Capitolo uno

Jasmine's POV
Sono Jasmine vivo nel SouthSide da ormai 7 mesi, sono stata buttata in un programma di reinserimento, dopo aver effettuato l'ultima rapina presso un negozio di alimentari; i miei mi hanno abbandonata al sistema nazionale e quindi eccomi qui a soli 17 anni a dover andare avanti completamente sola.
Prima non è che me la passassi molto meglio, almeno qui ho un tetto sulla testa; precedentemente cambiavo alloggio ogni sera, prima da un'amica, poi da un'altra e a volte persino in strada. Sto bene qui, me la cavo, non dò nell'occhio, rigo dritto, ma alle volte mi piacerebbe avere uno spazio tutto per me, fuori da qui.
"Jasmine! Vieni in ufficio."
Era il direttore del centro a chiamarmi, mi recai nel suo ufficio e mi chiusi la porta alle spalle.
"Sei qui oramai da quanto? 6? 7 mesi? La tua condotta non è male, sei furba e sai che comportarti bene è ciò ti porterà a finire presto questo percorso." Quando iniziava un discorso del genere era presagio di cattive notizie.
Qualcuno interruppe il suo discorso bussando alla porta.
"Avanti."
Entrò un ragazzo vestito in divisa, era molto giovane e curato, evidentemente teneva parecchio al suo aspetto fisico.
"Carl, benvenuto, lei è Jasmine, colei che si occuperà di inserirti nell'ambiente, le stavo proprio spiegando la situazione, ma dato che sei qui direi che posso lasciarvi l'ufficio così da poterle spiegare tutto tu. Jasmine, fidati di lui e se tutto andrà bene vedrai che la tua pena potrebbe durare sempre meno."
Il direttore uscì dall'ufficio lasciandomi con il ragazzo. Odiavo quell'uomo, insopportabilmente gentile e a modo.
"Carl piacere." Allungò la mano verso di me.
Non ricambiai il gesto.
"Bene, partiamo bene" sogghignò per poi continuare "sto svolgendo formazione per il corpo di polizia, dovrò stare qui solo due mesi se tutto andrà bene; Vincent, scusami intendevo dire il direttore, come hai sentito mi indicava te per conoscere l'ambiente ed inserirmi. Quindi che ne dici di andare a perlustrare assieme questo edificio?"
Continuavo a fissarlo con sguardo truce ed in silenzio.
Lui prese la sua sedia e la avvicinò alla mia.
"Senti, so che non ti interessa darmi una mano, però anche tu dovresti volere che questi mesi vadano bene. Se tutto andrà bene anche tu sarai fuori di qua tra due mesi, non sarò l'unico quindi a trarne beneficio. Quindi facciamo una bella alleanza che dici? Mi aiuti a gestire questo centro in questi due mesi ed io metto una buona parola per te."
Che pensava che fossi così disperata da allearmi a uno sbirro?
"Se fossi stata interessata ad andarmene prima da qui lo avrei potuto ottenere molto tempo fa, facilmente, come hanno fatto molte altre. Non ho bisogno di te, anche perché principalmente sto bene qui, aspetto i miei diciotto anni per andarmene, ancora un annetto. Anche uscissi ora non avrei dove andare, quindi ti ringrazio ma cercati un'altra che faccia la sbirra con te."
Mi alzai e feci per uscire dall'ufficio ma lui mi bloccò la porta con il suo braccio.
"Non penso tu possa riuscire a far abbreviare la tua pena senza un aiuto o una raccomandazione esterna."
Questo era convinto del canto suo.
Mi avvicinai molto a lui, poggiai una mano sulla sua gamba e ad un palmo dall'orecchio gli sussurrai "non è difficile te lo assicuro, una raccomandazione me la creo da sola."
Lui mi continuava a guardare fisso negli occhi.
"Ti dò un posto fuori di qui dove stare, basta che mi dai una mano con sti ragazzini qua dentro."
Un posto dove andare mi avrebbe fatto comodo, decisi di cedere e far finta di acconsentire.
Non gli stavo davvero dando un'opportunità ma volevo vedere come andava questa storia.
"Va bene, allora se ti sposti ti faccio vedere il posto, ma voglio che tu mi dimostri già che posso fidarmi, voglio stare in uno degli alloggi privati che danno allo staff, basta dormire nei dormitori comuni." Se ci fosse riuscito ad ottenere ciò non sarei nemmeno dovuta scappare da questo posto, era un sogno avere uno spazio tutto mio.
"Vedrò cosa posso fare." Ci stringemmo la mano e uscimmo, gli feci vedere tutto il complesso e lo presentai a qualcuno dei ragazzi. Passammo un paio d'ore ad analizzare il posto, i corridoi e le scale ed infine gli parlai un po' dei ragazzi.
"Ti ringrazio, ti aggiorno tra poco per l'alloggio. A dopo." Se ne andò e io tornai dagli altri nel dormitorio comune.
"Quindi è vero quello che dicono? Te la fai col nuovo sbirro per non dormire con noi?"
Era Jack, gli volevo bene ma sapeva essere pesante. Non erano affari suoi in primo luogo, secondo non me la facevo con gli sbirri e terzo gli rodeva perché non me la facevo nemmeno con lui.
"No, solo che se lo tratto bene magari riesco ad andarmene prima da sto schifo." Cercai di sdeviare il discorso, mi girai ed andai a sedermi in corridoio.
Vidi Carl uscire dall'ufficio direzionale e incamminarsi verso di me, mi alzai e gli andai incontro.
"Senti un alloggio privato ancora non riesco a fartelo dare, ma ho accordato che tu possa dormire sotto la mia supervisione nel mio alloggio." Era già qualcosa e ne ero contenta, ma non gli avrei dato la soddisfazione.
"Lo sapevo che non mi potevo fidare, ma per ora va bene vado a fare una doccia e poi arrivo nell'alloggio."
Mi feci una doccia calda, mi misi dell'intimo e una maglia lunga che arrivava al ginocchio.
Andai fuori dalla porta che dava sul corridoio degli alloggi del personale, bussai ma nessuno mi apriva.
Mi recai in ufficio infuriata, era quasi ora del coprifuoco e non volevo farmi incastrare negli alloggi comuni.
Entrai ma non c'era nessuno al suo interno.
Mi stava fregando.
Uscì e andai rassegnata negli alloggi comuni a chiacchierare con gli altri.
"Jasmine? Forza vieni con me." La guardia Janson mi prese per un braccio e mi portò fuori dal dormitorio.
Arrivammo in un corridoio e ci fermammo davanti ad una porta.
"Questa è la stanza di Gallagher. Quando hai finito con lui magari passi anche da me, sto nella quarta stanza a destra." Mi diede una pacca sul culo e mi lasciò lì.
Feci un respiro profondo e contai fino a dieci secondi.
Jason era un viscido, ma finché non andava oltre a questi commenti e gesti io lo ignoravo.
Bussai alla porta davanti a me.
"Entra pure."
Dentro Carl era ancora in divisa sdraiato sul letto.
Chiusi la porta alle mie spalle.
La stanza non era male, era anche abbastanza ampia; un letto matrimoniale, attaccato alla parete sinistra, ai piedi un grande pouf e davanti una piccola televisione, una pianta alta accanto allo stipite della porta e un grande armadio sulla destra difronte alla finestra.
Avevo portato con me uno zainetto in cui tenevo le cose importanti per me, una foto di mamma, la collanina di quando ero appena nata, qualche cambio e un libro di Sciascia.
Mi sedetti in silenzio sul pouf, tirai fuori il libro e mi misi a leggere.
Passarono una decina di minuti, lui si alzò e si schiarì la voce.
"Vado a fare una doccia e torno, tu fai come se fosse la tua stanza tranquilla." Prese l'accappatoio, qualcosa dal comodino e se ne andò.
Lessi un altro capitolo e poi decisi di adagiarmi un po' sul letto a guardare la televisione.
Era un lusso che non mi riuscivo a permettere da anni, stare così serena.
Sul canale tre c'era un programma divertente, mi misi a guardarlo; quando finii mi alzai e curiosai, sotto al comodino c'era un minibar, era pieno di birre e cazzate varie.
Mi sdraiai di nuovo e socchiusi gli occhi, cercando di riposare un po'.
L'apertura della porta mi fece sobbalzare.
"Scusami non volevo svegliarti." Era a petto nudo con un'accappatoio legato alla vita.
Non era niente male.
Aprì l'armadio e prese dei vestiti, si girò di spalle e si tolse l'asciugamano.
Era in boxer e aveva un bel culo.
Si mise una tuta grigia e sopra una maglietta a maniche lunghe bianca.
Faceva effettivamente freddo.
Io rimasi sul letto a fissarlo, lui si sedette sul pouf e si mise a guardare la televisione.
"Mica hai intenzione di dormire lì stasera no?"
Mi avrebbe fatto sentire in colpa il fatto che non avrebbe potuto dormire in totale comodità.
"Tranquilla, stasera ci dormi tu, da domani vediamo come organizzarci." Si alzò, prese una birra e si risedette.
Mi alzai e mi andai a sedere accanto a lui.
"Non dovevamo fare un'alleanza io e te?" Lui si girò e mi guardò.
"Intendevo... potremmo conoscerci un po'... come sei finito ad essere uno sbirro?"
Lui trattenne una risata incrociò le gambe e si voltò verso di me.
"Innanzitutto non sono ancora uno sbirro, sto aspirando ad esserlo, ma vedi che ho affrontato un lungo percorso, anche io prima ero uno scontroso ragazzino, ero anche io dall'altro lato come te."
"Non lo avrei mai pensato, cosa facevi? Eri uno di quei ragazzini di alto rango che si divertiva a spacciare?"
Il suo volto si fece serio e per un istante mi spaventai, pensavo di aver forse esagerato.
"No, sono tutt'altro che un ragazzino che proviene dal troppo lusso, tutto quello che ho me lo sono sudato." Sospirò e si rigirò verso la televisione.
"Forza vai a dormire, è ormai tardi, comunque devi rispettare il coprifuoco e l'ora in cui si spengono le luci anche se dormi qua."
Era diventato serio, avevo toccato forse un tasto dolente.
Chissà.
Mi alzai e mi misi in silenzio sotto le coperte.
Stetti un po' a pensare, alla mia vita fuori di qui con un alloggio sicuro, avere una vita tranquilla, finché non mi addormentai.

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