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- A tutte le unità, ripeto, a tutte le unità! Il sospetto è salito a bordo di una Fiat Stilo di colore rosso; sta percorrendo ad alta velocità il lungomare, in direzione del sottopassaggio ferroviario che conduce al corso principale. I posti di blocco richiesti sono stati allestiti come da richiesta del maresciallo. Rimaniamo in attesa di eventuali disposizioni. -

Jacopo, dopo la visita ad Alessandro aveva ricevuto una strana telefonata da parte di Silvia Astri. Aveva risposto e ascoltato tutto quello che aveva da dire più e più volte, stando ben attento a non perdere la pazienza e sbraitarle in faccia, si fa per dire. La donna era piuttosto sconvolta e aveva farfugliato concetti sconnessi a volte e smorzati in altre, nel tentativo di dirgli che uno degli assassini a piede libero di Balnea Nova aveva fatto la sua comparsa, aggredito Nora e poi fuggito a bordo di una vecchia Fiat Panda a quattro ruote motrici rubata ad un povero pensionato, che si reggeva su tre gambe ed imprecava senza l'ausilio dei denti, agitando il pugno stretto volto al cielo.

Jacopo lì per lì si era messo a ridere, avendo compreso solo la parte inerente al vecchietto degna di un efficace spezzone comico di prima fascia. Poi aveva compreso. E si era infuriato. Era montato sulla volante e, partendo in quarta, si era fiondato in direzione del lungomare.

Stando al racconto di Silvia, Massimo Rinaldi li aveva attaccati mentre loro stavano facendo aperitivo. Questo si era lanciato verso di loro, puntando Nora, con occhi furenti e colmi d'odio dai quali traboccava la ferocia più pura. Il tavolino aveva fatto capitombolo e i bicchieri e le ceramiche, terminata la loro esperienza a gravità zero ripiombarono al suolo frantumandosi in numerosi cocci sparsi un po' ovunque.

L'aggressore quindi era riuscito a mettere le mani al collo della donna, affondando i pollici nella trachea nel tentativo di soffocarla e porre fine alla sua vita facendola soffrire in malo modo. Avrebbe goduto a pieno della vista della sua vittima che, lentamente, sarebbe scivolata negli oscuri meandri anticamere dell'oblio finale ed eterno; avrebbe osservato fino all'ultimo secondo la luce spegnersi negli occhi di lei, fino a quando le sue pupille non si fossero ritirate fino a scomparire, diventando due puntini neri invisibili nelle iridi. Per fortuna, a differenza di Silvia che era in preda al panico, Carlo si era dimostrato reattivo, lucido e dal sangue freddo. Il contraccolpo iniziale aveva fatto si che cadesse all'indietro con tutta la sedia, ma riacquistato l'equilibrio si era proiettato in direzione di Massimo Rinaldi, colpendolo, nonostante la vista ballerina, con un calcio ben assestato alle costole che gli aveva fatto perdere il respiro e sputare sangue dalla bocca. Massimo Rinaldi, compreso che la situazione era ormai a suo svantaggio grazie anche ai presenti in quel lido che avevano provveduto ad allertare le forze dell'ordine, aveva chiamato a raccolta tutte le energie rimaste e quel po' d'aria rimastagli nei polmoni per tentare la fuga seppur barcollante.

Con le movenze e gli stessi versi emessi da un cane appena castrato, aveva ripercorso a ritroso la passerella dalla quale era arrivato, guardandosi attorno in cerca di qualcosa, qualunque cosa. Si era avventurato sul lungomare, con un'andatura simile al trotterellare convulso di un mostriciattolo saltato fuori da uno di quei telefilm riguardanti magia e medioevo. Silvia intanto avrebbe allertato Jacopo personalmente, mentre Carlo Testa avrebbe aiutato Nora a rialzarsi e provveduto a farle consegnare un bel bicchierone d'acqua. Le sirene delle volanti ora echeggiavano nell'aria, i carabinieri stavano arrivando. Il veicolo più vicino ed accessibile a lui era, ahimè, una vecchia Fiat Panda quattro per quattro del 1986 posseduta da un povero pensionato che come hobby aveva la cura del suo pezzo di terreno nelle campagne della cittadina. Luca Sansebastiano, in pensione da ben dieci anni e vedovo da due, figli laureati e sposati, aveva riposto tutte le sue attenzioni ed il suo tempo nella cura del suo personalissimo orto, ricco di tutto ciò che era possibile farci crescere. Certo era logico che una faccenda del genere richiedesse molto tempo ed ancor più pazienza, ma i risultati ripagavano le aspettative appagando a pieno. Si alzava ogni mattina alle 06:00, faceva colazione, si lavava il viso e i denti, avviava il motore della sua fida Panda (che macchina fedele che era! Solo un meteorite avrebbe potuto distruggerla, ed i ricambi costavano davvero poco: piuttosto semplice rimetterla a nuovo; meglio di un mulo da traino) e si dirigeva in campagna. Si preparava qualcosa da mangiare a pranzo, dato che nel suo terreno vi era una piccola abitazione che possedeva un cucinino, un bagno, un ripostiglio esterno e una camera da letto con quattro letti e schiacciava un pisolino sulla sdraio che si trovava sotto il gigantesco albero posto al centro della proprietà, specialmente durante le belle stagioni. Poi dava da mangiare ai suoi due pastori tedeschi, li faceva correre un po' in lungo e in largo per farli sgranchire mentre lui si occupava della pulizia delle cucce e dell'acqua, li richiudeva e sempre a bordo della sua Fiat Indistruttibile Delle Meraviglie se ne scendeva a mare.

Peccato solo che quel giorno avrebbe incrociato sulla sua strada Massimo Rinaldi. Al pensionato non rimanevano che cinque minuti di vita, ed i suoi cani sarebbero molto probabilmente morti di fame e di sete nelle cucce, aspettando il loro padrone fino a quando non avrebbero esalato l'ultimo respiro, per poi marcire nella carne ed essere divorati dagli insetti necrofagi, dalle larve delle mosche e simili fino a diventare putride e malconce carcasse maleodoranti. Un bel regalo a sorpresa post successione per i suoi figli. Luca Sansebastiano, era appena risalito dalla spiaggia dopo essersi fatto un bagno ed aver camminato a mollo sulla sabbia per favorire la circolazione nelle gambe.

Era giunto alla sua auto, aprendo lo sportello per riporvi all'interno la sua canotta smanicata bianca, sedersi di lato sul sedile e battere le ciabatte l'una contro l'altra per far cadere la sabbia rimastavi. Era un po' stanco, ma non aveva il respiro affannoso, quindi si era chiesto come mai all'improvviso avesse iniziato ad ansimare così in malo modo, nonostante godesse di ottima salute per la sua l'età. Aveva sentito parlare, anche da qualche suo amico, di possibili cali fisici improvvisi in senilità, ma non credeva che fossero davvero così rapidi nel caso si riscontrassero.

In seguito aveva alzato la testa, convenendo che quel respiro affannoso ed arrabbiato non veniva esalato da lui stesso, ma da qualcun altro. Qualcuno che avanzava nella sua direzione e che non aveva proprio una bella cera. Luca, da brava persona qual era, gli aveva domandato se avesse bisogno di una mano, ma questi si era limitato solamente ed un grugnito gutturale ed a un'esposizione piuttosto macabra e schizofrenica dei suoi denti.
Massimo gli aveva serrato il collo con la mano, forte, molto forte, facendogli emettere un gridolino di sorpresa sgomenta che gli aveva provocato vari singulti strozzati.

La sua gola cercava di deglutire la saliva inutilmente, il suo cuore batteva sempre più forte per la paura e la stretta al collo non permetteva al sangue di circolare correttamente e fluidamente. Luca sentiva le sue carotidi pulsare veemente, con la paura che di li a poco una delle due, se non entrambe, sarebbe esplosa mettendo fine alla sua vita con indicibili sofferenze. Una morte davvero orribile. Era da sempre stato un cattolico titubante in merito agli aspetti teocratici, ma questa volta aveva pregato, semmai ci fosse stato realmente qualcuno secondo lui, che se doveva finire almeno finisse presto.

Era stato così infatti, perché Massimo lo aveva sollevato da terra con molta forza, scaraventandolo contro l'aiuola bordata di cemento. Luca vi aveva battuto sopra la testa, concimando il terreno con il suo stesso sangue. Due settimane dopo, la dove era stato sparso il suo sangue, sarebbero nati dei fiorellini dai petali bianchi striati di rosso. Massimo noncurante, era salito a bordo, aveva girato la chiave ed era partito lasciando sull'asfalto il segno degli pneumatici.

Il sentore di gomma bruciata, fu spazzato via dalla scia della volante sulla quale Jacopo era a bordo. Appena una trentina di secondi prima e lo avrebbe acciuffato a quel maledetto. Come si era permesso a mettere le mani addosso a sua moglie? Se lo avesse avvistato a piedi e se avesse fatto in tempo, lo avrebbe certamente investito e con molta soddisfazione anche. La rabbia lo aveva reso cieco, non si era fermato per sincerarsi di Nora; lui era stato il primo ad arrivare sulla scena e lo avrebbe inseguito anche in capo al mondo. La voglia di sistemare una volta per tutte uno dei Sei era una forza arcana che aveva riempito nuovamente il suo vaso di linfa vitale. Lo avrebbe preso, assicurato al suolo sotto il suo peso e gli avrebbe scagliato contro cazzotti in faccia fino a vedergliela spappolata e vederlo svenuto per il dolore.

Ma neanche in quel caso si sarebbe fermato, no, avrebbe continuato. Avrebbe continuato fin quando non sentisse l'osso del suo collo spezzarsi sotto i colpi delle sue nocche, che sarebbero state livide e dolenti ma chi se fregava di ciò. Voleva ucciderlo con le sue mani, che poi i criminali non li piange nessuno.

Gli stava alle calcagna, mentre percorrevano il lungomare. In cielo un elicottero monitorava la situazione a distanza, fornendo varie informazioni sul territorio a Jacopo e alle altre volanti. Odiava ammetterlo, ma in quelle condizioni di traffico estivo, dovute alla presenza dei turisti, quella sgangherata Fiat Panda era molto più veloce dell'Alfa 156 sulla quale era a bordo. Era a distanza, si, ma questa distanza non diminuiva e Jacopo non intendeva mollarlo, nossignore.

Il primo posto di blocco, fu allestito proprio sul passaggio a livello. I treni non passavano più da un po', eccetto il treno merci che trasportava le autovetture dal Nord al Sud che passava sempre e puntuale alle 23:00. Non sussisteva alcun rischio. Massimo Rinaldi dovette salire sulla parallela posta sopra il viale del lungomare; una deviazione imposta dal codice stradale (se non lo avesse rispettato si sarebbe andato a schiantare contro le barricate in pietra dell'anfiteatro) e azzardò una manovra impensabile per un auto del genere al giorno d'oggi: un testacoda.

Tirò il freno a mano, o la va o la spacca, ed affrontò la curva. Per un breve istante Jacopo pensò che era fatta, che si sarebbe schiantato e morto dilaniato in quelle lamiere accartocciate nelle quali si sarebbe ridotta la Panda Macchina E Trappola Mortale Di Metallo Urlante, e invece dovette mangiarsi il fegato. Emulò la manovra ed assieme si diressero spediti verso l'ultimo stop prima della svolta che li avrebbe condotti dritti tra le braccia del posto di blocco, infischiandosene del rischio di causare incidenti d'auto o stirare qualche povero bambino malcapitato intento nel recuperare la sua palla rotolata via.

Varie madri urlarono all'orrore, terrorizzate, mentre i padri e nonni e estranei mettevano quanta più gente e bimbi al riparo: Benjamin Castle e Every Castle, due fratellini statunitensi in vacanza, furono investiti da Massimo Rinaldi mentre si tenevano per mano e gustavano un cono gelato al cioccolato e pistacchio, di fronte agli occhi impotenti dei genitori. Il contraccolpo li proiettò entrambi sul parabrezza dell'auto guidata da Jacopo. I loro corpicini senza vita, batterono con il cranio sul vetro, che vi si spappolò creando delle crepature dalle venature bordeaux.

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