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Il cinguettio soave dei cardellini fungeva da colonna sonora ad una bella mattinata soleggiata, luminosa e colorata. Da un' ampia finestra i caldi raggi ultravioletti entravano nella camera ospedaliera, mettendone in risalto il candore e conferendole un aria molto meno fredda e sterile.
Una farfalla, crisalide schiusa qualche minuto prima, sostava su un ramoscello spiegazzando per la prima volta le sue ali. Si diede lo slancio sulle magre ed eleganti zampette e spiccò il suo primissimo volo, preparandosi ad incominciare la sua breve vita d'incanto e leggiadria, ammaliando chi avesse il privilegio e l'onore di vederla volare.
Ancora inesperta, il suo sfarfallio non era ancora perfetto; aveva qualche piccola difficoltà, ma la nuova matricola non se la cavava male. Più persisteva nel suo da farsi, più i suoi movimenti divenivano fluidi. Svolazzava avventurandosi in quel nuovo mondo a lei sconosciuto e che mai avrebbe avuto modo di conoscere a fondo nella sua vastità, fino a che non entrò nella camera tramite gli infissi aperti.
Da qualche parte si dice che le farfalle si posino solamente sui puri di cuore, puri ed immacolati come lei. Quella mattina, la nostra farfalla, sentenziò la purezza di Alessandro posandosi sul suo naso.
In dormiveglia il giovane avvertì un leggero e simpatico formicolio sulla punta del naso. Grazie al cielo non ebbe l'impulso di tirarsi una manata in pieno volto, forse anche grazie alle varie tumefazioni ed ecchimosi sul suo viso, ma sorrise quasi sapesse già che non c'era nulla da temere. Non si trattava di uno di quei contatti sgradevoli quale quello di una vespa o un calabrone, che ti si posano addosso pronti a pungerti per le sole aggressività e violenza e ti fanno accapponare la pelle anche se non te ne accorgi. Si trattava di un tocco delicato e benevolo, più leggero di quello di una piuma.
Alessandro, schiuse gli occhi e vide l'insetto dalle ali color turchese. A dire il vero ne vide due, perché la farfalla era così vicina ai suoi occhi da farli incrociare per osservarla. Vide ben due musi esili e grossolani con proboscide arricciata ed occhi composti da insetto, che parevano fissarlo.
Si domandò se quel reticolato oculare proiettasse alla farfalla una sua immagine per ogni incavo nel suo intreccio: lui alla molteplice vista di quello scempio che era il suo viso (non si era ancora guardato allo specchio, ma avvertiva dal dolore e dai cerotti com'era ridotto), se ne sarebbe scappato via inorridito. Rise, pensando che forse stava simpatico a quella farfalla che non voleva saperne di spiccare il volo per quanto lui arricciasse il naso.
- Ti chiamerò... Jolanda, - rise ancora di più - Jolanda, la farfalla azzurra. -
Una voce proveniente dal corridoio, reagì alla voce di Alessandro. - Caro, Caro! - Sembrava piuttosto allarmata. - Corri, si è svegliato! -
- Chi è che ci disturba, Jolanda? - domandò alla farfalla, che si limitava come natura vuole a fissarlo con quel musetto innocente, felice e scarno d'intelletto, uno di quelli tipici di chi vuole comunicare un "non ho capito, puoi ripetere?" ma non trova le parole per farlo.
- Jolanda, la farfallina azzurra - disse emettendo un risolino soddisfatto alla fine.
- Oh amore della nonna, finalmente sei sveglio! Chi è stato a conciarti così? - disse sua nonna con voce melodrammatica, seguita da suo marito, il nonno di Ale ovviamente.
- Cara, - fece suo marito sommessamente e con fare calmo - sii meno rumorosa. Guarda lì. - Indicò con l'indice della mano destra il naso di Alessandro con sopra appoggiata la farfalla.
- Dio mio... - rispose la moglie portandosi le mani alla bocca.
- Non va affatto bene... è pericoloso! - Sua nonna prese una rivista sul tavolino presente nella stanza e l'arrotolò.
Loro nipote, a quanto pare, era talmente imbottito di antidolorifici da non essersi accorto di avere un calabrone enorme sul naso. Anzi, ai loro occhi parve talmente intontito da trovare quella fiala di veleno ambulante che aveva sul viso divertente, visto che non faceva altro che ridacchiare.
L'insetto percorse pericolosamente il sentiero tracciato dalle labbra di Alessandro. Zampettò per qualche istante anche sulla fila di denti superiori, rischiando di entrare nella bocca del giovane. E se fosse stato ingurgitato in seguito? Sua nonna non osava immaginarlo e sbiancò non appena l'idea la sfiorò.
La nonna, gli si avvicinò cauta. Il giornale arrotolato su se stesso era stretto in mano, il braccio proteso all'indietro. Suo marito aveva intuito cosa voleva fare, ma rimase impietrito, interdetto, quasi non credesse ai suoi occhi.
Lo sventolerà ad un palmo dal suo naso, non avrà di certo intenzione di colpirlo. Sono sicuro di questo, si, sicurissimo.
La sua sicurezza di cristallo crepato andò in frantumi non appena il rotocalco finì in faccia ad Alessandro con un suono secco.
Baaaam!
Il giovane colpito emise un latrato sofferente; si portò le mani al volto e con voce ovattata disse: - Nonna, ma hai perso qualche rotella per strada? -.
- Scusami, tesoro. Non volevo, ma avevi un calabrone sul naso e non sapevo cosa fare, stava per entrarti in bocca. Era pericoloso! -
- Però non ti pare di aver esagerato? - chiese suo nonno - avresti potuto semplicemente sventolare quella rivista... -
- Calabrone? Non c'era nessun calabrone, solo una farfalla blu. -
Jolanda la farfalla azzurra.
- Ti assicuro che avevi un calabrone sul naso - rispose sua nonna con prepotenza. - Poteva pungerti, era pericoloso! Pe-ri-co-lo-so! -
Continuarono a discutere della cosa per altri cinque minuti buoni. Poi Alessandro raccontò ai nonni cos'era successo al cimitero, non poteva ometterlo questa volta, e che lo aveva raccontato anche al maresciallo Pois, che lo aveva raggiunto in seguito alla denuncia scaturita dall'iter ospedaliero.
- Dove è andato Jacopo? Voi lo avete visto? - domandò Alessandro.
- Si, lo abbiamo visto. Stavamo per scambiarci due parole, quando ha ricevuto una chiamata ed è schizzato via come un missile, teso e determinato... qualcosa di grave suppongo. -
Qualcosa di grave...
Jolanda svolazzava intorno al mazzo di fiori contenuto dal vaso sul tavolino. Si posò su uno di questi ed iniziò ad assaporarne il nettare, avida, come un vampiro dovrebbe succhiar via le forze ad un essere umano.
Un ronzio sommesso si fece sempre più forte. Il calabrone si levò di nuovo in aria, stordito ma furente. Madre natura non gli aveva concesso di serie la forza per affrontare gli uomini a viso aperto, ma lì nei paraggi era presente qualcuno con cui poteva fare tranquillamente il bullo, senza che nessuno se ne curasse.
Volò anche lui verso il mazzo di fiori. Puntò Jolanda. Inizialmente orbitava attorno a lei ed ai fiori stessi, ronzando minacciosamente, poi prese a caricarla con veemenza. Jolanda spiccò il volo e, forse a causa dell'istinto di sopravvivenza, questa volta non vi era nulla di goffo nel suo sfarfallio. Volò via, fuori dalla finestra, con il suo brutto aguzzino insetto alle calcagna che non ne voleva sapere di mollarla.
Un inseguimento... Jacopo è alle prese con un inseguimento.
I suoi nonni lo lasciarono riposare; uscirono dalla stanza. Seguendoli con lo sguardo, poté notare un cappello di paglia polveroso poggiato sul suo comodino. Lo sollevò e vi scovò al di sotto un coltello a serramanico nero, con un pulsante dorato raffigurante un volatile.
Il corvo che regge un anello nel becco...
Sotto il coltello, un foglietto di carta aspettava di essere trovato. L'oggetto faceva le veci ad un fermacarte. Sul foglietto c'era scritto: "Le nostre strade sono pericolose. Il simbolo ti indicherà la via".
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