Capitolo 12

Kike corse dal suo amato signore seduto sul suo trono di pelle nera e con le braccia appoggiate delicatamente sugli appoggia bracci, inginocchiandosi al suo cospetto e con le lacrime che correvano sul volto ciencio di paura, poi alzò di un poco il viso, ma non riuscendo ad instaurare un contatto visivo lo riabbassò, mentre il suo cuore macchiato di nero batteva dal peccato compiuto.

Perdendosi totalmente nel vuoto. Aveva sbagliato persona. E poi quello che aveva pugnalato portava il nome di quel Maki, lo stesso Maki che più volte aveva sentito uscire dalla peccaminosa bocca del suo signore. Come poteva solo dirgli di avere sbagliato persona? Che quel sangue che sopra ai suoi vestiti e sulla pelle era dell'innamorato del suo imperatore ? Come minimo gli avrebbe fatto fare la stessa sorte, se non con qualche supplizio in più. Più freddo e più spietato, come lui non aveva avuto pietà di quel coltello che aveva sprofondato nella carne di quella persona, senza badare bene nel riconoscere o al solo guardare in viso per fermarsi. Solo quando aveva sentito gridare il nome di quel ragazzo, allora aveva capito. Ma era stato tutto ormai troppo tardi e perciò preso dal panico altro non gli restò se non quello di scappare. Adesso... Adesso come avrebbe potuto guardarlo negli occhi ? Non se lo meritava. Non meritava il suo padrone. Ma la morte certa sì.

Mandò giù il groppo che in gola gli era rimasto bloccato, lasciando cadere lacrime di perdono silenzioso che con il sangue cremisi si andò ad unire, ricordandogli ancora una volta di con quale sangue si fosse macchiato.

Voleva solo che tutto ciò al più presto fosse portato al termine, con il giusto dolore di cui avrebbe dovuto patire. Schiacciato da quelle suole come una formica senza importanza.

《 Spero che tu abbia buone notizie per me 》disse Nath.

《 P-pessime. P-pessime mio s-signore. Chiedo perdono. C-Chiedo perdono 》singhiozzò il servo, utilizzato solo come straccio per pulire. La testa china sulle mani ben aperte sul pavimento a scacchi.

Nath scattò in piedi, nel petto un brutto
presentimento a serpeggiare sentendo l'intestino attorcigliarsi e il cuore piangere improvvisamente, poi afferrando per i capelli il sicario in faccia gli ruggì 《 CHE HAI FATTO 》.

《 P-perdono. P-perdono.... È stato uno s-baglio. I-io... Ma M-Maki 》annaspò, tremando come una foglia. 《I-io l'ho u-ucciso è stato uno sbaglio 》piagnucolò sudando freddo.

Nath spalancò gli occhi rabbuiandosi all'istante.

《 FIGLIO DI UNA TROIA. INCAPACE CHE NON SEI ALTRO. LA PAGHERAI ! 》
Esclamò con pura rabbia sfoderando dalla cintura di cuoio legata in vita un' appuntita spada lucente che senza ripensamenti affondò nella carne dell'addome, sino a fuoriuscire dalla parte della schiena del giovane, lo sguardo pallido dagli occhi spalancati e dalla bocca semiaperta da cui usciva del sangue, quello stesso sangue che schizzò anche sugli abiti e macchiava la lama ora cremisi, quello strano e inquietante gorgoglio che nelle orecchie gli risuonava, altro al momento non era che dolce suono della vendetta.

Per il suo amato Maki. La sua anima gemella e per il suo dolce e nobile sangue innocente versato.


♤♤♤


《Nath ! Mio dio calmati. Ha bisogno di riposo adesso. Non ha assolutamente bisogno di preoccupazioni. Senti... Torna a casa e ritorna qui sola una volta che avrai recuperato la lucidità. Okay ? 》Sibilò Dylan, che lo inseguiva in quella camminata pazza su per le scale.

《Voglio solo vederlo e dopo me ne andrò. Ma al momento non chiedermi questo. Non puoi. Voglio solo rimanergli vicino 》disse voltandosi verso il cugino, con voce e sguardo implorante che non ammetteva repliche.

《 Solo per pochi minuti. Dopo verrò a chiamarti 》si rassegnò Dylan.

《 Grazie cugino 》.
Voltandosi avanti, salì di un altro gradino fermandosi subito dopo con l'intenzione di dire altro, ma questa poi come idea venne cancellata.

Adesso doveva solo occuparsi del suo Maki, passare per la vittima di turno che una tragedia del genere non se la sarebbe mai aspettata, sebbene, però, la vera preoccupazione per il suo beta era in realtà tanta. Così come ancora quella rabbia che dentro di sé, domava senza troppi problemi come una belva.












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