18

Yūri

Sento il tepore morbido delle coperte che mi avvolge quasi fossi un fagotto; alcuni raggi di sole penetrano dalla finestra e mi lasciano in un quieto stato di dormiveglia abbandonato alla sensazione dolce del mio riposo. Mi rannicchio di più su me stesso quando percepisco il rumore della porta cigolare piano, e una presenza familiare avvicinarsi a me in punta di piedi, in un vano tentativo di far silenzio.
Sorrido, finché non sento l'accento russo di Vicotr allungare, come al solito, la seconda lettera del mio nome:
«Yuuri?»
Mi chiama con un debole sussurro, facendomi tendere la mano fuori dalle coperte, in un gesto stanco sul materasso, per invitarlo a raggiungermi con impazienza.
«Victor...» gli mormoro.
«Buon giorno Katsudon...» ho gli occhi ancora chiusi, ma sento il suo corpo morbido e veloce insinuarsi fra le mie braccia, adagiando il profilo sottile sul mio petto.
«Sono tornato! Hai sentito la mia mancanza?» Victor borbotta con estrema dolcezza, arricciando le sue labbra in quella dolce forma a cuore, accucciandosi con il respiro sul mio collo.
«Si...» sposto le mie mani sulla sua testa, che fino a poco prima hanno stretto le sue spalle come se potesse fuggire via. I capelli morbidi e fini mi si aggrovigliano fra le dita, caldi e arruffati da qualche piccola folata di vento ricevuta fuori. Ricomincio a respirare quando ritrovo il mio viso sulla sua fronte, ad occhi chiusi, sussurro:
«Oh...profumi di mare...»
Mi sembra di vederlo nitidamente, anche nel buio del mio falso sonno; la sabbia riscaldata dal sole mi accarezza i piedi scalzi, e gli occhi mi si riempiono di blu, quando scorgo l'enorme distesa di acqua salata ricoprire l'orizzonte. Victor ha molto in comune con l'oceano: l'argento dei suoi capelli sembrano granelli chiari di sabbia che luccicano tra i milioni di altri monotoni briciole, mentre nei suoi occhi si agita il mare, con tutte le sfumature del verde e del blu che assume quando il sole decide di cambiare il suo scintillio.

Lo accarezzo ancora, più forte, investito da un improvviso senso di paura e nostalgia, senza riuscire a capire la natura di questo terribile sentimento. Va tutto bene in fondo, sono a casa, Victor è qui, perché sono così preoccupato?
«Cosa c'è Yūri?» mi domanda, stavolta confuso, ancora premuto a forza dalle mie mani contro di me. Increspo le sopracciglia, chiudendo i pugni tra le sue ciocche, sentendo il suo tocco freddo allentare la presa sulla mia schiena. Voglio aprire gli occhi e guardarlo, ma ho la terrible sensazione che, facendo ciò, possa perdere Victor per sempre.
«Ho fatto un sogno, dove tu mi lasciavi.» mormoro, mentre due lacrime calde fuggono a forza dalle mie palpebre serrate.
Sorride, alzando il capo verso il mio viso. Riesco a percepire il suo sorriso dolce e sincero anche ad occhi chiusi. Riconosco a memoria l'espressione che Victor assume, quando è soddisfatto in maniera romantica, ostaggio del suo amore nei miei confronti.
«Apri gli occhi Yuuri, guardami.»
«Non posso.» mi lamento, a voce bassa, continuando a rimanere abbracciato al suo corpo.
Tutto sta diventato freddo, anche il corpo di Victor.
«Yuuri...» continua a chiamarmi, ma la sua voce è un eco lontano e indistinto.
Sotto di me, Victor sta diventando più leggero. Mi muovo nervosamente nel tentativo di riacquistare la presa su di lui, finché, dopo l'ennesimo richiamo del mio nome, con terrore, apro gli occhi.

Una luce accennate e fastidiosa mi annebbia lo sguardo, sento qualcosa di duro conficcatosi sulle mie costole in maniera fastidiosa, e un complessivo stordimento generale. Ho dormito, ma è come se questo breve riposo non fosse servito a nulla.
Mi strofino gli occhi con il palmo di una mano che fa muovere vertiginosamente i miei occhiali ancora poggiati sul viso, mente mi sgranchisco la schiena e cerco di prestare attenzione alla voce che mi ha chiamato.
È stato tutto un sogno, quel bellissimo episodio che credevo di aver vissuto. Non dovrei essere deluso, anche perché la realtà è un'altra, e non è la prima volta che faccio sogni simili in cui Victor è protagonista, ma sento troppo la sua mancanza.
È sopravvissuto all'incidente, ma è morto nell'istante stesso in cui ha riaperto gli occhi, e io non sono riuscito a salvare quella luce debole nei suoi occhi spaventati, che si è spenta troppo velocemente.
Devo essermi addormentato in corridoio, mentre aspettavo i referti medici degli ultimi esami di Victor.
Finalmente metto a fuoco le due sagome familiari che attendono con impazienza la mia attenzione, facendomi sobbalzare dalla sorpresa.
«E voi che ci fate qui?» chiedo.
Chris e Phichit fanno un passo indietro quando scatto in piedi, e cerco di migliorare di poco il mio terribile aspetto stanco e sciupato.
«Non ricordi? Ti avevo detto che sarei venuto qui entro il weekend!» Chris è nervoso e irritato, sbottando velocemente quel tumulto di parole con le mani sui fianchi e un'espressione irritata.
Phichit mi abbraccia improvvisamente, senza darmi il tempo di muovermi. Rimango incollato su di lui con le braccia intrappolate lungo i fianchi dalla sua stretta, sorpreso e rigido.
«Pensavi sul serio che ti avrei abbandonato, proprio adesso?» con la stessa velocità con la quale mi ha affrettato, mi riporta alla posizione di prima, tenendomi le spalle con le mani.
Sono tanto felice che lui sia qui, sono molto più sereno sapendo che lui e Chris siano venuti.
«Scusami, sono davvero stanco, io non pensavo che...»
«Come sta Victor? Ho fatto tutti questi chilometri per venirlo a vedere, perciò portami da lui.» Chirs mi interrompe di scatto. Annuisco, iniziando a fare strada ai due verso la camera di Victor. Non me la prendo per il brusco modo con il quale si è rivolto a me; so' quanto voglia bene a Victor, e anche quanto sia sotto shock e spaventato  per quello che è successo.
«Ha subìto un'operazione alla gamba due giorni fa, non ha un bell'aspetto...» li avverto entrambi prima di aprire la porta bianca difronte a me.
Victor sembra aver iniziato ad accettare la sua condizione. Okay, forse ho usato il termine sbagliato, ma posso dire che dopo l'intervento, e la scelta del brano per la mia esibizione, Victor ha iniziato a proferire qualche parola in più, a collaborare quando le infermiere devono cambiargli le medicazioni, e a sorridere, di rado, quando entro in stanza e rimango con lui fino a notte.
So' il perché di tutta questa forza e determinazione, non ho bisogno di prove ulteriori e confessioni da parte sua: conosco Victor meglio di me stesso, e la sua fretta nel guarire è nutrita dal pensiero del concorso al quale lui non potrà più partecipare. Chissà quante idee gli passano per la testa, e sono estremamente sicuro che non stia più nella pelle al fatto di essere di nuovo il mio coach.

«Yuuri...» mi chiama appena varco la soglia della porta, sorridendo alla ricerca del mio viso attraverso il muro di gesso posto difronte la sua visuale. Le gambe sollevate gli rendono difficile riuscire a vedere bene oltre le medicazioni, ma ogni volta non sbaglia mai, riesce sempre a riconoscermi.
«Abbiamo visite Victor.» sorrido con tono stanco, lasciando entrare Chris e Phichit che sbiancano di colpo quando lo vedono.
Gli occhi di Victor si illuminano, e con l'aiuto dei gomiti cerca di sembrare più composto, con la schiena poggiata contro i cuscini.
Trattiene invano una smorfia di dolore, che però non viene storpiata da un lamento, intrappolato nella sua gola. Affianco il suo letto, ed invito i due pattinatori a seguirmi in silenzio.
«Sono così felice di vedervi.» dice.
La voce di Victor sta lentamente ritornando sfacciata e affascinate come quella di prima, anche se la stanchezza e il dolore continuano ad attutirla. Ha i capelli oleosi e arruffati, purtroppo la vasca da bagno è un miraggio date le sue condizioni fisiche.
Il suo colorito pallido ha guadagnato del rossore più naturale sulla punta del naso e sotto le profonde occhiaie nere, grazie ai pasti caldi e nutrienti che gli costringo a mangiare tutti i giorni. I lividi e le escoriazioni sul suo volto stanno guarendo, anche se a rilento e con dei colori chiari e smorti.
Chris si è paralizzato, e so esattamente quello che sta provando in questo momento. Phichit invece si ricompone, serrando le labbra seriamente e affiancandomi con un gesto buffo, che fa sorride me e Victor.
«Ci hai fatto prendere un colpo, Vitya! Avrei dovuto prendermi io cura di Yūri, e tu sai quanto sia ingestibile quando è depresso!»
Victor ride, assottigliando gli occhi e socchiudendo le labbra. Mi riempie il cuore di gioia, sento che lentamente sta ritornando da me.
«Sta tranquillo, lo avrei lasciato a Yurio, quel gattino sa' come rimetterlo in riga.» Victor risponde a Phichit, anche se è visibilmente sofferente, e sta sforzando ogni cellula del suo corpo per affrontare un discorso così lungo per lui.
«Razza di idiota, tu e le tue solite idee sdolcinate per quel ragazzino ti hanno quasi ucciso.» gli ringhia Chris in cagnesco, mentre lo fissa con gli occhi lucidi e la voce profonda, stringendo i pugni.
Un grosso nodo mi opprime il petto. Le parole di Chris mi hanno mostrato un nuovo punto di vista. In fondo, tutto questo è solo colpa mia, Victor era alla guida per me.
«Sei venuto qui per farmi visita o per ricordarmi quanto io stia male? Non ho bisogno di qualcuno venuto qui a farmi la predica, sto già abbastanza male così.» Victor corruga la fronte e lo fissa minacciosamente.
Chris famsilenzio per poco, mentre fatica ad avvicinarsi a lui, virando lo sguardo da qualsiasi altra parte pur di non guardare le gambe di Victor.
«S-scusami...il fatto è che i-io ero così preoccupato...»
Victor sovrasta il balbettare nervoso di Chris, con un sorriso forzato ma estremante ingannevole.
«È okay, sta tranquillo.»
È Victor quello a stare male, ma sembra che sia l'unico in grado di consolare tutti noi. Non riesco proprio a capire dove sia riuscito a trovare tutta questa forza.

Yurio e Otabek sono arrivati poco dopo la visita di Chris e Phichit, così, tutti quanti siamo riusciti a trascorrere un pomeriggio piacevole. A Victor serviva proprio ritornare per un momento alla sua normalità, circondato dalle persone a lui care, come se invece di stare immobilizzato su di un letto, fosse seduto sulla sedia di un bar a sorseggiare caffè.
Chris si è offerto di riaccompagnare gli altri a casa, mentre raccomandavo a Yurio, da bravo adulto, di stare attento a chiudere la porta a chiave quando lui e Otabek sarebbero andati a dormire, e di dare da mangiare a Makkachin -come se lui non sapesse di già tutte queste cose...-
E adesso, che la stanza è vuota, e dalla finestra Victor scorge il buio, noto quanta nostalgia e tristezza lo stanno affogato. È la parte peggiore, la notte. I dolori sono più forti, gli è quasi impossibile dormire, e poi la consapevolezza di dover rimanere qui, invece che andare a casa, mette il magone ad entrambi.
Ma io non lascio che questo triste sentimento abbatta il mio Victor, forse mi sono fatto ingannare all'inizio, ma adesso so' esattamente cosa fare per aiutarlo.
Stasera, dato che alla tivù non c'è poi granché, e che dal carrello della mensa non sono riuscito a trovare nessun tipo di ghiottoneria dolce, devo inventarmi un altro modo per distrarre Victor.
La luce della lampada accanto al suo letto è bassa e rilassante, ed è grazie ad essa che mi si accende una lampadina in testa.
I capelli di Victor sono ormai un'ammasso indecente di nodi e sporcizia, tenuti in questo modo dalla sera dell'incidente! Corro in bagno a riempire una piccola bacinella di acqua calda, mentre Victor cerca di seguirmi con lo sguardo finché non scompaio dietro la porta del servizio.
Ritorno da lui con passo buffo e attento, nel tentativo di non rovesciare l'acqua dentro la bacinella, e di tenere in equilibrio sul mio avambraccio una tovaglia morbida, e alcuni prodotti per capelli sotto l'ascella.
Ride, portandosi la mano non ingessata alle labbra;
«Sei davvero buffo.» dice.
Poggio l'agognata bacinella sulla sedia accanto al suo letto, disponendo ordinatamente tutto il resto della mia attrezzatura sul piccolo tavolo attaccato alla parete.
Mi rimbocco le maniche fin sopra i gomiti, avvicinandomi a lui, con le idee un po' confuse.
«Vorresti lavarmi i capelli, non è così?»
Annuisco, mordendomi il labbro con imbarazzo.
«Ma non sai da dove iniziare, giusto?» sorride, con una falsa arroganza.
Annuisco di nuovo, rilassando le spalle.
«Ti aiuterò io.» mi rianimo alle sue parole, che spariscono nella penombra che ci culla dolcemente.
«Prima di tutto, avvicina la bacinella alla mia testa, e con un bicchiere o qualcosa di simile, versa l'acqua sui miei capelli.»
Scatto nervosamente alla ricerca di qualcosa che possa aiutarmi, ritornando da lui con più entusiasmo e sicurezza.
Gli avvolgo la tovaglia soffice intorno alle spalle, per evitare che si bagni, seguendo le sue istruzioni, così da inumidire il suo capo con acqua calda e pulita. Me la cavo abbastanza bene, anche se trovo più difficoltà nell'insaponare quelle ciocche crespe, che nell'evitare di bagnare qualsiasi cosa.
Alla fine, dopo un intenso lavaggio pieno di schiuma, lascio a Victor un dolce profumo di vaniglia sui suoi capelli bagnati e tamponanti con dolcezza dalla tovaglia.
Con il phon impiego davvero poco ad asciugare del tutto la sua testa argentata, che senza l'aiuto di una bella spazzolata è un po' troppo gonfia.
Victor si tocca il capo con una mano, scoppiando a ridere moderatamente, quando nota il mio forte imbarazzo. Non sono un bravo parrucchiere...
Afferro immediatamente la spazzola nel tentativo di sistemare il mio mezzo disastro, sedendomi sul bordo del suo letto, proprio a poca distanza dal suo collo.
Victor si lascia sfuggire un lento sospiro, quando accarezzo i suoi capelli tra la spazzola e le mie mani. Sono perso, ancora, nella sua immagine.
Abbasso lo sguardo, guardando nella direzione in cui Victor è costretto ad osservare ogni cosa, tutto il giorno. Viste da questa prospettiva, le sue gambe fanno un altro effetto. Mi trasmettono la triste consapevolezza della fine di tutto, ma dal sorriso ancora forte e invincibile di Victor, capisco che inizierà qualcos'altro.
«Sono già stanco di tutto questo, Yuuri.» mormora Victor, ad occhi chiusi e con stanchezza.
«Anch'io.»
«È tutto diverso, io sto cercando di adattarmi, ma è davvero tanto difficile.»
Interrompo il mio movimento, poggiando la spazzola tra le mie gambe, così da prestare tutta la mia attenzione a Victor.
«Oggi ti fa male?» non posso fare a meno di chiederglielo, perché non sentirlo lamentare mi angoscia di più, perché so che sta soffrendo in silenzio.
«Si...tanto.» deglutisce, e mi guarda negli occhi.
Respiro dalle narici rumorosamente, accarezzandogli piano il viso.
«Yūri mi manchi, sei qui con me tutto il giorno, ma è come se fossi qualcun altro.» so' esattamente cosa intende, non riesco proprio a dedicargli le stesse attenzioni di prima. Non lo bacio da così tanto...ma non perché non lo trovi più bello, o affascinate, a me non importa nulla.
Ho solo il terrore di toccarlo, e causargli troppo dolore.
«I-io non voglio farti male...» gli sussurro addolorato.
Mi stringe la mano, con fatica, tutta colpa del gesso che custodisce la sua. Sgrano gli occhi e ritorno ad ipnotizzarmi sul suo sguardo. Accarezzo con più sicurezza il suo viso con il pollice, facendolo poggiare sul mio palmo, con dolcezza e serenità.
Mi chino più vicino, fino a raggiungere le sue labbra. È caldo e morbido proprio come lo ricordavo, ha il sapore del mare e la carezza di un soffio di vento caldo. Il nostro bacio dura per un lasso di tempo incalcolabile, forse troppo, o forse troppo poco.
Quando entrambi ci dividiamo di malavoglia per riprendere fiato, restiamo poco distanti dai nostri copri ormai ritrovati.
Dai semi che uniscono e separano gli elementi si distingue nettamente la forza che li fa muovere e li ordina. Questa forza ha un'intelligenza divina, che scevera i semi originariamente confusi e determina così l'ordine che trovano nel mondo. Tuttavia quest'ordine non è mai perfetto, giacché i semi rimangono, in una certa misura, sempre mescolati gli uni con gli altri. Io e Victor siamo due elementi uguali, separati e confusi.
Siamo semi d'argento che si perdono nella tempesta, per poi ritrovarsi in mezzo al ghiaccio.

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