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NB: questo capitolo è tipo lunghissimo, ma vale la pena leggerlo tutto, è sicuramente quello a cui tengo di più.

Love you all xxx

Ciao ragazzi,
faccio questo capitolo perché oggi è primo settembre e la scuola si avvicina sempre di più.

Dato che in ogni regione inizia in giorni diversi (so che alcuni iniziano addirittura il 5) faccio ora questo capitolo per augurare a tutti buona fortuna, sia a chi deve iniziare, sia a chi ci è già dentro o dovrà fare la maturità. Ieri ho letto un commento molto bello di @selhene che volevo condividere con voi:

Vorrei dire a tutti i ragazzini della scuola media che essere classicisti è uno stile di vita. Il liceo può spaventare i primi due anni, poi piano piano inizi ad innamorarti di quei modi di pensare, inizi ad amare la storia, ad imparare da lei tante cose. A fidarti più del passato che del presente. E così finisce che anche se hai paura del greco e dei paradigmi ti iscrivi a lettere classiche e hai i brividi ogni volta che traduci Orazio, Petronio, Omero e Saffo senza traduzione a fronte e a prima vista. Ho amato il classico e non mi sono mai pentita di essermi iscritta a lettere, anche se tutti "gli altri" considerano i classicisti dei senza futuro.

Ho voluto condividerlo con voi perché è esattamente il mio pensiero. Questo liceo mi ha fatto piangere, mi ha fatto fare le ore piccole, mi ha fatto credere di non farcela, ma non lo cambierei per nulla al mondo. Perché quelle lacrime mi hanno resa più forte e perché alla fine ce l'ho sempre fatta, anche quando credevo che fosse finita, la mia testardaggine e il mio orgoglio mi hanno fatto arrivare fino alla fine. Voglio solo dirvi che sì, vi verrà prima o poi l'idea di voler abbandonare, vi verrà la voglia di mollare tutto, ma vi verrà anche la voglia di continuare perché il rapporto con questo liceo è così, amore ed odio. Ed anche se i primi anni sarà dura, l'amerete sempre di più. Credetemi quando vi dico che avete fatto un'ottima scelta e che per fare questo liceo ci vogliono proprio le palle. Non potrei mai pensare di fare un liceo diverso e ora dirò un cosa di cui forse mi pentirò appena inizierò la scuola, ma so che in fondo è assolutamente vera:

Io amo la mia scuola

Vi lascio qui giù un testo che lessi tempo fa su tumblr da "unastoriavera". La lessi prima di iniziare quindi non la capì a pieno ma già dopo il primo anno riuscirete a capire meglio il senso. È davvero geniale, leggetela tutta...

Una volta c'erano i fan dei Rolling Stones che le davano ai fan dei Beatles. Da generazioni e generazioni, noi del liceo classico siamo molto superiori. Vi spiego, se non fate il classico - se lo fate lo sapete fin troppo bene: ci sono quelli che hanno il Rocci che le danno a quelli che hanno il Montanari. Che cos sono?, chiederanno i profani. Allora, noi al liceo classico, a partire dal terzo anno, cominciamo ad assumere le sembianze della sedia a sdraio ripiegata principalmente per colpa di due signori, che si chiamano Lorenzo Rocci e Franco Montanari. Non è che portiamo in spalla loro due di persona, anche perché peserebbero di meno: Rocci e Montanari hanno dato forma ai nostri incubi e pubblicato i dizionari di Greco. Sì, perché le versioni di Latino scivolano via, alla fine sono sempre Sallustio, Cesare e Seneca... è il Greco l'ammazzasette. La versione di Greco si svolge così. Ci sono, come ho già detto, due categorie di studenti, entrambe preparate come Rocky prima del match finale. Quelli col Rocci sono i secchioni, o quelli che hanno ereditato il dizionario dai parenti, e la loro frase tipica è: "non puoi paragonare il Rocci al Montanari, non c'è confronto". Loro non ti spiegano perché, dicono solo che "non c'è confronto". Il Rocci è il vocabolario di chi non vuole avere una vista dopo la maturità, è scritto talmente piccolo che dopo un po' ti si accavallano gli occhi come i binari delle montagne russe. In genere, lo studente col Rocci tiene a portata di mano anche un dizionario Fiorentino del 300-Italiano corrente, perché la traduzione dei verbi in genere è tipo "vo' a fare una passeggiata" al posto di un più semplice "cammino". Però non c'è confronto. Quelli col Montanari invece sono i furbetti, i meno studiosi, infatti la loro frase preferita è: "ma nel Montanari ci sono le frasi fatte". Che è una trappola! Le frasi fatte del Montanari sono affette da uno strano fenomeno per cui i professori le segnano sempre come sbagliate. Sempre, non hai speranza. Questo dizionario è caratterizzato da un'elegante colorazione bianca e celeste, con scritto in nero, bello grande, al centro: GI. In genere, che significa "Greco-Italiano" lo capisci durante un compito in classe al secondo anno, e ti senti un genio a tal punto da non concentrarti più sulla versione e scrivere nella favoletta di Esopo: "Il lupo beve la fonte dall'agnello più in alto dell'acqua". E poi, nel Montanari non trovi le parole. Sono nascoste da verbi di almeno trentaquattro lettere che non troverai mai, che significano ad esempio - ve lo giuro! - "scendere da una collina urlando". Caro Franco Montanari, quando mai troverò in una versione Apollo che scende da una collina urlando? Cari greci, perché mettete verbi che significano al contempo "cantare", "gridare", "strozzare una gallina", "passeggiare nell'agorà" e "ricamare una vela all'uncinetto"? Cambiate parola, no? Poi c'è l'altra leggenda, quella del duale. Non ci sono solo singolare e plurale: il duale serve per nominare le cose a due a due, e non lo studia nessuno, perché tanto "nel compito non lo troverò mai". Per il primo anno ti va bene. Anche per il secondo e il terzo. Poi, al quarto anno, l'ultima versione del secondo quadrimestre che ti si presenta è: "I due fratelli e i due tori". E allora scatta l'attacco di panico. Sei pronto a bestemmiare tutti gli dei pagani, ma ti rendi conto che non ti conviene, perché se te li tieni buoni e sacrifichi un capretto magari un aiutino potrebbero dartelo. Allora alzi la mano:
"Prof, non è che posso uscire che ho un inizio di sindrome del tunnel carpale?"
"No."
La risposta è sempre no, non ti lasciano uscire nemmeno se hai un improvviso attacco di peste bubbonica, preferiscono bruciarti lì. Perché, secondo loro, siccome gli Spartani soffrivano, allora devi soffrire anche tu che li traduci. Deve essere un parto proprio, una tribolazione. E infatti, la prima sensazione che provi quando vedi davanti a te quelle lettere assurde che non sono quelle che hai imparato da bambino è sempre quella di Socrate che ha appena bevuto la cicuta. Anche se in realtà le prime parole sono "i ragazzi vanno in piazza". Comunque ti prende l'asma, l'ansia da prestazione.
Infine, c'è un mito che va sfatato assolutamente. La balla più grossa dopo l'affermazione "con la bici potrai andare da qualunque parte" nei giochi dei Pokémon. Che è "il soggetto si mette al nominativo". Non c'è una cosa più falsa di questa, potrei credere più facilmente che il sole giri attorno alla terra. Se il nominativo è il caso del soggetto, i Greci faranno di tutto per non mettere il soggetto in nominativo. E, alla fine, quando suonerà la campanella, irrimediabilmente ti accorgerai che di venti righe di versione ne hai tradotte a malapena tre, e in più queste tre recitano più o meno:
"Gli ambasciatori, certamente, non avendo, si irritarono i giusti, ma qualcuno dei Sabini per la rabbia si mise lungo la via a loro che dormivano (infatti la notte li aveva colti), e sia portarono via le loro molto numerose ricchezze, sia inoltre li uccisero nel sonno."
Allora arriva il vero insegnamento che ti dà il liceo classico. Guardi quelle righe e ridi, ridi di gusto. Ma sì, ti rifarai un'altra volta. In fondo, quella scuola l'hai voluta tu.

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