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Yūri
Barcellona non era una meta a cui aspiravo, o perlomeno, non immaginavo davvero di poter passeggiare tra le strade della città che mi ospitava per un evento ben più importante. Dopo un periodo di lunghe battaglie con me stesso, e con le mie decisioni sbagliate, la mia vita sportiva, ma soprattutto privata, era stata totalmente stravolta dall'arrivo inaspettato di un pattinatore Russo.
Victor Nikifirov si era presentato alla mia porta con l'intenzione di diventare il mio coach, lo stesso atleta che avevo adulato sin dall'inizio della mia carriera riguardante il pattinaggio sul ghiaccio.
Con lui, sin da subito, si è accresciuta una certa attrazione e complicità. Ingenuamente, quando Victor osava ammaliarmi con i suoi gesti e le sue parole suadenti, io mi limitavo ad arrossire come un ragazzino imbarazzato, anche se dento di me ribolliva un fremito che opprimevo con paura. Quello era l'Eros che intendeva Victor, lui ha stuzzicato il mio amore per scoprire davvero cosa si annidasse nelle profondità delle mie capacità e delle mie sensazioni.
E c'era riuscito, anche troppo bene.
Perché con Victor, in questo strano periodo incredibilmente ricco di nuove svolte, era nato qualcosa di molto più insipido di un semplice rapporto d'affetto tra coach e atleta.
Potrei spendere milioni di parole romantiche e sdolcinate che non sarebbero tuttavia sufficienti a descrivere ciò che io e Victor proviamo l'uno verso l'altro, e ciò che mi ha travolto dal primo momento che la sua mano mi ha sfiorato la pelle, ma non credo sia il momento giusto, perché, dopo un piacevole giro turistico per le strade di Barcellona il giorno prima della finale del Grand prix, noi eravamo andati ben oltre ad una semplice storiella da innamorati.
Lo scambio di due anelli d'oro a simboleggiare la buona sorte che mi sarebbe servita per affrontare la gara, era solo una stupida scusa per non ammettere che io, ed anche lui, volevamo voltare pagina ed andare avanti. Ed anche se leggevo sul volto di Victor la totale assuefazione e tenerezza di qualcuno che capisce lo scherzo di un povero ragazzo troppo impacciato per dire la verità, mi andava bene così.
Perché non ci siamo mai detti un vero e proprio ti amo, a noi bastava nascondere sotto strati bugie quello che entrambi sapevamo, senza spendere troppe parole.
Cambiare la posizione dei salti per il mio programma breve era stato azzardato, volevo inserire un quadruplo filp, molto complicato viste le mie difficoltà persino negli allentamenti, ma in questo modo avrei potuto guadagnare un GOE di oltre tre punti, e con questa premessa non avevo timore di osare, soprattutto quando l'entusiasmo di Victor si era trasformato in gioia, e mi aveva stretto in un abbraccio infantile e carico di felicità, che aveva cancellato qualsiasi tipo di paura annidatasi dentro di me.
Come al solito, una scarica di adrenalina mi percorse tutto il corpo non appena misi piede nella pista, faticando a rimanere concentrato sui miei pensieri, con il rumore coatto del pubblico, dei telecronisti, e di tutta quella gente che di lì a poco avrebbe assistito e giudicato la mia performance. Ero pronto per muovermi al centro della pista e dare il meglio di me, quando la voce di Victor chiamò il mio nome, facendo scattare il mio sguardo lucido e serio verso di lui, come se non aspettassi altro che quel richiamo.
Come faceva spesso, non disse nulla, semplicemente, mi prese la mano su cui portavo l'anello, stringendola nella sua, facendo in modo che, così, i nostri gioielli brillanti si scontrassero in un impercettibile tintinnio metallico che solo la nostra pelle riuscì a sentire. Avvicinò la mia mano alle sue labbra e baciò le nocche chiare, posando la morbidezza della sua bocca sul gioiello che improvvisamente diventò bollente.
Sentì l'entusiasmo sorpreso del pubblico, sentì da lontano la buffa disapprovazione di Yurio, ma non riuscì a dare peso a quell'enorme rumore. Guardai il volto candido di Vicotr, rendendomi conto di quanta bellezza avevo fra le mie grazie. Sentì il respiro vacillare, come ogni volta che Victor, senza preavviso, mi rubava un bacio silenzioso e dolce. Tra di noi c'era stato un bacio invisibile, capace di essere percepito solamente dai nostri occhi.
Gli sorrisi, sicuro di me e ostinato, posizionandomi in perfetto equilibrio in pista, baciando il mio anello, che aveva il debole sapore di Victor. Ebbi la sensazione di volare, quando, le note di Eros risuonarono intorno a me, e nella mia mente riuscì solo ad immaginare Victor, l'Eros più travolgente che potesse esistere.
Iniziai il mio programma con un triplo Axel, seguito da un quadruplo salchow e da un triplo toe loop.
Mi preparai al salto decisivo sfruttando la velocità, eseguendo un quadruplo swich toccando terra con una mano.
Dannazione, avevo sbagliato tutto. In quel momento mi sentì persuaso dalla rabbia e dall'autocommiserazione, per le mie limitate capacità, per il mio stupido orgoglio, e per la mia stupida illusione di poter davvero vincere. Eppure volevo così tanto guadagnare il primo posto, volevo maledettamente salire sul podio per mostrare a Victor quanto mi avesse cambiato, quanto il suo aiuto avesse migliorato le mie capacità, e quanto questa vittoria ci avrebbe cambiati.
Perché io ci credevo, in quella spiritosa esclamazione di Victor difronte a tutti, a quella proposta di matrimonio nel caso avessi vinto. Sarò ingenuo, immaturo, e anche tanto stupido, ma io ci credevo, ci speravo con tutto me stesso.
Ma avevo fallito.
Con un misero punteggio di 97.83, non mi restava che sperare nel libero della finale per guadagnare punti, ed anche se non si trattava poi di un numero così basso, sapevo che in cuor suo, persino Victor era deluso.
Forse non dava a vederlo, o forse ero così assuefatto dalla mia di delusione da non riuscire a rendermi conto che in verità a lui andava bene così, ma io non riuscivo a darmi pace.
E come se questo non bastasse, l'attenzione di Victor era del tutto concentrata sull'esibizione degli altri concorrenti, senza proferire parola a me. Ero così schifosamente confuso, deluso, ed anche arrabbiato.
L'esibizione impeccabile di Yurio si era guadagnata il primo posto, mentre la mia un insolito quarto posto.
Non ero andato poi così male, allora perché continuavo a sentirmi come se tutto il mondo mi sarebbe crollato addosso da un momento all'altro?
Victor è appena uscito dalla doccia, ormai si è fatta sera tardi, e la nostra stanza d'hotel si affaccia su una vista mozzafiato della città. Le luci sono basse, dando una sensazione di calore e tranquillità. Sulla strada del ritorno avevo cercato di parlare con Victor, di ciò che mi era passato in mente, e della decisione che mi si era inchiodata in testa, ma invano ero riuscito ad articolare bene le parole senza essere interrotto.
Nella nostra quieta solitudine, ho finalmente l'opportunità di parlare.
I capelli color argento di Victor sono umidi e appesantiti dall'acqua, facendo cadere alcune gocce tiepide sulle sue clavicole scoperte dall'accappatoio morbida.
Dannazione, perché deve farmi sempre quell'effetto? Come posso parlare con quello spettacolo sotto gli occhi?
Ha le guance arrossate dal calore della doccia, il viso lucido dall'acqua che gli inumidisce gli zigomi, e sotto il tessuto dell'accappatoio, nulla.
Non avevamo spesso avuto l'occasione di andare a letto insieme, soprattutto i primi tempi, quando io ero troppo spaventato e insicuro per accettare le sue proposte, ma era successo, lo si poteva contare sulle dita di una mano, ma io e Victor avevamo fatto l'amore. E questa sera glielo leggo addosso, nel modo in cui tiene le gambe aperte, che vuole farlo, ancora e ancora per tutta la notte.
Ma è riuscito a precedermi, domandandomi:
«A proposito Yūri... Di cos'é che volevi parlarmi?»
Sorride, serenamente, sicuro di star per ascoltare qualcosa che lo renderà felice.
Io gli sorrido a mia volta. Non so' se sto fingendo, oppure sono davvero contento di ciò che sto per dire, forse, mi sto semplicemente auto consolando.
«Giusto.» annuisco «Dopo la finale, sarà meglio chiudere.»
Vedo la sua espressione tramutarsi drasticamente, e la sua tristezza mi contagia come una malattia a cui non può esserci cura. Annaspa fra le sue parole, incrociando le sopracciglia sottili;
«Cosa intendi dire?» mi domanda.
Deglutisco, facendo fatica a tenere il mio sorriso sereno ancora vivido in volto, sento di nuovo quella grande delusione assalirmi al petto.
«Voglio chiudere con il pattinaggio, non credo di essere abbastanza all'altezza. Chris, Yuiro, JJ, tu, avete le capacità necessarie e le motivazioni per pattinare, io invece non faccio altro che commettere errori su errori.»
«Errori? Ti sei classificato quarto nella finale del Grand prix, non sei affatto come pensi di essere.»
Scuoto il capo, cercando di ignorare le sue parole di consolazione, che servono soltanto ad incoraggiarmi.
«Ho fatto tutto questo solamente grazie al tuo aiuto, e ti ringrazio Victor, ti ringrazio per tutto quello che mi hai insegnato, ma non sono affatto quello che credi tu.»
Victor si avvicina a me, piegandosi in avanti e facendo cadere il lembo dell'accappatoio al lato della sua spalla, sussurrando con amarezza:
«Io non ti ho insegnato nulla, hai fatto tutto da solo. La mia presenza è stata solamente una scusa, infondo hai sempre saputo di poter riuscire a dare il meglio di te.» si scosta una ciocca umida di capelli dietro l'orecchio, sorridendo in maniera forzata.
«Sei una di quelle poche persone circondate dall'arte, Yuri. Quando pattini sembra che tutt'intorno a te ci sia un fascio di colore, musica e parole imprigionate sotto la tua pelle, troppo soavi per essere tenuti allo scoperto, troppo ricchi di significato per lasciarli ammirare alla gente comune che non capirebbe mai. Sei quella perfetta imperfezione -che tu credi di essere- capace di rendere arte qualsiasi cosa. Tu mi hai reso arte.»
Il fiato mi si trancia, nella mia testa risuona il più totale silenzio detto dallo shock. Quanto di quello che dice Victor è vero?
Non mi ha mai parlato in questo modo, ha assunto quel tono solamente la sera prima, quando mi aveva visto sommerso dall'emozione durante lo scambio degli anelli, e aveva preso lui la parola.
Socchiudo le labbra secche, cercando con tutte le mie forze di ricompormi.
«Victor...» riesco soltanto a pronunciare il suo nome, in un eco sordo dentro di me, ma lui mi interrompe.
«E noi due Yuri?»
Mi sta facendo male, tutto. Il suo sguardo, i suoi gesti, il suo tono di voce, le sue parole, la sua espressione, lui.
Lui mi sta facendo tanto male.
Sospiro, i miei occhi diventano lucidi e le mie labbra iniziano a tremare. Sfilo dal mio anulare l'anello d'oro, perfettamente lucido e laccato, adesso gelido sulla mia pelle. Lo tengo non troppo stretto tra il pollice e l'indice, allungando il braccio verso Victor e poggiando il gioiello sul palmo della sua mano.
L'ho deluso, perdendo, quegli anelli non hanno più nessun significato.
Vedo per la prima volta che Victor è sul punto di piangere, e ciò mi spaventa a morte, perché non riesco a sopportare di essere la causa del suo dolore.
Rimane immobile, con il palmo aperto, come se aspettasse che io ritornassi indietro a riprendere l'anello.
«Mi dispiace Victor.» dico.
Mi volto di spalle, camminando lentamente verso la porta delle stanza, ma sento dietro di me dei passi veloci avvicinarsi al mio corpo.
E poi delle braccia nude e gelide mi stringono forte, ed io non riesco più a liberarmi.
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