14

Yuri

Victor ha aperto gli occhi; è rimasto sveglio giusto il tempo per poter guardare il Porcello, per poi riaddormentarsi per circa un'ora e mezza, ancora stordito dai forti medicinali che gli hanno somministrato. I dottori dicono che saranno normali eventuali vuoi ti di memoria, o confusione nelle prossime ore, dato che il corpo di Victor ha subìto un grande stravolgimento per colpa di tutte quelle diavolerie liquide che gli hanno iniettato nelle vene.
Sono quasi passate ventiquattr'ore dall'incidente, ma a me sembra di stare in ospedale da una vita. Il processo post operatorio sarà lungo, la prognosi è ancora da completare con altri eventuali interventi alle gambe, e senza troppe speranze e giri di parole, probabilmente Victor trascorrerà un lungo periodo di tempo fra le mura della sua stanza d'ospedale. È triste, mi si stringe il cuore al solo pensiero, e la mia mente si immedesima automaticamente nei suoi panni; la sua reazione quando verrà a sapere di tutta questa storia a mente lucida è un chiodo fisso che mi logora senza sosta. Se fino ad ora credevo che non ci potessero essere momenti peggiori di quelli che si sono susseguiti in queste ore, devo proprio ricredermi.
Yakov mi ha detto che poco fa Victor si è svegliato dinuovo, e questa volta sembrava molto più attento e spaventato. Yūri ha cercato di calmarlo, le infermiere gli hanno iniettato un forte antidolorifico, ma Victor continua a lamentarsi del dolore da quasi un'ora, ed io ho dovuto prendere un bel po' di tempo per prepararmi a rivederlo. Mi sono nascosto nei miei pensieri, in silenzio, nell'attesa di ritornare ad essere forte. Yūri sarà più sconvolto di quanto posso ricordare, e Victor ingestibile, perciò devo stringere i denti e trattenere le emozioni per cercare di avere un minimo di controllo nella situazione.
Devo prendere in mano la vita di tutti e tre, e mantenerla unita senza, e rischiare di ferirmi il palmo con i ciottoli spigolosi della nostra tristezza.
Mi passo una mano tra i capelli, tirando indietro un ciuffo biondo che ricade dietro la fronte in maniera scomposta. Sospiro, rumorosamente con i pugni stretti e le labbra secche, guardando difronte a me la parete grigiastra del corridoio ospedaliero.
Mi metto in piedi un po' barcollante, perché per un istante le mie caviglie hanno ceduto, dal momento in cui ho realizzato che sta davvero ritornando da lui, per vederlo da sveglio. Corrugo le sopracciglia e stringo le labbra in maniera apparentemente buffa e infantile, lanciando un'occhiata minacciosa alla punta dei miei piedi. Sto per muovere il primo passo, quando una voce mi chiama da non molto lontano;
«Yuri!»
Mi volto lentamente, d'istinto, alzo le palpebre ad un'altezza poco più in alto della mia, che mi ruba le poche parole che avevo messo da parte per dopo. Otabek si ferma difronte a me, con un grosso borsone a tracolla, e il giubbotto di pelle nero abbottonato quasi fino al collo. Sentirà freddo, dopotutto non è abituato alle temperature basse della Russia. Un particolare troppo grande mi salta all'occhio, e noto con mia enorme sorpresa che i capelli neri di Otabek sono molto più lunghi rispetto a quando l'ho visto l'ultima volta a Barcellona. Continuano ad essere rasati ai lati, ma il ciuffo è raccolto in una forcina scura che gli crea un codino affascinate e serio, capace di squadrare con più finezza il suo viso scuro e freddo.
Il mio cuore ha preso a battere troppo velocemente, e non riesco più a controllare l'espressione del mio viso, che assume una smorfia addolcita e del tutto rapita dagli occhi scuri e sottili di Otabek.
«O-Otabek...credevo che saresti arrivato più tardi...»
«Il volo non è stato dirottato per lo scalo, quindi sono riuscito ad arrivare in anticipo.» si avvicina di più a me, con la schiena dritta e il viso chinato sulla mia altezza. Mi stringe un braccio, con la mano avvolta da un guanto nero che gli lascia scoperte le falangi. Tra di noi ci sono quasi tre strati di tessuto che separano il nostro calore, ma a me sembra quasi di scottarmi per colpa sua. Sale di più, accarezzandomi la spalla, ed infine, arrivando al viso. Tremo, ho la pelle d'oca ovunque, e le guance rosse che si evidenziano maggiormente a causa del mio pallore stanco.
Il suo pollice mi accarezza lo zigomo, mentre le altre quattro dita massaggiano con delicatezza la mia nuca resa soffice dalla lunghezza liscia dei mie capelli.
«Ero così preoccupato. Non posso credere a quello che è successo a Victor, e non potevo starmene con le mani in mano mentre tu avevi bisogno d'aiuto.»
«Non saresti dovuto venire, me la sarei cavata anche da solo...» sono imbarazzato, ma allo stesso tempo un po' arrabbiato dal suo menefreghismo, dopotutto, sarebbe potuto venire da me anche prima, invece che in una situazione così drammatica. Ripensandoci, mi sale un impeto di ira che sta per esplodere in una marea di insulti, con tanto di manata al braccio che continua a restare teso su di me. Razza di stronzo, da quando ci siamo lasciati si è limitato ad inviarmi un messaggio una volta ogni tanto.
Sono uno stupido, ingenuo e disgustoso ragazzino con una cotta per un ragazzo irraggiungibile. Perché, siamo seri, Otabek non può avere delle tendenze...insomma, lui non può essere come me.
«Dici sempre così Yuri, sei un combattente, uno che tiene duro, ma in una guerra due soldati hanno più possibilità di vincere.»
Ecco, mi ha fatto dimenticare perché volevo tirare un pugno sul suo faccino così bello e misterioso...
Rimango in silenzio, con le labbra semichiuse e gli occhi brillanti su di lui.
«V-Victor si è svegliato, sembra più cosciente, stavo giusto andando da lui.» devio il discorso su quello che stavo per fare prima di essere interrotto dalla sua presenza, allontanandomi dalla sua mano gelata rimasta troppo tempo sul mio viso.
«Sarà meglio che io resti qui ad aspettarti, non mi sembra il caso di disturbarlo con delle visite, sarà abbastanza scosso.»
Annuisco, ma, prima di dirigermi nuovamente verso la stanza di Victor, alzo la voce per attutire la breve distanza tra di noi, con sguardo serio;
«Otabek, per quanto tempo rimarrai qui? E poi, dove starai?»
«Voglio rimanere fino a quando Victor non starà meglio, per aiutarvi, nel frattempo cercherò un hotel non troppo caro...»
Lo interrompo di scatto: «Verrai a stare a casa di Victor, con me.»
L'ho sorpreso, e la cosa mi entusiasma in maniera sfacciata; «Sarò solo per la maggior parte del tempo, visto che quasi sicuramente Yūri rimarrà in ospedale con Victor. Non voglio che tu spenda così tanti soldi, e poi è una casa grande, ci entreremo tutti.»
È una proposta azzardata, ma ho la possibilità di poter rivendicare tutto il tempo perso dall'ultima visita a Barcellona. Non penso di attuare dei metodi di seduzioni nel pieno stile del vecchio Victor, anche perché sono certo che Otabek non mi darebbe nessuna possibilità, ma adoro stare con lui. Forse, è l'unica cosa bella che ricorderò di tutto questo.
«Se non reco troppo disturbo, allora okay.» è intimidito e sorpreso, ma da un lato sembra sollevato. Annuisco, sicuro e ostinato, mentre mi volto lentamente per riprendere il mio cammino.
«Yuri.» mi chiama dinuovo, ed io non posso fare a meno di voltarmi di scatto al suono improvvisamente familiare della sua voce.
«Sii forte.» conclude.
Ha percepito, con mio stupore, tutto il timore e la paura che mi scorrono in corpo, anche se credo non sia così complicato capire il mio stato d'animo oppresso e disperato. Sorrido, amaramente ma a denti stretti, rispondendogli con un gesto d'okay con la mano, che lui ricambia dolcemente.

Eccomi qui, immerso nel pallore sgradevole della stanza di Victor. Siamo solo noi tre.
Yūri sta in silenzio, ha spiegato con più calma possibile tutto quello che è successo a Victor, approfondendo i dettagli delle sue condizioni fisiche.
Victor piange, con la voce rauca e il fiato pesante, contorcendosi sul posto in preda a dei gemiti strazianti di dolore, che non riescono ad essere alleviati nemmeno dalle carezze del giapponese.
Io lo guardo, al lato sinistro del suo letto, mentre l'anello d'oro che ha al dito sembra essere più brillante, avvolto dall'ingessatura. Deglutisco, a testa alta.
«Devi lottare Victor.»
Con il viso rosso e bagnato di lacrime, si volta nella mia direzione. La mascherina per l'ossigeno è stata sostituita da un sottile tubicino trasparente poggiato sotto le sue narici.
«Mandami a quel paese se vuoi, so' che sono parole che tutti ti hanno detto, e che continueranno a dirti, ma non è finita qui. Tutto è andato in pezzi, ma tu sei vivo. Sei vivo per un motivo speciale.»
Con lo sguardo, gli indico la sagoma di Yūri, che viene velocemente messa a fuoco dai suoi occhi stanchi.
«Lui ti ha aspettato, e tu hai deciso di raggiungerlo, quindi adesso stringi i pugni e combatti.»

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