capitolo 22 -Vicky
L'hotel dove lavoro è stato scelto, già da diversi giorni, per una serie di conferenze a carattere medico di livello internazionale e si prolunghera' ancora per quasi un'intera settimana.
Siamo piuttosto indaffarati e gli arrivi sono continui. Ci sono: gruppi di dottori, medici da soli e chirurghi accompagnati dalle mogli venute a sfruttare l'occasione per una vacanza di shopping.
Sono di varie nazionalità e il direttore ha affidato a me e a Giorgio, il mio collega, gli ospiti vip.
In quanto tali sono piuttosto esigenti e, spesso, per accontentare al meglio le loro richieste, che vanno dalla prenotazione per una cena particolare, o per il teatro, piuttosto che per la spa, sono costretta a prolungare il mio turno. Pero' mi consolo perché al mio collega non va meglio e quando ci incrociamo, in rari momenti liberi, sfoghiamo le nostre incazzature con un sacco di aneddoti divertenti sui clienti.
Comunque, sia il direttore che gli ospiti, pare siano soddisfatti.
Meno male!
Quindi coi i colleghi siamo impegnati in turni più lunghi e sono stata costretta a dover saltare diversi allenamenti.
Un vero peccato per il mio fisico, ma un gran sollievo per il mio cervello che non fa altro che mandare immagini di quello successo in montagna con Mark e delle cose che Anna mi ha detto la sera nel parcheggio.
Ovviamente, la parte razionale nella mia testa continua a ripetere che non c'è nulla tra noi, lui non è il mio tipo e, probabilmente, viste alcune mie reazioni infantili ai suoi atteggiamenti, si sta solo divertendo a prendermi in giro.
Come sempre vedersi con il mio fidanzato non è facile ma, per stasera, ha promesso una serata tutta per noi... Speriamo!
Il mio lavoro impone che abbia sempre i capelli in ordine, raccolti con uno chignon o una coda, vestita con un tailleur scuro e décolleté col tacco, quindi, quando torno a casa, la prima cosa che faccio è lanciare le scarpe per liberare i piedi e sciogliermi i capelli. Delle volte mi sento come Dott. Jekyll e Mr. Hyde.
Tutta perfettina al lavoro, un mostro quando sono in giro!
Appena sono rientrata a casa, ho fatto una doccia e adesso sto asciugando i capelli in attesa che torni Alex.
Guardo l'orologio: sono passate già le otto e mezza, ma dove sarà?
Decido di chiamarlo: il telefono squilla a vuoto poi parte il messaggio della segreteria.
Magari non lo sente suonare.
Mi siedo sul divano e accendo la televisione per distrarmi.
Dopo circa quindici minuti riprovo: ancora niente.
Adesso sono divisa tra la preoccupazione che gli sia successo qualcosa e l'incazzatura perché non risponde.
Torno a far finta di guardare la televisione e decido di sfruttare l'occasione per sentire i miei genitori.
L'istinto mi suggerisce di chiamare prima mio papà, ma anche con lui non sono fortunata, così, è la volta di mia mamma.
Risponde al secondo squillo: "Ciao bambina, era ora ti facessi sentire?"
Ecco, ci siamo, inspiro pronta ad affrontarla, "Ciao mamma, scusa, ma sono stata molto impegnata ultimamente."
"Tanto da non trovare un minuto per noi?"
"Ho finito sempre tardi di lavorare, non volevo disturbarvi." Invento un finto tono dispiaciuto.
"Lo sai che non è un problema. Come va, comunque?"
"Bene"
"Alex?"
"Anche lui sta bene, lo sto aspettando per cena."
Cavoli,mi sono tirata la zappa sui piedi da sola!
"Come? A quest'ora non avete ancora cenato? Ma lui dov'è? Non sarà ancora al lavoro?"
"Sì, è in ufficio, tra poco torna."
Spero.
"Ogni volta che ti sento è sempre la stessa storia, o è via per lavoro o è in ufficio. Ma sta mai a casa con te quel ragazzo?"
È più acida del solito.
Inspiro nuovamente, quello di prima non è bastato. "Mamma, ti ho già detto che è molto preso. Non è colpa mia se il lavoro lo impegna sempre tanto"
"Va bene, ma tu non gli dici niente. Dai bambina, sveglia. Non è così che deve essere!"
Oddio adesso la strozzo. Lo so benissimo anch'io che non è giusto, potrebbe almeno dirmelo in maniera più gentile.
Adesso sono sulla difensiva e, come un gatto, ho la schiena arcuata e il pelo rizzo.
"Ascolta, ne abbiamo già discusso, Alex è premuroso e gentile con me e tutte le volte che può sta a casa. Cos'altro devo pretendere? In fondo, anche il mio di lavoro non aiuta."
"È vero, ma il tuo consiste in turni mentre lui può scegliere."
"Può darsi, comunque non credo che il suo capo ne sarebbe felice."
La sento che sghignazza ironica.
"Ma fammi il piacere, Vittoria! Il capo è suo padre!"
Alzo gli occhi al cielo. "Non è suo padre."
"Non lo è in quell'azienda, ma è il capo di tutte le filiali, quindi? Cosa cambia?"
"Cambia che lui non ne approfitta."
Sto alzando la voce perché mi sento i nervi a fior di pelle. Insomma mai una volta che le vada bene qualcosa.
"Smettila di tormentarla, Monica," la voce di mio padre si leva di sottofondo.
Signore, grazie! Qualcuno che ha pietà di me.
"Chiedile piuttosto quando viene a trovarci"
Mia mamma mugugna qualcosa di incomprensibile poi torna a rivolgermi l'attenzione con un tono più magnanimo.
"Hai sentito cosa ha chiesto tuo padre?"
"Sì, magari un giorno di settimana prossima appena sono a casa di riposo."
Non che la cosa mi entusiasma molto, ma lo devo a mio papà.
"Va bene, facci sapere prima perché, se non ricordo male, abbiamo un impegno."
"Certo, lo farò. Adesso ti saluto perché Alex è tornato."
Bugia. Di lui ancora nessun segno di vita.
"Un bacio bambina."
"Anche a te e a papà." Sento in lontananza anche il suo saluto e riaggancio.
Appena termina la faticosa telefonata coi miei genitori, sto per gettare il cellulare sul divano, ma comincia a suonare.
"Alex, dove cavolo sei?" Ho un tono preoccupato.
"Ehm, in ufficio?"
"In ufficio?!", la mia voce tuona, "avevi promesso una serata solo per noi"
Silenzio per alcuni secondi.
"Oddio, non vai ad allenarti?" Si giustifica.
"Ma come? Lo sai siamo incasinati al lavoro e che in questi giorni non riesco". Sono delusa.
"Dai, arrivo subito."
Si affretta a intervenire e chiudiamo la conversazione.
Attendo il suo ritorno, sono triste, pensavo avremmo avuto una serata romantica, ne ho bisogno, invece...
Sento la necessità di averlo vicino, le cose successe finora con Mark mi hanno disorientata.
Mi rendo conto che la sua fisicità e i suoi occhi troppo verdi mi inquietano, ma non tanto perché penso è proprio un cretino, quanto piuttosto vorrei vederlo senza maglietta.
Non ho mai creduto di essere attratta dai tipi muscolosi e tatuati, con un fisico duro come la roccia, finché non ho incontrato Mark.
Non posso negare sia un bel un ragazzo, probabilmente anche troppo. Il classico tipo intorno a cui gravitano le ragazze, ma è difficile resistere al suo magnetismo.
Sono sicura e ho anche avuto modo, in diverse occasioni, di constatare, che sotto tutti quei disegni e l'aria da duro, si celino qualità che lo rendano meraviglioso e bello. È scontato che, prima o poi, tutte abbiano un'infatuazione per un cattivo ragazzo. Io però non voglio e non posso permettermelo.
Sono talmente presa dai miei ragionamenti che non sento l'aprirsi della porta.
Alex è finalmente tornato, appoggia il cartone della pizza sul tavolo e, mentre mi alzo dal divano, viene ad abbracciarmi, ma resto rigida, arrabbiata.
È più alto di me, appoggia il mento sulla mia testa, le sue braccia mi stringono ancora di più a sé: "Ti prego scusami, non mi sono proprio ricordato. So che ne abbiamo parlato", tenendomi per le spalle indietreggia di mezzo passo per guardarmi negli occhi prima di proseguire, "ma non pensavo fosse stasera, è il giorno in cui vai in palestra"
È una critica o una giustificazione?
Adesso ha un'espressione da cane bastonato, i suoi occhi grigi brillano e implorano pietà. Ha iniziato a riempirmi di baci tutt'intorno la faccia.
Sorrido debolmente e lo allontano con una leggera spinta.
"Dai, mangiamo che sto morendo di fame", ma ho ancora il broncio.
Durante la cena, chiede della mia giornata al lavoro e io faccio altrettanto.
Chissà se Mark sa che mestiere faccio, non me lo ha mai chiesto, quindi credo non gliene importi un granché. Non mi sembra nemmeno il tipo da sedersi a tavola con la sua fidanzata per fare quattro chiacchiere su come ha passato la giornata. Secondo me, è uno che si limita a grugniti e a dei: passami il sale, donna!, da vero gentleman.
Sorrido tra me e torno a posare gli occhi su quelli grigi e sinceri di Alex.
La cena prosegue tutto sommato serenamente, sembriamo una coppia sposata da cinquant'anni. Trovo questa immagine davvero serena e positiva. In fondo, da quando lo conosco, ho sempre desiderato invecchiare con lui. Quel senso di sicurezza che mi dà mi è sempre piaciuto, è come una calda coperta.
Non come certi tipi alla Mark, una ragazza diversa ogni sera, poche certezze. Dopo quello che mi ha raccontato Anna della loro infanzia, persino una vita complicata. Alex sono sicura è quello giusto. Mi tratta in modo meraviglioso, abbiamo degli screzi ogni tanto, ma quale coppia non ne ha e poi mi ama e io amo lui.
Certo, ne sono convinta.
Il mio cuore si sente quasi più leggero dopo queste riflessioni.
"Ho una cosa da dirti che non ti farà piacere", Alex blocca il fiume dei miei pensieri guardandomi con una fetta di pizza a mezz'aria.
Aggrotto le sopracciglia. "Mi devo preoccupare?"
Alza il viso, sorride bonario. Quel sorriso perfetto che ho sempre adorato.
"Preoccupare no, ma non ti farà piacere", abbassa per un secondo gli occhi fissando la pizza.
"Cioè?!" Mi affretto a chiedere con uno guardo storto.
"Ehm, questo week end devo andare via per lavoro c'è un'importante fiera a cui non posso mancare."
"L'intero week end? Stai dicendo che passerò tre giorni a casa da sola?" Deglutisco il boccone diventato improvvisamente amaro.
Allunga una mano a prendere la mia, è fredda, i nostri sguardi si incontrano.
"Mi spiace, Vicky, non posso farne a meno"
"Certo lo immagino, ma finalmente sarò a casa di riposo sia sabato che domenica, non capita spesso"
Ci fissiamo, ma non commenta.
Allora proseguo io, "Pero' è strano che tu vada via proprio nel week end, non è mai successo."
Un dubbio uscito spontaneo passando direttamente dal cervello alla bocca.
"Che c'è, sei gelosa del mio lavoro?" Ride di me.
"No, non è questo, dico solo che non è mai successo," mi stringo nelle spalle,
"tutto qui."
"È vero, ma questa volta devo restare di più perché alcuni clienti importanti ci saranno solo nel fine settimana".
Ancora una volta preferisce guardare nel piatto.
"Ok".
Lo fisso nel tentativo di carpire qualche emozione.
Non ho voglia di insistere e dare impressione di non fidarmi.
Anche se questa notizia, insieme alle sue continue riunioni, cominciano a darmi sui nervi. Vorrà dire che venerdì andrò agli allenamenti.
La cena finisce evitando accuratamente l'argomento poi ci sistemiamo sul divano: io mi accomodo tra le sue braccia e la serata si conclude coi miei occhi che si chiudono per la grande stanchezza.
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