19
Yuri
Sono davvero stanco di pensare, riempirmi la testa di inutili pensieri -fin troppo gravi e improbabili- rende tutta questa dannata situazione solamente peggiore.
Non voglio parlare delle condizioni di Victor, dell'animo dolce di Yūri spezzato, e della tristezza che ha travolto tutto il resto delle persone che gli stanno intorno. Non li sopporto prorprio, i cari con il loro dolore; li trovo quasi ridicoli, premurosi e infelici per il povero malato costretto a letto. Io so' che Victor non si reputerà mai tale, e io di certo non lo tratterò mai da minorato. Ma anche se il mio caratteraccio mi costringerà ad agire da solito scontroso, il grosso nodo alla gola che mi si è creato dalla sera dell'incidente mi ricorderà sempre che la realtà è un'altra, e che tutte le persone dispiaciute e impietosite dalle condizioni permanenti di Victor hanno ragione.
È mattina presto, da una settimana a questa parte ho dormito davvero poco, e quelle brevi ore di sonno che mi sono servite per affrontare le lunghe giornate in ospedale sono costernante da incubi. Il protagonista è sempre Victor, che piange e urla di dolore, e che mi chiede aiuto. Ma io non posso proprio aiutarlo.
Dalla grande finestra della mia stanza, attraverso la tenda bianca che rimane immobile nelle sue ondeggiature delicate, si fa spazio qualche timido raggio di sole.
Con Otabek c'è stato soltanto un grande imbarazzo, da quando è venuto a stare con me.
Non è esattamente la stessa cosa, affrontare un dialogo di presenza, invece che usare qualche breve messaggio come mezzo di comunicazione. L'allegra confidenza che ci eravamo regalati alla finale del Grand prix sembra essere morta e sepolta. Ci siamo separati, e non abbiamo tenuto nessun ricordo l'uno dell'altro.
Se solo avessi qualcosa a cui aggrapparmi, un piccolo tesoro di lui da guardare e custodire con gelosia, forse troverei il coraggio di essere più espansivo nei suoi confronti.
Il problema è che in una situazione simile ritorna a galla il grosso demone nero che si diverte a rendermi la vita un inferno.
Guardo l'ora sul display del mio cellulare, e mi rendo conto del fatto che è ancora troppo presto per prepararmi ed andare da Victor. Innervosito e stanco, scatto in maniera aggressiva in piedi, rendendo le piante dei miei piedi ancora più fredde quando vengono a contatto con il gelido pavimento. Mi stiro con dei deboli mugugni e alcune smorfie ad occhi chiusi che mi aiutano a sgranchirmi un po' la schiena.
Apro gli occhi, e vedo difronte a me il riflesso della mia sagoma snella che trema dentro il grande specchio poggiato al muro. Non mi piace particolarmente specchiarmi, il mio aspetto fisico non mi ha mai soddisfatto. Non parlo in quanto canoni di bellezza esteriore, anche perché, nell'insieme, sono un ragazzo dai lineamenti delicati e chiari, che la maggior parte della gente apprezza.
Rilasso il mio corpo teso in quel piccolo stiramento a braccia alzate, ammorbidendo la mia espressione, offuscata dalla massa bionda di capelli abitualmente poggiata sul mio viso.
I pantaloni larghi e un po' vecchi accentuano la mia vita sottile, che li lascia scivolare abbastanza in basso rispetto agli spigoli sporgenti del mio bacino. La T-Shirt bianca che ho distrattamente preso dal bucato pulito deve essersi ristretta per colpa di qualche dannato lavaggio sbagliato, così, anche se cerco invano di sistemarla, i bordi mi arrivano all'altezza dell'ombelico.
Dannazione, mi sta succedendo di nuovo.
Socchiudo le labbra e rilasso la fronte, guardandomi riflesso davanti al mio sguardo con inquieto silenzio e triste rammarico. Le mie braccia magre e chiare si piegano all'altezza delle costole, indirizzando le mani affusolate e lunghe a sollevare i bordi della maglia troppo corta. La alzo timidamente, chinando gli occhi in direzione della mia immagine, assottigliando le palpebre per vedere meglio.
La muscolatura perfetta e magra mi avvolge il busto, che rimane per la maggior parte coperto dal tessuto.
Se solo i fianchi fossero un po' più rotondi, e il petto più pieno...
Penso a certe cose quando il mio stato d'animo è messo alla prova in un modo che non riesco a tollerare. Mi sento estraneo a me stesso, mi sento legato ad un corpo sbagliato, un'anima confusa in qualcosa che non gli appartiene.
Mi piacciono i ragazzi, e questo non mi preoccupa più di tanto, considerando il fatto che sono circondato tutto il giorno da una coppia di irritanti innamorati dello stesso sesso; il mio problema è diverso, ho accettato ciò che prediligo senza troppe storie, ma ancora non riesco a concepire il mio aspetto.
Mi sento femminile, mi sento aggraziato e delicato. Ma, pur impegnandomi, non potrò mai davvero avere un vero e proprio aspetto femminile.
Mi sento soffocare al pensiero familiare che Otabek non potrà mai provare nulla per me, proprio perché sono il detenuto di un corpo sbagliato.
Faccio scivolare le punta delle dita giù, a sfiorare l'ombelico, e a provocare un involontario fremito quando disegno l'imperfezione che si nasconde tra le mie gambe.
È tutto sbagliato...tutto.
Gli occhi mi si fanno lucidi, la gola è soffocata dalle lacrime trattenute, e le labbra pallide si tagliano quando le mordo, per fermare il loro tremolio. Anche se tutte le sere, prima di addormentarmi, sono investito da un senso di desolazione e tristezza per tutta questa assurda faccenda, non mi lascio mai abbandonare ai singhiozzi, non so' proprio cosa mi stia succedendo questa volta.
Dovrei essere abituato a questa triste sensazione di disagio che ho con me stesso, ma continuando a guardarmi allo specchio, non posso fare a meno di pensare ad uno Yuri diverso, e a come questa nuova persona potrebbe influire maggiormente nella vita di Otabek.
Lui è il mio pensiero fisso, lui è ciò a cui aspiro di più. Ho vinto l'oro, ho realizzato il mio sogno nel campo del pattinaggio, che è tutta la mia vita, ma da quando quel ragazzo in motocicletta mi ha rapito, non riesco più a controllare i miei sentimenti frastagliati.
Chi l'avrebbe mai detto che Yuri Plisetsky si sarebbe fatto piegare da una ridicola questione di cuore?
Sento bussare alla porta, che si apre subito dopo, senza nemmeno il mio permesso. Mi volto di scatto verso Otabek, che è ormai entrato nella mia stanza, cogliendomi in un patetico stato di debolezza.
«Dovresti almeno chiedere il permesso...» ringhio, abbassando lo sguardo ancora lucido, e piegandomi verso il letto, per distrarmi dal suo viso.
«Scusami, è che mi sono preoccupato quando non ti ho visto gironzolare in cucina...»
«Ho preferito restare a letto, è ancora presto.» tengo fra le mani un cuscino sgualcito, con l'intento di sistemarlo.
Otabek però rischia, avvicinandosi di più a me. È sfrontato e senza paura, per nulla intimorito dalla mia freddezza, che è in simbiosi con il suo carattere.
«Dovresti sistemare i tuoi capelli...il ciuffo ti copre sempre il viso. Ti rende insicuro e nasconde i tuoi occhi.» con sguardo freddo e voce ferma, si azzarda a criticare il mio stile, e ciò mi fa andare in bestia.
«Cosa ti importa? Parli proprio tu, che ti stai facendo allungare quel ciuffo nero...» commento imbarazzato e irritato, squadrando la sua acconciatura un po' arruffata.
Allunga un braccio verso il mio viso, ed anche se vorrei spingerlo via con violenza, il mio corpo si paralizza di colpo. Ignora completamente le mie parole, o meglio, ha percepito la mia voce, ma non ha tolto lo sguardo dal mio viso. Con le nocche dell'indice e del medio scosta con estrema delicatezza il mio ciuffo biondo, alleggerendomi il viso diventato paonazzo.
In questo momento non so' cosa sto suscitando in lui, ma in me, per colpa del suo gesto delicato, lo stomaco si è stretto in un groviglio di mille nodi. La sua mano sfiora la mia fronte bollente, mentre resta ancora un po' con gli occhi brillanti sull'immagine intera del mio viso meravigliato, che lo fa arrossire improvvisamente.
La sua espressione dura e gelida ha una brusca variazione; sgrana di poco gli occhi contornati dal rossore creatosi sulle sue guance. Ritrae velocemente il braccio, abbassando la testa e lasciando entrambi in un silenzio confuso e sorpreso.
I nostri sguardi, seppur in fuga l'uno dall'altro, non posso fare a meno di attrarsi come due magneti. Otabek si schiarisce la voce, creando una falsa calma tra di noi;
«Pensavo che potresti chiamarmi Beka, visto che ormai viviamo insieme...»
Mi metto dritto, spiazzato dalla sua proposta. Conoscendolo quel poco che riesco, so' che questa sua iniziativa è insolita quanta preziosa.
Annuisco, balbettando con timidezza:
«D'accordo...Beka.»
Sorrido alla fine, quando pronuncio quel dolce soprannome. Mi batte forte il cuore, mentre le sue labbra si arricciano in maniera nascosta e difficile da cogliere.
«Domani è il tuo compleanno, quindi pensavo di fare qualcosa per te...so' che non è la situazione appropriata per festeggiare, ma sono certo che Victor e Yūri saranno felici di sapere che farai qualcosa...»
Non so' se mi stupisca di più il fatto che si sia ricordato del mio compleanno, oppure dell'enorme coraggio che sta impiegando per parlare con me mettendo da parte il suo carattere.
O si sforza per essere carino con me, o sono riuscito a tirar fuori il vero Otabek.
«Dopotutto compi sedici anni, ti meriti un po' di svago...»
«È un pensiero carino il tuo. C-certo che mi piacerebbe fare qualcosa.» sono preso alla sprovvista, ed anche se sarà il peggior compleanno della mia vita, non posso rifiutare la sua proposta.
«Saremo solo io e te, senza troppa gente. So' che non sei in vena di festeggiamenti in grande. Sarà una semplice serata piacevole, qualcosa che ti faccia rilassare un po'. Dopotutto ne hai bisogno.»
Annuisco ancora, mordendomi l'interno della guancia.
«Bene.» Otabek risponde con timidezza, dirigendosi verso la porta.
«B-Beka...» lo chiamo, e lui, senza esitare un istante, si volta nuovamente verso di me. Tremo prima di parlare, guardando la sua immagine con più attenzione. È avvolto dal suo solito vestiario nero, con una canotta aderente che accentua il suo busto armoniosamente muscoloso. Deglutisco, assumendo nuovamente un colorito rosso;
«Mi piacerebbe andare alla pista di pattinaggio...»
Sorride, mettendo in crisi i mie nervi abbastanza provati;
«Okay.»
«Okay.» faccio eco alla sua riposta con un sussurro imbarazzato, lasciando che esca dalla mia stanza.
Piccolo spazio autrice: Il personaggio di Yurio in questo capitolo è posto ad una tematica abbasta delicata, che però non voglio approfondire molto. Mi piaceva accennare il suo stato d'animo per quanto riguarda il rapporto con il suo corpo, e spero di essere riuscita a creare qualcosa di apprezzabile...al prossimo capitolo!
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