capitolo 13 - Vicky

Le serate in palestra passano velocemente e, dopo quello strano episodio con Mark, non è successo nient'altro. È tornato a trattarmi come all'inizio: un misto tra indifferenza e antipatia.

Ho persino pensato abbia un fratello gemello gentile e simpatico, che riemerge ogni tanto, fino a quando non riappare di prepotenza quello freddo e distaccato. Mi sa che qualche strizzacervelli lo definisce: bipolarismo.

In questo momento sono davanti allo specchio della mia camera da letto in mutande e reggiseno notando quanto sia cambiato il mio fisico.
Gli allenamenti così intensivi lo hanno reso non solo più tonico, ma anche più forte.
Ho addirittura gli addominali in rilievo e, poi, non c'è niente come la kick per rassodare le chiappe.
Smetto di adularmi e cerco qualcosa da mettere, tra poco usciamo con gli altri per il solito aperitivo del sabato.

I miei pensieri si interrompono: sento un telefono che suona.

Dov'e'?

Questa suoneria non l'ho mai sentita, sarà quello di Alex.
Seguo il suono del cellulare e lo trovo sul letto sotto una maglietta.
Lo prendo.
Non c'è nome.

"Aaleex, telefono!" urlo fuori dalla porta del bagno.

"Chi è?"

"C'è solo il numero: 335 123..."

Non faccio in tempo a finire che la porta si apre di scatto, appare lui agitato, mi toglie il cellulare di mano.

"Hey, che modi!" sono irritata.

Nel frattempo il telefono smette di suonare.

"Scusa."
È tornato gentile.
Si passa una mano fra i capelli neri perfettamente tagliati, "credevo fosse il mio capo."

"Va bene, ma non hai memorizzato il suo numero sotto che so: capo o boss?"

"Ehm, gia', hai ragione, ma il suo numero lo conosco a memoria"

"Contento tu", alzo gli occhi al cielo.

Mi lascia un bacio sulla bocca come simbolo di pace.
Torno a prepararmi.

*****
Ci siamo trovati con il resto degli amici e stiamo camminando tutti insieme in direzione del nuovo bar, L'incontro, di cui parlavamo qualche sera fa a cena, dove, per otto euro, ti danno da bere e puoi mangiare un sacco.

Passiamo proprio di fianco a uno studio di tatuaggi e mi fermo a vedere incuriosita.

Sara' forse quello di Mark e soci?

Sbircio dalla vetrina.
Vedo diversi ragazzi in attesa, una ragazza dai capelli blu elettrico a un bancone, ma degli altri nessuna traccia. Va beh, non importa.

Sto per raggiungere gli amici, ma una voce mi blocca.

"Vicky? Sei tu?"

Mi giro e trovo il grosso marine in procinto di entrare nello studio.

"Hey, Victor, ciao!" Sono davvero contenta di vederlo.

"Cosa fai da queste parti? Hai forse cambiato idea sul tatuaggio?"

"Ooo noo!", scuoto la testa, "in realtà pensavo più a un piercing sulla lingua", ironizzo.

"Dai, bello." I suoi occhi azzurri si fanno divertiti.

"Sto scherzando," rido, e puntandomi con un dito il petto, "ti sembro un tipo da piercing?"

Anche lui se la ride.
"Hai ragione, in realtà non sembri nemmeno una tipa da kickboxing", si stringe nelle spalle.

Chissà cosa intende, ma non voglio proseguire sull'argomento, questa volta preferisco l'ignoranza.

"Perché non entri a salutare Mark e Nick, gli farà certamente piacere", intanto tiene aperta la porta dello studio.

"Grazie, ma sto andando a prendere un aperitivo con il mio ragazzo," lo indico nel momento stesso in cui si gira verso di noi, "e con i miei amici."
Indico anche loro fermi un po' più avanti.

Victor sposta lo sguardo da me e li saluta alzando il braccio.

"Ok, sarà per un'altra volta", alza le spalle.

"Salutameli tanto"

"Certo. Allora buona serata, ci vediamo agli allenamenti", sorride gentile.

Trovo Victor diverso dagli altri due. Certo, ha i suoi strani tatuaggi, ma sembra più serio, meno incline alle stupidaggini.

"Certamente. Ciao Victor"

"Ciao guerriera."

Mentre mi volto verso gli altri, mi sembra di notare un figura in piedi dietro la vetrina del negozio, ho la strana sensazione di sapere chi è, ma non ho il coraggio di approfondire. Prendo sottobraccio Alex e raggiungiamo gli altri.

"Non era forse uno dei ragazzi dell'altra sera al locale?", chiede infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni scuri in perfetto accostamento cromatico con il suo giubbotto.

Mi limito ad annuire.

"Bel tipo rassicurante."

Sorrido della battuta.
Almeno non ha piercing sparsi in giro sul viso, ma se vedesse come sono messi gli altri, non so se sarebbe ancora così spiritoso.

"Come mai ti ha chiamato guerriera!?" prosegue con fare curioso il mio fidanzato.

Alzo le spalle, "Non so con precisione, hanno iniziato con questo nomignolo da subito"

"E ti piace?"
Questa volta sento una nota di gelosia.

"In realtà mi è indifferente"

Entro nel bar senza aggiungere altro.
Il soprannome in verità mi fa sempre sorridere, ma ad Alex è meglio non dirlo.

*****
La domenica mattina mi sveglio stiracchiandomi goduta della bella dormita.
Il mio fidanzato però non c'è, è uscito in bici con gli altri. Per mantenersi in forma, da un paio di mesi, corre in bicicletta ed è talmente preso, da averne comperata una super leggera e piuttosto costosa.
Dopo questa breve riflessione, faccio entrare la calda luce del mattino dalle finestre, mentre faccio colazione arriva un messaggino.
E' Anna.

- Ciao guerriera -
Faccina che se la ride con le lacrime. Mi prende in giro.
- ti vedo domani agli allenamenti? -

- Certo -

Rispondo con un emo che sorride.

- Se oggi non hai da fare ti va un pranzo tra donne? -

Rifletto un secondo facendo mente locale se ho impegni particolari, ma credo di no.

- Ci sto. Dove? -

- Ristorante greco? -

- Aggiudicato. Mandami la via -

Il messaggio seguente ha l'indirizzo e l'ora.
Ne mando uno anche ad Alex per avvisarlo, che se non fa troppo tardi, di raggiungerci.

*******
Sto entrando nel ristorante scelto da Anna dove l'azzurro dei tavoli e del bancone sono in contrasto con il bianco dei muri. Finte piante di edera e immagini del Partenone decorano le pareti. Di sottofondo, la musica del sirtaki da quel tocco finale, anche un po' kitch, cercando di catapultare i clienti in una pseudo atmosfera da isola greca.
Sono un po' in ritardo.
Scorgo Anna, attira la mia attenzione con un cenno della mano.

"Ciao, scusa il ritardo"

Intanto ci scambiamo baci sulle guancie e ci mettiamo a sedere.

"Non so perché, ma ho la sensazione che la puntualità non sia una tua prerogativa", mi scruta con i suoi occhi verdi sorridendomi.
A volte ho la sensazione ci sia Mark dietro quello sguardo, sono così simili.

Nel frattempo studiamo il menù e ordiniamo.

"Grazie per l'invito, mi piace la cucina greca"

"Lo speravo, perché io l'adoro e così abbiamo anche l'occasione per chiacchierare un po' visto che, durante gli allenamenti, è quasi impossibile e di solito appena finiamo scappi via", mette un finto broncio.

"Hai ragione, ma tante volte sono così stanca che non vedo l'ora di andare a casa"

"Già, mio fratello sa essere un po' iena"

Annuisco senza voler aggiungere commenti perché trovo l'argomento Mark un po' spinoso.

"Anzi, già che ci sono, sei andata venerdì? "

Oddio! Altro che argomento spinoso,
questo è un vero terreno minato.

"Sì, certamente, peccato c'ero solo io", guardo nel piatto di proposito giocherellando con la forchetta.

"Cioè? Solo tu e mio fratello!?" sgrana i suoi invidiabili occhi verdi.

Annuisco fingendomi concentrata sul cibo che sto per assaggiare.

"Nooo, avrei voluto essere una mosca per vedervi," scoppia a ridere appogiandosi allo schienale della sedia mentre; questa volta, la guardo con aria interrogativa.

"Direi, Vicky" prosegue, "tu e mio fratello che vi allenate da soli. Chissà che scintille!"
Enfatizza con un gesto della mano continuando a ghignarsela.

Stringo gli occhi, "Scusa, ma cosa intendi? "

"Niente di che, ma sapendo quale rapporto meraviglioso ci sia tra voi, spero non vi siate insultati troppo"

"Se la cosa ti può far piacere, in realtà, è stato persino stranamente gentile", metto la testa di lato impedendomi però di ricordare le sensazioni di lui sopra di me.

"Addirittura? È successo qualcosa?", punta uno sguardo indagatore e mi fa sentire terribilmente in imbarazzo.

Scuoto la testa, per poi dedicarmi al pranzo.

"Mmm, non mi convinci un granché, ma spero bene per te che non sia successo nulla, mio fratello non è tipo da grandi amori. Anzi, sa essere piuttosto scostante con le ragazze, l'ho visto molte volte uscire con una e il giorno dopo non ricordarsi neanche il nome"

Mi sento irritata e puntandola con una forchetta, con fare minaccioso, ribatto.

"Non ho nessuna intenzione di avere una relazione con lui, ho solo detto che è stato gentile, e poi, ho già qualcuno di cui sono innamorata"

"Scusa, ho esagerato",dal tono della voce capisco che è sinceramente dispiaciuta, ma prosegue, "solo che Mark è una calamita per le donne e, siccome siamo amiche, non vorrei finisca anche tu nella sua rete per poi rimanerne delusa"

"Ok, Anna, scuse accettate."
Le mie labbra si tirano per un sorriso sincero e l'atmosfera torna distesa.

Anche se una parte di me sa di aver già messo un piede dentro quella cavolo di rete.

"Quindi, com'è che si chiama?"

"Chi, scusa?" chiedo con noncuranza.

"Ma come chi? Il tuo innamorato!"
Si infila un pezzo di pita in bocca.

"Aah, si chiama Alessio, ma per tutti è Alex. Conviviamo da quando mi sono trasferita in città"

"E come va?"

Adesso sono io che faccio la scarpetta con la pita.

"Bene direi", faccio spallucce e metto in bocca il pane.

"Non sembri entusiasta"

L'affermazione mi mette sulla difensiva.

"Non è vero,"scuoto la testa, "solo non c'è niente da dire."

Queste domande mi stanno strette, così sposto l'attenzione di entrambe su altri argomenti.

"Invece, dimmi perché tu ti chiami Anna mentre tuo fratello Mark?" continuo a masticare.

"Perché mia mamma è inglese, mio padre italiano, così, quando è nato mio fratello, hanno usato un nome anglosassone facendo scegliere a mia mamma mentre, quando sono nata io, a mio papà"

"Che cosa carina! Così' siete cinquanta e cinquanta"

Lei abbassa la testa, "Forse l'unica cosa carina della mia famiglia"

Sento di aver toccato, involontariamente, un punto doloroso.

"Scusa, Anna, non era mia intenzione"

Scuote il capo lasciando in sospeso le mie parole, "Non preoccuparti, non tutte le famiglie sono perfette"

"Ma tu vivi da sola? O con i tuoi? "

Non conosco molto della sua vita fuori dalla palestra, a parte il fatto che frequenta l'università alla facoltà di lingue.

"Come se fossi sola", il tono è basso come il suo sguardo.

"Scusa, non volevo essere indiscreta"

"Non ti preoccupare Vicky. Vedi, la mia vita familiare è un po' alla Libro cuore", sorride amara.

"Ok, ma se non mi vuoi raccontare, non è un problema"

Nonostante la cosa la renda visibilmente malinconica, le vedo prendere un ampio respiro per poi iniziare a parlare.

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