capitolo 4 - Vicky

Lavoro in un hotel cinque stelle davvero di classe. Spesso abbiamo ospiti importanti o eventi internazionali. Dentro è talmente grande da avere: una palestra, un centro estetico con parucchiera, una spa e una piscina panoramica all'ultimo piano.

Si potrebbe pensare a quanto sono fortunata ad avere tutte queste cose gratis... Invece no!

Allo staff dell'albergo è tutto off limits. Però, quando mi capitano turni dove finisco tardi la sera, sapendo che la piscina è chiusa per i clienti, sgattaiolo all'ultimo piano dove so di trovare Sajjad, la guardia di origini pachistane. Tempo fa avevo aiutato sua moglie a trovare un lavoro come cameriera nelle cucine dell'albergo. Nonostante gli avessi ripetuto mille volte, che era stato un piacere aiutarli, mi disse si sentiva in debito, così, se la sera tardi avessi voluto fare un tuffo in piscina mi avrebbe fatto passare senza problemi.
Come avrei potuto rinunciare a una bella nuotata in totale, assoluto silenzio e con le luci della città a fare da illuminazione. È uno di quei momenti tutti per me. Spesso me ne sto a galleggiare sulla schiena guardando il soffitto tutto di vetro. A volte c'è la luna piena, a volte tante stelle, altre la pioggia con il suo ritmo incalzante o leggera come rugiada. Non mi soffermo mai troppo perché non voglio mettere nessuno nei guai. Questo è un segreto tra me e Sajjad.

Cavoli, io che faccio qualcosa fuori dalle regole. Però è eccitante anche se la paura mi stringe lo stomaco.

Oggi il turno al lavoro è stato pesante e lungo. Io e i miei colleghi siamo stati trattenuti per una riunione con il general manager Europa della catena di cui fa parte il nostro hotel.
Ci ha illustrato nuove procedure, e in più, ha accennato che stanno valutando i nostri profili di receptionist perché ne cercano una, in particolare, da affiancare al direttore.
Questa cosa ha messo tutti sulle spine.
Non ci ha dato molti indizi così, restiamo tutti con il fiato sospeso.
L'idea di poter essere qualcosa di più sarebbe un sogno.
Stiamo a vedere!

Sono piuttosto stanca, ma questo non mi ha mai impedito di allenarmi.
Tutto sommato mi piacciono le lezioni di fitboxe, anche se l'istruttore ci massacra e ci tratta malissimo.

Nel frattempo, che corro per casa buttanto le cose nella borsa da palestra, Alex ha finito di mangiare e urla dalla cucina: "Stasera ho una riunione con quelli del basket!".

Il mio ragazzo è sempre stato un grande appassionato di pallacanestro.
Ha iniziato a giocare quando aveva sette anni. La sua altezza lo ha favorito insieme alla sua grande determinazione. Era davvero un buon giocatore. Osannato dalle altre società e da varie fans che sbavavano dietro al cestista bello e bravo. Soprattutto, grazie a lui, la squadra con cui giocava era arrivata alla serie D regionale.
Una bella soddisfazione.

Durante una partita di campionato successe l'irreparabile. Uno scontro violento con un avversario, gli procurò la rottura dei legamenti e del menisco.
Si infransero i suoi sogni di gloria.
Ha giocato fino a quando è andato all'università solo a livello cittadino e negli ultimi sei mesi ha iniziato a seguire, come allenatore, una squadretta di ragazzini della società sportiva del quartiere dove abitiamo.
Alex lavora anche come manager per una grande azienda di tessuti che lo porta spesso a trasferte in giro per l'Italia e l'Europa. Sono orgogliosa di lui, perché so che è bravo nel suo mestiere, con il suo carisma sarebbe capace di vendere ghiaccio agli eschimesi. È vero che suo padre lo ha aiutato poi però, ha continuato con le sue gambe.
Meno male mi ero trasferita e avevamo deciso di convivere, perché, in aggiunta ai miei turni in hotel, il tempo per stare insieme era diventato davvero contato.

Lo raggiungo in cucina e rubo un pezzo di carota cruda che aveva avanzato nel piatto e, tra un morso e l'altro, rispondo: "Va bene ma se riesci, non fare troppo tardi"

Lo guardo arricciando le labbra in un finto broncio minacciandolo, nel contempo, con il pezzo di carota che tengo a mezz'aria.

"Promesso." I suoi occhi grigi divertiti animano il suo sorriso, mi bacia poi esce di casa.

Recupero in fretta le mie cose e mi lancio in palestra perché sono in ritardo e credo che l'istruttore non gradisca essere interrotto durante le lezioni.

******
Arrivo negli spogliatoi, lancio la sacca su una delle panchine e cambio al volo solo le scarpe, perché i pantaloni e la maglietta li avevo già messi a casa, nella borsa ho messo il cambio per dopo. Solita coda, solita bandana e corro verso la sala.
Sono l'ultima, ma non hanno ancora iniziato.

Pfiuu... in tempo!

Accenno un timido ciao all'istruttore piegato a raccogliere la bottiglia con quello strano liquido azzurro, ma, come sempre, non mi fila più di tanto. Si limita a girare per un attimo la testa dalla mia parte, i suoi occhi verdi hanno un'espressione che non so decifrare, poi, rialzandosi prende un lungo sorso, i ricci biondo scuro ricadono indietro. Vedo spuntare un tatuaggio nero dal bordo della felpa fino a metà collo, ma non riesco a capirne il disegno.
Decido di portare la mia attenzione su altro e vado a mettermi le fasce.

Parte la solita musica rock che devo dire incontra i miei gusti musicali. Alterna Linkin Park, System of a down, Ramones e così, si dà inizio con il riscaldamento.

Questa volta ci fa usare la corda: tre minuti saltiamo la corda, piegamenti sulle braccia, tre minuti di corda, trenta addominali, ancora corda, trenta squat e così via a ripetizione per venti minuti, poi lavoro al sacco.
Come sempre non è di tante parole e ci fa lavorare sodo.

Sono al sacco insieme alla ragazza della prima lezione. Credo si chiami Giulia, ma non ci siamo mai presentate formalmente.

L'istruttore inizia a urlare una serie di combinazioni braccia, gambe poi pugni a ripetizione a gruppi di venti per volta e infine, solito giro di middle kick.

Finita la lezione sono morta, ma sono più di due settimane che mi alleno a questo ritmo e il mio fisico ha cominciato a riprendersi più in fretta.
Raccolgo il borsone ed esco dalla sala insieme a Giulia. Lancio un saluto all'aria perché tanto lui non lo sentirebbe comunque.

Ho notato che due o tre ragazze cercano spesso di incrociare lo sguardo dell'istruttore e trovo davvero divertente come si accaniscano per poter avere la sua attenzione. Buffo, come desiderino qualcosa che non potranno avere: il suo rispetto perchè lui trasuda insensibilità e indifferenza da tutti i pori.
Per fortuna non sono messa così male, il suo fascino mi lascia impassibile. Sono già soddisfatta di chi ho accanto.

Mi dirigo verso lo spogliatoio chiaccherando.

"È possibile", chiedo a Giulia, "che dopo tutto questo tempo ancora non si sappia come si chiama Mr Hulk? Non gli interessa se non lo chiamamo mai per nome?"

"Probabilmente non è una sua priorità", risponde lei con un'alzata di spalle.

"Direi che anche salutare non lo è", arriccio i lati della bocca dando voce a un mio pensiero.

Non mi piacciono i suoi modi, trovo maledettamente maleducato che non risponda mai ai saluti. Capisco, che non ci trovi interessanti per quelli che saranno probabilmente i suoi standard di simpatia e bellezza, ma neanche un ciao ogni tanto!

"Dai, Mark magari è solo un po' timido", sdrammatizza lei con un sorrisino.

"Mark!?"

"Già, è così che si chiama", esclama goduta per la grande notizia, "un amico di una delle altre ragazze lo conosce e ha anche raccontato che ha uno studio di tatuaggi tra i più affollati della città"

"Ecco giustificati tutti quei disegni sul suo corpo", rifletto ad alta voce.

"Questo non lo rende ancora più sexy?", chiede la fanciulla tutta eccitata.

Oddio, eccone un'altra colpita dal fascino del bel tenebroso.

"Una volta ho notato anche un piercing sulla lingua"

"Blee, ma che orrore", sgrano gli occhi.
Passi per i vari tatuaggi che ha sulle braccia e poi chissà dove altro, ma il piercing alla lingua, NO! Che schifo!

"Non lo trovi eccitante?" ribatte con aria maliziosa Giulia.

"Oohh, tantissimo", ironizzo. Poi proseguo, "ammetto ha un gran fisico e due occhi verdi bellissimi, ma quell'aria da bello e dannato non fa per me", scrollo le spalle.

"Io invece vorrei tanto uscire con lui", piagnucola, "secondo me però, non gli piacciono quelle rotondette come me, ma quelle come loro", indica con il mento il gruppo di tre che ci precedono.

Il mio sguardo saetta da lei a loro,da loro a lei.
"Ascolta", le dico inclinando la testa di lato e mettendole una mano sull'avambraccio in un gesto molto confidenziale, "se vuoi la mia opinione, lascia perdere. Se veramente per uscire con Mark bisogna essere vistose e oche come quelle tre, preferirei essere single. Se devi provare invidia allora che sia per una Maria Levi Montalcini o per una San Suu Kyi, ma non loro"

"Forse. Ma ogni volta che il mio sguardo si posa su di lui, mi tremano le ginocchia, mi accontenterei anche solo di un bacio"

Tenendo aperta la porta dello spogliatoio mi volto guardandola in faccia, "Sei carina, hai un bel viso e le forme al posto giusto, perché dovresti rovinare la tua autostima rincorrendolo per un bacio. Tu pensi che con un tipo così, sarebbe solo un bacio? Io non credo. E poi?"

Lei sorride maliziosa, "Una notte del miglior sesso della mia vita e chi se ne frega del grande amore"

Resto a bocca aperta, qui non c'è speranza!

Alzo un sopracciglio, magari riesco ancora a convincerla a non buttarsi via. "Sono sicura che per lui le donne sono intercambiabili"

La cosa non la scalfigge, così passo alle maniere forti.
"E se il bel Mark non fosse dotato? Ci hai mai pensato?"

Catturo nuovamente la sua attenzione.

"Chi!? Uno così? Ma piantala. Quello ti fa toccare il paradiso", ridendo di gusto entra negli spogliatoi approfittando della porta che ancora tengo aperta.

Certo, prima ti fa toccare il paradiso poi alla stessa velocità, ti mette alla porta.

Una volta appoggiata la sacca, tiro fuori le cose per la doccia e mi accorgo manca una fascia.

Cavoli devo rientrare in sala, speriamo non se ne sia già andato.

"Accidenti", esclamo irritata frugando assennata nel borsone.

"Che c'è? Hai dimenticato qualcosa?" chiede la fanciulla in astinenza da baci bollenti.

"Sì, non trovo una fascia, l'avrò lasciata in palestra. Devo per forza tornare indietro", mi muovo verso la porta.

"Ricorda quello che ti ho detto a proposito del paradiso quando lo guarderai."

La porta si chiude e sento ancora la sua risata che riecheggia.
Scuoto la testa e riprendo la strada a ritroso.
Non sono felice di ritrovarmi di nuovo da lui, perché non voglio pensi lo abbia fatto apposta come fanno le altre.
Così, lungo il breve tragitto fino alla sala, mi ripeto di restare impassibile, non sono lì per lui e questo è quello che voglio trasmettere con il mio atteggiamento fiero e disinteressato.

La porta è aperta e le luci sono ancora accese.

Avrei potuto mandare la presunta Giulia a fare questa cosa per me, almeno non mi sarei trovata in questa imbarazzante situazione e lei magari si portava a casa "il sesso migliore della sua vita".
Con questa frase in testa, e un sorrisino divertito stampato in viso, faccio il mio ingresso nella sala.

Diamine!

Appena varco la soglia lo trovo a petto nudo in procinto di cambiarsi la maglietta.
Mi blocco per l'imbarazzo, ma i miei occhi non possono fare a meno di soffermarsi sui suoi addominali scolpiti, i muscoli perfettamente disegnati su un fisico snello.

Deglutisco imbarazzata.

Il mio atteggiamento fiero e disinteressato è stato disciolto in un secondo.

Brava Vicky, bella prova di integrità morale!

Adesso il disegno che avevo visto prima sul collo è visibile in tutta la sua ampiezza. Gli copre un po' del petto e termina su una parte del fianco, sembra un albero. Vedo anche una lunga cicatrice proprio sotto la base del grande tatuaggio.

Alzo lo sguardo sul suo viso, mi guarda accigliato, è visibilmente irritato dell'interruzione.

Riprendo un po' di controllo, "Ehm... S-scusa, ma mi sono dimenticata una fascia"

Balbetto perché avverto una certa agitazione nello stomaco al pensiero di quell'immagine di prima, ma soprattutto, mi sto odiando per aver vacillato davanti a lui.

"Il miglior sesso della mia vita!"
Rimbomba nella mia testa.

Mi schiaffeggio mentalmente, stupida me!

Non replica niente, mi fissa con i suoi occhi smeraldo e avvampo come una sciocca. L'intensità del suo sguardo mi costringe a distogliere il mio.

Mi affretto a cercare in giro la fascia.

Vicky, ritrova il tuo atteggiamento fiero e disinteressato. Ti pregoo!

Là dove prima c'era la mia sacca, c'è la fascia: la raccolgo e mi do alla fuga verso la porta.
Sono costretta a passargli davanti e, siccome continua a guardarmi, accenno un saluto con la mano.
Un secondo prima di uscire dalla sala, mi blocca, frapponendosi fra me e la porta.
Sussulto leggermente spaventata e involontariamente trattengo il fiato.

"Per quanto tempo hai fatto kick?"

Chiede con un tono arido e poco cordiale... Tanto per cambiare!

È decisamente più alto di me e, per rispondere, devo alzare la testa incontrando, di nuovo, il verde freddo dei suoi occhi.
Il mio cuore sobbalza, sono sorpresa più dal fatto mi rivolga la parola che non dal tono, ma mi impongo di non arrossire.
"Scusa? Kick boxing intendi?"

Dalla sua espressione capisco che ho fatto una domanda scema ... E cosa se no, Vicky?

Allora mi affretto a rispondere, "Quattro anni più o meno"

"Mhm, capisco."

Senza aggiungere altro si gira a prendere il giubbotto, la borsa e se ne va salutandomi con un cenno del mento e osservo le sue dita scorrere tra i folti capelli biondo scuro.

Be', tutto qui!

Esiste al mondo una persona più scorbutica?!

Vado a farmi la doccia, forse è meglio!

Anche se mi sono lavata alla velocità della luce e ho asciugato i capelli in qualche maniera, ormai sono andate via tutte e sono l'ultima a uscire.
Ho appena finito di risalire le scale e prima di arrivare alla porta del palazzetto ritrovo ancora lui, con gli avambracci appoggiati alla reception e un ricciolo biondo scuro gli ricade sulla fronte. Sta parlando con il signore che trovo sempre seduto al bancone all'ingresso.

Vorrei far finta di non vederlo così da non dover essere costretta a salutarlo. Direi che per stasera abbiamo comunicato già abbastanza e comunque, fino adesso, non si è rivelato tanto gentile.

Infilo il cappello, fuori si gela, magari riesco anche a dare impressione di essere impegnata.

Mentre sto cercando di girargli alla larga, lo vedo voltarsi verso di me e inchiodare il mio sguardo al suo.
Come non detto, ora non so che fare.

Alza mezza mano... Che sia un saluto?!

Mi copro con la sciarpa una parte del viso e accenno un timido sorriso così, se quello che ho visto non era un vero ciao, la figura da cioccolataia è meno evidente.

Allungo il passo, ed esco il più velocemente possibile.
Cammino svelta lungo la stradina di ghiaia che porta al parcheggio.
Sono quasi arrivata alla macchina.

"Hey, tu"

Tiro fuori le chiavi.

"Hey ragazzina, aspetta"

Schiaccio il telecomando per aprire le portiere senza fare tanto a caso alla voce che sento.
Sto per afferrare la maniglia, una mano mi tocca la spalla.
Sussulto spaventata e voltandomi di scatto,

"Mark!?" esclamo sbattendo a più riprese le palpebre per lo stupore e per aver pronunciato il suo nome con così tanta sicurezza.

Teoricamente non dovrei neanche saperlo.

Continuo a guardarlo stranita.
Quindi l'appellativo di ragazzina era per me... Che odio!

Stempero l'imbarazzo del trovarmelo di fronte: "La ragazzina qui ha dimenticato ancora qualcos'altro? " chiedo con aria ironica.

O lui è sordo o non ha il senso dell'umorismo, perché lo smeraldo nei suoi occhi continua a fissarmi senza espressioni particolari come se non avessi neanche parlato.
Intanto appoggia la sacca per terra, si infila il giubbotto nero e si copre la testa con il cappuccio della felpa grigia che ha sotto.

"Spiacente, ma non ho idea di come ti chiami", alza le spalle giusto per farmi capire che non gli importa neppure, "volevo solo chiederti come mai non fai più kick"

Lo guardo un po' dubbiosa: non capisco bene perché, se non gli interessa il mio nome, deve interessargli un'informazione del genere.
Comunque decido di rispondere in maniera spiccia, mi sembra aver inteso che non è tipo di tante parole: "Mi sono trasferita qui da poco e frequentare la palestra di prima, tra la distanza e i miei turni, era difficile"

Non commenta e prosegue infilandosi le mani nelle tasche del giubbotto.

"Ascolta, ho un gruppo che mi sta aspettando con il quale mi alleno facendo kick boxing, vieni?"

"Adesso?" sgrano gli occhi stupita dell'invito.

Tenendo sempre le mani in tasca, sposta i gomiti in avanti, "E quando se no", usa un tono scocciato.

Mamma mia, sempre simpatico!

Guardo l'orologio che ho al polso: le nove e quarantacinque.

"Ok, non c'è problema", esclama anticipando la mia risposta e, piegandosi a raccogliere la sacca, si volta dandomi le spalle.

Cavoli, non mi ha dato neanche il tempo di pensarci mezzo secondo!

"Va bene, vengo", replico di getto alla sua schiena ,spinta da non so quale senso di curiosità.

"Allora seguimi". E piantandomi davanti alla mia macchina, sale sulla sua jeep blu notte.

Butto la borsa sul sedile e usciamo con le rispettive auto dal parcheggio.

Adesso però, non mi sento molto intelligente. Sto seguendo il mio istruttore, di cui a malapena so il nome, verso un luogo sconosciuto. Non sarà uno psicopatico scappato dal manicomio però, con tutti quei tatuaggi, i capelli scombinati e il piercing sulla lingua, non ha certo l'aria del bravo ragazzo.
Lo faccio solo perché l'idea di tornare a fare kickboxing è un invito a cui non so resistere.

Dopo circa dieci minuti di strada, arriviamo di fronte a una sorta di palazzetto un po' dismesso. Parcheggio la macchina di fianco alla sua e decido di mandare al volo un messaggio ad Alex per dire che torno tardi.

Fuori dal finestrino sento lui: "Allora ragazzina, scendi"

Sembra più un ordine che un invito.
Se mi chiama di nuovo ragazzina gli sputo, ma chi si crede di essere: mio nonno!

Esco dall'auto.

"Il mio nome è Vittoria", rispondo piccata poi la mia bocca si riapre nuovamente, "e comunque stavo solo mandando un messaggio"

Perchè cavolo mi sto giustificando!?

Maledico la mia io sempre troppo educata in ogni situazione, quando lui si meriterebbe il suo stesso trattamento.

Dalla sua espressione capisco che del mio nome non gli importa un granchè, probabilmente mi crede la solita ragazza tutta social e messaggini.
Se sapesse! Per me i gruppi di whatsapp sono già il massimo del social.

Lo seguo. Scendiamo prima una rampa, poi passiamo sotto un breve tunnel scarsamente illuminato e arriviamo di fronte a una porta rossa. All'interno si sentono dei rumori.
Non so cosa aspettarmi e le gambe iniziano a tremare, direi che comincio a pentirmi di essere venuta qui.

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