, restando disteso nella stessa posizione, rispondendo con la voce bassa e coatta.

«O-Otabek?»
«Yuri...come va'?»
Deglutisco sentendo la sua voce dannatamente bella dall'atro capo del telefono, allontanando la mano dalla mia erezione con imbarazzo, come se mi avesse colto sul fatto e visto ogni cosa.
«Bene, Victor oggi si è messo in piedi, quindi lo dimetteranno a giorni.» gli dico con il fiato corto.
«Oh, perciò non sarai più solo, posso tornare a casa.»
Il cuore mi si ferma, e d'improvviso tutto il buonumore accumulato in giornata si trasforma in disperazione
«B-Beka, i-io...» balbetto, con gli occhi lucidi e il panico in gola; «Beka io sarò sempre solo se non ci sei tu con me, ti prego non andare.»
Riesco a percepire la sua tristezza che gli rende il viso più serio del normale. Le parole sono fuggite via dalle mie labbra senza il minimo preavviso, anche se non mi pento di ciò che ho appena detto.

«Avresti dovuto dirtelo prima, non sai quanto ho pensato a ciò che ho fatto credendo di aver frainteso tutto, semplicemente ti ho chiamato perché volevo avere la coscienza pulita e dare un taglio a tutta questa farsa una volta per tutte.»
Scatto seduto sul letto, stringendo i pugni.
«Cosa?! Sono io il deficiente che ha rovinato tutto! Per favore perdonami Otabek...è solo che tutta questa storia, noi due, me, mi dispiace sono così confuso...» piagnucolo nervosamente, sperando di riuscire a risolvere l'enorme disastro che ho creato.
«Yuri, sta calmo.» la sua voce calma mi zittisce di colpo, mentre mi mordo il labbro umido.
«È tutto okay, ti capisco, forse sono stato io a correre troppo, non avrei dovuto essere così impulsivo, è solo che non posso starti vicino con questa maschera che nasconde ciò che provo davvero per te...»
«E cosa provi Otabek?» sussurro con un filo di voce, che addolcisce la sua dall'atro capo del telefono.
«Non so come descriverlo, ma è come quando chiudo gli occhi e sento il freddo del ghiaccio che mi irrigidisce le gambe, e io non riesco a concentrarmi perché il cuore inizia a battermi forte, e non vorrei fare qualcosa di sbagliato...»
«Beka, sono ancora la tua rosa?»
Il ronzio della linea telefonica mi solletica l'orecchio, che ascolta il suo silenzio per pochi istanti.
«Si Yuri. Ti tengo stretta in mano in maniera sbagliata, il cervello me lo ordina, di continuare a stringere questo fiore così bello nel modo sbagliato, lasciando conficcare sempre più in profondità le sue spinte fra le mie dita. Ma il fatto è, che una rosa talmente preziosa non può essere gettata via e lasciata appassire, questo, perché io sono l'unico capace di prendersene cura. Tu continui a farmi male, anche se, probabilmente, non voglio accorgermene, aumentando in questo modo anche il tuo dolore.»
«Non mi hai mai detto che oltre al pattinaggio sei bravo anche con le parole.» Gli rispondo, sorridendo da solo, con dolcezza e compiacimento.
«Questo perché tu non me ne hai mai dato l'occasione.»
«Ma adesso voglio sentire tutto quello che hai da dire, e ti voglio qui. Non te ne andare, non lasciarmi con quei due cretini.» sorrido, e sento che anche lui accenna un mugugno divertito.
«Okay, non preoccuparti, resto con te.»
«Grazie.»
Serro le labbra con gioia, sentendo il peso che mi si era formato sullo stomaco svanire improvvisamente.
«Allora, ci vediamo domani?» domanda Otabek con un tono imbarazzato.
«S-si, domani.» annuisco con la voce bassa, arrossendo quando mi rendo conto che sto effettivamente parlando con lui a letto, mezzo nudo e con un erezione tra le gambe.
«C'è qualcosa che non va? Mi sembri strano...»
«No! È tutto okay.» sbotto con imbarazzo, anche se non riesco a controllare il calore che sta ritornarono nel mio inguine, come se parlare con lui stesse aumentando la mia eccitazione.
«Sicuro? Dalla voce non mi sembra che tu...»
Un mio gemito incontrollato lo interrompe, perché sono stato così idiota da muovermi e sfregarmi involontariamente contro le lenzuola, che peggiorano la situazione.
«Yuri...»
La sua voce che chiama il mio nome mi trasporta in una dimensione da cui non posso più tornare indietro, ed è come se le svariate fantasie nate in passato nella mia mente stiano diventando reali. Metto da parte il mio carattere aggressivo e quanto più riservato in certe cose, rischiando quel poco che mi rimane e ritornando ad assecondare la mia dolorosa erezione.
Gemo ancora, stringendo più forte il cellulare sul mio viso e abbandonandomi con le spalle sul cuscino morbido del mio letto.
«B-Beka io...»
«Yuri, ti prego.» anche la sua voce ha improvvisamente cambiato tono, apparendomi più sofferente. Otabek si lascia scappare un gemito basso a sua volta, facendomi capire che anche lui sta assecondando la mia reazione spropositata ed incontrollata.
«Beka io non voglio che tu, che noi, insomma...» fatico a parlare, a giustificare in qualche modo il nostro gesto, mentre mi masturbo con movimenti veloci, eccitato dalla melodia dei sospiri di Otabek che mi tengo ben stretti all'orecchio.
«Va bene Yuri, va bene. T-ti prego, dimmi qualcosa.»
Io lo immagino seduto ai piedi del suo letto, nella vuota e silenziosa camera dell'hotel, con il viso insofferente dal piacere, e una mano che cerca di dar sollievo al suo membro eretto, ed io sono la causa e la soluzione alla sua meravigliosa sofferenza.
Fletto le ginocchia e mi spingo in avanti, percependo che, grazie alla sua voce e ai suoi gemiti, non resisterò ancora per molto.
«S-sto per venire...ah!» gemo con fatica, scosso dai lamenti coatti e trattenuti di Otabek, che dai sospiri sembra messo nelle mie stesse condizioni.
«Yuri...» mormora con voce stridula, ancora e ancora, facendomi lamentare ad alta voce, con gli occhi chiusi e la sua immagine approssimativa nella mia mente. La mia mano è inumidita dal liquido che preannuncia l'orgasmo, mentre mi irrigidisco e stingo più forte il cellulare, come se quel contatto potesse essere capace di farmi sentire più vicino a Otabek.
Perché lo vorrei addosso in questo momento, vorrei le sue labbra bellissime lungo tutto il mio corpo, vorrei le sue mani strette alle mie, e il suo sesso dentro di me, bollente e anche doloroso.
Lo voglio qui, adesso e per sempre.
Vengo con un urlo stridulo, e dopo pochi istanti sento che anche Otabek si lascia avvolgere dal dolce piacere appagante che mi fa vibrare da capo a piedi. Riprendo fiato con il petto che sobbalza in movimenti bruschi, con il respiro pesante di Otabek all'orecchio come se fosse qui con me.
Non so cosa dire, entrambi non sappiamo cosa dire, perché è stato davvero tanto, troppo strano e imbarazzante. Però, per qualche strano motivo, non provo alcun rimorso.
«Allora, ci vediamo domani...» sospira lui dall'atro capo del telefono.
«Si.» sussurro, frenandolo improvvisamente quando le mie labbra vuote esplodono di parole, e gli dico, con gli occhi ludici e la voce chiara e sicura:
«Ti amo
Scommetterei l'anello del Katsudon che Otabek sta sorridendo, perché lo percepisco dal flebile ronzio che in un attimo fa eco nella mia mente.
«Anch'io, da molto prima che tu te ne rendessi conto.»


QUANTO È BELLO LO SMUT? EH? EH?
Okay, non credo sia stato qualcosa di molto spinto, anche perché non sono ancora molto brava in questo genere di descrizioni, ma tra quel bel manzo di Otabek e la bellissima prima ballerina Yuri non potevo far mancare uno di (una serie di alcuni) momenti intimi.
E non venitemi a dire che è pedofilia, come l'hanno chiamata alcuni, perché Yuri in questa mia versione della storia ha sedici anni, mentre Otabek ancora diciotto, e in giro c'è materiale molto più sconcio. Preso questo piccolo spazio autrice per chiarire un po' le cose, spero che possiate apprezzare.
Al prossimo capitolo ^___^

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