capitolo 9 - Vicky
Cammino lungo uno dei viali del centro città, è una bella giornata di sole e neanche tanto fredda così, ho deciso di uscire a piedi per andare all'appuntamento con Sara.
L'appartamento di Alex dista solo una ventina di minuti dall'ufficio di mia sorella, quindi, era perfettamente inutile prendere la macchina.
Sto guardando il cellulare rispondendo a un messaggio di un collega che mi chiede un cambio turno. Sposto, per un secondo, l'attenzione dal telefono alla strada nel momento stesso in cui sono in procinto di attraversare una delle vie laterali. Il mio piede sinistro è già sceso dal marciapiede quando, uno stridere di ruote, mi fa sobbalzare costringendomi a indietreggiare velocemente.
Di fronte a me si ferma una Ducati monster nera.
Ho il cuore che batte agitato dentro il petto per lo spavento, ma sono anche piuttosto arrabbiata con il motociclista incosciente.
"Hey, ma come cavolo guidi! Non vedi che sono sulle strisce!"
Accentuo il mio disappunto gesticolando visibilmente.
Il ragazzo sulla moto alza la visiera scura: riconoscerei quegli occhi tra mille.
Non so perché, ma scoprire si tratti di Mark, non fa smettere il mio cuore di picchiare nel petto.
"Hey ragazzina, non si guarda prima di attraversare!"
Non vedo la sua bocca, ma ha gli occhi stretti ai lati come quando sorride.
Non mi faccio sopraffare dall'emozione di trovarmelo di fronte, metto le mani sui fianchi e resto seria.
"E tu? Dove hai trovato la patente?Come regalo nel sacchetto delle patatine!?"
Si toglie il casco nero su cui è disegnato un corvo grigio e rosso, adesso posso vedere i suoi denti bianchi e perfetti e le leggere fossette che si formano quando sorride. La sua mano scorre velocemente tra i capelli mossi e li tira indietro.
"Ti ho visto da lontano e non ho resistito alla tentazione di farti prendere uno spavento", alza una spalla.
"Bravo Mark, che ideona! Davvero simpatico," stringo i lati della bocca in una smorfia, "meno male non hai avuto la tentazione di investirmi!" sorrido ironica.
"Se fosse stata quella la mia intenzione, non avrei frenato!" ha un'aria sorniona mentre alza le sopracciglia e continua a stare
appoggiato, con entrambe le braccia, sul casco messo sopra la moto.
I suoi occhi verdi mi scrutano, "Com'era la battuta della patente?Dov'è che l'avrei trovata!?" sembra più divertito che offeso.
Sto per rispondere, ma due ragazze hanno appena attraversato la strada di fronte a me, la cosa mi distrae perché le sento ridere piuttosto rumorosamente. Sono molto carine, ma vestite e pettinate in maniera identica alle altre cento ragazze che si vedono in giro ultimamente. Capelli tirati indietro e raccolti in una coda alta, liscia, pantaloni aderenti con strappi sulle ginocchia, pellicciotto corto in vita, una borsa big size al braccio e scarpe con il tacco.
Mark segue il mio sguardo.
Superandoci, le due amiche, non mancano di guardare verso di lui, ovviamente non vengo neanche calcolata.
Ridacchiano anche dopo averci superato, la più bassina continua a fissarlo sorridendo.
Assisto a questa scena colpita dalla scarsa timidezza della ragazza.
Quando torno a rivolgere la mia attenzione verso Mark, vedo lui farle l'occhiolino.
Non posso crederci!
Parla con me e fa il cretino con la prima che passa.
Per lui le parole, rispetto ed educazione non esistono proprio!?
Visibilmente scocciata gli regalo uno sguardo di fuoco.
"Che ti prende?", domanda quando finalmente è tornato a rivolgermi la sua attenzione.
"E lo chiedi? Parli con me e i tuoi occhi sono attaccati al sedere di quelle due, ti pare educato?"
"Scusa, ma non so se lo hai notato che sono loro ad aver sorriso per prime, ho solo reagito di conseguenza!" alza un braccio in segno di resa.
"Hahaha! Una tesi davvero molto interessante la tua, pensi che questo ti giustifichi?" scuoto la testa sconfortata, è una battaglia persa.
Mark è il tipico ragazzo per cui ogni lasciata è persa. Credo che il fatto ci fossi io a trattenerlo, gli abbia persino impedito di correrle dietro.
"Ora devo andare", taglio corto. Non credo di aver altro da dire.
Non lo sto più guardando, sono disgustata dai suoi atteggiamenti, mi muovo per superarlo, ma con un rapido gesto la sua mano afferra il polso, mi costringe a voltarmi e con uno strattone sono vicina a lui.
Dato che è seduto sulla moto, siamo quasi alla stessa altezza, adesso è solo pochi centimetri più di me.
"Non sarai mica gelosa, ragazzina?" ha uno sguardo divertito.
Resto per un secondo allibita dalla sua affermazione.
Si sta prendendo gioco di me!
Gelosa io?
È un vocabolo che non conosco.
Avrei voglia di tirargli un cazzotto nel vano tentativo di far ragionare il suo cervello, ma, in realtà, mi limito ad avvicinare il viso ancora di più verso il suo.
Alzo di poco il mento, prima di aprire bocca, inspiro impercettibilmente il profumo che sento. Un misto molto maschile, delicatamente speziato, mischiato all'odore di pelle del giubbotto che indossa.
Un mix davvero invitate.
Metto la testa di lato e alzo le sopracciglia, "Ti piacerebbe, vero!?" Sogghigno compiaciuta del mio self-control.
Il suo sguardo è sorpreso, addirittura imbarazzato, direi che non sa cosa rispondere.
Cavoli sono riuscita ad ammutolirlo... Bastava così poco?
Non aspetto una sua replica, libero il braccio dalla presa e finalmente posso andarmene.
"Dove vai?"
A quanto pare la conversazione non è ancora conclusa.
"Ho un appuntamento"
"Il tuo fidanzato?"
Non sono affari suoi!
Sono ormai oltre la sua moto e guardo in giro prima di attraversare finalmente la strada.
"No, mia sorella", rispondo con noncuranza, anche se la sua curiosità mi dà fastidio, soprattutto dopo che ha fatto il cretino con quelle due di prima, come se io non esistessi.
Non ribatte.
Dato che, a differenza sua, resto comunque una persona educata, alzo la mano in segno di saluto poco prima di essere arrivata dall'altra parte della strada, ma senza guardarlo.
Non so nemmeno se ha contraccambiato, ma, un momento dopo, sento la moto accendersi e un gran rumore di accelerazione sovrasta quello delle macchine. La Ducati sfreccia nel traffico cittadino a una velocità folle... Mark è decisamente un pazzo!
Scuoto la testa.
Dieci metri più avanti, c'è il ristorantino dove devo incontrare mia sorella. Appena entro, la vedo alzare un braccio dal tavolo vicino alla finestra, la raggiungo prendendo posto di fronte a lei.
Come sempre è impeccabile. Indossa un tailleur color crema con una camicetta bianca, una bellissima collana impreziosisce l'outfit e, ai piedi, non le mancano scarpe col tacco abbinate con il vestito.
Appoggiato, ordinatamente sulla sedia libera, c'è un cappotto color cammello che sarà costato come il mio stipendio di un mese. Le sue mani, perfettamente curate, sono impreziosite da due anelli tra cui, quello di fidanzamento, con incastonato un diamante che brilla come il sole in una limpida giornata estiva. Ovviamente anche il trucco è perfetto.
"Ciao, Sara", mi limito.
"Ciao sorella, era un tuo amico quello?" Il suo tono indagatore mi fa saltare subito la mosca al naso.
"Be', cominciare con un -ciao come stai -, ti faceva schifo?"
"Scusa, sono stata inopportuna, ma non capivo se stavate parlando o in procinto di picchiarvi. Così non ho potuto fare a meno di notarvi e di notare il ragazzo con cui parlavi"
Oddio, un'altra rapita dal fascino di Mark.
"Ti ricordo che sei fidanzata"
"Non intendevo in quel senso"
Lo spero.
"Quindi, com'è che lo conosci?"
Alzo gli occhi al cielo, accidenti non molla. Rispondo lo stesso senza aggiungere battute sarcastiche. "È il mio istruttore di kickboxing"
"E da quanto lo conosci?"
Va bene avvocato ficcanaso, sono colpevole, ero ferma a chiacchierare con un ragazzo che conosco appena.
"Da un paio di mesi, soddisfatta? O vuoi anche sapere come si chiama e quanti anni ha?"
"No, grazie", scuote la testa. I suoi capelli, dello stesso colore dei miei, sono raccolti in uno chignon perfettamente tirato e non un capello si muove. "Solo curiosità, e poi, non mi è sembrato un tipo raccomandabile"
Questa volta mi guarda.
"Accidenti Sara, lo hai visto per qualche minuto da lontano e il tuo fiuto lo classifica già come: poco raccomandabile. Perché? Perché non era vestito come piace a te ed era in sella a una moto nera?"
"No, solo che visto così, non mi è sembrato un tipo tutto casa e chiesa"
Sono sorpresa. "Non sapevo che insieme alla laurea in legge avessi anche quella di psicoanalisi"
"Davvero spiritosa, sorellina. Solo stai attenta coi tipi come lui"
"Ai tipi come lui!? A cosa ti riferisci, non lo conosci neppure?"
Non che io voglia necessariamente difendere Mark, ma l'intromissione di mia sorella e le sue critiche cominciano a darmi sui nervi. Generalmente se ne frega delle mie amicizie, quindi tutta questa curiosità per Mark è strana.
"Adesso però, mi spieghi da dove viene tutto questo interesse nei confronti delle mie amicizie, visto che non te ne è mai importato un granché", la sto fissando in attesa che decida di guardarmi.
Finalmente alza lo sguardo dal menù.
Si fa seria, abbassa il tono della voce e si sporge verso di me.
"Non è vero che non mi interessa con chi ti vedi. Trovo Alex e i suoi amici bravi ragazzi e mi piace se li frequenti, mentre lui,... Bhe', ti basti sapere che so chi è e non ha fatto cose di cui andare fieri, fidati"
Deglutisco sorpresa da questa affermazione.
"M-ma", balbetto, "come fai a conoscerlo?"
Ho paura della risposta.
Di nuovo fa finta di leggere il menù.
"Non ha importanza. Fidati solo di quello che ti ho detto." Poi cambia totalmente tono, e guardandomi con un sorriso raggiante esclama, "bene, ordiniamo?"
Annuisco perché il mio cervello non ha ancora smesso di pensare alla frase di prima.
Cosa avrà mai fatto di così terribile da suscitare tanta indignazione in mia sorella?
Soprattutto, perché Sara sa chi è?
Non ho modo di approfondire perché si è chiusa a riccio e sposta continuamente la conversazione su temi più frivoli.
Finito il pranzo ci salutiamo con la finta promessa di vederci presto.
Un secondo prima di andarsene del tutto, si volta nuovamente verso di me.
"Ricorda cosa ti ho detto a proposito di quel tipo"
È già sparita nel momento in cui sto per formulare una domanda.
*********
Passo il pomeriggio cercando di lasciarmi alle spalle la strana conversazione avuta con Sara.
Devo ammettere quanto sia davvero curioso come lei possa conoscere un tipo alla Mark. Non è sicuramente il genere di amicizie che frequenta, lei è più da gente come Alex. Difatti, approva la mia relazione con lui.
Conosce la famiglia del mio ragazzo anche meglio di me visto che la madre di Alex stravede per Sara perché, non solo apprezza il genere avvocatessa in carriera, e non una receptionist come la sottoscritta, ma apprezza mia sorella perché si mantiene in forma andando in piscina e giocando a tennis. Non in una qualunque palestra, ma nel club più in vista della città dove va anche la madre di Alex.
Delle volte, penso a come sia potuto succedere che dagli stessi genitori siano uscite due sorelle tanto diverse.
Alla fine, decido di andare a correre per liberare la mente. Prendo il mio cellulare, infilo le cuffie, do il via alla mia playlist con un mix di canzoni adatte a darmi la carica e parto. Non so che giro farò, lascerò siano i piedi a decidere.
Quando rientro, dopo più di quaranta minuti, sento un certa soddisfazione. Faccio una doccia poi preparero' la cena.
Stasera si esce, ci troveremo con Cristian, Teo, Laura e Giorgia, andiamo a sentire un gruppo, amici di Cristian, che suona cover di musiche rock.
Non è decisamente la serata ideale per Alex, credo abbia accettato solo per compiacere me e il suo amico rochettaro. Avrebbe, probabilmente, preferito più una serata in qualche locale soft a bere vino e chiacchierare o qualche cena sfiziosa. Per quanto riguarda me, invece, sono ben felice perché conosco il gruppo che suona e mi piacciono un sacco.
Alex è ancora agli allenamenti di basket, mentre io ho già cenato.
Intanto che aspetto torni, scruto l'armadio in cerca di qualcosa di interessante da mettermi.
Ecco, di interessante non c'è molto, forse ha ragione Alex: il mio guardaroba necessità di una ventata di aria fresca.
Alla fine, come sempre, opto per i miei jeans neri, un top rosa con allacciatura dietro al collo che lascia un po' scoperta la schiena e le spalle e un cardigan nero.
Trucco il viso giusto con del mascara e un lucida labbra di una tonalità poco più scura della mia. I capelli, lunghi e lisci, stasera, decido di lasciarli sciolti.
Sento chiudersi la porta di casa, eccolo di ritorno, puntuale come un orologio svizzero.
"Vicky, sei in casa?"
"Sono in camera", urlo di rimando continuando a guardarmi allo specchio nel tentativo di trovare qualcosa di buono nella figura che vedo riflessa.
"Hey, gia' pronta?"
Alex fa capolino dalla porta, poi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia.
Distolgo lo sguardo dallo specchio e lo dirigo su di lui... Forse è meglio!
"Ciao e tu? Pronto per il concerto?"
"Ma, credo di sì!"
Sorrido della sua aria affranta.
"Ti ho lasciato la cena da scaldare"
"Grazie. Prima faccio la doccia poi mangio e andiamo"
"Agli ordini!" Esclamo portando due dita alla fronte imitando un saluto militare.
Adesso, i suoi occhi grigi hanno una luce più divertita. Mi lascia di nuovo sola, ma, prima di uscire completamente dalla stanza, si volta, "Piantala di giudicarti davanti allo specchio, va bene come sei vestita. Non stai andando ad incontrare la regina d'Inghilterra, è solo un concerto rock."
Sparisce.
Alla fine ha ragione e, rivolta alla me nello specchio, faccio una linguaccia e vado in sala.
Quando anche Alex è pronto, usciamo. Ha cercato di vestirsi in maniera adeguata all'ambiente dove saremo, ma resta pur sempre elegante nei suoi jeans scuri, polo azzurrina e scarpe sportive beige.
Ci ritroviamo con gli altri nella solita piazza e andiamo al locale.
************
Il Devil's House è piuttosto grande, l'arredamento è tutto di legno stile saloon. Vicino all'ingresso, c'è un lungo bancone scuro con diversi baristi che servono birre e alcolici a una già nutrita folla di gente molto varia. Visto il tipo di musica in programma stasera, ci sono molti metallari coi capelli lunghi, alcuni ragazzi vestiti normali come noi e uno vestito un po' troppo perfetto, Alex. Ma la sua bellezza e il suo portamento lo rendono comunque irresistibile, lo vedo dagli sguardi che attira al suo passaggio.
Siamo mano nella mano, lui davanti a me cerca di farsi strada fino a raggiungere il tavolo riservato per noi dai ragazzi della band. Un gesto riservato al loro fan numero uno: il nostro amico Cristian.
Prendiamo posto ordinando, alla prima cameriera che riusciamo a fermare, quattro birre e qualcosa di analcolico per me e Laura.
Il nostro tavolo, insieme a un'altra decina, forma un semicerchio intorno al palco. Tra i tavoli e il palco, tre gradoni portano in un ampio spazio simile a un'arena. Appena calano le luci, si riempe, e un faro illumina il cantante dei Black Cats.
Una serie di fischi e complimenti urlati a squarciagola anticipano le prime note della canzone Lonely day dei Sistem Of A Down.
La canzone è la mia preferita... Direi che cominciano bene!
Dopo qualche minuto, vengono accese anche le luci di tutto il palco illuminando gli altri tre membri della band: il batterista, il bassista e il chitarrista.
Il resto del locale resta in penombra.
Mi unisco alla folla e inizio a intonarne le parole.
Si susseguono altre due pezzi dello stesso gruppo e l'atmosfera si scalda, la gente comincia a saltare, a pogare, teste si muovono al ritmo incessante di Toxicity e Chop Suey.
Il leader del gruppo sa trascinare il pubblico in maniera ipnotica, sembra il protagonista del libro Il flauto magico coi suoi topolini. Ha una voce graffiante, acuta al punto giusto, interpreta le canzoni in modo perfetto e ci mette tutto se stesso. Sul palco sembra una molla impazzita, salta, corre, coinvolge il resto del gruppo e il pubblico.
Un vero animale da palcoscenico, non c'è che dire!
In questo momento è in ginocchio sul palco e ulula come un vero Dio del rock. Senza maglietta, il suo fisico magro, mette in mostra il tatuaggio di un grande angelo della morte disegnato sul petto, le ragazze sotto di lui sono affascinate.
Ancora rock, questa volta cantano tre brani dei Linkin Park: Numb, In the End e come ultima, Heavy.
Dopodiché, il gruppo annuncia una pausa di circa quindici minuti.
Intanto il deejay del locale li sostituisce e l'aria si riempie di nuova musica. Genere totalmente diverso.
Alex si avvicina, e, afferrandomi la vita da dietro, mi lascia un bacio tra i capelli. Giro la faccia per guardarlo meglio e gli sorrido.
"Ancora vivo?"
"Direi di sì. Fa molto caldo vado fuori per un po', tu stai qui?"
Annuisco, per poi girarmi completamente verso di lui che prosegue: "Vuoi che ti porto qualcosa da bere quando torno?"
"Dell'acqua mi ci vorrebbe proprio, grazie"
Prima che si stacchi dall'abbraccio, sollevo la mano per passargliela tra i capelli, neri e folti, in un gesto affettuoso, ma afferra il polso prima che le mie dita raggiungano i suoi capelli e, con uno sguardo serio, mi scruta scocciato, "No, no, cucciola, i capelli no!"
Resto di sasso, non volevo tirarli, solo accarezzarlo. Non ho l'abitudine di toccarli, ma non credevo gli desse così fastidio.
Senza aggiungere altro se ne va, seguito da Cristian e Teo.
Resto in zona palco con Laura e Giorgia. Fino a quel momento eravamo rimasti vicino al tavolo, io in piedi di fianco a Cristian, cantando e saltando a ritmo di musica mentre loro, più morigerate, una seduta, l'altra più lontana in piedi, cercavano di chiacchierare con Alex. Anche Laura e Giorgia non apprezzano molto questa band e la loro musica e, come il mio ragazzo, sono qui solo per compiacere i rispettivi fidanzati.
Nell'aria si diffondono le note di Shape of you di Ed Sheran e il mio corpo comincia a muoversi a ritmo.
Le mie amiche, in evidente stato di agitazione, mi trascinano nell'arena.
Adoro ballare perché è come se mi isolassi, tutt'intorno si annulla, si dissolve. Ascolto la musica e lascio entri dentro, il mio corpo diventa come una cassa acustica.
Normalmente, mi piace stare in un angolo e non farmi notare, piuttosto che in mezzo agli altri prendendo spintoni e gomitate, ma, questa volta, le mie amiche non me lo hanno permesso.
A un certo punto, le ragazze si bloccano fissando un punto dietro le mie spalle. Mi fermo guardandole con un enorme punto di domanda sulla testa, ma non faccio in tempo a chiedere cosa succede, che mi sento sollevare da una forza sconosciuta.
Emetto un gridolino, istintivamente chiudo gli occhi per riaprirli un secondo dopo pronta a insultare chi mi ha sollevata in quel modo e mi tiene in braccio. Ma il bel viso, sorridente e compiaciuto di chi ho di fronte, scioglie la mia tensione.
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N/A
Ho deciso di pubblicare solo fino a qui, il capitolo seguente è già scritto, ma se nessuno legge la mia storia, forse, non ha senso che prosegua.
Se, invece, qualche povera anima si è avventurata ed è arrivata a questo capitolo senza sbadigli o sbuffi annoiati allora dico: non date troppo per scontato chi è la persona che tiene Vicky in braccio e, se siete ancora interessati, fatemi sapere se volete conoscere il seguito.
Cuorerubino
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