capitolo 19 - Vicky

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Temo di aver fatto passare un po' troppo tempo...Ops!Comunque sono tornata e...Oh my God, cosa succederà adesso a Vicky? È ancora lì che cerca i suoi amici!😉
Cuorerubino
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Saranno già passati un buon venti minuti, continuo a guardarmi in giro, ma senza esito. Non saranno tornati alla seggiovia?

A un certo punto noto qualcuno farsi largo tra la gente: è Mark.

"Mark, Mark!" lo chiamo agitando un braccio.

Credo mi abbia visto.

È senza casco e senza occhiali. I suoi capelli mossi, biondo scuro, si muovono a ritmo del suo passo deciso, la sua fronte è corrucciata, sembra arrabbiato.
Si fa largo tra la gente, data la sua altezza, spicca in mezzo agli altri e alcune ragazze si voltano al suo passaggio.
Gli vado incontro sorridente, ma il verde dei suoi occhi si è fatto più scuro, questo di solito, non porta a nulla di buono.

Nel momento che sto per aprire la bocca, mi precede.

"Dove diavolo eri finita?" ruggisce, "ero preoc..." si interrompe subito cambiando versione, "eravamo preoccupati!"

Sta alzando la voce, dai suoi occhi vedo scaturire scintille color smeraldo. Ci guardiamo in cagnesco.

Prontamente mi difendo, "Diamine, avevo perso un guanto e quando l'ho trovato mi sono voltata e non c'eravate più", strizzo gli occhi e gli punto l'indice contro, "voi, non mi avete aspettato!"

Sono irritata perché non è stata tutta colpa mia.

Mi rivolge un'occhiata letale e spietata con i suoi occhi da guerriero.
Aggrotta la fronte e contrae le labbra, ma, allo stesso modo noto, una sorta di trepidazione, come se volesse lottare con me.

"Perché cavolo non hai telefonato?"

Adesso sono in imbarazzo per quello che sto per confessargli.

"Non ce l'ho..." mormoro.

"Cosa non hai?" I suoi occhi, sempre troppo scuri, non mollano la presa dai miei.

"Il cellulare, l'ho dimenticato in macchina", mostro un sorriso a denti stretti.

Si porta una mano alla tempia, "Come si fa a essere così asine. Se ti fosse successo qualcosa mi spieghi cosa avresti fatto?"

Alzo le spalle e continuiamo a fissarci.
La situazione è paradossale, lui che generalmente mi ignora o finge che io non esista, adesso, sembra preoccupato più del dovuto.

"Intanto siete voi che mi avete abbandonata e poi credevo di aver visto Nick, così l'ho seguito, quando ho scoperto che non era lui, mi sono ritrovata, evidentemente, dalla parte opposta", sto gesticolando con le braccia e continuo con un tono piuttosto scocciato.

Sono arrabbiata, perché mi sta trattando come un bambina capricciosa. Sono arrabbiata, perché non capisco i suoi sbalzi d'umore nei miei confronti, dolci e gentili poi rudi e antipatici.

"Cosa ne so da dove siete usciti. Ci sono tre diversi ingressi", indico con il braccio l'arco che ha dietro che indica una delle uscite.

Ho la fronte corrucciata, mi prendo un labbro tra i denti perché sono indispettita con lui e i suoi modi dispotici.

Nel momento in cui il mio braccio sta tornando giù, qualcosa lo blocca, una forte stretta stringe il mio polso, ho giusto un secondo di tempo per capire che quella sensazione è la sua mano. Mi sento tirare in avanti.
Colta di sorpresa, perdo l'equilibrio, finisco con faccia e mani sul suo petto. Le sue braccia si allacciano intorno ai miei fianchi tenendomi in quello che può sembrare un abbraccio.
Sento stringere ed è dannatamente piacevole.
Il cuore prende a battere all'impazzata e la mia pelle è tesa su tutto il corpo.
Decido di guardarlo per capire cosa sta succedendo, alzo il viso sul suo.
Sarà forse per l'effetto del sole,  ma il verde dell'iride è più brillante. E' il colore che preferisco.
Ha uno sguardo intenso, i suoi occhi mi scrutano attentamente, sembra voglia leggermi l'anima.

Sposta impercettibilmente l'attenzione sulla mia bocca. Istintivamente prendo il labbro inferiore tra i denti, trattenendolo. Sale di nuovo sui miei occhi.

Non so cosa fare, sono paralizzata, il mio cuore si è fermato, vorrei tanto che quelle labbra morbide tocchino le mie, ma... non posso pensare!

Sono nel panico.

Il tempo sembra essersi fermato per noi due così vicini, così uniti.

Le sue labbra si schiudono di un millimetro. Quel gesto mi fa sperare per l'impossibile, il suo viso è chino sul mio. Ho il fiato corto come se avessi fatto una corsa.
Sento un gran calore nel punto in cui la sua mano tocca la mia schiena e poi risale verso la nuca.

Sono in attesa, ma, in un secondo, il nero delle sua pupille si restringe: riprende il controllo. Rompe l'incantesimo, afferra una delle mie mani che sono ancora appoggiate al suo torace e si gira mormorando: "È meglio se torniamo dagli altri"

Cosa è successo?

Una parte di me si sente delusa, forse, è stato meglio così.

Camminiamo, io dietro di lui.
Sono come una bambola di pezza, ma riesco a sentire il piacevole calore della mia mano nella sua.
Arriviamo di fronte agli altri e mi lascia andare.

"L'hai trovata. Il nostro eroe", Sam lo prende in giro alzando le braccia in segno di vittoria.

"Dove cavolo era finita?" chiede Nick.

"Laggiù; ma dalla parte opposta rispetto a dove siamo usciti noi", risponde in tono arido, senza neanche guardarmi.

Anna si avvicina mettendomi le mani sulle spalle, "Hey, tutto bene? Mi sembri un po' strana."

La guardo fissa, vorrei raccontarle cosa è successo, ma non posso perché non so nemmeno io cosa sia accaduto.
Mi limito ad annuire, non voglio che la mia voce si spezzi mentre parlo.

"Be', alla fine tutto risolto. Adesso possiamo andare allo snowpark."

I gemelli sono i primi a rimettersi in pista senza dare troppo peso all'accaduto. Poi Nick e Anna.
Infine, io e Mark che, prima di andarsene, mi lancia un'occhiata cattiva da togliermi il respiro.

Cosa faccio di così terribile per meritarmi certi atteggiamenti?

*****
Non pensavo potesse essere così divertente fare lo snowpark.
Certo non faccio i backside air o i japan, ma me la cavo.

È tutto un salire e scendere e alle quattro e venti siamo gli ultimi.
Gli impianti stanno per chiudere così, decidiamo di arrivare fino al parcheggio sciando, tanto le piste sono innevate.

Durante tutto il tempo passato allo snowpark, non me ne ero resa conto, ma ora sento le gambe molli per la stanchezza così, fare l'ultimissima discesa, mi preoccupa. Questa è una di quelle situazioni in cui se cado, non mi rialzo più.

Arriviamo alle macchine e sono sana e salva.

"Tutto bene?"

Fino a quel momento Mark non mi aveva più parlato e aveva, più volte, evitato il mio sguardo, quindi mi sono sentita serena quando si è rivolto a me.

"Sì, ma mi sento a pezzi"

Mi regala un sorriso gentile che ricambio. Trovo piuttosto faticoso star dietro ai suoi continui sbalzi di umore.

Non capisco bene come, ma la disposizione nelle macchine è  cambiata.
Anna è seduta di fianco a Nick e mi guarda implorante, capisco le sue intenzioni.
Oggi ho nuovamente notato che cercavano di stare spesso vicini senza dare troppo nell'occhio, specialmente, senza attirare l'attenzione del fratello.

Così rivolgo un appello ai gemelli, "Be', che succede? Non vorrete che restiamo in due sulla jeep mentre voi in quattro su una macchina? Uno dei due, stia con noi". Questa volta sono io a implorare.

"Non sarai mica matta", risponde Sam con occhi divertiti, "La jeep di Mark è troppo scomoda per dormire, noi restiamo qui"

Sto per ribattere di nuovo nel tentativo di convincerli, ma mi sento chiamare.

"Vicky lasciali stare, non sanno cosa si perdono. Dai, sali, che partiamo"

E così eccomi qui, seduta sul sedile di fianco a lui, con la terribile sensazione che i ragazzi abbiano fatto apposta a lasciarci soli.
E il viaggio di ritorno ha inizio.

In macchina mi ricordo del telefono. L'ho lasciato sul sedile. Lo controllo e trovo tre chiamate di Alex.
Povero!
Non mi sono fatta sentire per tutto il giorno.

Digito il suo numero, ma dopo vari squilli entra la segreteria telefonica.
Riprovo.
Niente,... Segreteria.
Sbuffo amareggiata. Riproverò più tardi.

"Guai in paradiso?" chiede Mark, mettendomi una mano sulla coscia come se fosse un gesto normale.

Mi volto per capire che intenzioni ha questa volta, ma sta guardando la strada e; un secondo dopo, la sua mano è tornata sul volante.
Evidentemente era un gesto dettato dall'amicizia.

Peccato che mi è salito il cuore in gola!

"Tutto ok", mi limito a rispondere, e torno a concentrarmi sulla strada.

Basta... basta.
La voce nella mia testa martella. Non posso morire ogni volta che lui mi tocca o mi guarda.
Non posso andare avanti così!

Odio questa sensazione.
È come stare sulle montagne russe. Un momento sono in salita verso il cielo, un attimo dopo, precipito.
Una parte di me vorrebbe mi baciasse e l'altra invece, mi dà della stupida.
Probabilmente, Mark sta facendo solo il cretino, sta giocando al gatto col topo, e io, mi comporto esattamente come lui si aspetta. Ho ventitre anni, avrò imparato a saper distinguere tra quelli sinceri e quelli che invece vogliono solo una cosa.

Accidenti, bello com'è ne avrà mille tutte per lui, perché deve fare lo stronzo proprio con me?
Non sono il tipo da finire nel suo letto e poi, grazie, arrivederci... No, no. Scuoto la testa per scacciare quel pensiero.
Non voglio neanche pensarci.
L'immagine di lui nudo, quei tatuaggi, i suoi muscoli solleticano la mia fantasia. NO, BASTA!

"Che c'è? Qualcosa non va?" la sua voce distrae i miei pensieri, decido di guardarlo, mi sta fissando.

Aargh! Piantala di guardarmi così!

Distolgo subito l'attenzione, è una calamita.

"Sono davvero stanca, oggi mi avete ucciso."

Intanto appoggio la testa sulla cintura di sicurezza, essendo leggermente alta, mi sostiene.

Sento Mark che parla della giornata, perché è così bassa la sua voce?
Mi sembra di ascoltarlo, ma non ho la forza di rispondere.

Il lento cullare della macchina è soporifero. Ha acceso il riscaldamento e si diffonde, nell'abitacolo, un piacevole tepore casalingo.
Faccio fatica a concentrarmi. Non lo sento quasi più.
È  sempre più lontano.
La sua voce sempre più bassa.
Buio.

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