capitolo 55 - Mark
Da molto tempo non mi capita una cosa bella come Vicky. Quella ragazza mi manda in corto il cervello e non solo quello. Ho dovuto raffreddare i miei bollenti spiriti e sono fuggito dal letto altrimenti non so cos'altro le avrei fatto. È la prima volta che ho voglia di passare del tempo con una ragazza e a lei non darei mai la possibilità di rivestirsi, ma non posso esagerare. Quando sono rientrato in camera avevo solo l'asciugamano intorno alla vita, i suoi occhi sgranati e il rossore sulle guance, quando mi ha visto così, sono stati divertenti purtroppo si era già rivestita. Peccato. La stavo fissando e probabilmente il mio sguardo lascivo l'ha messa in imbarazzo, si è fissata i piedi ha spostato i capelli dietro le orecchie ed è fuggita verso il bagno. Questi suoi atteggiamenti sono una cosa maledettamente provocante e di nuovo il sangue è andato tutto in mezzo alle gambe, ma non era il caso di stringerla di nuovo, di avere il suo corpo sodo, perfetto, incollato al mio. Ho capito che fa fatica a esporsi non solo fisicamente, ma anche a far uscire quel che prova. Ieri notte ho lasciato che solo la luce del corridoio illuminasse debolmente i nostri corpi e stamattina ha cercato in tutti modi di restare coperta. La vorrei vedere sempre alla luce, il suo corpo è così bello e lei non se ne rende conto, ma rispetto i suoi tempi.
Quando è nuda e sdraiata sotto di me è come una specie di offerta agli dei. Amo il modo in cui il suo corpo si stringe contro il mio e si aggrappa a me come se non volesse lasciarmi andare mai. È solo la seconda volta che lo facciamo, ma mi sembra un'eternità. Mi perdo nei suoi occhi, funzioniamo come un ingranaggio perfetto: per ogni spinta, ogni movimento dei fianchi, ogni bacio su una parte del corpo, l'altro ha la risposta migliore. Di una cosa sono sicuro; nessuna mi è mai sembrata più adeguata nel mio letto o sotto di me e questa è la prima volta che rischia di essere più importante di qualsiasi primo amore. La voglio accanto per più di una notte, desidero frequentarla anche al di fuori della camera da letto, lei è capace di accendermi nell'arco di un respiro.
La cosa che preferisco è la naturalezza con cui è entrata nella mia vita e nel mio gruppo di amici. È come se ha sempre fatto parte della famiglia. È divertente e non si è mai lasciata incantare quando sono ricorso al mio lato libertino o a quello stronzo.
Per adesso godo dei meravigliosi momenti che abbiamo avuto ieri notte e stamattina. So che ha cercato di reprimere le sue emozioni più profonde, so che ha paura che la ferirò o la manderò a quel paese ma voglio convincerla, non solo a parole, che se si lascia andare e ha fiducia nei nostri sentimenti, invece di preoccuparsi di ciò che può accadere, possiamo avere uno splendido futuro insieme. La mia non è solo attrazione fisica ed è più di un'avventura. Voglio che sappia che senza di lei la mia vita adesso è vuota, Vicky è tutto quello che voglio e di cui ho bisogno.
Purtroppo, ogni volta che la bacio o che la tengo vicina, ho un tarlo nella testa: Londra. Devo parlare con Steve e rimandare la partenza, le cose sono cambiate ora. Vittoria viene prima di tutto e non voglio una relazione a distanza.
La musica dei Depeche Mode è ancora di sottofondo e il mio flusso di pensieri si interrompe mentre la vedo dalla cucina attraversare il salotto. Ha raccolto i capelli in modo disordinato così, mentre getta sguardi incuriositi agli scatoloni sparsi in giro, sposta le ciocche che le ricadono sul viso. Sicuramente dobbiamo parlare del mio trasferimento.
Quando passa sotto l'arco che delimita la cucina è silenziosa, si siede su uno degli alti sgabelli che circondano la penisola, il bancone ci divide.
"Tieni, ragazzina." Le allungo una tazza fumante. "Ti ho preparato il tè. Se non sbaglio lo preferisci al caffè." Il suo viso mi scruta perplesso per poi aprirsi in un sorriso compiaciuto. So di aver azzeccato e questo mi fa maledettamente piacere.
Prima di portarsi la tazza alle labbra rialza lo sguardo su di me. "Grazie", sussurra, "però ti odio quando mi chiami ragazzina."
Resto a osservarla per un secondo e finisco di bere il caffè poi, appoggiando di nuovo gli avambracci sul bancone, mi sporgo leggermente verso di lei. "Dalle mie labbra non sentirai mai uscire parole come: zuccherino, amoruccio, tesoro o altre nomignoli disgustosi quindi ti dovrai accontentare." E resto nella mia posizione in attesa di una sua reazione che non tarda ad arrivare.
Puntando i piedi sulla base dello sgabello e facendosi forza sulle mani si avvicina. "Senti, tipo fico, non c'era bisogno di questa delucidazione, ma dopo quello che hai detto," i nostri visi si fanno più vicini. Sento il suo respiro caldo sulla faccia, lo sguardo è ancora serio fisso su di me "credo che comincerò..." la sua espressione muta in un sorriso sfacciato e alzando le sopracciglia "ad adorarlo." Conclude. Sorrido di rimando in attesa di un bacio come degna conclusione alle sue parole, invece, si risiede e, prima di afferrare la tazza, mi lancia uno sguardo divertito.
Con Vicky mai dare nulla per scontato sapeva me lo sarei aspettato.
"Cibo ne hai?" mi chiede, un attimo dopo, mimando il gesto dell'inzuppo sulla tazza di tè cambiando nuovamente atteggiamento.
Incrocio le braccia al petto, "Tipo cosa?"
Stringe le labbra in un gesto meditativo, "Non so, dei biscotti, o una magnifica fetta di torta o dei muffin. Sarebbe splendido", ride prendendosi gioco di me.
Mi giro andando a mettere la tazzina vuota nel lavandino e da uno degli armadietti recupero la scatola di cereali. "Guarda che magnifica colazione ti offro," le metto davanti la confezione "degna di un ospite d'onore. Dei buonissimi cereali e, pensa, sono persino ricoperti di miele." Alzo le sopracciglia.
Vicky espira rumorosamente. "E va be', sempre meglio di niente, ma qui bisogna migliorare il servizio, caro il mio signor mi mantengo in forma solo con aria e ali di moscerino."
La guardo con un enorme punto interrogativo sulla testa, poi scoppiamo a ridere. "Non ho mai detto una cosa del genere. Qui se c'è qualcuna che fa la sofistica sei tu, ragazzina vegetariana." Questa volta sottolineo il termine cantilenando.
Sbuffa ghignando. "Scusa, ma ti sei guardato in giro? Da quanto vivi in questo appartamento?"
Stringo le spalle. "Bo. Un paio di anni, credo."
"Appunto, e se in questi anni non hai avuto modo di migliorare l'arredamento, piuttosto scarno, chissà allora come è messo il frigo. Che Dio ci aiuti!"
Scuoto la testa. "Sei impossibile, Vicky. Meriteresti una sculacciata." Alzo un sopracciglio con aria divertita.
"Prima, però, dovresti riuscire a prendermi."
Ci sorridiamo. Vorrei fare come dice, ma un discorso piu importante mi attende così approfitto del momento e, inspirando, torno appoggiarmi sul bancone e comincio: "Sai che tra pochi giorni dovrò trasferirmi a Londra." Le nocche si fanno quasi bianche quando le mie mani si intrecciano davanti a lei. Sono nervoso. "So che chiederti di lasciare tutto e venire con me è una cosa da pazzi," abbasso lo sguardo sulle mani e anche il tono di voce "ma un rapporto a distanza non è una cosa che posso concepire." Sento del calore al contatto della sua mano sulle mie così rialzo il viso sul suo e la precedo, "Voglio solo stare con te, non mi importa dove, Londra può aspettare. Se me lo chiedi rinuncio a tutto, domani chiamerò Steve e ..." Vicky mi pone le sue dita sulle labbra zittendomi. I suoi occhi scuri sono così profondi e imperscrutabili che è difficile cercare di capire a cosa sta pensando mentre il mio viso è l'espressione lampante del panico e della frustrazione.
"Non desidero affatto che tu rinunci al tuo progetto e non ti chiederei mai di farlo. Prima di continuare ho qualcosa da dirti io, ok?" Riluttante annuisco.
Le sue dita abbandonano la mia bocca, lo sguardo fisso nei miei occhi. "Sai come ho fatto a scoprire Alex l'altra sera?" Scuoto la testa, non capisco come questa cosa c'entri col discorso di Londra, ma la lascio proseguire. "Dovevo venire agli allenamenti invece, a fine turno, sono tornata direttamente a casa perché dovevo parlare ad Alex di una cosa che mi era successa sul lavoro." Il suo viso resta serio quando fa la pausa e io aggrotto le sopracciglia restando in attesa del suo racconto.
"L'altro giorno il direttore, insieme al general manager dei nostri hotel, ha chiamato me e il mio collega in ufficio per dirci che siamo stati scelti per un corso di diversi mesi per diventare direttori." Resta silenziosa aspettando una mia reazione e temo sempre più quello che sta per dirmi e la precedo, "È una bella opportunità, Vicky." Cerco di restare calmo. "Quindi significa che sei impegnata qui." La mia voce fatica a uscire.
Lei scuote la testa, "No, non qui. In un'altra sede."
Sento il corpo attorcigliarsi e diventare più rigido, "Quindi, dove?"
Inspira. "Al mio collega hanno dato come destinazione Parigi."
Sgrano gli occhi, il terrore mi attraversa il cervello e io che temevo il mio trasferimento, invece, la faccenda si sta complicando ancora di più. "Vicky, non sono pronto per una relazione a distanza. Ho..."
"Lasciami finire, Mark. Ti prego."
Resto in silenzio a fissarla mentre lei scende dallo sgabello, si porta i capelli dietro le orecchie e colma la distanza che c'è fra noi venendomi più vicino. "A me invece hanno proposto..." Trattengo il fiato mentre i lineamenti del suo viso si distendono, un sorriso la illumina e timidamente continua, "a me hanno proposto Londra."
Sono immobile, l'ossigeno nei polmoni si è bruciato nel giro di una frazione di secondo.
Sbatte le palpebre nella più totale confusione, "Che ne pensi?"
La spingo, senza proferire una parola, contro il ripiano della cucina, l'afferro intorno alla vita e la faccio sedere sul bordo, poi mi metto comodo tra le sue gambe. Il suo respiro si fa veloce, le accarezzo le cosce, "Mi stai dicendo che verrai anche tu a Londra?"
Si afferra un labbro tra i denti e annuisce.
Le mie mani raggiungono il suo sedere e lo strizzano mentre l'attiro di più a me, il mio tono si abbassa, "Tra quanto devi partire?"
"Devo decidere entro quindici giorni." La sua voce è roca ed eccitata, poi trattiene un respiro e posa le dita sulle mie spalle quando una delle mie mani lascia il suo sedere per tracciare la curva interna della sua coscia dove le parti migliori di entrambi sono premute le une contro le altre.
Mi avvicino, i suoi capelli sono delicati e il suo odore somiglia a quello della primavera e del sole. "Vuoi sapere cosa ne penso?" Annuisce. La bacio dietro l'orecchio. "È la cosa più bella che potesse succedere." Avverto i brividi sulla sua pelle. Le sussurro, "E tu sei la cosa più bella che potesse capitarmi." Torno a guardarla e la bacio con tutta l'intensità che ho in corpo, voglio che lei senta quello che provo. Vicky stringe le braccia intorno al mio collo attirandomi più vicino a lei e con la punta delle dita mi accarezza la nuca.
I miei pantaloni si rigonfiano in maniera inequivocabile per l'effetto della vicinanza. Infilo le mani sotto l'orlo della sua maglietta mentre i nostri respiri si fanno più affannosi, con un dito le sfioro un seno che diventa turgido. Le sue dita mi accarezzano le costole poi rimangio un gemito quando mi prende un labbro tra i denti. Rialza lo sguardo su di me e ridacchia piano, adesso non riesco mantenere il controllo. L'afferro per il sedere. "Quest'avventura la vivremo insieme." Sorrido sulle sue labbra preda dell'eccitazione che tutta la situazione ha suscitato. La alzo, le sue gambe si stringono intorno ai miei fianchi, mi bacia il collo e brividi corrono lungo la schiena. Mi dirigo verso il divano e, proprio in quel momento, il cellulare squilla.
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